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La scoperta delle iscrizioni

 

Le prime esplorazioni
La decade delle grandi scoperte (1842-1854)
Le iscrizioni
Le ultime spedizioni ottocentesche
Gli scavi novecenteschi
Evoluzione degli scavi
I musei
Tabelle e cartine
Bibliografia


Le prime esplorazioni

Fino quasi alla metà del secolo scorso si ignorava quasi tutto sulla civiltà fiorita nel bacino del Tigri e dell'Eufrate. La principale fonte d'informazione era la Bibbia, che ci raccontava la potenza e la gloria dell'Assiria, ed infine la sua caduta e la rovina della sua capitale, Ninive. I rari viaggiatori occidentali che si erano avventurati nelle torbide aree del vicino Oriente confermavano concordemente questa distruzione, testimoniata dai numerosi cumuli di rovine ricoperti di sabbia, chiamati tell, tipici della Mesopotamia.

Beniamino di Tudela, un'ebreo di Spagna, è stato il primo di questi viaggiatori ad averci lasciato un resoconto scritto. Egli compì un lunghissimo viaggio, tra il 1159 ed il 1173, alla ricerca delle comunità ebraiche sparse attraverso i paesi del Mediterraneo, fino a raggiungere la Persia. Sulla base delle tradizioni locali e della toponomia, egli intuì che una serie di colline situate di fronte alla città di Mosul, sul Tigri, rappresantavano quello che restava dell'antica Ninive. Alcuni secoli più tardi, un'altro viaggiatore, il romano Pietro della Valle, al ritorno da un lungo viaggio di dodici anni (1614-1626), portò con sè alcuni mattoni iscritti, raccolti nei siti di Babilonia e di Muqayyar (l'antica Ur), così come le copie di alcune iscrizioni di Persepoli. Era la prima volta che delle antichità mesopotamiche giungevano in Europa.

Nel corso del XVIII secolo, nuovi documenti si aggiunsero a quelli già conosciuti: le iscrizioni di Persepoli raccolte dal matematico danese Niebuhr, il sasso Michaux (una pietra confinaria babilonese con iscrizione cuneiforme), ecc.

L'interesse per queste civiltà scomparse andò così aumentando: la decifrazione del fenicio e dell'aramaico ad opera dell'abate Barthelemy fece crescere la curiosità per le scritture misteriose della Persia e della Mesopotamia, mentre le scoperte di Ercolano e Pompei, alla fine del XVIII secolo, ed i prodigiosi risultati della campagna d'Egitto, all'inizio del XIX, fecero nascere la passione per le ricerche archeologiche. Sull'onda del movimento romantico degli inizi del XIX secolo, caratterizzato da un forte interesse per il passato, le discipline storiche conobbero un periodo di eccezionale fioritura.

Nel frattempo, passando dal piano intellettuale a quello politico-economico, si andava affermando, per le potenze europee, la necessità di una migliore conoscenza delle vie di terra. In particolare, la spedizione di Bonaparte in Egitto aveva fatto sorgere negli inglesi dei timori riguardo al dominio della via delle Indie, e questo li indusse a moltiplicare l'invio di diplomatici e di missioni di esplorazione in tutto il vicino Oriente, o il "medio Oriente", per usare l'espressione usata nel mondo anglosassone.


La decade delle grandi scoperte (1842-1854)

E fu proprio un diplomatico ad inaugurare l'esplorazione archeologica della Mesopotamia. Paul Emile Botta, un napoletano naturalizzato francese, fungeva da console francese a Mosul, capitale provinciale dell'Impero Ottomano, quando, nel 1842, decise di intraprendere alcuni sondaggi sui tell dei dintorni, a proprie spese. Il primo obbiettivo fu una collinetta, chiamata Nebi Yunus, sotto la quale, si diceva, si celavano numerose antichità. Sfortunatamente, il tell si trovava a breve distanza da un santuario islamico, che, come suggerisce il nome, "profeta Giona", ospita (così si crede) il sepolcro del famoso personaggio Biblico. La furiosa reazione delle autorità locali di fronte alla minaccia di profanazione indusse Botta a spostarsi su un secondo tumulo, ed in questo caso la scelta cadde sull'enorme collina di Kuyunjik, situata proprio di fronte a Mosul, che la gente del luogo, seguendo le indicazioni del noto geografo arabo Abulfeda, identificava con l'antica Ninive. Qualcuno, in verità, aveva sollevato dei dubbi su questa identificazione: ora noi sappiamo che tanto Kuyunjik che Nebi Yunus, così come tutte le collinette circostanti, appartenevano alla città di Ninive, di cui Kuyunjik rappresentava la cittadella fortificata con il palazzo reale ed i templi principali.

I sondaggi di Botta risultarono scoraggianti: nell'arco di diversi mesi, egli riuscì a recuperare soltanto pochi mattoni e frammenti di alabastro. L'esplorazione andò avanti fino a quando un contadino di Khorsabad, un villaggio situato una ventina di chilometri più a nord, si presentò al console, offrendogli in vendita una serie di mattoni iscritti. Il contadino spiegò a Botta che il villaggio da cui proveniva era ricco di statue ed altri tesori archeologici che praticamente affioravano dal terreno. Il console, dopo aver verificato la veridicità delle affermazioni, decise di cambiare ancora sito, e così, nel marzo del 1843, si trasferì a Khorsabad, abbandonando Ninive.

Il villaggio era situato in cima ad un moticello che celava le rovine di una città fatta costruire dal re Sargon II (721-705 a.C.), e di cui un tempo prendeva il nome, chiamandosi Dur-Sharrukin, "città di Sargon". Anche in questo caso, la tradizione locale risultava sorprendentemente accurata, visto che, secondo alcuni geografi arabi, il villaggio occupava il sito di un'antica città assira chiamata "Saraoun", o "Saraghoun".

