Alcide De Gasperi
Accade che gli uomini spirituali siano spesso i più concreti;
preoccupati dell'essenziale sanno dare al transitorio il giusto
valore.
Non cercano la gloria, ma spesso la ottengono; non amano
proclamare traguardi impossibili, ma con realismo perseguono l'ideale.
Fra costoro si può senza dubbio annoverare Alcide De Gasperi.
Non a caso importanti temi come l'autonomia locale e l'Europa cui
quasi 50 anni fa quest'uomo dedicava le sue energie, tornano oggi
di grande attualità.
Impegnato fin da giovane universitario a livello culturale e
politico, intendeva la difesa del suo Trentino, allora asburgico,
anzitutto come la tutela dell'identità di un popolo e di una
cultura; allo stesso tempo la coscienza nazionale non doveva
essere assolutizzata al punto da ledere i diritti delle altre
etnie presenti sul territorio. Infatti quando il Trentino e l'alto
Adige furono annessi all'Italia, De Gasperi battagliò duramente,
appoggiato da Sturzo, per salvaguardare anche all'interno della
stessa regione le tradizionali autonomie locali. L'esperienza
dimostrava quanto ciò giovasse alla buona amministrazione più
che l'accentramento di una burocrazia livellatrice.
soddisfare al meglio le esigenze dei cittadini, raggiungere
obiettivi utili per tutti, cercare di coinvolgere anche chi aveva
una diversa impostazione ideologica: da questo prendeva le mosse
la sua azione politica. Nel suo discorso all'ultimo Congresso del
PPI (28-30 giugno 1925), prima che la violenza fascista lo
costringesse persino al carcere, egli difese i primati dei
diritti naturali della persona, della famiglia e della società
sullo stato.
Fu lui a stendere nel 1942 il programma della Democrazia
Cristiana: era necessario un nuovo sistema basato sulla
democrazia rappresentativa, sulla separazione dei poteri e su un
largo decentramento.
Principi come la libertà di insegnamento, la tutela della
famiglia, la progressività del sistema tributario sarebbero
diventati dopo pochi anni i cardini della costituzione. Un ruolo
decisivo per le sorti del nostro paese De Gasperi rivestì in
ambito internazionale. In qualità di ministro degli esteri si
adoperò perché l'Italia fortemente penalizzata dalla Conferenza
di Pace di Parigi, si reinserisse nella scena internazionale su
un piano di parità, curando in particolare i rapporti
diplomatici con gli Stati Uniti.
L'aiuto economico e politico in questi ultimi si rivelò
essenziale nel 1947, quando l'estromissione dei partiti di
sinistra dal governo e l'inizio della Guerra Fredda da più parti
paventare il pericolo comunista. A conferma di tali timori giunse
la notizia della adesione del Pci al Cominform, un patto di
disturbo europeo promosso da Mosca, che avrebbe dovuto rimanere
segreto, ed il colpo di stato comunista in Cecoslovacchia nel
marzo 1948.
Nelle elezioni politiche per il primo parlamento repubblicano si
contrappose alla fusione di comunisti e socialisti del Fronte
Popolare un gruppo di partiti democratici alleati.
Il 18 aprile la Dc sfiorò la maggioranza assoluta dei suffragi.
Stretto fra destra e sinistra del partito, De Gasperi riuscì a
mantenere una posizione di centro fondata sul concetto di
democrazia laica e ad avviare una coraggiosa politica di riforme
in campo economico e sociale Vinse le opposizioni interne e le
differenze degli altri paesi occidentali, riuscendo a far
accettare l'Italia nel Patto Atlantico.
Intuì che la soluzione dei problemi italiani doveva essere
cercata in ambito europeo. Quando, in seguito alla invasione
della Corea del Sud da parte di quella del Nord, venne costituito
in funzione antisovietica il comitato Europeo di difesa, egli
riuscì ad ottenere che nel progetto di tale trattato l'assemblea
avrebbe agito come una sorta di Costituente europea, col compito
di elaborare una organica proposta in senso federale.
Sperava in una integrazione europea non solo a livello militare,
ma anche economico. Era convinto che i popoli europei avessero un
comune patrimonio di valori spirituali e che senza la formazione
di una mentalità europea, le istituzioni sovranazionali
avrebbero rischiato di divenire luogo di competizione di
interessi particolari.
Grande delusione provò per la mancata ratifica del trattato da
parte dell'Italia, che ritardava l'avvento del suo progetto di
Unione Europea.
Così scriveva pochi giorni prima di morire: "la nostra
piccola mente umana ha bisogno delle cose finite e non si
rassegna a lasciare ad altri l'oggetto della propria passione
incompiuto".