Le
iscrizioni Il governo
francese rispose positivamente alla richiesta di fondi
del Botta, e gli inviò anche un assistente, Eugene
Napoleon Flandin, un artista specializzato
nel ritrarre rovine e monumenti antichi. Gli scavi
poterono quindi proseguire, nonostante le difficoltà
causate dell'opposizione dei funzionari ottomani, che
rimettevano continuamente in discussione i permessi
accordati, e nonostante gli atti di vandalismo della
popolazione locale.
Quando, nell'autunno del
1844, Flandin ritornò in Francia portando con sè i
disegni delle scoperte di Khorsabad, lasciò sbalorditi
tanto gli studiosi quanto gli incaricati governativi. A
Parigi scoppiò quella "assiromania" che si
sarebbe pian piano sparsa per tutta Europa, e Botta
ricevette l'ordine di inviare in patria quante più
sculture possibile, per esporle al museo del Louvre. Nel
corso delle ricerche successive, Botta riportò alla luce
una serie di splendidi rilievi, molti dei quali in stato
eccellente, altri in stato di avanzata degradazione.
L'alabastro gessoso
utilizzato dagli Assiri è in effetti piuttosto friabile,
e i rilievi hanno risentito negativamente delle influenze
atmosferiche. I bassorilievi migliori, comunque, vennero
messi da parte per essere trasportati in Europa. Il resto
finì per essere risotterrato, o venne lasciato dove si
trovava.
Questi avvenimenti non
passarono certo inosservati agli inglesi, che si
contendevano coi francesi il controllo della regione.
Allertata dalle notizie
che giungevano in continuazione da Mosul, l'ambasciata
d'Inghilterra ad Istanbul decise di prendere
l'iniziativa. Un giovane collaboratore dell'ambasciata,
tale Austen Henry Layard,
noto per la sua passione per le antichità persiane e
mesopotamiche, insisteva sulla convinzione che Khorsabad
non fosse altro che uno tra i tanti siti che celavano le
antichità assiro-babilonesi, e che altri tell fossero
anche più promettenti.
Nel corso dei suoi
innumerevoli viaggi su e giù per l'Asia aveva avuto
occasione di stringere amicizia con Botta, sulla base del
comune interesse per le antichità mesopotamiche, ed era
stato autorizzato a prender visione dei suoi rapporti.
Layard raggiunse Nimrud
nel novembre del 1845. Il sito era costituito da un
gruppo di invitanti tumuli che sorgevano ad una trentina
di chilometri a sud di Mosul, a circa 3 chilometri dalla
riva del Tigri. L'esplorazione iniziò dalle due
collinette più alte, che, come si saprà in seguito,
celavano i resti del palazzo reale di Assurnarsipal II,
datato al IX secolo a.C., e di un palazzo incompleto
iniziato circa 200 anni più tardi da Assarhaddon
(680-669 a.C.). L'antico nome della città era Kalkhu (la
biblica Kalakh), ed essa era stata la capitale
dell'Assiria per circa centocinquant'anni, dall'epoca di
Assurnarsipal II fino a quella di Sargon, che la
sostituì con la sua Dur-Sharrukin. Layard, tuttavia,
riteneva erroneamente di avere a che fare con le rovine
di Ninive.
Ben presto i ritrovamenti
si fecero numerosissimi, e comprendevano, tra l'altro,
bassorilievi su pietra, mattoni stampati e tavolette
iscritte in alfabeto cuneiforme. Il problema prencipale
che attanagliò Layard in questa fase fu la penuria di
denaro. Un primo sussudio del British Museum si rivelò
ben presto insufficiente, e l'archeologo inglese fu
costretto a rinunciare ad esplorare metodicamente il
sito, puntando ad asportare il maggior numero possibile
di oggetti d'arte, col minor dispendio di tempo e denaro.
