
La
Bandiera è formata da due bande:
Bianca
la superiore che simboleggia la pace. Azzurra l'inferiore che simboleggia la
libertà. Al centro lo Stemma Ufficiale della Repubblica. Non è noto l'anno in
cui l'attuale bandiera venne adottata dalla Repubblica, ma certamente prima del
1797 anno in cui fu dota dei medesimi colori la coccarda sammarinese.

Stemma
ufficiale della Repubblica:
ha
la corona chiusa, simbolo della sovranità, sormontato
da una grossa perla con una croce sopra.
Il campo dello scudo è azzurro con tre monti di colore verde sormontati da tre
torri d'argento sulle quali campeggia una piuma di struzzo. Due rami verdi uno
di alloro a sinistra, e l'altro di quercia, a destra, lo proteggono ai lati e
vanno ad incrociarsi sotto la punta dello scudo uniti da una fascia col motto:
"
LIBERTAS "
INTRODUZIONE
La
Repubblica di San Marino è lo Stato indipendente più piccolo e più antico del
mondo. Il suo territorio, a forma di quadrilatero irregolare, occupa
un'estensione di 60,57 Kmq. In prevalenza collinare, dominato dall'aspro rilievo
calcareo del Monte Titano ( 750 metri s.l.m. ) sul quale, adagiata sul versante
rivolto a sud ovest, sorge la città di San Marino, capitale della Repubblica.
Sparsi
nella campagna attorno al monte sorgono altri otto villaggi, i famosi CASTELLI
SAMMARINESI, retti amministrativamente da altrettanti consigli denominati "
Giunte di Castello " il cui presidente ha diritto al titolo " Capitano
di Castello ".
Il
territorio, pertanto, è suddiviso in nove circoscrizioni amministrative: San
Marino, Acquaviva, Borgo Maggiore, Chiesanuova, Domagnano, Faetano, Serravalle,
Fiorentino, Montegiardino e Serravalle.
La
Repubblica di San Marino è posta nel cuore dell'Italia fra le regioni delle
Marche e della Romagna, a poche decine di chilometri dai contrafforti
appenninici e ad appena 22 Km. dalla città balneare di Rimini alla quale è
collegata da una moderna ed efficiente superstrada.
La
popolazione, di indole cordiale e pacifica, la lingua ufficiale è l'Italiano,
la religione è cattolica e l'unità monetaria è l'Euro Europeo. Il territorio,
attraversato da tre torrenti ( l'Ausa , il Marano e il San Marino ) è
arricchito dal verde dei parchi naturali di cui ogni sammarinese è geloso
custode, gode di un clima dolce e salubre grazie alla vicinanza del mare
Adriatico.
STORIA
E LEGGENDA

La
leggenda vuole che nel IV secolo d.C. un tagliatore di pietra cristiano di nome
" MARINO " venuto da ARBE, isola della Dalmazia, per lavorare alla
costruzione del porto di Rimini perseguitato dagli editti dell'IMPERATORE
DIOCLEZIANO contro i cristiani, si fosse ritirato sul Monte Titano. In breve
volgere di tempo, attratti dalla fama del Sant'Uomo, altri fratelli lo
raggiunsero e diedero vita alla prima comunità cristiana sul monte Titano.
Nel
frattempo MARINO, nominato Diacono dal Vescovo Riminise Gaudenzio, riceveva in
dono il monte da " Donna Felicissima ", patrizia romana, convertita
alla Fede Cristiana. Alla morte di MARINO la comunità che attorno a Lui si era
raccolta non si disperse, ma organizzò la propria vita collettiva sulla base
delle ultime parole del santo:
" LIBERI VI LASCIO DAGLI ALTRI UOMINI "
( Reliquo vos liberos ab utroque homine).
La
testimonianza più antica dell'esistenza di questa comunità è quella del
Monaco Eugippio, vissuto tra il V ed il VI secolo, che narra la vita di un
Basilicio monaco del Monte Titano.
