- Malgari
-
- Come si fa a prendere sonno,
quando sai che tra poche ore suonerà la sveglia e ti
attende una lunghissima giornata sopra i mille metri? E
infatti continuo a rigirarmi invano sotto alle coperte.
Lo zaino sulla sedia a fianco al letto, è già pronto .
Prima di partire da Trieste, ho fatto solo in tempo ad
infilarci dentro il sacco a pelo, una maglietta di
ricambio, il block notes, la penna, un maglione di lana e
la cerata per la pioggia, che in estate lassù viene un
giorno sì e l'altro pure. Ancora una volta, provo a
pensare se ho dimenticato qualcosa. Alla fine spengo la
suoneria con venti minuti di anticipo.
-
- Il cane, Bric, un setter
irlandese, si muove agitatissimo in giardino, ha visto
gli scarponi e ha capito che si va in montagna. E'
incredibile, nonostante tutti i suoi anni, continua ad
avere l'entusiasmo di un bambino quando si tratta di
andare a fare un giro. E sembra sorridere mentre va lento
verso il viottolo d'accesso, quello da cui verrà a
prenderci Ferdinando con il suo fuoristrada. E aspetta,
sdraiato, con lo sguardo fisso verso il cancello.
-
- In cucina, ricontrollo
ancora lo zaino, spengo il fuoco sotto l'acqua che bolle
e ci butto qualche foglia di tè. Mentre allaccio gli
scarponi, li sento stringermi forte la caviglia e vedo
una macchia di fango. Ma non ho tempo per i ricordi e con
la mano la pulisco.
-
- La vecchia uno di mio zio
Valentino, sobbalza sui sassi che ci portano all'inizio
del sentiero. Davanti a noi, il camion con le quattro
mucche che quest'anno verranno portate alla malga. Un
gregge di pecore spostandosi da un prato all'altro, ci
attraversa la strada e ci costringe a rallentare. Qualche
agnellino sopravvissuto alle tradizioni Pasquali segue da
vicino la sua mamma. Uno, è tutto nero.
-
- Chissà perché il
camionista non scarica le mucche al solito posto, ma
continua a salire per la stretta e ripida strada. Le
mucche non vedono fuori e non riescono a reggersi in
piedi e cadono e sbattono contro le lamiere. Dal basso,
sembra che si sia ribaltato. Quando finalmente si ferma,
scendono terrorizzate e ferite. E bisogna cercare di
calmarle. Le due più giovani corrono e saltano come
cavalli imbizzarriti e si tengono lontane, rifiutando di
farsi prendere. E non è affatto facile avviarle.
-
- La più vecchia è Heidi,
è una montagna con i suoi cinque quintali. Il suo
mantello è color crema, ha un corno rotto, ma la faccia
è dolcissima. Due occhi tenerissimi ti guardano e ti
aprono il cuore. Lea, invece, è la veterana. Una manza
giovane, dallo sguardo furbo. Sembra sempre sul punto di
andare su sola. E appena ne ha l'occasione, parte. Ma poi
si ferma ad aspettare le altre e se queste non si
muovono, muggisce... A incoraggiarle. C'è poi Viola, un'altra
manza giovane. Questa però è bianca a chiazze nere e ha
le corna sottili e appuntite. L'ultima è completamente
scura, marrone, tranne per una sottile striscia bianca
che corre lungo la spina dorsale. Sarà la più
traumatizzata dal viaggio e l'ultima ad arrivare in cima,
facendo penare mio zio per cinque ore.
-
- L'aria è fresca, io mi guardo
attorno rapito. Il sentiero corre sotto ad un bosco di
giovani pini, che nascondono misteriosi folletti: sono le
cince, i picchi ed i fringuelli. Sopra l'allegro
scampanellio metallico dei campanacci delle mucche, il
verso del luì bianco che proviene dagli alberi a ridosso
d ella parete. Ma questo giardino verde si interrompe
bruscamente ed inizia il ghiaione. Una distesa di sassi
bianchi, ripida e scivolosa. E proprio qui, Lea, prova la
prima fuga. E qualcuno deve andarla a recuperare... Ho
dovuto inseguirla per il sentiero sbagliato che aveva
preso, correndo su sassi che franavano a valle ad ogni
passo, prima di riuscire ad afferrare la sua cavezza e
riportarla, al guinzaglio, sulla strada giusta. Un
codirosso spazzacamino sembrava un picchio muraiolo,
saltando leggerissimo su una parete liscia e verticale,
come non avesse peso. Due zigoli muciatti si alzano da
terra spaventati dal fracasso delle mucche e ci guardano
passare dall'alto di un alberello secco che sporge dalle
rocce. Sono le sette del mattino, il sole è ancora
nascosto e sembra di essere in un altro mondo e in un
altro tempo. Un tempo in cui le malghe in montagna erano
ancora tutte in funzione e garantivano da mangiare a
tante famiglie e le mucche che salivano in quota, a
brucare i prati più rigogliosi, seguendo questa
transumanza verticale, erano tante, non solo quattro.