I lavori di scavo iniziarono dalla sommità di un tell che, come ben presto si scoprì, custodiva le rovine del palazzo reale. Mano a mano che le sale venivano sgomberate, ci si rendeva conto che la distruzione dei monumenti non era stata affatto completa. Le gigantesche statue raffiguranti creature fantastiche, leoni e tori androcefali, stavano ancora di guardia, pressochè intatte, agli ingressi del palazzo, mentre, all'interno, le splendide decorazioni in bassorilievo con scene di guerra, di caccia, di cerimonie di stato e di riti religiosi erano tutte al loro posto, in ottime condizioni. Le sommità delle mura, crollando, avevano in un certo modo protetto le parti basse, salvando così la maggior parte delle decorazioni del pianterreno.


Le iscrizioni

Il governo francese rispose positivamente alla richiesta di fondi del Botta, e gli inviò anche un assistente, Eugene Napoleon Flandin, un artista specializzato nel ritrarre rovine e monumenti antichi. Gli scavi poterono quindi proseguire, nonostante le difficoltà causate dell'opposizione dei funzionari ottomani, che rimettevano continuamente in discussione i permessi accordati, e nonostante gli atti di vandalismo della popolazione locale.

Quando, nell'autunno del 1844, Flandin ritornò in Francia portando con sè i disegni delle scoperte di Khorsabad, lasciò sbalorditi tanto gli studiosi quanto gli incaricati governativi. A Parigi scoppiò quella "assiromania" che si sarebbe pian piano sparsa per tutta Europa, e Botta ricevette l'ordine di inviare in patria quante più sculture possibile, per esporle al museo del Louvre. Nel corso delle ricerche successive, Botta riportò alla luce una serie di splendidi rilievi, molti dei quali in stato eccellente, altri in stato di avanzata degradazione.

L'alabastro gessoso utilizzato dagli Assiri è in effetti piuttosto friabile, e i rilievi hanno risentito negativamente delle influenze atmosferiche. I bassorilievi migliori, comunque, vennero messi da parte per essere trasportati in Europa. Il resto finì per essere risotterrato, o venne lasciato dove si trovava.

Questi avvenimenti non passarono certo inosservati agli inglesi, che si contendevano coi francesi il controllo della regione.

Allertata dalle notizie che giungevano in continuazione da Mosul, l'ambasciata d'Inghilterra ad Istanbul decise di prendere l'iniziativa. Un giovane collaboratore dell'ambasciata, tale Austen Henry Layard, noto per la sua passione per le antichità persiane e mesopotamiche, insisteva sulla convinzione che Khorsabad non fosse altro che uno tra i tanti siti che celavano le antichità assiro-babilonesi, e che altri tell fossero anche più promettenti.

Nel corso dei suoi innumerevoli viaggi su e giù per l'Asia aveva avuto occasione di stringere amicizia con Botta, sulla base del comune interesse per le antichità mesopotamiche, ed era stato autorizzato a prender visione dei suoi rapporti.

Layard raggiunse Nimrud nel novembre del 1845. Il sito era costituito da un gruppo di invitanti tumuli che sorgevano ad una trentina di chilometri a sud di Mosul, a circa 3 chilometri dalla riva del Tigri. L'esplorazione iniziò dalle due collinette più alte, che, come si saprà in seguito, celavano i resti del palazzo reale di Assurnarsipal II, datato al IX secolo a.C., e di un palazzo incompleto iniziato circa 200 anni più tardi da Assarhaddon (680-669 a.C.). L'antico nome della città era Kalkhu (la biblica Kalakh), ed essa era stata la capitale dell'Assiria per circa centocinquant'anni, dall'epoca di Assurnarsipal II fino a quella di Sargon, che la sostituì con la sua Dur-Sharrukin. Layard, tuttavia, riteneva erroneamente di avere a che fare con le rovine di Ninive.

Ben presto i ritrovamenti si fecero numerosissimi, e comprendevano, tra l'altro, bassorilievi su pietra, mattoni stampati e tavolette iscritte in alfabeto cuneiforme. Il problema prencipale che attanagliò Layard in questa fase fu la penuria di denaro. Un primo sussudio del British Museum si rivelò ben presto insufficiente, e l'archeologo inglese fu costretto a rinunciare ad esplorare metodicamente il sito, puntando ad asportare il maggior numero possibile di oggetti d'arte, col minor dispendio di tempo e denaro. Nella maggior parte dei casi, egli si limitò a scavare un fossato, o perfino un tunnel, che costeggiasse le pareti delle sale, in modo da scoprire i rilievi e le iscrizioni, lasciando così la parte centrale inesplorata. I rilievi venivano quindi ricopiati - solo quelli meglio conservati erano asportati - ed il tutto veniva poi ricoperto con la terra di riporto mano a mano che lo scavo procedeva.

La decisione di limitarsi a trovare tesori e monumenti d'arte diede risultati spettacolari: dal suolo emersero 13 coppie di leoni alati, un gigantesco toro alato androcefalo, numerosi vasi di alabastro, armature ed elmetti simili a quelli indossati dai soldati ritratti nei bassorilievi.

Non fu difficile, così, trovare una lauta sovvenzione per la seconda stagione di scavi, che, come si conviene per il clima della regione, iniziò nell'autunno del 1846. Si trattò, probabilmente, della più fortunata campagna di scavi della storia dell'archeologia orientale. L'attenzione venne rivolta innanzi tutto al cosiddetto "palazzo centrale," una costruzione rimasta incompiuta. Qui vennero scoperte oltre un centinaio di lastre scolpite, appoggiate l'una sull'altra, e raggruppate in colonne che erano in relazione al soggetto che vi era rappresentato. Apparentemente, le lastre erano in attesa di essere impiegate in qualche costruzione: si saprà in seguito che erano destinate al palazzo di Tiglat-Pileser III, rimasto incompiuto.

