Lambrate
di Marcello Menni

Promenade

Passeggiare fra le povere
strade della mia periferia
riempie il cuore di
piccole, grandi cose.
Le immagini si
fissano negli occhi
e intridono l'anima
di un liquido agrodolce:
fuggire o rimanere per
sempre,
nessuna alternativa.
Lambrate sfugge
a se stessa
coma il suo fiume
e la sua mutevole immobilità
contagia i suoi
inquilini.

La stazione

Oro

In fondo alla via
una cupola di metallo luccicante
promette le meraviglie
dell'Oriente.

Ma l'abbandonata
sala d'aspetto
di seconda classe
non ha a che
spartire con i palazzi
di Persia.

A chi non esca dal
traffico rimane
l'illusione
di un riflesso
degno delle
dimore del
Corno d'Oro.

Stazione

Quante partenze ho visto
in quella stazione!
E quante attese ho
sopportato nella vana
speranza che qualcuno
arrivasse!
Lo stridore insopportabile dei
freni ha assordato il mio cuore.
Lo sfavillio dei vetri
di un treno sfrecciante
ha martoriato i
miei sensi.
Ma ho continuato,
sotto quelle tettoie di
lamiera senza tempo,
a guardare le rotaie
all'orizzonte,
solo perchè qualche
stella aveva cominciato
a sfavillare per me
un pomeriggio invernale.

Lampo giallo


Un lampo giallo,
una voce.
poi silenzio.
E' l'ennesimo treno
perso.
Avrei potuto correre
più forte in galleria
e fare meno fila alla squallida biglietteria.
Ma non mi arrabbio
più.
E osservo i ritardatari
che aspettano con
una sigaretta in bocca
il prossimo treno che
non passerà.

Uomini ed altro

Frammento

Mi vedo
in mille frammenti di vetri
di un incidente
e non so più chi sono,
io che vago
per le strade grigie
di un'anonima città.

Le rondini

Ecco le rondini,
rondini sottili e stridenti
volare su un punto immaginario
della terra morente.

Ecco le rondini,
sono tornate dalle calde notti d'Arabia
per riversarsi nel caos dell'estate di Milano.
Si sono riunite a convegno
e senza psa si consultano garrendo.

Ecco le rondini,
volai lontano col mio pensier,
volai lontano dalle strade marce per la troppa vita,
volai fra cieli lontani.

Ora le rondini sono sparite
nel folto delle fronde, laggiù
dov'è l'albero morto sopra le
acque limacciose, oltre il ponte.
Non più come rondine
mostra l'ala il mio pensiero:
tossisco, attraverso la strada...

Indecisione

Mi mancò la forza,
come al giovane
schiantatosi su un
guardavia.

Mi mancò la forza,
come all'africano
accasciato nel vano
di un muro.

Mi mancò la forza,
come la ragazza
che si buttò
nel Lambro.

Mi mancò la forza,
come alla donna
che fuggiva la polizia
in un prato.

Mi mancò la forza,
e persi una parte della
mia anima.

MM

La metropolitana
vomita
fiotti di visi.
Gambe veloci
si spargono e
fuggono da
quelle "Emme"
giganti.
Ma da un
sotterraneo
passano a
quello ben più
profondo e grigio:
le loro esistenze
li attendono
come ladri
dietro agli
angoli delle
strade.
E seppure il biglietto
della vita
è più lungo
di settantacinque minuti,
anche quello scadrà
ed essi non potranno
ricomprarlo.

Giovedì


C'è un grande mercato
il giovedì, che
sa di provincia e di
festa. Odori ed urla
esotici per quei
meandri di strade
e cemento si spandono
e attirano
donne smunte e
vecchie che escono
come belve mansuete
dalle tane delle
loro case.
E allora l'odore
della povertà e
dela solitudine
s'insinua nella
opulenza dei
miseri banchi.

