Alla mia piccola musa,
con la speranza un giorno,
di riuscire a rubarti un bacio...

Voci

Voci. Dalla palude che impregna il terreno, si alza una foschia, leggera e densa, che copre tutto fino alle cime degli alberi, che bassi e radi si staccano da questo piano. Ma il cielo, quello è limpido e sereno. Era da molto tempo che non vedevo tante stelle. Come si fa a dire d'inverno, a che ora fa buio? Se anche quando il sole è tramontato, il chiarore balugginante della nebbia, su cui si riflette la Luna, crea un a luce fioca, quella del tramonto mancante, che permette ancora agli occhi di vedere? Ma stasera, la Luna non c'è e gli occhi seguono solo tracce, le ombre, rapide pennellate da impressionista. Se stai ad ascoltare, la vista non serve. L'aria porta tutti i suoni. Ed anche i versi... Ed anche i battiti d'ali...

La notte ha un fascino inquietante. Una coperta buia, che copre tutte le cose, gli alberi, i sassi, i prati, cancella le distanze e la profondità scompare risucchiata nel nulla. I fari della macchina, rischiarano l'asfalto e sbattono violentemente contro gli alberi a lato, creando una nuova dimensione, misteriosa e vaga. Quello che due ore prima era solo il boschetto noto, diventa un luogo magico, abitato dagli spiriti, dalle fate e dalle streghe. Spegni il motore, abbassi il finestrino. L'odore della notte entra nella macchina e porta con se, la paura del buio. Che non è un sentimento infantile, ma un'emozione viva, che pulsa in ogni cuore. Perché quando non vedi, non sai...

Non c'è più il rumore del motore, e la tranquillità data dal movimento, dalla velocità, è svanita, con l'accendersi delle luci dei freni. Tendi le orecchie e cerchi una vibrazione nell'aria, che ti possa calmare, il suono delle parole di qualcuno che però non c'è. La solitudine di notte può far male, alla testa, ed anche al cuore.

La mia prima uscita notturna, da solo, fu l'anno scorso, al lago di Doberdò. Il sabato era arrivato alla fine di una settimana lunga, che mi aveva riempito di un' inquietudine strana. Avevo bisogno di restare da solo, con i miei pensieri, con le mie paure. Piovigginò tutto il pomeriggio e la sera, il fondo di quel lago carsico era diventato fango, che sciaguattava freddo sotto i miei stivali. Il sentiero, impresso nelle immagini d'infanzia, tanti anni erano passati dall'ultima volta che avevo pestato quei giunchi, non era più battuto come invece lo ricordavo.

Con un lungo grido d'un picchio e le ultime monotone note di una solitaria cinciallegra, che salutava la notte, avvolta nella coperta di foglie dei fitti salici, a semicerchio dietro a me, mi accorsi che il buio aveva già preso possesso della dolina. Davanti avevo la polla d'acqua, fonda parecchi metri, che era diventata uno specchio scuro e non rifletteva più gli arbusti che si sporgevano a specchiarsi. Ed il silenzio, sembrava l'altro padrone del luogo. Ed una nuova emozione si impadronì di me. Il cuore aveva il suo solito ritmo, gli occhi avevano cominciato a cercare riposo, ma le orecchie correvano da una sponda all'altra, frugavano tra le canne, tra i rami dei salici e tra gli aghi dei pini, in cerca di Voci. Un'assiolo, cantava dall'alto di uno dei maestosi pioppi, che sovrastano il sentiero, che da poco avevo percorso. Era la mia sentinella, Lui mi avrebbe avvisato se qualcosa, o qualcuno, si fos se avvicinato. Ed i grilli, ovunque, creavano una eco uniforme.

E tornai indietro con gli anni, a quella sera in cui, bambino, su questa stessa sponda, stretto vicino a mio padre, forse a cercare calore, o forse, solo sicurezza, sobbalzai quando esplose all'improvviso, l'abbaiare sordo di un capriolo in amore. E ripensai a quel suono, così roco, ma così pieno di vita, e mi sembrò quasi di risentirne nuovamente il calore ed il vibrare della pelle di quell'animale, mentre lanciava il suo ennesimo appello d'innamorato.