Nella maggior parte dei casi, egli si limitò a scavare
un fossato, o perfino un tunnel, che costeggiasse le
pareti delle sale, in modo da scoprire i rilievi e le
iscrizioni, lasciando così la parte centrale
inesplorata. I rilievi venivano quindi ricopiati - solo
quelli meglio conservati erano asportati - ed il tutto
veniva poi ricoperto con la terra di riporto mano a mano
che lo scavo procedeva.
La decisione di limitarsi
a trovare tesori e monumenti d'arte diede risultati
spettacolari: dal suolo emersero 13 coppie di leoni
alati, un gigantesco toro alato androcefalo, numerosi
vasi di alabastro, armature ed elmetti simili a quelli
indossati dai soldati ritratti nei bassorilievi.
Non fu difficile, così,
trovare una lauta sovvenzione per la seconda stagione di
scavi, che, come si conviene per il clima della regione,
iniziò nell'autunno del 1846. Si trattò, probabilmente,
della più fortunata campagna di scavi della storia
dell'archeologia orientale. L'attenzione venne rivolta
innanzi tutto al cosiddetto "palazzo centrale,"
una costruzione rimasta incompiuta. Qui vennero scoperte
oltre un centinaio di lastre scolpite, appoggiate l'una
sull'altra, e raggruppate in colonne che erano in
relazione al soggetto che vi era rappresentato.
Apparentemente, le lastre erano in attesa di essere
impiegate in qualche costruzione: si saprà in seguito
che erano destinate al palazzo di Tiglat-Pileser III,
rimasto incompiuto.
Poco più in là, gli
operai fecero una delle scoperte più clamorose: un obelisco
nero alto oltre 2 metri,
inscritto in cuneiforme e decorato con 20 pannelli in
bassorilievo che raffigurano la presentazione di tributi
al re d'Assiria. La lunga iscrizione costituisce
l'edizione completa degli annali di Salmanassar III. Uno
dei rilievi rappresenta "Jehu, figlio di Omri, re di
Giuda" nell'atto di sottomettersi al re assiro e di
offrirgli un tributo: come sappiamo dall'antico
testamento (1 Re, 19: 16 e 2 Re, cap. 9 e 10), il re
Jehu, per comprare l'amicizia di Salmanassar III, aveva
accettato di diventare tributario dell'Assiria. Ma Layard
non era ancora in grado di comprendere la scrittura
cuneiforme, e ci vollero alcuni anni prima che si
riuscisse a leggere la didascalia che descriveva
l'avvenimento.
Layard ebbe anche il tempo
di effettuare degli scavi a Kuyunjik
e a Kalat Shergat,
il sito dell'antica Assur, ove rinvenne un statua di
Salmanassar III.
Il primo invio di
antichità assire arrivò al Louvre nel Dicembre 1846,
mentre, dopo innumerevoli difficoltà, un'analoga
spedizione inglese arrivò a Londra nel 1848. Intanto,
Botta era rientrato a Parigi, e si accingeva a dare alle
stampe una sontuosa pubblicazione in cinque volumi, Monument
de Ninive. L'opera, apparsa tra il 1846 ed il 1850,
comprendeva un volume di testo e quattro volumi di
illustazioni litografiche, due dedicati ai disegni di
Flandin, che riproducevano i bassorilievi più
interessanti, e due alle copie delle iscrizioni
cuneiformi, basate sugli appunti e sui calchi in carta
che Botta aveva preso sul posto. Nel 1848, però, con la
nascita della seconda repubblica, il consolato di Mosul
venne soppresso, e Botta venne trasferito altrove. Ciò
determinò la momentanea cessazione delle esplorazioni da
parte dei francesi. Anche Layard, nel frattempo, era
rientrato in Inghilterra, e stava scrivendo un resoconto
delle sue scoperte, Niniveh and its Remains, e
curava la pubblicazione di una raccolta di illustrazioni,
The Monuments of Nineveh. É interessante notare
come entrambe gli autori fossero convinti, sbagliando, di
aver riportato alla luce le rovine di Ninive. L'errore è
dovuto al fatto che il cuneiforme mesopotamico non era
stato ancora decifrato. In effetti, una terza
pubblicazione del Layard, Inscriptions in the
Cuneiform Character from Assyrian Monuments, con le
copie di molte delle iscrizioni trovate a Nimrud e
Kuyunjik, contiene una serie di errori tale da dimostrare
chiaramente come il suo autore non fosse ancora in grado
capire i segni. Ma anche su questo fronte si stavano
facendo progressi enormi: H.C. Rawlinson,
console inglese a Baghdad, stava per pubblicare la
celebre memoria On the Babylonian Translation of the
Great Inscription at Behistun, che stabiliva
inequivocabilmente il fatto che la lingua
assiro-babilonese e la scrittura cuneiforme che la
rappresentava erano ora comprensibili.
