Il manuale del piccolo profeta.
http://www.oocities.org/mapipro

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Dimostrazione.

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Uno speciale ringraziamento a     che ospita questa pagina.

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 In questo testo sottostante è riportata la versione in lingua ebraica (a destra) con la traduzione in italiano di alcuni versi del libro di Michea capitolo 5 (dove il profeta indica in Betlemme Efrata il luogo esatto di nascita del Cristo), e alcuni versi del primo capitolo del profeta Nahum.
Quello che intendo evidenziare è che in entrambi i casi vi è questa specie di "frase in codice" cioè : mem mem kaf e jod sade alef che significa : da te esce, che non è affatto comune nel vecchio testamento ma che invece si ritrova solo in un limitatissimo gruppo di casi, come illustrerò in altro documento.

Bibbia ebraico-italiana Marietti

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Michea 5:1
 

(seconda parola) (prima parola)

(tra queste due parole: , "mi", cioè "proveniente da me" e riferito al Cristo)

Nahum 1:11


 

Anche ad un superficiale esame delle due parole si nota immediatamente che la punteggiatura è diversa, però sappiamo che la punteggiatura è stata aggiunta alla lingua ebraica solo in tempi relativamente recenti allo scopo di "vocalizzare" le parole e che quindi non esisteva nè ai tempi dei due profeti nè ai tempi di Cristo.
A dimostrazione si osservi questo stralcio di un documento dei testi di Qumran che risalgono a non oltre l'anno 70 d.C.
Il documento è pubblicato nel libro I manoscritti di Qumran edito dalle Edizioni UTET (1971) a cura di Luigi Moraldi a pag. 320 (bis).
 
 

Non esiste punteggiatura.
 
 

Possiamo provare adesso a togliere la punteggiatura in entrambi i versi, quello di Michea e quello di Nahum.

Il risultato è questo :
 

, così diventa Michea.
 

, e così diventa Nahum.

Esattamente uguali.

Gioco di prestigio?
Bene. Giudicate da soli se può trattarsi di un gioco di prestigio o di una singolare coincidenza.
 


Nota:



La parola ebraica    yod sade alef    significa uscire, venir fuori.
In se stesso il verbo non ha una coniugazione precisa ma indica la semplice azione.
Può quindi essere inteso come al passato ( è uscito ), al presente ( esce ) o al futuro ( uscirà ).
Ecco il motivo per cui alcune Bibbie traducono con "è uscito" come la CEI e la Luzzi, altre con "uscirà" come il testo ebraico-italiano riportato in apertura e come la Bibbia tradotta dal Martini di metà settecento.
Il tradurre in lingua italiana questo verbo può essere in se stesso ingannevole perchè traducendo con "è uscito" è implicito che il fatto è già avvenuto. Traducendo invece con "uscirà" si intende che deve ancora accadere. In entrambi i casi nel tradurlo al passato o al futuro si dà per scontato che il fatto è già avvenuto oppure che deve ancora accadere, che è proprio ciò che invece dovrebbe essere dimostrato.
Iddio ha indicato all'Uomo un particolare "qualcosa" che accade senza relazione con il "quando", come se il passato, il presente e il futuro fossero un tutto unico, o forse come se non esistessero affatto se non nella "condizione" dell'uomo.
E' forse quindi più corretto nella traduzione attenersi ad un generico "esce", ovvero un presente che in realtà può applicarsi a qualsiasi momento.
La questione è aperta.
Per ora accontentiamoci di tradurre con :

"... da te ... esce ..."

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