Lavavetri

Seduti all'ombra
di un muro di cemnto,
sandali rabberciati
e volti sporchissimi.
Parlano, non si sa esattamente
di cosa, in lingue sconosciute.
Bottiglie
e Palette.
Non chiedono nemmeno
più: aspettano una
carità che non viene sui
loro logori caoppotti.
I più sono giovani
e si perdono a volte
a dormire sull'erba
o a litigare a
schizzi con sputi
impuri.
E' la vita?

Tristo mercato

Corpi, senza calze,
nudi nella loro
malinconica perduta
tristezza senza fondo
e senza tempo.

Sono persone quando si
sporgono al finestrino
di una macchina per contrattare
se stesse? O quando
scendono, indifferenti
(ormai) dalla macchina
sporca di un protettore.

Non provano nemmeno
più piacere, e i loro
occhi scuri dalle
battute sono un
urlo di morte e di
fallimento di tutta
una città.

Perduto

Perduto, come tutto quello
che si trova qui a Lambrate.

Vedi qualcosa di bello fra
i rifiuti spezzettati lungo le strade?
C'è della scientificità in quella
siringa sporca di sangue e disperazione?

E c'è arte in quelle tracce
di ruote sull'asfalto consumato?

Il fiume

Il merlo

Il merlo indiano
salutava ossequiosamente
i clienti del ristorante.
Ma a troppi ricordava
quel povereo vecchio
fuori dalla porta.
La soluzione
fu
rapida:
il vecchio trovò
un'ultima dimora
tranquilla
nel letto morbido
del fiume limaccioso.

Il Lambro

L'ansa del fiume
placida come
un'amante si nasconde
sotto la morbida
piega di una
fronda secolare.
Non può essere un angolo
della mia Milano,
sozza di cemento
e di catrame.
Se non fosse per quelle torri
moderne
sullo sfondo...
Ma la realtà è
realtà:
torniamo al
mondo della
frenesia.

Amore all'ombra

Lambrate

Ogni mattina
ci si incammina fra le
strade ammorbate
di un quartiere polveroso

e squallido.
I fumi delle macchine
entrano nei timpani,
pervadono i polmoni,
si insinuano dentro ai cuori,
corrodendoli.

Si guarda in alto
e passano due corvacci
ed un gabbiano venuto
da chissà quale mare
e approdato qui.

Sarà un buon auspicio?
Si attraversa un ponte,
tanto poderoso che nemmeno
ci si rende conto che
un ponte è.

E un fiume, in cui si tuffano
ramaglie rinsecchite ed alberi
cadenti e malinconici,
passa sempre uguale, oscuro e fetido.
Uno sguardo... E si ritorna a camminare.

Discorsi

Parole perse nell'aria ventosa di un
pomeriggio senza stagione. Parole chiacchierate
a fior di labbra per raggiungere un treno
già perso, a Lambrate. Basta parlare!
E' ora di veleggiare lontano come gli alti
muri di nuvole all'orizzonte.

New York

Lambrate sembra lontana,
sideralmente lontana,
da tutto e da tutti:
il traffico la imbottiglia
in un vetro grigiastro
delle mattine di ogni
stagione.
Ma fra le frasche di un
incrocio malsano un
cartello recita "New York: 100m".
"devo fotografarlo", dice Chiara.
Meglio dimenticare, invece.

La prima stella

Quante volte cercai
un lumino nel cielo,
per esprimere un desiderio.

Quante volte la trovai,
occhieggiante dietro
una nuvola voluttuosa.

Quante volte mi chiesi:
"vale questa leggenda
sopra un mare di cemento?"

Quante volte mi sentii
troopo meschino per
essere baciato, alfine,
da una stella.

Nevica

No, la strad non fu mai bianca:
appena un fiocco cadeva, bugiardo
si mutava nella piuma grigia di piccione.
No, non si può purificare questa terra!
Guardavamo con felicità nuova
le finestre: neve...
No, quando si usciva, felici,
si trovavaun pantano di vane
speranze: bella soddisfazione!