Successivi
documenti come il " Placito Feretrano " del' 885 conservato
nell'archivio di Stato, testimoniano ( di ) una vita civile organizzata e fiera
che non riconosce a nessuno ( neppure alla Chiesa ) il diritto di avanzare
pretese o vantar diritti verso la gente del Titano.
Benché
per lunghi secoli la comunità avesse praticato una politica che si può
riassumere nel detto " noti a noi ed ignoti agli altri " nel X secolo
facendosi sempre più numerose le insidie contro i Sammarinesi essi cominciarono
a costruire delle fortificazioni e circondarsi di mura per preservare la loro
libertà.
Infatti
a confermare l'esistenza di una città fortificata vi è il " Diploma di
Berengario " del 951 e la " Bolla di Onorio III " del 1126.
Ulteriore testimonianza è fornita dal Cardinale Angelico che nel 1371 dice che
la città è posta " sopra un altissimo masso sulla cui cima si ergono tre
Rocche fortissime ".
Fin
da quell'epoca dunque la popolazione si resse con proprie leggi, poi sulla base
di quelle Longobarde.
In
seguito le sue istituzioni si trasformarono gradatamente ed il luogo fu ancor più
fortificato cingendo le tre rocche con un forte muro di difesa.
L'approvvigionamento idrico era stato organizzato tramite la costruzione di
capaci cisterne per la raccolta dell'acqua piovana. Le prime, dette dei "
fossi " rientravano nella prima cinta di fortificazione a ridosso della 1°
Rocca. Altre e più grandi ( ancor oggi esistenti ) ubicate sotto la piazza
antistante il Palazzo del Governo furono costruite fra 1471 ed il 1478.
Nel
secolo XI San Marino si organizzò a COMUNE con statuti e consoli propri
e, mentre cresceva, la popolazione sentì il bisogno di estendere il suo
territorio ed acquistò il Castello di Pennarossa e quello di Casole.
I
documenti di questi primi acquisti che risalgono al 1200 sono tutt'ora
conservati nell'Archivio di Stato. Lo Statuto manoscritto più antico giunto
fino a noi viene fatto risalire al 1295. Successivamente si ebbero altri sei
Statuti. L'ultimo datato 21 settembre 1600 è composto di sei libri per un
totale di 314 Rubriche.
Mentre
nella vicina Italia le popolazioni erano vittime delle più crude tirannidi
esercitate da potenti famiglie, i Sammarinesi vivevano una propria vita nella
libertà a difesa della quale crearono milizie armate e perfettamente addestrate
direttamente agli ordini dei " CAPITANI REGGENTI " che detenevano il
potere esecutivo, le Leggi erano fatte dal popolo tramite un consiglio di
Capofamiglia chiamato " ARENGO " (organo fondamentale dello Stato
giunto fino a noi ).
Con
l'estendersi del potere della Chiesa sulla penisola, assunsero sanguinose
proporzioni anche le rivalità e le lotte fra Guelfi e Ghibellini. Neppure i
sammarinesi che, purtroppo, nei secoli hanno sempre subito l'influsso delle
vicende italiane, ne rimasero immuni.
Così
per la prima volta la discordia civile mise piede sul Titano e la parte
Ghibellina che simpatizzava per l'imperatore mandò in esilio i seguaci della
parte Guelfa. Probabilmente la coscienza ghibellina maturò nei sammarinesi
attraverso le lotte condotte da essi nei secoli per difendersi dalle assurde
pretese dei Vescovi confinanti che pretendevano di avere giurisdizione e tasse
dai sammarinesi.
Grande
amico della gente del Titano era il Vescovo Feretrano UGOLINO, della Famiglia
Feltria, il quale in contrasto con il suo stato clericale, era fiero Ghibellino.