Poco più in là, gli operai fecero una delle scoperte più clamorose: un obelisco nero alto oltre 2 metri, inscritto in cuneiforme e decorato con 20 pannelli in bassorilievo che raffigurano la presentazione di tributi al re d'Assiria. La lunga iscrizione costituisce l'edizione completa degli annali di Salmanassar III. Uno dei rilievi rappresenta "Jehu, figlio di Omri, re di Giuda" nell'atto di sottomettersi al re assiro e di offrirgli un tributo: come sappiamo dall'antico testamento (1 Re, 19: 16 e 2 Re, cap. 9 e 10), il re Jehu, per comprare l'amicizia di Salmanassar III, aveva accettato di diventare tributario dell'Assiria. Ma Layard non era ancora in grado di comprendere la scrittura cuneiforme, e ci vollero alcuni anni prima che si riuscisse a leggere la didascalia che descriveva l'avvenimento.

Layard ebbe anche il tempo di effettuare degli scavi a Kuyunjik e a Kalat Shergat, il sito dell'antica Assur, ove rinvenne un statua di Salmanassar III.

Il primo invio di antichità assire arrivò al Louvre nel Dicembre 1846, mentre, dopo innumerevoli difficoltà, un'analoga spedizione inglese arrivò a Londra nel 1848. Intanto, Botta era rientrato a Parigi, e si accingeva a dare alle stampe una sontuosa pubblicazione in cinque volumi, Monument de Ninive. L'opera, apparsa tra il 1846 ed il 1850, comprendeva un volume di testo e quattro volumi di illustazioni litografiche, due dedicati ai disegni di Flandin, che riproducevano i bassorilievi più interessanti, e due alle copie delle iscrizioni cuneiformi, basate sugli appunti e sui calchi in carta che Botta aveva preso sul posto. Nel 1848, però, con la nascita della seconda repubblica, il consolato di Mosul venne soppresso, e Botta venne trasferito altrove. Ciò determinò la momentanea cessazione delle esplorazioni da parte dei francesi. Anche Layard, nel frattempo, era rientrato in Inghilterra, e stava scrivendo un resoconto delle sue scoperte, Niniveh and its Remains, e curava la pubblicazione di una raccolta di illustrazioni, The Monuments of Nineveh. É interessante notare come entrambe gli autori fossero convinti, sbagliando, di aver riportato alla luce le rovine di Ninive. L'errore è dovuto al fatto che il cuneiforme mesopotamico non era stato ancora decifrato. In effetti, una terza pubblicazione del Layard, Inscriptions in the Cuneiform Character from Assyrian Monuments, con le copie di molte delle iscrizioni trovate a Nimrud e Kuyunjik, contiene una serie di errori tale da dimostrare chiaramente come il suo autore non fosse ancora in grado capire i segni. Ma anche su questo fronte si stavano facendo progressi enormi: H.C. Rawlinson, console inglese a Baghdad, stava per pubblicare la celebre memoria On the Babylonian Translation of the Great Inscription at Behistun, che stabiliva inequivocabilmente il fatto che la lingua assiro-babilonese e la scrittura cuneiforme che la rappresentava erano ora comprensibili.

L'uscita di Niniveh and its Remains, comunque, impressionò enormemente tanto gli studiosi che i lettori comuni, affascinati dalla scoperta di una splendida civiltà e dalle connessioni con il mondo biblico. "L'opera più straordinaria del nostro tempo", scrisse il recensore del London Times poco dopo la sua pubblicazione nell'inverno del 1849. L'appassionato entusiasmo del pubblico indusse l'amministrazione del British Museum ad aumentare i sussidi, fino a quel momento piuttosto miseri, stanziati per le ricerche del Layard. La seconda spedizione ebbe inizio nell'autunno del 1849 e l'obbiettivo principale, questa volta, fu la collina di Kuyunjik, che sembrava molto promettente. Layard decise di scavare molto più in profondità di quanto non aveva fatto Botta nel 1842, e potè così raggiungere il cosiddetto Palazzo Sud-Ovest, una costruzione riccamente adornata di rilievi, tra cui quelli che raffigurano l'assedio alla città biblica di Lachish. Qualche anno dopo, grazie ai progressi nella decifrazione della scrittura cuneiforme, Layard sarà capace di identificare il costruttore del palazzo con Sennacherib, un re vissuto tra il 704 ed il 681 a.C. e noto anche attraverso la Bibbia. L'archeologo inglese riportò alla luce 71 stanze del palazzo, comprendenti ad oltre 2 chilometri di pannelli in pietra scolpiti in bassorilievo.

Ma la scoperta più clamorosa fu quella della biblioteca reale, costituita da migliaia di tavolette e frammenti di tavolette contenenti testi di ogni tipo: iscrizioni reali, cronache, testi mitologici e religiosi, contratti, decreti reali, lettere, documenti amministrativi, ecc. Tre anni più tardi, Hormuzd Rassam, assistente di Layard e continuatore della sua opera, scoprirà un'analoga "biblioteca" nel palazzo di Assurbanipal, situato dalla parte opposta del tell. Sfortunatamente, l'archeologia dell'epoca non prevedeva di registrare il luogo esatto di provenienza di ciscun reperto, e, subito dopo aver raggiunto l'Europa, tutte le tavolette di Kuyunjik risultarono irrimediabilmente mescolate, perfino con tavolette provenienti da altri luoghi. In questo modo non sarà mai possibile conoscere il contenuto di ciascuna biblioteca, e sapere se, per esempio, ognuna di esse fosse "specializzata" nei testi di un certo tipo.

