Questo gioco esclude ogni ricerca, personale o collettiva, di prestigio. Il giocatore, dal punto di vista personale, deve rispetto agli altri giocatori, siano essi avversari o compagni di squadra, più deboli di lui.
Il gioco è aperto a tutti; le capacità, costituzionali o acquisite, sono molto diverse, ed è dunque inevitabile che vi si incontrino tutti i gradi di qualità sportive. La considerazione e il rispetto dovuti a ciascuno devono spingere il giocatore ad adattare il proprio atteggiamento, tecnico e tattico, alle circostanze del momento.

Dal punto di vista collettivo, un risultato, qualunque esso sia, non implica mai la stima e la considerazione per una persona, esso non dà diritto a qualsiasi tipo di "settarismo". Una vittoria genera piacere ed anche gioia, ma mai una reazione di orgoglio. La gioia provocata da una vittoria è un incoraggiamento per gli altri a migliorarsi; l'orgoglio del vincitore implica la lotta per il prestigio che noi condanniamo perché è sorgente di tensioni e di conflitti nelle relazioni umane di ogni tipo.

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Il gioco implica un dono permanente di sé stesso: bisogna dunque innanzitutto sorvegliare costantemente il percorso del pallone, osservare poi in maniera oggettiva ed amichevole ogni giocatore. Il dono di sé significa partecipazione soggettiva ma collettiva agli avvenimenti: il risultato è quello di "mischiare" le personalità nel confronto reciproco delle reazioni di gioco.
 

Ovvero:

a) Il senso del rendimento collettivo della squadra: esso unisce i compagni di squadra, li lega gli uni agli altri; insegna loro a stimare ed apprezzare le loro doti; crea il senso dell'unità e dello sforzo in seno al gruppo.

b) L'assimilazione degli atteggiamenti di un gruppo chiamato "avversario" rispetto al quale bisogna opporre un gioco adeguato ma che non comporta mai dei sentimenti di ostilità, di nessuna specie.

c) La preoccupazione principale di ogni giocatore deve riguardare la ricerca del bel gioco; l'esperienza universale nello sport può riassumersi nella seguente espressione: "Il bel gioco richiama il bel gioco".

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Questo orientamento ideale è il cardine dell'azione sociale del TchoukBall: esso permette di dirigersi verso la perfezione e di evitare, in ogni circostanza, delle azioni negative nei confronti degli "avversari". Tutto ciò è ben più di una semplice regola di gioco: si tratta di una norma permanente di vita, che diventa componente psichica del comportamento e alla base della personalità sociale.

L'obiettivo è dunque quello dell'eliminazione dei conflitti in una identica prospettiva. L'idea del "Fair play" è così sorpassata, non si tratta di concessioni fatte all'avversario ma di azioni comuni che legano le squadre l'una all'altra cosicché il bel gioco dell'una richiama e rende possibile il bel gioco dell'altra.

Il gioco, attraverso l'attività fisica, è un esercizio sociale; vi è una comunione nei mezzi di esecuzione; il migliore porta la responsabilità di "insegnare" ai meno dotati; non esiste dunque un campionato nel vero senso della parola, ma "una corsa alla competenza". Quando si dice: "che vinca il migliore!" bisogna riferirsi al fatto che "essere migliore" si acquisisce con una preparazione qualificata. E' giusto dunque che i risultati sanciscano gli sforzi dei giocatori sul piano individuale e su quello collettivo.
Da questo punto di vista, una vittoria può e deve suscitare un normale senso di soddisfazione unito al rispetto dovuto all'avversario. La vittoria deve provocare negli avversari un senso di emulazione (desiderio di fare altrettanto) non già dell'annientamento o dell'orgoglioso dominio.
I vincitori devono sforzarsi per favorire tale impressione.

Una sana soddisfazione dei vincitori è la maniera di tendere la mano ai perdenti e di incitarli a continuare un allenamento efficace. Per tutte queste ragioni, la nozione di "campione" deve lasciare il posto a quella, più semplice e adatta, di "vincente". Giocare per perfezionarsi: ecco il sentimento che ogni attività di gioco deve comportare e sviluppare, ed è verso questa conclusione che l'organizzazione del TchoukBall deve aspirare, dal semplice incontro amichevole fino al confronto più serio delle squadre al vertice.