-
- Essere la testa della
carovana, davanti a tutti, è un'esperienza emozionante.
Seguire un sentiero stretto e nudo, scavato nel terreno
dalle migliaia di persone, e di animali, che prima di te
ci sono passati, da migliaia di anni, è un qualcosa di
incredibile, impossibile da capire e da raccontare.
Impazzirei per ascoltare le storie che quei sassi
potrebbero raccontarmi, come un nonno davanti al camino
nelle lunghe notti invernali. Dev'essere l'ambiente...
-
- L'ambiente è un bosco di
faggi, come quelli abitati dagli gnomi, che sembra sempre
debbano saltar fuori da un momento all'altro. E li
aspetti... E se li chiami sottovoce, spuntano a volte da
dietro una ceppaia o da sotto un mucchio di rami lasciati
a seccarsi. E ti sorridono un attimo e ti strizzano l'occhio
sotto il cappello appuntito, lisciandosi la lunga barba
bianca, scusandosi di non potersi svelare.
-
- La salita procede bene, ma
siamo quasi in cima quando si ferma tutto. I lunghi mesi,
chiuse in stalla, si fanno di colpo sentire in tutta la
loro stanchezza. E non c'è più verso di far salire le
mucche. Tira pure la corda quanto vuoi, tanto sono
bloccate! E la salita di colpo diventa una sofferenza.
Tre passi e poi fermi. E manca ancora molta strada.
-
- Ma così impari a
conoscerli questi animali. Ognuna con il suo carattere,
con le sue caratteristiche, con le sue passioni. Lea è
la più fresca, come fosse allenata. Oppone resistenza,
ma per solidarietà! Heidi e i suoi dodici anni tira
fuori la lingua e sembra dire che non ce la fa proprio più.
Viola invece non dice nulla, punta le zampe e non c'è
più nulla da fare per muoverla. Si prova anche a
imbrogliarle, a mentire sulla strada che manca. Ma i
volti degli altri uomini attorno, che sembravano duri e
senza emozioni, rivelano invece un affetto insospettato
verso quei poveri animali. Non c'è odio, né cattiveria.
Alessio ha fatto l'alpino e ha avuto a che fare con i
muli. Prova a chiedere ad un alpino che cos'è un mulo e
senti cosa ti risponde. Non è affatto un mezzo, al pari
di un camion, per risparmiare fatica in salita; il mulo
è un amico, un commilitone. Avevano i gradi i muli,
esattamente come i militari. E quel legame stretto deve
rimanere nell'animo di chi l'ha vissuto, perché sembra
di rivederlo anche verso le mucche. Nessuno le bastona
per farle salire, piuttosto la mano batte sulla spalla
come a far loro forza.
-
- Dove finisce il bosco di
faggi, ed inizia il dosso a prato che segna l'arrivo, c'è
una pozza d'acqua, ancora sotto agli alberi. La sorgente
è cinquecento metri più oltre, ma un tubo di gomma
porta l'acqua fino a qua. Appena Lea, Viola ed Heidi
hanno visto l'acqua, vi si sono gettate a sguazzarci
felici come bambini nel fango. Sembra impossibile, ma
solo il rinfrescarsi gli zoccoli e le zampe, le rigenera
e ridà loro le forze per proseguire. E riprendono a
camminare spedite. Si fermano solo allo stagno
successivo, uno stagno letteralmente pieno di girini. A
galla, fermi immobili alcuni ululoni dal ventre giallo, i
piccoli rospetti t ipici degli ambienti montani.
Prestando attenzione, mi accorgo che, di tanto in tanto,
dall'acqua torbida, emerge un animaletto lungo e sottile,
che aggalla e torna velocemente sul fondo agitando una
lunga coda crestata. Sono i coloratissimi tritoni alpini.