Comunque sia, l'insieme dei testi, che è noto come la "biblioteca di Assurbanipal," a quanto sembra ammontava a circa 10.000 unità: il numero totale di pezzi registrati è di circa 26.000, ma in questa cifra sono compresi anche i frammenti provenienti da una stessa tavoletta.

Nel corso della seconda missione del Layard, durata tre stagioni (1849-1851), vennero effettuati scavi anche in altre località d'Assiria, come Nimrud, Sherif Khan (l'antica Tarbisu), e Kalat Shergat. In quest'ultimo sito vennero ritrovati i frammenti di un prisma di terracotta con gli annali di Tiglat-pileser I. Nel 1851 Layard rientrò definitivamente in Inghilterra, per dedicarsi alla politica ed alla stesura di un volume con i resoconti delle sue nuove esplorazioni, che venne pubblicato nel 1853 col titolo di Nineveh and Babylon.

Gli scavi vennero continuati dall'assistente di Layard, il già ricordato Hormuzd Rassam, che operò in maniera anche più sbrigativa di quella del suo predecessore. Rassam apparteneva all'etnia curda, era un così detto "assiro moderno" di religione cristiana.

L'obbiettivo che il Rassam si prefissò consisteva nell'asportare quante più antichità possibile, e si può dire che venne senz'altro soddisfatto. La sua scoperta più nota è forse quella dei rilievi del palazzo di Assurbanipal a Ninive, con le celebri scene di caccia al leone. Nelle stesse stanze che contenevano queste raffigurazioni vennero trovati anche i resti della "biblioteca" personale del re. La biblioteca era probabilmente situata nel piano superiore, ed il crollo del palazzo conseguente alla distruzione della città fece sì che le tavolette si spargessero in una vasta area mescolandosi con gli oggetti del piano di sotto. Di più, sembra che anche parte dei rilievi con le scene di caccia provenissero dal piano di sopra. É un peccato che gli scavi siano stati condotti in una maniera così affrettata e pasticciona. Non venne preso alcun appunto, nè tantomeno venne registrato il punto esatto delle scoperte. Tra gli oggetti ritrovati, solo le tavolette ed i rilievi vennero degnati di attenzione. In un punto imprecisato della costruzione, all'interno di un muro che era stato demolito per errore, venne ritrovato un prisma con gli annali di Assurbanipal. L'oggetto, però, venne inavvertitamente distrutto (Rassam dirà poi che si era disintegrato al contatto con l'aria, il che è inverosimile). Fortunatamente, un secondo esemplare venne ritrovato poco più in là.

Un'altra scoperta notevole fu il cosiddetto obelisco spezzato, di cui parleremo in un prossimo capitolo, avvenuta nell'Agosto del 1853.

Al di fuori di Ninive, Rassam aprì un'infinità di cantieri di scavo, con l'evidente obbiettivo di acquisire la priorità di accesso a quanti più siti fosse possibile. A Nimrud vennero proseguite le ricerche nel sito del tempio di Nabu, e, nel Marzo del 1854, venne scoperta una stele di Shamshi-Adad V alta oltre 2 metri, inscritta con gli annali del re.

Nel 1851, quando la Francia si interessò di nuovo all'Oriente, vennero ripresi i lavori a Khorsabad, sotto la direzione di Victor Place. Egli sgomberò il palazzo, alcune costruzioni vicine e anche alcuni punti della cittadella che circondava la residenza reale. I nuovi scavi avrebbero dovuto arricchire le collezioni del Louvre ma così non fu, a causa di un incidente. Una parte delle antichità destinate da Place a essere trasportate in Francia si persero infatti nel Tigri: la stessa sorte toccherà anche ai ritrovamenti di un'altra missione francese, quella di Babilonia, di cui faceva parte Oppert, che furono inghiottiti dal fiume in seguito a un naufragio delle zattere su cui erano caricati. Andarono perduti anche alcuni rilievi del palazzo di Assurbanipal, che erano stati donati dagli inglesi al Louvre. Ma, mentre le antichità scavate dai francesi erano state disegnate (da Felix Thomas) ed accuratamente registrate, di quelle provenienti dal palazzo di Assurbanipal non è rimasto niente.


Le ultime spedizioni ottocentesche

La guerra di Crimea (1854-56) causò un forte rallentamento delle attività di esplorazione in medio Oriente. Bisognerà aspettare quasi vent'anni perchè una nuova spedizione sul sito di Ninive abbia luogo. Essa fu originata da una scoperta effettuata nei magazzini del British Museum, a Londra, da un giovane assiriologo inglese, George Smith. Nel 1872 egli fu capace di individuare, tra le tavolette della "biblioteca di Assurbanipal," un testo che descriveva il "diluvio universale" in termini simili a quelli del libro della Genesi. Sfortunatamente, la tavoletta in questione era monca, e buona parte della storia poteva essere solo congetturata. L'annuncio della scoperta, tuttavia, destò un'eccitazione enorme, scatenando una seconda ondata di "assiromania," tanto che il Daily Telegraph, raccogliendo l'esteso interesse del pubblico, offrì 1.000 sterline per la ricerca del frammento mancante. George Smith accettò, e partì alla volta di Kuyunjik. Le ricerche cominciarono nel Maggio del 1873 e, clamorosamente, il frammento venne ritrovato nel giro di soli cinque giorni! Lo Smith ritornò immediatamente a Londra, ma venne di nuovo inviato a Ninive, nell'arco dei due anni successivi, per ulteriori ricerche, questa volta a spese del British Museum. Nel 1875, durante il viaggio di ritorno da Mosul, venne colpito da un grave attacco di dissenteria e morì ad Aleppo, vittima della sua scarsa esperienza del clima e delle difficoltà di quei luoghi.