Ma quando, senza avvisare, trillava leggero il campanello in cima ad una canna, questo suono era così forte, che mi sembrava in un istante di essere stato scoperto, che tutto il mondo si fosse accorto di me. E quasi speravo di non sentirlo, mentre l'aria mi portava i movimenti e le poche parole del proprietario del ristorante, che abbassava la saracinesca e chiudeva il suo chiosco, nascosto tra gli alberi, sull'altra riva e metteva in moto il suo fuoristrada.

E senza avviso un sibilo nell\rquote aria ed un fischio teso, planò velocissimo a pochi metri sulla mia testa e si interruppe dopo pochi istanti con il brusco suono di un sasso che entra in acqua. Mi svegliai di soprassalto dal torpore, che mi aveva preso. Alzai la testa nascosta nella cerata, che mi separava dall'umidità della notte e del terreno. A filo delle erbe e dei giunchi scorsi una scia d'argento, che si apriva a 'V' sulla superficie ed un'ombra d'anatra che la formava. Quel maschio di germano sberciò inquieto, qualcosa non doveva convincerlo. Provò a calmare la sua inquietudine, ma non riusciva a mettere a posto quel pezzo del puzzle che l'istinto, o forse un odore, una macchia nel buio od il suono di un respiro, non riusciva a trovare. Quel fantasma mi galleggiò vicino per un po'. Di tanto in tanto, lo cercavo con gli occhi, per rassicurarmi, e rassicurarlo... non ero più solo...
Quando ripartì, ci scambiammo un ultimo saluto.

In quel momento, mi accorsi che il silenzio era ritornato, i grilli scomparsi e non si sentiva più, neanche l'assiolo. L'inquietudine del germano, allora si impadronì di me, e ritornai attento, tendendo l\rquote orecchio sperando con tutto il cuore, di cogliere almeno un suono. Trattenni il fiato. Niente. Sembrava che qualcuno mi avesse chiuso in una scatola con le pareti isolate. Mi aspettavo da un minuto all'altro di sentire passi, rumori, voci, qualcosa. Il silenzio continuò per alcuni istanti, poi un lamento basso e triste, seguito da un altro mi riportò alla realtà. L'assiolo aveva solo deciso di cambiare posatoio ed i grilli forse lo stavano aspettando. Ed io ricominciai a respirare.

Voci. Cos'altro sono i pensieri? La Romagna è un tagliere ed i colli e l'Appennino, solo un miraggio di pietra, lo sfondo delle giornate serene. Da qui a là, è niente! Dai, prendi la bicicletta e pedala! Lo sbattere continuo della catena crea un muro, dentro ci sei solo tu, fuori il nulla. La strada dritta, le curve dolci, crea un cannocchiale, la noia la scacci accompagnandoti sempre con un nuovo sogno. Guidano loro, tu ti abbandoni completa mente e li ascolti. Ma da dove vengono i sogni? Arrivano garrendo come i rondoni che a sera con le loro grida ed i loro voli agitati e frenetici, intessono favole allegre, nel cielo d'estate. E li narrano i campi coperti dalle file di cipolle bianche lascia te ad asciugare, che fanno da confine ai peschi ed alle piantagioni di fragole, come i prati incolti, nelle radure, in cui crescono ancora i piccoli fiori di campo. Nascono dalla voce dell'acqua corrente dei fiumi, che rallenta in un rigiro, e scivola sui ciottoli e dai boschi, che vestono i fianchi dei colli. Come quel suono, tenue e lugubre, che si levò dall'altro versante di una stretta valle tagliata sul fondo dal silenzioso Judrio. Le castagne che stavo mettendo nel sacco, mi restarono in mano e gli scarponi smisero di spostare le gonfie e rumorose foglie sfrangiate che coprivano la ripida sponda. E sotto ad un vecchissimo castagno, rimasi ad ascoltare dalla stessa voce degli elfi e degli gnomi, le storie raccontate a bassa voce da un gufo reale.