Tutto questo costò al Vescovo Ugolino ed ai Sammarinesi la scomunica di Papa
Innocenzo IV dalla quale furono poi assolti due anni dopo a Perugia nel 1249.
Ma
non fu certo la scomunica né la successiva assoluzione a riportare la pace e la
concordia civica, tutt'altro. Alleatisi col Ghibellino Guido da Montefeltro e
successivamente col di lui figlio Federico, continuarono la lotta contro il
Comune Guelfo di Rimini il cui potere era tenuto dalla tiranna famiglia dei
" MALATESTA ".
Ciò
fino alla pace di Romagna avvenuta nel 1299. Il primo tentativo di sottomettere
San Marino al Governo del Papa si ebbe nel 1291 quando un tal Canonico Teodorico
cercò di obbligare i sammarinesi a pagare i tributi al Pontefice e fare atto di
sottomissione dichiarandosi suoi sudditi.
I
Sammarinesi rifiutarono difendendo le loro libere origini e la loro
indipendenza. A decidere sulla controversia fu incaricato un illustre
giureconsulto di allora il GIUDICE PALAMEDE da Rimini la cui sentenza fu
favorevole a San Marino.
Pochi
anni dopo nel 1296 i sammarinese dovevano affrontare un'altra richiesta, questa
volta dai Podestà Feretrani che con le stesse pretese tentavano di imporre il
loro dominio sul Titano e probabilmente vi sarebbero riusciti se i Sammarinesi
non avessero portato la questione a Papa Bonifacio VIII il cui Legato confermò
la sentenza del Giudice Palemede riconoscendo a San Marino piena libertà ed
indipendenza. Tuttavia non vi fu pace per i Sammarinesi.
L'autorità
Religiosa delle regioni circostanti tentò con ogni mezzo di piegarli, ma essi
risposero sempre colpo su colpo. Nel 1303 alcuni Ambasciatori della Chiesa
Feretrana che si erano introdotti a San Marino vennero imprigionati e le ostilità
ricominciarono, ma la guerra volse a favore delle armi Sammarinesi le cui
addestrate milizie nel 1320 costrinsero il Vescovo Uberto alla pace.
Nel
1322 caduta in disgrazia la signora del Conte Federico di Montefeltro, alleato
dei sammarinesi, il Vescovo Benvenuto ed il Malatesta di Rimini tentarono con le
lusinghe di avere i Sammarinesi dalla loro parte ed offrirono il perdono della
Chiesa, l'esenzione delle tasse per le proprietà dei Sammarinesi fuori
territorio, il diritto di commerciare liberamente e la possibilità di portare a
San Marino le rendite fondiarie. In cambio si chiedeva di considerare nemici i
Signori di Urbino che nel frattempo si erano rifugiati a San Marino.
Il
prezzo del tradimento fu rifiutato ed i sammarinesi continuarono le ostilità
contro i Malatesta fino all'anno 1366. Per lungo tempo il Malatesta tormentò ed
aggredì i Sammarinesi, ma l'arroganza del signore di Rimini si ritorse contro
di lui allorquando si deteriorano i già precari rapporti con il Papa Pio II di
Napoli al quale il Malatesta aveva truffato un'ingente somma di denaro.
Approfittando
di questa situazione il 21 settembre 1461 i sammarinesi firmarono un patto d'allenza
con la Chiesa e ricominciarono la guerra che terminò nel 1463 con la conquista
dei castelli malatestiani di Fiorentino, Montegiardino e Serravalle, mentre il
castello di Fa'etano passò volontariamente a far parte della Repubblica.
Questa
fu l'ultima guerra combattuta dai Sammarinesi e da allora il territorio non subì
modifiche.
Per qualche decennio regnò la pace poi l'angoscia s'impadronì di nuovo della
gente del Titano allorché nel 1503 Cesare Borgia, duca Valentino, figlio di
Papa Alessandro VI, occupò la Repubblica.