Nel 1877 gli scavi ripresero in grande stile, sotto la guida del redivivo H. Rassam, sia a Kuyunjik che a Nimrud. Il suo metodo di procedere non era cambiato, anzi assomigliava sempre più a quello di un bulldozer. Tra la fine del 1879 e l'inizio del 1880, intere sezioni del palazzo sud-ovest di Kuyunjik (quello di Sennacherib per intenderci) vennero letteralmente rase al suolo, nell'intento di scoprire eventuali oggetti nascosti nelle mura. In effetti, egli fu così capace di trovare numerosi cilindri con gli annali di Sennacherib, che erano stati intenzionalmente seppelliti allo scopo di tramandare ai posteri il nome e le gesta del costruttore. Tuttavia, se si pensa alle mappe a dir poco approssimative disegnate dal Rassam, ed alla quantità enorme di informazioni che vennero distrutte grazie a questi metodi, non si può essere molto compiacenti nei suoi riguardi.

Un dei tell che attrasse la sua attenzione fu Balawat, situato ad una trentina di chilometri ad est di Mosul. Durante la sua permanenza a Londra, qualche anno prima, Rassam aveva ricevuto due placche bronzee decorate con rilievi di età neo-assira. Una volta ritornato in Mesopotamia, riuscì a scoprire il luogo di provenienza dei reperti, appunto, Tell Balawat. Il sito era però quasi completamente ricoperto da un cimitero, e fu necessaria non poca discrezione per evitare di urtare la suscettibilità degli abitanti del luogo. Una volta superate queste difficoltà, non gli fu difficile ritrovare, nel giro di poche ore, un'ampia serie di bande bronzee, simili a quelle viste a Londra. Le bande, decorate a sbalzo con scene di guerra e di trionfo, in origine ornavano le porte lignee di un palazzo fatto costruire da Assurnazirpal II. Le scene sono descritte da una serie di didascalie, mentre una lunga iscrizione con gli annali del 9° anno di Salmanassar III, il successore di Assurnazirpal II, occupa per intero due delle bande, che originariamente erano collocate verticalmente sul bordo di ciascun battente.

Una seconda serie di bande bronzee, pure appartenute ad un portale, venne ritrovata una ventina di metri più in la, ma il loro stato di conservazione risultò essere pessimo. Nel 1956, una missione inglese ritroverà altri frammenti bronzei, raffiguranti scene di bottino e risalenti all'epoca di Assurnazirpal II.

Da registrare anche la scoperta, avvenuta a Kurkh, nei pressi di Diyarbakir, di due steli regali assire fatte erigere da Assurnazirpal II e dal figlio Salmanassar III. Le steli, oltre ad avere un rilievo raffigurante il sovrano, sono iscritte rispettivamente con la campagna del 5° anno di Assurnazirpal II e gli con annali 6° anno di Salmanassar III (quest'ultima iscrizione verrà tradotta più sotto). Lo scopritore, il diplomatico inglese J.E. Taylor, non ha mai dato un'adeguata descrizione delle circostanze del ritrovamento.

Nel frattempo, era cominciata l'era degli scavi nella Babilonia, ovvero nella Mesopotamia meridionale. Già Layard, nel 1850, aveva intrapreso l'esplorazione di una serie di tell del sud, tra cui Nippur e la stessa Babilonia. Ma lo scarso numero di oggetti rimuovibili ricuperati non fu sufficiente ad attrarre il suo interesse. Negli anni immediatamente seguenti vennero effettuate numerose altre esplorazioni, tra cui quelle di W.K. Loftus e del già ricordato Taylor sui siti delle antiche città di Uruk (la biblica Erech), Larsa (biblica Ellasar), Ur (l'"Ur dei caldei" della Bibbia) ed Eridu, mentre nel 1852 una spedizione francese, guidata da Oppert, affrontò di nuovo le rovine di Babilonia. Ma è negli anni '80 del secolo scorso che si assiste ad un vero e proprio boom delle missioni archeologiche nel sud, sull'onda delle scoperte fatte nel 1880 ad Abu Habba (antica Sippar, biblica Sefarvaim), ove il Rassam disseppellì decine di migliaia di tavolette e cilindri inscritti. Questo ed una serie di altri scavi, tra cui ricordiamo la spedizione di Emile de Sarzec a Tello (antica Lagash), consentirono, sul finire dell'ottocento, di far luce sulle fasi più arcaiche della storia assiro-babilonese, e di scoprire l'antica civiltà sumerica.


Gli scavi novecenteschi

Poco prima della fine del secolo, gli archeologi tedeschi scesero in campo iniziando lo scavo di alcune delle più importanti città della Mesopotamia. Come i colleghi che li avevano preceduti, essi non erano affatto disinteressati alla scoperta di antichità "removibili" per conto dei musei, o all'acquisiszione di tavolette a beneficio dei numerosi assiriologi tedeschi. Tuttavia, essi dimostrarono un maggior interesse per il contesto culturale dal quale venivano estratti gli oggetti. Particolarmente vivo fu l'interesse per gli aspetti architettonici (anche perché molti di questi archeologi tedeschi avevano fatto studi di architettura), aspetti che fino a quel momento erano stati alquanto trascurati, tanto che nessun edificio mesopotamico era stato ancora dissotterrato completamente.

Un'altro obbiettivo dei tedeschi fu di dimostrare l'importanza delle stratificazioni nei tell mesopotamici.