L'uscita di Niniveh and
its Remains, comunque, impressionò enormemente tanto
gli studiosi che i lettori comuni, affascinati dalla
scoperta di una splendida civiltà e dalle connessioni
con il mondo biblico. "L'opera più straordinaria
del nostro tempo", scrisse il recensore del London
Times poco dopo la sua pubblicazione nell'inverno del
1849. L'appassionato entusiasmo del pubblico indusse
l'amministrazione del British Museum ad aumentare i
sussidi, fino a quel momento piuttosto miseri, stanziati
per le ricerche del Layard. La seconda spedizione ebbe
inizio nell'autunno del 1849 e l'obbiettivo principale,
questa volta, fu la collina di Kuyunjik,
che sembrava molto promettente. Layard decise di scavare
molto più in profondità di quanto non aveva fatto Botta
nel 1842, e potè così raggiungere il cosiddetto Palazzo
Sud-Ovest, una costruzione
riccamente adornata di rilievi, tra cui quelli che
raffigurano l'assedio alla città biblica di Lachish.
Qualche anno dopo, grazie ai progressi nella decifrazione
della scrittura cuneiforme, Layard sarà capace di
identificare il costruttore del palazzo con Sennacherib,
un re vissuto tra il 704 ed il 681 a.C. e noto anche
attraverso la Bibbia. L'archeologo inglese riportò alla
luce 71 stanze del palazzo, comprendenti ad oltre 2
chilometri di pannelli in pietra scolpiti in
bassorilievo.
Ma la scoperta più
clamorosa fu quella della biblioteca
reale, costituita da migliaia
di tavolette e frammenti di tavolette contenenti testi di
ogni tipo: iscrizioni reali, cronache, testi mitologici e
religiosi, contratti, decreti reali, lettere, documenti
amministrativi, ecc. Tre anni più tardi, Hormuzd Rassam,
assistente di Layard e continuatore della sua opera,
scoprirà un'analoga "biblioteca" nel palazzo
di Assurbanipal, situato dalla parte opposta del tell.
Sfortunatamente, l'archeologia dell'epoca non prevedeva
di registrare il luogo esatto di provenienza di ciscun
reperto, e, subito dopo aver raggiunto l'Europa, tutte le
tavolette di Kuyunjik risultarono irrimediabilmente
mescolate, perfino con tavolette provenienti da altri
luoghi. In questo modo non sarà mai possibile conoscere
il contenuto di ciascuna biblioteca, e sapere se, per
esempio, ognuna di esse fosse "specializzata"
nei testi di un certo tipo.
Comunque sia, l'insieme
dei testi, che è noto come la "biblioteca di
Assurbanipal," a quanto sembra ammontava a circa
10.000 unità: il numero totale di pezzi registrati è di
circa 26.000, ma in questa cifra sono compresi anche i
frammenti provenienti da una stessa tavoletta.
Nel corso della seconda
missione del Layard, durata tre stagioni (1849-1851),
vennero effettuati scavi anche in altre località
d'Assiria, come Nimrud, Sherif Khan
(l'antica Tarbisu), e Kalat Shergat.