Fortunatamente
i Sammarinesi dovettero subire la tirannide solo per pochi mesi, infatti
cogliendo l'occasione di un'insurrezione avvenuta nel Ducato d'Urbino insorsero
anch'essi contro le truppe del Valentino e contribuirono con armi e uomini alla
sua totale disfatta.
Circa
40 anni dopo e precisamente nella notte del 4 Giugno 1542, sotto il pontificato
di Papa Paolo III, FABIANO DA MONTE SANSAVINO tentò di occupare San Marino con
un esercito di 500 fanti, cavalieri e tutto l'occorrente per dare la scalata
alle mura.
Una
fitta nebbia impedì all'esercito nemico di giungere sotto le mura prima che
sorgesse l'alba e il piano di sterminare i Sammarinesi, cogliendoli di sorpresa
nel sonno, fallì. Fabiano da Monte San Savino si ritirò e non fu mai possibile
sapere esattamente chi fu il mandante della fallita impresa, ma l'ambasciatore
imperiale di Carlo V in Roma offrì ai Sammarinesi i privilegi imperiali e li
esortò a diffidare dai Ministri Pontifici in Romagna.
Successivamente
nel 1631, con la morte dell'ultimo Duca di Urbino, il Governo del Ducato fu
trasferito alla Santa Sede ed in quello stesso anno entrò in vigore il TRATTATO
DI PROTEZIONE stipulato fra la Repubblica di San marino e la Chiesa fin dal
1602.
In
quel tempo la Repubblica attraversò un lungo periodo di decadenza della vita
civile ed economica: l'apatia per le cose dello Stato e l'indolenza regnarono a
lungo fra i Sammarinesi il cui livello culturale si faceva sempre più scadente.
A
tutto questo avevano contribuito l'estinzione di alcune famiglie patrizie che più
avevano avuto a cuore la difesa della libertà e la continua emigrazione di
uomini illustri ( oggi si direbbe " Cervelli " ) che andavano
all'estero a cercare lavoro e onori che non avrebbero trovato in Repubblica.
Questo
periodo negativo durò fino al 1739 quando la Repubblica dovette subire il più
grave attentato alla libertà ed indipendenza di tutta la sua millenaria storia.
Prendendo a pretesto l'arresto, avvenuto in una Chiesa, di due cospiratori
sammarinesi il CARDINALE ALBERONI, Legato Pontificio di Romagna, il 17 ottobre
1739 entrò con le sue truppe a San Marino.
L'invasione
era stata preceduta da una lunga serie di infamità quali l'arresto di
Sammarinesi nei territori italiani di Romagna a scopo di rappresaglia ed un
ferreo blocco dei confini per impedire che alla Repubblica giungessero
vettovaglie e derrate alimentari.
Non
riuscendo l'Alberoni a piegare i Sammarinesi con questi mezzi passò all'uso
diretto della forza con l'occupazione del territorio. Le case dei maggiori
cittadini della Repubblica furono saccheggiate per avere essi rifiutato il
giuramento di fedeltà al Pontefice, i Capitani Reggenti sostituiti con un
Gonfaloniere e due Conservatori.
I
Sammarinesi non si piegarono però alla tirannia ed inviarono in segreto
messaggi al Papa perchè fosse riparata l'inaudita e criminale ingiustizia.Da
Roma giunse sul Titano il Cardinale Enrico Enriquez con il preciso incarico di
riferire l'esatta situazione che si era venuta a creare in San Marino.Il
Pontefice, a seguito di ciò ordinò al Cardinale Alberini di ritirarsi ed il 5
febbraio 1740 la Repubblica tornò libera nella sua sovranità dignità.