Una prima spedizione, diretta da Robert Koldewey, si assunse l'oneroso compito di scavare Babilonia, un sito che sino ad allora era rimasto quasi inesplorato a causa della sua vastità e delle notevoli difficoltà operative. Dell'antica città restava solamente un enorme cumulo di detriti melmosi, che rendeva perfino difficile l'orientamento

Successivamente, gli archeologi tedeschi affrontarono l'esplorazione di Kalat-Shergat, il sito dell'antica Assur, capitale dell'Assiria, sotto la direzione di Walter Andrae. Assur era situata circa cento chilometri a sud di Mosul, sulla riva destra del Tigri, collocata su uno sperone roccioso circondato su due lati dal fiume. La città era ben fortificata, e comprendeva ben tre ziqqurat. Gli archeologi iniziarono la loro esplorazione con le colline ove ritenevano fosse sorta la parte centrale e monumentale di Assur, scavando trincee esplorative ad intervalli di circa 100 metri l'una dall'altra. Una volta constatato che la loro intuizione era esatta, procedettero a localizzare per intero la cerchia di fortificazioni intorno alla città.

Particolarmente significativo risultò lo scavo del tempio dell'Akitu (dal nome della festa che vi si celebrava), che consentì di ricostruire l'aspetto di questo tipo di costruzione, in mancanza del tempio di Babilonia che non è mai stato ritrovato.

Ma l'esperimento più importante constò nello scavare in profondità il sito del tempio di Ishtar, attraverso i resti di una mezza dozzina di costruzioni anteriori, fino a raggiungere il santuario originario, datante all'epoca sumerica. Ciascun edificio venne liberato dai detriti, disegnato e fotografato, ed infine asportato per lasciar spazio al suo predecessore.

La spedizione di Andrae portò alla luce anche i resti delle mura urbane, comprese sette porte (le iscrizioni di Sennacherib ne menzionano tredici, mentre all'epoca di Salmanassar III le porte erano otto). Vennero anche scavati i templi di Assur, i Santuari gemelli di Anu e di Adad, nonché quelli di Sin e di Shamash.

Molto importante, naturalmente, è stata la scoperta di centinaia di tavolette contenenti iscrizioni cuneiformi d'ogni tipo, comprese molte iscrizioni reali, che spaziano dall'età antico-assira fino all'epoca più recente. Da menzionare anche un'importante collezione di leggi di età medio-assira, purtroppo incompleta perché costituita solo dalle tavolette relative alla proprietà terriera e alla posizione delle donne.

La cittadella di Kuyunjik venne di nuovo affrontata dagli archeologi del British Museum, guidati da L.W. King, all'inizio del nuovo secolo. Gli sforzi si concentrarono sul sito del tempio di Nabu, il dio della scrittura, dove si sapeva era esistita un'altra "biblioteca" cuneiforme. Ma la biblioteca non venne ritrovata: probabilmente andò distrutta dalle attività di coloro che vi risiedettero successivamente.

Dopo l'interruzione causata dalla grande guerra, gli scavi inglesi ripresero in grande stile nel 1927, sotto la direzione di Campbell Thompson, che già aveva partecipato alle campagne del King, ed anche in questa occasione non mancò la sfortuna. Un edificio situato nei pressi del tempio di Nabu, e costruito con mattoni recanti lo stampo di Assurnazirpal II e Salmanassar III, venne preso per un palazzo reale d'età neo-assira. In realtà, l'edificio venne probabilmente eretto in età sassanide o partica, reimpiegando i mattoni dei palazzi assiri in rovina. Così, pure lo scavo del tempio di Ishtar, la dea protettrice di Ninive, uno degli obiettivi principali della spedizione, comportò numerose difficoltà.

Vennero effettuati anche alcuni scavi al di fuori della cittadella, per esempio a Nebi Yunus, l'antico arsenale di Ninive, o lungo le mura urbiche. Una sorpresa attese gli archeologi nei pressi dell'angolo nord-ovest delle mura. Sotto il pavimento di un edificio dell'epoca romano-partica o sassanide (1°-2° secolo a.C.), vennero rinvenuti quasi 300 frammenti di prismi con gli annali di Sennacherib, Assarhaddon ed Assurbanipal, oltre ad un prisma di Assarhaddon pressochè intatto. Si trattava, apparentemente, dei resti di uno scriptorium di epoca neo-assira, resti che erano stati riutilizzati, senza tanti complimenti, per livellare il terreno sotto al pavimento della costruzione, quando le iscrizioni cuneiformi avevano ormai perso ogni interesse.

Il primo scavo assiro, quello che Botta aveva condotto a Khorsabad con tanto successo, venne ripreso nel 1930 da una missione americana guidata da Edward Chiera, e, dopo la sua morte, da Gordon Loud. La missione si articolò attraverso sei stagioni consecutive, dal 1930 al 1935.

Le ricerche si concentrarono sul palazzo di Sargon, di cui restavano ancora da sgomberare ampie aree, e vennero successivamente estese ai numerosi edifici delle vicinanze, che risultarono essere tutti incorporati in un'unico recinto comprendente anche il palazzo reale. Oltre a numerosi bassorilievi vennero raccolte anche alcune copie di una delle statue trovate da Place nel corso di una precedente missione e successivamente naufragate nel Tigri (ne abbiamo già parlato più sopra).

Lo scavo americano permise di verificare le mappe ed i disegni tracciati da Botta e Place circa un secolo prima. Gli archeologi francesi ne escono piuttosto bene, da questo "esame", visto che i loro disegni sono risultati sostanzialmente corretti: il solo rimprovero che si potrebbe far loro è che, in omaggio ad un gusto tipico dell'epoca (e tipicamente occidentale), in certi casi avevano tracciato a squadra le piante delle costruzioni anche qundo non era così.