Noi

Dai cartelloni sorridono
ai pendolari i divi
del cinema.
Volti che non si consumano,
come i nostri, all'aria
fetida e alle intemperie.
Non ci rimane che
qualche istante,
in attesa dell'autobus,
da passare in
sogni di carta.

Ultimo desiderio

Avrei voluto
trovarmi con lei,
solo, sotto quegli
alberi.
E guardandola
negli occhi
non rischiare
di essere investito
da un camion.
E stringermi a lei
quando il vento
di Tramontana
increspava il fiume
che passavamo per
andare a scuola.
Ma ciò mi mancò ed
il mio viso si indurì
come quello dei mendicanti
in cerca di una vana
carità.

Schizzi

Fu allora che capii,
seppi che si era troppo lontani,
che quell'acqua sarebbe
penetrata nei nostri rapporti.

Che onde tremende e gelide
sui pantaloni invernali,
che freddo, che arrabbiature!

Le macchine accelerano
senza pietà, senza pietà
tu sei.

L'alveare ammorbato.

Tempi moderni

Fumi e ciminiere argentate
attraverso un pertugio, una fessura della
tenda della classe.
E' una massa informe che
vibra nel calore delle
caldaie nascoste nel suo
vntre d'acciaio.
Che cosa bolle nelle sue
viscere, quale linfa
accende le sue calde pareti?
Nessuno lo saprà: si scorgono
solo, portati dai venti,
candidi e morbidi fumi.

Angolo in fiore

Una panchina
sotto uno sbuffo
di fiori rosati
come gelati di
fragole appena
colte e panna
di candido latte.
Gemma non purpurea
ma come d'alba
omerica, incastonata
in un angolo di
mattoni e aiuole
rade e trascurate.


Il sole di fronte

Verso est percorrono la strad
d'estate.
Non bastano più i più scuri occhiaòi
da sole.
Troppo forte i raggi abbacinano
gli occhi.
Ecco qui ciò che è rimasto della campagna
lombarda.
Tutto il resto si è perso nelle ombre lunghe
sopra la strada.

Tempesta

Da una csa di
mattoni rossi
ho visto la tempesta
scrosciare su quest'angolo
di mondo.
Squarci illusori di
sole si aprivano
lontani.
Ma la pioggia fredda
che cade sempre su
Milano continuava
a martoriare le
strade e gli uomini.

Semaforo verde

Il parco


Ho assaporato la dolcezza
decadente di un pomeriggio
di fine estate.
Il parco era lì
a due passi dalla strada:
mi attrasse col suo
sfavillio marino
di painte scosse dal
vento.
E fra le gioie di
piccoli uomini che
godevano de quel pallido
sole camminando
senza meta,
mi sono smarrito.
E ho intravisto
fra rade qurce
di un monticello
ill temporale
che quella pace
senza tempo
avrebbe spazzato via.

L'estate muore

Parchi assolati
pieni di pollini roteanti
in tenui vortici.
Avvallamenti in cui
frusciano i ricordi
di una Lombardia
dimenticata.
Bambini che fanno le loro
barchette nei
meandri tortuosi del Lambro.
Ecco: l'estate muore
sul far della sera.

Requiem

Il grande cimitero
si nasconde dietro
a montagne di muri
e aforeste di fiori.

Qui ciò che rimane
di uomini e donne
è una foto tristemente
felice e una colonna
di fumo che si sperde
all'orizzonte.

Il resto è il nulla
del pianto e di
vani discorsi di
consolazione
che scorre via
come l'acqua
della grande
fontana.

Tacciono

Ritmi di passi
cadenzati,
squillanti,
sui marciapiedi:
li senti dalla finestra?

Le sirene lontane
che sfrecciano fra
gli alti palazzi
del centro:
li senti dalla finestra?

Vedi quelle macchine
sulla autostrad,
alta sopra le
frasche?

No, non più. Ora tacciono.

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