La
lezione fu salutare per i sammarinesi che si riscossero dall'apatia e
dall'indolenza dei lunghi anni precedenti e con rinnovato spirito di difesa
ritrovarono l'amor di patria ed il primitivo orgoglio repubblicano. L'episodio
Alberoniano fu mirabilmente ricostruito dal CARDUCCI nel 1894 nel suo celebre
discorso sulla " libertà perpetua ". Il futuro riservava un'ora
fulgida ai sammarinesi quando NAPOLEONE BUONAPARTE, sceso in Italia, passò
nelle vicinanze della minuscola Repubblica.
Ammirato
dalla fierezza di questo piccolo popolo e dalle sue tradizioni libertarie
dichiarò che : BISOGNA
CONSERVARE SAN MARINO COME ESEMPIO DI LIBERTA' ed
inviò sul Monte il Monge, illustre matematico e suo ambasciatore, affidandogli
l'incarico di esprimergli la sua amicizia.
Una
Manifestazione di omaggio di così alto significato e di tale importanza mai era
stata rivolta alla Repubblica di San Marino la cui intangibilità ebbe così il
riconoscimento più solenne.
Napoleone
non mutò mai i suoi sentimenti: nel 1805 accolse con tutti gli onori ANTONIO
ONOFRI, Messo della Repubblica, che si era recato a Milano per un più utile
ampliamento del Trattato Commerciale già vigente fra la Repubblica Cisalpina e
quella di San Marino; scomparso Napoleone Buonaparte l'indipendenza di San
Marino fu riconosciuta e ribadita dal Congresso di Vienna del 1815 ed il suo
nome, con le relative caratteristiche di sovranità, fu incluso nel novero degli
stati europei.
Con
l'estendersi del potere della Chiesa sulla penisola, assunsero sanguinose
proporzioni anche le rivalità e le lotte fra Guelfi e Ghibellini. Neppure i
sammarinesi che, purtroppo, nei secoli hanno sempre subito l'influsso delle
vicende italiane, ne rimasero immuni. Così per la prima volta la discordia
civile mise piede sul Titano e la parte Ghibellina che simpatizzava per
l'imperatore mandò in esilio i seguaci della parte Guelfa.
Probabilmente
la coscienza ghibellina maturò nei sammarinesi attraverso le lotte condotte da
essi nei secoli per difendersi dalle assurde pretese dei Vescovi confinanti che
pretendevano di avere giurisdizione e tasse dai sammarinesi.
Grande
amico della gente del Titano era il Vescovo Feretrano UGOLINO, della Famiglia
Feltria, il quale in contrasto con il suo stato clericale, era fiero Ghibellino.
Tutto questo costò al Vescovo Ugolino ed ai Sammarinesi la scomunica di Papa
Innocenzo IV dalla quale furono poi assolti due anni dopo a Perugia nel 1249.
Ma
non fu certo la scomunica né la successiva assoluzione a riportare la pace e la
concordia civica, tutt'altro. Alleatisi col Ghibellino Guido da Montefeltro e
successivamente col di lui figlio Federico, continuarono la lotta contro il
Comune Guelfo di Rimini il cui potere era tenuto dalla tiranna famiglia dei
" MALATESTA ". Ciò fino alla pace di Romagna avvenuta nel 1299.
Il
primo tentativo di sottomettere San Marino al Governo del Papa si ebbe nel 1291
quando un tal Canonico Teodorico cercò di obbligare i sammarinesi a pagare i
tributi al Pontefice e fare atto di sottomissione dichiarandosi suoi sudditi.
I Sammarinesi rifiutarono difendendo le loro libere origini e la loro
indipendenza. A decidere sulla controversia fu incaricato un illustre
giureconsulto di allora il GIUDICE PALAMEDE da Rimini la cui sentenza fu
favorevole a San Marino.