-
- Siamo finalmente sul
pascolo sotto alla casera, che a guardarla dal basso
scopre il camino che fuma leggero... E' la
pastasciutta che si sta cucinando, preparata da chi tra
noi, ci ha anticipato proprio per preparare ai "malgari"
il pranzo. Tutto attorno nell'erba, sassi bianchi. Sono
le rovine dell'antica malga che era proprietà degli
antenati dello zio. Qui, da giugno a settembre, vivevano
sessanta mucche e duecento tra pecore e capre. Insieme a
chi, a loro doveva badare. C'era poi, tutta una
canalizzazione, che prendendo l'acqua da un pozzo a
monte, doveva ripulire la stalla, portando via i liquami
e la puzza. Non male per essere un'opera di contadini...
-
- Ricoverate le tre mucche,
possiamo finalmente toglierci gli zaini. E cambiarci.
Passa ancora un po' di tempo prima di veder comparire,
anticipata dalle voci, ormai rauche, l'ultima vacca,
insieme a chi l'ha "convinta" a salire. L'ultimo
contatto, l'avevamo avuto a metà del bosco, quando dal
basso erano salite le grida e gli stridi di chi doveva
farla giungere in cima. Ma ora finalmente è arrivata
anche lei. Ci impiegherà un po' a tranquillizzarsi, ma
poi comincia a pascolare e si ricongiunge anche con le
altre.
-
- Chissà cosa stanno
facendo ora, mentre scrivo queste righe. E' buio e
probabilmente saranno appena fuori dalla tettoia,
sdraiate sul letto di foglie di faggio, che ormai i loro
zoccoli hanno ridotto ad una poltiglia fangosa. Mi sembra
quasi di poter sentire ancora le loro presenze, i loro
ondeggiamenti e frusci rumorosi ed anche i campanacci che
hanno al collo, come quella prima notte, quando ero
seduto fuori dalla casera ad ascoltare la notte.
-
- Per noi, dopo esserci
cambiati ed aver steso al sole i vestiti sudati, la
pastasciutta, bagnata dalla birra, dal vino e dalle
grappe. Voci si susseguono e ripetono le frasi solite in
dialetto. "Cerce chel chi!" "Ce
esal chest?" "Chianorje"
rimbalzano nella valle, sono battute e risa, allegre
senza stanchezza. "Prova questo", "E
questo cos'é?" E le etichette sulle bottiglie,
riportano nomi scritti a mano di vini che in nessun'altra
parte del mondo conoscono. La Chianorje è un vitigno che
veniva coltivato solamente nella zona del Gemonese. Era l'unica
uva che riusciva a maturare in tempo anche su quei
versanti dove il sole batte solo per poche ore al giorno
anche in agosto. Dà un vino con un tasso di alcool
bassissimo... "No tu ti s'inchiocchis di sigur
con chest"... Non ti ubriachi di sicuro... E
questo come tanti altri stavano andando persi, estinti da
chi li ha sostituiti con il più vendibile merlot, con il
sauvignon, rendendo così più monotoni gli orti e i
bicchieri della zona. Ma un imprenditore pordenonese
decise qualche anno fa, di impostare la sua azienda
agricola su questi vini rari e localizzati. Ha girato il
Friuli recuperando tutte le antiche viti che ha trovato e
d oggi molte bottiglie di vini dai nomi inpronunciabili
vengono imbottigliate nella sua cantina ed esportate
praticamente in tutta Italia.
-
- Appoggiato alla palizzata
in legno, guardo il prato dove le mucche sono scese a
pascolare. E' tutto colorato di macchie appena accennate,
sono piccoli fiori sui quali volano basse una moltitudine
di farfalle candide, punteggiate di rosso e di scuro, che
si spostano da uno all'altro, come il mio cuore pazzo.
Sazio e un po' brillo, comincio a prepararmi per salire
in cima al Chiampon. Erano anni che mio padre desiderava
portarmi lassù e non ci ero mai andato da solo, proprio
perché sapevo quanto ci tenesse. La prima volta lassù l'aveva
accompagnato suo padre e ci teneva adesso a fare lui da
guida a me.
-
- Il sentiero che parte
dalla casera è stretto e molto ripido, si sale
velocemente senza accorgersene. All'improvviso, quel
colle, il colle di Scriç , che fino ad un attimo fa, era
parallelo a noi, lo vedo laggiù sotto di me. Il terreno
è coperto di foglie verdi, fresco ricordo della
grandinata che è caduta due giorni fa. Ma quando all'improvviso
compare il primo pino mugo, siamo arrivati. Nasconde
dietro lo scrigno del tesoro, una valle stupenda. E' una
conca in cui fondo è coperto di mughi, sotto ai quali
crescono siepi di rododendri e di ginepri nani, e le cui
sponde sono i fianchi delle montagne, dei Musi che
ininterrotti si stendono dal Chiampon fino al Canin. Ed
esiste un sentiero che li attraversa collegando i due
monti e che corre proprio sulla loro cima.