Particolarmente significativo risultò il bottino epigrafico, comprendente la lista dei re d'Assiria, completa, con gli anni di regno di ciascun re. Scoperta dalla quale derivarono considerevoli modifiche alla cronologia ed alla storia dell'Assiria.

Da citare anche il ritrovamento, tra il 1955 ed il 1957, nella stanza delle tavolette dell'Ezida, situato di fronte al tempio di Nabu, di centinaia di frammenti di tavolette, prismi e cilindri con iscrizioni reali di vari sovrani dell'età neo-assira (da Salmanassar III ad Assurbanipal).


Evoluzione degli scavi

Gli archeologi del secolo scorso erano interessati quasi esclusivamente a procacciarsi delle antichità per conto dei musei o delle istituzioni che li finanziavano, e non si curavano minimamente del contesto archeologico o architettonico dei siti scavati. Gli stessi scavi erano condotti in maniera spesso molto improvvisata: si praticavano dei sondaggi, dei tagli, si scavavano delle gallerie qua e là, fino a che non si trovavano dei pezzi interessanti (cioè di valore considerevole), ed in questo caso si proseguiva scavando più dettegliatamente la zona circostante. Oggigiorno metodi simili sono utilizzati solo dagli scavatori clandestini. In questo modo sono andate perdute per sempre moltissime informazioni di notevole utilità. Numerose opere e manufatti, giudicati "poco importanti" sono stati ignorati e riseppelliti, o, ancor peggio, distrutti. Basti pensare come, mentre da alcuni anni a questa parte si sono moltiplicate le scoperte di affeschi e pitture, questo apparentemente non è mai avvenuto in precedenza, e non certo perchè i monumenti trovati cento anni fa non ne contenessero, ma più semplicemente perchè gli scavatori di quel tempo non se ne interessavano. Delle numerose opere recuperate (testi e iscrizioni compresi) e attualmente custodite nei musei di tutto il mondo non sarà più possibile ricostruire con accuratezza i contesti storici o archeologici.

Alcune di queste opere attestano il vandalismo tipico degli scavatori dell'epoca: per esempio, alcune teste a bassorilievo sono state ritagliate, a mò di ritratto, eliminando il resto della scultura, giudicata troppo pesante per il trasporto, o anche semplicemente troppo grande per l'esposizione.

Vagando per uno dei musei contenenti una collezione orientale abbastanza vasta, comprendente reperti raccolti all'epoca dell'inizio degli scavi (il Louvre, il British Museum, il museo di Berlino per esempio), può capitare di sorprendersi per il fatto che le antichità assire, quelle almeno scoperte nel secolo scorso, presentano uno stato di conservazione di gran lunga migliore rispetto ai manufatti scoperti più di recente (per esempio le antichità sumeriche). Ciò è dovuto al fatto che all'epoca dei primi scavi era consentito restaurare le antichità in maniera anche molto grossolana. E questo valeva sia per le antichità orientali che, come è noto, per quelle greco-romane. Non solo, ma molti reperti, dopo il restauro, vennero accuratamente patinati in modo da nascondere le riparazioni.

Oggi, invece, si agisce in maniera molto più "obbiettiva", limitando gli interventi alle sole riparazioni indispensabili, e lasciandole oltretutto bene in vista. All'epoca delle scoperte sumeriche questa tendenza era già in atto ed è per questo che le antichità di Sumer sono state conservate più fedelmente.

I primi scavatori della Mesopotamia, senza dubbio, agirono in buona fede e non si resero conto dei danni che stavano causando. Comunque sia, nel corso di un secolo e mezzo, i metodi di scavo sono notevolmente migliorati.

Gli archeologi d'oggi avanzano registrando scrupolosamente tutti i risultati, dopo aver delimitando il terreno delle ricerche e scavando l'intera superficie fino al suolo vergine. Questi metodi di scavo "moderni" vennero utilizzati per la prima volta da W. Andrae ad Assur.

Ma riprendiamo con la cronaca degli avvenimenti. Nel 1949 ripresero gli scavi di Nimrud, la biblica Kalakh, la prima città esplorata dal Layard, di nuovo ad opera degli inglesi.

Il direttore dalla spedizione, Max Mallowan, era spesso accompagnato dalla celebre moglie, la scrittrice Agatha Christie, appassionata di archeologia, e autrice anche di un giallo ambientato tra le rovine della Mesopotamia.

Mallowan era certo che il sito, un tempo capitale dell'Assiria, nascondesse tra le sue rovine degli archivi cuneiformi. "Mi pareva impossibile", scriverà Mallowan, "che una città cosi grande fosse priva di testi economici, commerciali, storici e letterari. Avrei scomesso la vita che in ultimo li avremmo trovati, e in effetti li trovammo".

Mallowan iniziò i lavori presso uno degli edifici scoperti da Layard, conosciuto come palazzo nord-ovest, costruito nel IX secolo a.C. da Assurnazirpal II. Le parti già esplorate dal Layard erano in realtà piuttosto modeste, ed il complesso architettonico si rivelò essere ben più ampio. Vennero portati alla luce alcuni cortili, le stanze del tesoro, gli edifici amministrativi e le residenze private.

Poco dopo l'inizio degli scavi, venne ritrovata, sul pavimento, una piccola mucca in avorio delicatamente intagliata. Prese così corpo la speranza di trovare altri avori intagliati come quelli scoperti da Layard un secolo prima, alcuni dei quali erano di straordinaria fattura.

Le aspettative vennero presto soddisfatte. All'interno di un pozzo venne ritrovata una coppia di lastre d'avorio, decorate con lamine d'oro, corniola e lapislazzuli, raffiguranti la medesima scena, un uomo azzannato da un leone. Vennero alla luce anche due splendide teste di donna. Una, molto affascinante, venne chiamata "Monna Lisa", mentre l'altra, decisamente più sgraziata, divenne presto nota come la "sorella brutta". Le sculture provenivano da alcuni mobili in avorio che, probabilmente, erano stati gettati nel pozzo dagli invasori subito dopo la conquista della città, durante gli ultimi giorni dell'impero.