Pochi
anni dopo nel 1296 i sammarinese dovevano affrontare un'altra richiesta, questa
volta dai Podestà Feretrani che con le stesse pretese tentavano di imporre il
loro dominio sul Titano e probabilmente vi sarebbero riusciti se i Sammarinesi
non avessero portato la questione a Papa Bonifacio VIII il cui Legato confermò
la sentenza del Giudice Palemede riconoscendo a San Marino piena libertà ed
indipendenza. Tuttavia non vi fu pace per i Sammarinesi. L'autorità Religiosa
delle regioni circostanti tentò con ogni mezzo di piegarli, ma essi risposero
sempre colpo su colpo.
Nel
1303 alcuni Ambasciatori della Chiesa Feretrana che si erano introdotti a San
Marino vennero imprigionati e le ostilità ricominciarono, ma la guerra volse a
favore delle armi Sammarinesi le cui addestrate milizie nel 1320 costrinsero il
Vescovo Uberto alla pace.
Nel 1322 caduta in disgrazia la signora del Conte Federico di Montefeltro,
alleato dei sammarinesi, il Vescovo Benvenuto ed il Malatesta di Rimini
tentarono con le lusinghe di avere i Sammarinesi dalla loro parte ed offrirono
il perdono della Chiesa, l'esenzione delle tasse per le proprietà dei
Sammarinesi fuori territorio, il diritto di commerciare liberamente e la
possibilità di portare a San Marino le rendite fondiarie. In cambio si chiedeva
di considerare nemici i Signori di Urbino che nel frattempo si erano rifugiati a
San Marino.
Il
prezzo del tradimento fu rifiutato ed i sammarinesi continuarono le ostilità
contro i Malatesta fino all'anno 1366. Per lungo tempo il Malatesta tormentò ed
aggredì i Sammarinesi, ma l'arroganza del signore di Rimini si ritorse contro
di lui allorquando si deteriorano i già precari rapporti con il Papa Pio II di
Napoli al quale il Malatesta aveva truffato un'ingente somma di denaro.
Approfittando
di questa situazione il 21 settembre 1461 i sammarinesi firmarono un patto d'allenza
con la Chiesa e ricominciarono la guerra che terminò nel 1463 con la conquista
dei castelli malatestiani di Fiorentino, Montegiardino e Serravalle, mentre il
castello di Fa'etano passò volontariamente a far parte della Repubblica.
Questa
fu l'ultima guerra combattuta dai Sammarinesi e da allora il territorio non subì
modifiche.
Per qualche decennio regnò la pace poi l'angoscia s'impadronì di nuovo della
gente del Titano allorché nel 1503 Cesare Borgia, duca Valentino, figlio di
Papa Alessandro VI, occupò la Repubblica. Fortunatamente i Sammarinesi
dovettero subire la tirannide solo per pochi mesi, infatti cogliendo l'occasione
di un'insurrezione avvenuta nel Ducato d'Urbino insorsero anch'essi contro le
truppe del Valentino e contribuirono con armi e uomini alla sua totale disfatta.
Circa
40 anni dopo e precisamente nella notte del 4 Giugno 1542, sotto il pontificato
di Papa Paolo III, FABIANO DA MONTE SANSAVINO tentò di occupare San Marino con
un esercito di 500 fanti, cavalieri e tutto l'occorrente per dare la scalata
alle mura.
Una
fitta nebbia impedì all'esercito nemico di giungere sotto le mura prima che
sorgesse l'alba e il piano di sterminare i Sammarinesi, cogliendoli di sorpresa
nel sonno, fallì. Fabiano da Monte San Savino si ritirò e non fu mai possibile
sapere esattamente chi fu il mandante della fallita impresa, ma l'ambasciatore
imperiale di Carlo V in Roma offrì ai Sammarinesi i privilegi imperiali e li
esortò a diffidare dai Ministri Pontifici in Romagna.
Successivamente
nel 1631, con la morte dell'ultimo Duca di Urbino, il Governo del Ducato fu
trasferito alla Santa Sede ed in quello stesso anno entrò in vigore il TRATTATO
DI PROTEZIONE stipulato fra la Repubblica di San marino e la Chiesa fin dal
1602.