- Tra due massi, c'è il
passaggio che porta alle "glaceriis",
forre profondissime in cui si accumula la neve che cade
durante l'inverno, diventando ghiaccio. Questi buchi
raccontano le storie degli uomini che qui venivano con
delle grandi gerle sulle spalle a prendere il ghiaccio in
estate, per portarlo a valle e vederlo a chi ne aveva
bisogno per conservare il cibo. Per secoli questi
sentieri sono stati pestati e persone si sono calate con
corde, i quelle fessure che a guardarle dall'alto fanno
paura, e dal basso devono essere anche peggio.. Poi un
giorno con i congelatori non ci fu più bisogno del
ghiaccio.. Oggi il livello è un po' basso, strano perché
è stato un inverno particolarmente nevoso.
-
- Contro ad un enorme sasso,
guardo la parete di ghiaia quasi verticale, che dovremo
salire, la stessa che questa pietra ha disceso rotolando.
Provo per un attimo ad immaginarmi che rumore e che
impressione deve aver fatto quanto è ruzzolata giù
dalla cima. L'intera valle deve averne risuonato e
tremato per lei. Oggi sulla sua cima brilla di giallo
intenso uno splendido fiore.
-
- Appigli ce ne sono in
abbondanza e la salita è meno difficoltosa di quanto
avessi potuto immaginare guardando dal basso. Proprio
sulla sommità sono fiorite le genziane. Campanule blu
intense spuntano tra l'erba che a guardarla sembra dura
come l'ambiente attorno. Ma tra qualche mese, al loro
posto, ci sarà un prato di stelle alpine.
-
- Immediatamente le
vertigini cominciano a far effetto e devo sedermi. Sono a
cavalcioni della montagna. Da una parte si apre la valle
da cui siamo saliti, dall'altra una stesa ripidissima,
verde chiaro, con in fondo Gemona e la casa della nonna.
Pochi passi ancora ed il suono chiaro e pulito della
campana si allarga per la conca e forse continua giù per
questo piano inclinato a raccontare alla città che
finalmente anch'io sono arrivato in cima. Una splendida
croce di metallo affianca la campana e guarda dall'alto
tutte le cime delle PreAlpi Carniche. Il Sermio, il
Matajur, l'Amariana, il Plauris, sono tutti lì ,
schierati come ad una sfilata a chiudere l'orizzonte e
sembra di poterli raggiungere con un salto, di poterli
sfiorare, di poterne sentire il calore... Il diario
riporta la mia firma e la data, ma solo il cuore ha tutte
le parole delle emozioni che lo affollano e stringono
alla gola, mentre guardo tutto il mondo, quegli aghi
aguzzi che si alzano al cielo, eppure restano sotto come
sassi sul sentiero. E lo scivolo bianco dal quale siamo
venuti su, che sarà anche la nostra strada al ritorno, e
i calici blu delle genziane e le ghiacciaie e... E sopra
a noi, ma bassi, i rondoni, leggeri e veloci... Che
invidia!! Creature meravigliose, che mi hanno sempre
attirato ed affascinato... E a guardarle volare lassù,
mi accorgo che sono ancora più belle...
-
- A cena siamo tutti attorno
al tavolone di legno, seduti sulle panche ricavate da un
maggiociondolo che era nato proprio su queste montagne.
Spezzatino e fagioli con la cipolla ed insalata si
alternano nei piatti, mentre racconti, risate, e vino
riempiono e svuotano i bicchieri. La stufa sbuffa dietro
alle mie spalle ed un ceppo si sta consumando nel camino.
La notte qui fa ancora freddo e quelle nuvolone scure e
minacciose che si vedevano salire al tramonto, sono
chiaro presagio di pioggia notturna.
-
- Mentre saltano le carte e
le voci comincia no a rivelare la stanchezza, chiamando
briscole, carichi e bussate a bastoni, io esco dallo
stavolo e riattraverso un pezzo di faggeta al buio, per
andare sul dosso del Colle di Scriç, proprio sopra al
laghetto degli ululoni. Sono qui, seduto al buio, con la
speranza di sentire il canto dei notturni. Niente, non c'è
un suono, ma non c'è neanche una stella in cielo. Solo
luci in fondo alla valle, quelle nascoste di Alesso sulle
sponde del Lago di Cavazzo e quelle aperte di Bordano, il
paese sui cui muri volano migliaia di farfalle dai colori
misteriosi. E una nel cielo, ma quella l'ho vista solo io...
;-)