Quando le attenzioni degli scavatori si rivolsero al tempio di Nabu, dio della scrittura, venne immediatamente scoperta un'intera biblioteca di tavolette cuneiformi comprendenti lettere di stato, testi economici, trattati ed altri documenti connessi alla vita di corte. Questi documenti si rivelarono preziosissimi perché riguardavano un'epoca storica, il periodo compreso tra la fine del X secolo a.C. e l'inizio del secolo seguente, in cui l'Assiria divenne la grande potenza del Medio Oriente, sotto la guida di Adad-nirari II e dei suoi successori. Venne anche ritrovata una lista con i nomi delle varie parti del tempio, che risultò essere molto utile per gli archeologi.

Nel 1951 venne rinvenuta, all'ingresso della sala del trono, la celebre stele del banchetto, una lastra in arenaria con una lunga iscrizione, in cui Assurnasirpal II descrive la fondazione di una nuova capitale, Nimrud appunto, la costruzione del nuovo palazzo reale e la sua inaugurazione, con una festa durata dieci giorni, durante i quali venne offerto, alle migliaia di persone invitate, un grandioso banchetto comprendente "ogni ben di dio", si potrebbe dire.


I musei

I più importanti musei europei hanno potuto costituire delle importanti collezioni di antichità mesopotamiche già nel corso d3el secolo scorso. Il primo posto spetta senz’altro al British Museum, il più ricco in fatto di monumenti assiri e soprattutto di testi, grazie principalmente alla "biblioteca di Assurbanipal." I reperti del museo londinese provengono principalmente dagli scavi di effettuati a Ninive, Nimrud ed in altre località tra la metà del secolo scorso e l’inizio del novecento. Il British Museum è però meno ricco del Louvre per ciò che riguarda i reperti delle epoche più antiche, come l’età antico-babilonese, o quella sumerica.

Il Museo di Berlino possiede una collezione di notevole importanza. La Germania non partecipò alle scavi archeologici durante la seconda metà del secolo scorso, come fecero la Francia e l'Inghilterra, per cui le opere custodite a Berlino provengono da scavi effettuati nel corso del novecento, come quelli di di Assur, di Babilonia, di Warka, e di Zendjirli nell'Alta Siria.

Anche il Museo di Istanbul dispone di una collezione di prim'ordine, formata da reperti provenienti dall’intero territorio dell’impero ottomano (Mesopotamia inclusa) e raccolti prima del suo crollo avvenuto nel 1918, oppure provenienti da scavi effettuati in territorio turco in tempi più recenti. Dopo il trasferimento della capitale ad Ankara, è stato il Museo di questa città ad arricchirsi in misura più rimarchevole.

Notevole, infine, la raccolta del Museo dell’Iraq a Baghdad, che comprende migliaia di reperti (inclusi numerosissime iscrizioni) raccolti durante gli scavi condotti, a partire dal secondo dopoguerra, dagli stessi iracheni o da missioni straniere. Molti sono i reperti di età neo-assira, provenienti dagli scavi di Nimrud e Ninive.


Tabelle e cartine

Le località assire menzionate nel capitolo.
Cliccate sulla cartina per visualizzare una mappa dell'intera regione mesopotamica.

E' disponibile anche una lista più completa delle missioni archeologiche in Mesopotamia settentrionale (Tabella 1).

Principali missioni archeologiche in mesopotamia settentrionale

ANNO LOCALITA' SPEDIZIONE
1842 Kuyunjik (Ninive) Botta (Francia)
1843-44 Khorsabad (Dur-Sharrukin) Botta (Francia)
1845-47 Nimrud (Kalakh), Kuyunjik (Ninive), Kalat Shergat (Assur) Layard (Gran Bretagna)
1849-53 Nimrud (Kalakh), Kuyunjik (Ninive) Layard - Rassam (Gran Bretagna)
1851-53 Khorsabad (Dur-Sharrukin) Place (Francia)
1853-54 Nimrud (Kalakh) Rassam (Gran Bretagna)
1873-75 Kuyunjik (Ninive), Nimrud (Kalakh) Smith (Gran Bretagna)
1877-82 Nimrud (Kalakh), Kuyunjik (Ninive) Rassam (Gran Bretagna)
1903-14 Kalat Shergat (Assur) Andrae (Germania)
1927-32 Kuyunjik (Ninive) Thompson (Gran Bretagna)
1929-34 Khorsabad (Dur-Sharrukin) Chiera - Loud (Stati Uniti)
1949-63 Nimrud (Kalakh) Mallowan (Gran Bretagna)

Bibliografia

C.J. Gadd, The Stones of Assyria (Londra 1936); S. Lloyd, Foundations in the Dust (Oxford 1947); J. Curtis, Fifty Years of Mesopotamian Discovery: the Work of the British School of Archaeology in Iraq, 1932-1982 (Londra 1982); J. Reade, "The Discovery of Nineveh," Bulletin of the Society for Mesopotamian Studies 11 (1986), p. 11-17; M.T. Larsen, The Conquest of Assyria: Excavations in an Antique Land 1840-1860 (Routledge 1996).

Una sintesi degli scavi di Assur compare in W. Andrae, Das wiedererstandene Assur (Lipsia 1938).


Indice Gli annali dei re d'Assiria

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Written by Marco De Odorico in 1997 (revised 2001)
First published on the web Dec. 8, 2001
Last revised Mar. 15, 2003

   

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