Domenica mattina (18 aprile 2005)

Domenica mattina, casa di Marco. Mi sveglio, allungo la mano nel letto, nulla. Apro gli occhi, lui non c'è. Mi alzo, e cosi' come sono, stiracchiandomi, inizio a cercarlo per casa, con indosso solo un babydoll. Non è in bagno, non è in salotto nè in cucina. Non può essere uscito... i suoi vestiti sono ancora per terra, accanto al letto. Scendo le scale, non è nemmeno in cantina. Il pavimento freddo sotto i piedi nudi mi dà un brivido, ma è una sensazione che mi piace. La porta verso il garage è socchiusa. Mi affaccio silenziosamente. Lui è lì, immobile, appoggiato ad uno scaffale di legno, in slip e maglietta, che la guarda. Guarda la sua moto. E' molto sexy, lui. Così seminudo, in questo ambiente inusuale... I suoi muscoli sono in evidenza, e insieme alla sua moto mi danno una sensazione di potenza, di vigore, di mascolinità. Lo amo. Lo desidero. Ma lei, la sua moto, mi sta un po' sulle... scatole. Non sopporto che le dedichi tante attenzioni, tanto tempo, tanti sguardi. Credo di essere gelosa. Mi sento stupida ma è vero. Entro, lui mi vede, mi sorride. Sicuramente vedermi qui in babydoll gli fa un certo effetto, anche se conosce ogni millimetro del mio corpo nudo. Anzichè avvicinarmi a lui mi avvicino alla moto, e inizio ad accarezzarla lentamente, con gesti e sguardi languidi, come le ragazze sulle sue riviste specializzate. Penso che in questo momento ha davanti le due cose che ama di piu' nella vita. E che con un piccolo sforzo posso fargli notare la differenza e giocare qualche carta a mio favore. Accenno una danza lenta, sempre strusciandomi contro la moto. Mi muovo come se lo facessi sul corpo di lui. Con questo pensiero inizio a salire sulla moto, ad arrampicarmi, viste le dimensioni, e mentre lo faccio penso allo spettacolo del mio culetto nudo che si presenta alla vista di Marco. Consapevole di questo, quando apro le gambe lo faccio con lentezza e sicura che lui stia guardando. Inizio a strusciarmi come una gatta sulla sella, sul serbatoio, mentre il mio babydoll risale lasciando ampi scorci della mia schiena e del mio petto nudi. I miei capezzoli, induriti dal freddo e dalle sensazioni, danno un bello spettacolo anche da sotto la stoffa sottile. Ma faccio comunque in modo che appaiano, scivolando indietro lungo la sella. Devo ammettere che la pressione della mia fica sulla sella sta iniziando a piacermi, e mi perdo nelle sensazioni... Mi risveglia Marco con una frase, la prima che esce dalla sua bocca da quando sono entrata in garage. Mi dice: "Susy prendi il fazzolettone con cui ti ho bendata l'altro giorno". La frase mi stupisce e mi dà un brivido. Prontamente obbedisco. La benda è ancora li', vicino ad una parete attrezzata, con lo schienale in legno e tanti ganci, cinghie e catene ai quali Marco può appendere e fissare la bicicletta, i caschi, gli attrezzi e qualche volta anche la Susy, come la settimana scorsa. Ma questa è un'altra storia. Torno con il fazzolettone e chiedo "cosa devo fare ora?". Mi risponde, senza essere nè dolce nè duro, con un tono quasi distaccato: "Passa lo straccio sulla sella e sul serbatoio. Conoscendoti, li hai sicuramente imbrattati con la fica bagnata. Non si sa mai che non ci sia qualcosa di corrosivo..."