In quel tempo la Repubblica attraversò un lungo periodo di decadenza della vita
civile ed economica: l'apatia per le cose dello Stato e l'indolenza regnarono a
lungo fra i Sammarinesi il cui livello culturale si faceva sempre più scadente.
A
tutto questo avevano contribuito l'estinzione di alcune famiglie patrizie che più
avevano avuto a cuore la difesa della libertà e la continua emigrazione di
uomini illustri ( oggi si direbbe " Cervelli " ) che andavano
all'estero a cercare lavoro e onori che non avrebbero trovato in Repubblica.
Questo periodo negativo durò fino al 1739 quando la Repubblica dovette subire
il più grave attentato alla libertà ed indipendenza di tutta la sua millenaria
storia. Prendendo a pretesto l'arresto, avvenuto in una Chiesa, di due
cospiratori sammarinesi il CARDINALE ALBERONI, Legato Pontificio di Romagna, il
17 ottobre 1739 entrò con le sue truppe a San Marino.
L'invasione
era stata preceduta da una lunga serie di infamità quali l'arresto di
Sammarinesi nei territori italiani di Romagna a scopo di rappresaglia ed un
ferreo blocco dei confini per impedire che alla Repubblica giungessero
vettovaglie e derrate alimentari. Non riuscendo l'Alberoni a piegare i
Sammarinesi con questi mezzi passò all'uso diretto della forza con
l'occupazione del territorio.
Le
case dei maggiori cittadini della Repubblica furono saccheggiate per avere essi
rifiutato il giuramento di fedeltà al Pontefice, i Capitani Reggenti sostituiti
con un Gonfaloniere e due Conservatori.
I Sammarinesi non si piegarono però alla tirannia ed inviarono in segreto
messaggi al Papa perchè fosse riparata l'inaudita e criminale ingiustizia.Da
Roma giunse sul Titano il Cardinale Enrico Enriquez con il preciso incarico di
riferire l'esatta situazione che si era venuta a creare in San Marino.Il
Pontefice, a seguito di ciò ordinò al Cardinale Alberini di ritirarsi ed il 5
febbraio 1740 la Repubblica tornò libera nella sua sovranità dignità.
La
lezione fu salutare per i sammarinesi che si riscossero dall'apatia e
dall'indolenza dei lunghi anni precedenti e con rinnovato spirito di difesa
ritrovarono l'amor di patria ed il primitivo orgoglio repubblicano. L'episodio
Alberoniano fu mirabilmente ricostruito dal CARDUCCI nel 1894 nel suo celebre
discorso sulla " Libertà Perpetua ".
Il
futuro riservava un'ora fulgida ai sammarinesi quando NAPOLEONE BUONAPARTE,
sceso in Italia, passò nelle vicinanze della minuscola Repubblica.
Ammirato dalla fierezza di questo piccolo popolo e dalle sue tradizioni
libertarie dichiarò che :
"
BISOGNA CONSERVARE SAN MARINO COME ESEMPIO DI LIBERTA' " ed inviò
sul Monte il Monge, illustre matematico e suo ambasciatore, affidandogli
l'incarico di esprimergli la sua amicizia.
Una Manifestazione di omaggio di così alto significato e di tale importanza mai
era stata rivolta alla Repubblica di San Marino la cui intangibilità ebbe così
il riconoscimento più solenne.
Napoleone
non mutò mai i suoi sentimenti: nel 1805 accolse con tutti gli onori ANTONIO
ONOFRI, Messo della Repubblica, che si era recato a Milano per un più utile
ampliamento del Trattato Commerciale già vigente fra la Repubblica Cisalpina e
quella di San Marino; scomparso Napoleone Buonaparte l'indipendenza di San
Marino fu riconosciuta e ribadita dal Congresso di Vienna del 1815 ed il suo
nome, con le relative caratteristiche di sovranità, fu incluso nel novero degli
stati europei.


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