Che cosa c'era in quel refolo di vento caldo, di una sera d'inizio maggio, che mi ha sfiorato piano, mentre accarezzava dolce le giovani foglie di un bagolaro? Quel profumo, mi ha immobilizzato... lo conoscevo, ma non riuscivo a coglierlo... E mentre lo ricercavo tra vecchie pagine archiviate nella memoria, quel buio di città , diventava la notte scura sopra al mare leggermente increspato, di fine agosto, che guardavo appoggiato al freddo parapetto del faro, seguendo con lo sguardo le luci lontane delle piattaforme, che disegnano l'orizzonte, separando l'acqua dal cielo. L'odore del mare, per me, è l'estate. E varia, varia da spiaggia a spiaggia. Quello di una costa rocciosa è delicato, timido, ti porta vago il profumo di quelle alghette verdi che coprono i suoi scogli. Ben diverso da quello pieno e penetrante di una spiaggia sabbiosa, coperta di conchiglie, lambite sul bagnasciuga. E le dune, con il loro odore di sabbia e di erbe salmastre, che uniche resistenti al sale, riescono a crescervi... E' rincorrendo questi odori, che risento il cupo rimbombo del corno da nebbia, che mi sorprese una sera d'inverno. E risento di nuovo la voce forte e potente del mare, e le onde che si aprono sbattendo con furia contro la prua del porto, e la spazzano rabbiose, passandoci sopr a come volessero ribaltare questa immobile nave di cemento. E rivedo i lampi che brillavano nel cielo fuori dalla scogliera, che protegge le barche ormeggiate nel porticciolo di Grignano, quando nel caldo serale di un maggio di qualche anno fa, e nell'odor e di un temporale che stava arrivando, percepivo nei battiti del cuore una voglia fortissima di stringermi al petto quella ragazza bruna dagli occhi azzurri, che avrei dovuto ancora incontrare, e di sentire il calore ed il profumo della sua pelle.

Tutte queste e molte altre sensazioni, mi rimbalzano nel petto, mentre cerco invano il verso di una civetta o di un gufo provenire dalla pineta dell\rquote Ortazzino. Un suono metallico comincia a gracchiare quando la carrucola di un bilancione, dietro alle mie spalle, comincia a ruotare. E' nascosto laggiù, dietro l'argine e non riesco a vederlo, ma lo sento vicino. E immagino per un momento il pescatore con il retino in una mano, accendere con l'altra, la piccola torcia per vedere cosa c'è in fondo al sacco, per poi ricalare subito la sua rete sul fondo del Bevano.

Oggi non è giorno di caccia e l'aria tace finalmente, senza il rimbombo assurdo e sofferente delle fucilate. Ma oltre a noi, sembra non ci sia altro essere vivente, il silenzio ovatta tutto ciò su cui il buio si espande per nasconderlo alla vista e sotto il bianco della foschia copre completamente, anche il laghetto dei cacciatori.

D'improvviso un suono lontano, è solo il leggero battere d\rquote ali di un branchetto d'anatre. Praticamente non esistono, solo quel fruscio ti permette di crederci. E' come se stessero nuotando in un mare profondo, è come guardarle sul monitor di un ecoscandaglio. Quel suono arriva a noi, come il ritorno di un sonar, che le localizza, te le fa seguire. E le hai davanti, le senti strette in formazione, con il collo teso, le ali sottili che battono veloci, il profilo arretrato... Speri di non perderle, sei là con loro... Voli con loro... sopra a quel latte bianco, guidato solo dalla luce che viene dal cielo. Quando girano verso di noi, facendo un' ampia curva, sentiamo un leggero cicaleccio... è il richiamo dei fischioni... Non il loro verso, il richiamo... Il richiamo... Quel suono, non è un avviso di pericolo, né il tentativo di corteggiamento, ma è quello che serve a mantenere i contatti del gruppo, per regolare il volo notturno, dicono... Chissà, forse serve solo a farsi coraggio o magari, perché no?... In fondo si chiama chiacchericcio...


 

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