In quest'ultimo sito vennero ritrovati i frammenti di un
prisma di terracotta con gli annali di Tiglat-pileser I.
Nel 1851 Layard rientrò definitivamente in Inghilterra,
per dedicarsi alla politica ed alla stesura di un volume
con i resoconti delle sue nuove esplorazioni, che venne
pubblicato nel 1853 col titolo di Nineveh and Babylon.
Gli scavi vennero
continuati dall'assistente di Layard, il già ricordato Hormuzd
Rassam, che operò in maniera
anche più sbrigativa di quella del suo predecessore.
Rassam apparteneva all'etnia curda, era un così detto
"assiro moderno" di religione cristiana.
L'obbiettivo che il Rassam
si prefissò consisteva nell'asportare quante più
antichità possibile, e si può dire che venne senz'altro
soddisfatto. La sua scoperta più nota è forse quella
dei rilievi del palazzo di Assurbanipal a Ninive, con le
celebri scene di caccia al leone. Nelle stesse stanze che
contenevano queste raffigurazioni vennero trovati anche i
resti della "biblioteca" personale del re. La
biblioteca era probabilmente situata nel piano superiore,
ed il crollo del palazzo conseguente alla distruzione
della città fece sì che le tavolette si spargessero in
una vasta area mescolandosi con gli oggetti del piano di
sotto. Di più, sembra che anche parte dei rilievi con le
scene di caccia provenissero dal piano di sopra. É un
peccato che gli scavi siano stati condotti in una maniera
così affrettata e pasticciona. Non venne preso alcun
appunto, nè tantomeno venne registrato il punto esatto
delle scoperte. Tra gli oggetti ritrovati, solo le
tavolette ed i rilievi vennero degnati di attenzione. In
un punto imprecisato della costruzione, all'interno di un
muro che era stato demolito per errore, venne ritrovato
un prisma con gli annali di Assurbanipal. L'oggetto,
però, venne inavvertitamente distrutto (Rassam dirà poi
che si era disintegrato al contatto con l'aria, il che è
inverosimile). Fortunatamente, un secondo esemplare venne
ritrovato poco più in là.
Un'altra scoperta notevole
fu il cosiddetto obelisco
spezzato, di cui parleremo in un
prossimo capitolo, avvenuta nell'Agosto del 1853.
Al di fuori di Ninive,
Rassam aprì un'infinità di cantieri di scavo, con
l'evidente obbiettivo di acquisire la priorità di
accesso a quanti più siti fosse possibile. A Nimrud
vennero proseguite le ricerche nel sito del tempio di
Nabu, e, nel Marzo del 1854, venne scoperta una stele
di Shamshi-Adad V alta oltre 2 metri,
inscritta con gli annali del re.
Nel 1851, quando la
Francia si interessò di nuovo all'Oriente, vennero
ripresi i lavori a Khorsabad, sotto la direzione di Victor
Place. Egli sgomberò il
palazzo, alcune costruzioni vicine e anche alcuni punti
della cittadella che circondava la residenza reale. I
nuovi scavi avrebbero dovuto arricchire le collezioni del
Louvre ma così non fu, a causa di un incidente. Una
parte delle antichità destinate da Place a essere
trasportate in Francia si persero infatti nel Tigri: la
stessa sorte toccherà anche ai ritrovamenti di un'altra
missione francese, quella di Babilonia, di cui faceva
parte Oppert, che furono inghiottiti dal fiume in seguito
a un naufragio delle zattere su cui erano caricati.
Andarono perduti anche alcuni rilievi del palazzo di
Assurbanipal, che erano stati donati dagli inglesi al
Louvre. Ma, mentre le antichità scavate dai francesi
erano state disegnate (da Felix Thomas) ed accuratamente
registrate, di quelle provenienti dal palazzo di
Assurbanipal non è rimasto niente.
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