Il cormorano di Gabbriellini "volicchia"

Parte in pompa magna ma non convince l'opera prima di Edoardo Gabbriellini, già protagonista in "Ovosodo" (1997) e comprimario in "Baci e abbracci" (1999) di Paolo Virzì. Per essere uno che è arrivato a lavorare nel cinema quasi per caso, Edoardo ha fatto molta strada, ed è riuscito ad amministrarsi talmente bene da esordire con la lungimirante Fandango, che ha piazzato "B. B. e il Cormorano" a conclusione della Semaine de la Critique al Festival di Cannes. All'indomani della proiezione in terra francese, la pellicola diretta dal giovane livornese si affaccia anche sul mercato di casa nostra, quasi in punta di piedi (a Roma è presente in due sale, l'Intrastevere e il 4 Fontane, a Livorno è alla Gran Guardia). Ambientato in una colonia estiva la cui destinazione d'uso è mutata in quella di residence (la colonia dei Postelegrafonici già apparsa, trasformata in caserma, in "Tutti a casa" del 1960, diretto da Luigi Comencini), il film non annoia, ma non appassiona neanche. Gabbriellini sembra voler dimostrare a tutti i costi di aver studiato, e tanto, e ci presenta questo compitino scritto diligentemente ma un po' stiracchiato, ricco di citazioni e di spettacolari movimenti di macchina troppo spesso fini a se stessi. Vuoi per la collocazione geografica, vuoi per l'esordio come attore nel film di Virzì, il confronto con la produzione del regista concittadino è inevitabile, così come certamente l'aggettivo "agrodolce", già usato dai critici per "La bella vita" e "Ovosodo", accompagnerà anche "B. B. e il Cormorano". La mia impressione è che il giovane Edoardo, più che studiare i grandi maestri nel nostro cinema, abbia consultato quel "Bignami" che è "Radiofreccia" di Antonio Ligabue. Atmosfera da riviera in bassa stagione, gioventù annoiata, fotografia a tinte fredde ma, soprattutto, lo stesso uso esasperato di dolly, carrelli e inquadrature dall'alto. Un soggetto semplice semplice, trasportato sullo schermo in un modo che fa sentire -palpabile- la paura di far brutta figura.. Attorno a Gabbriellini compaiono molti attori livornesi non professionisti, facce praticamente tutte sconosciute al grande pubblico (con l'eccezione di Luce Caponegro e di Giorgio Algranti, anche lui già visto nei precedenti film di Virzì "La bella vita" e "Baci e abbracci"), tra le comparse ci sono molti strani tipi che non sarebbero dispiaciuti a Fellini, e che contribuiscono con la loro presenza a rendere ancora più squallido l'edificio in cemento, pomposamente ribattezzato "Regina del mare". All'inizio sembra di rivedere Piero Mansani, il protagonista di "Ovosodo", appena arrivato al Liceo "Caproni" colla borsa a tracolla, scambiato per un idraulico dal bidello claudicante. Stavolta, però, Mario detto Bags Banny (per evitare problemi con la Warner Bros. alla fine la produzione ha usato l'acronimo B. B.) per via dei dentoni da coniglio e di una fodera da cuscino con stampato il celebre roditore che si porta sempre dietro come la coperta di Linus, fa questo mestiere per davvero, e deve rimettere in sesto tubi, rubinetti, serbatoi e scarichi di questo fatiscente complesso. Come in "Ovosodo" ritroviamo la tecnica mista con l'impiego di video e pellicola di bassa qualità per le scene ambientate in America, nella sognata ma mai raggiunta New York, e Gabbriellini fa anche autoironia quando, nell'incontro con due gemelle rimorchiate al Tijuana Pub, queste gli chiedono se è l'attore della pubblicità. Non di caffè solubile si tratta, ma di shampoo antiforfora, ma il richiamo è preciso. Quello di cui si sente la mancanza, comunque, è un "vero" finale. Mario accantona la speranza di fuggire a New York o New Orleans, un po' perché il mitico zio Piero (Marco Giallini) che vive in America è tornato a Livorno squattrinato e depresso, un po' perché i biglietti da centomila (almeno nei film l'Euro è ancora di là da venire) che fortunosamente trova e nasconde spariscono nel nulla. Rinuncia anche all'infatuazione per Gabriella (Luce Caponegro), l'amante di Nevio, gestore del residence, la quale nel frattempo si è concessa a Piero. Immaginiamo che, ancora una volta come in "Ovosodo", faccia la scelta giusta mettendosi assieme a Gaia (Carolina Felline), ragazzina terribile con indosso la t-shirt dei punk brasiliani "Sepultura", quasi un maschiaccio, che gli aveva messo gli occhi addosso fin dal suo arrivo in colonia e lo aveva esplicitamente corteggiato per tutto il film. Dico "immaginiamo" perché quando i due iniziano a manifestarsi la reciproca simpatia la scena cambia, e l'immagine di una libecciata che porta via gli ombrelloni sulla spiaggia va a dissolvere sui titoli di coda. Gabbriellini si cala facilmente nei panni di un personaggio che, del resto, si è tagliati addosso ispirandosi ai ruoli precedentemente interpretati. Carolina Felline è la vera rivelazione del film, fresca e impertinente ma al tempo stesso capace di esprimere saggezza e tenerezza. Algranti è un credibile intrallazzatore cialtrone alle prese con creditori e clienti insopportabili, i tirapiedi del Lonzi (il padre di Mario) sono fin troppo caricaturali, sembrano usciti da un fumetto di Jacovitti. Luce Caponegro, irriconoscibile sotto i capelli scuri snaturati da un taglio volutamente anonimo, se la cava bene nel ruolo dell'amante di Nevio, riuscendo a coniugare nella sua interpretazione quella giusta dose di volgarità con la passione per le filosofie New Age, ora tanto di moda. Marco Giallini, lo zio Pietro, sembra essere arrivato da Navacchio piuttosto che da New York, ma ho il sospetto che anche per lui l'America sia stata solo un sogno ad occhi aperti. Estremamente rigoroso il lavoro della montatrice Valentina Girodo, che ha dovuto spesso fare acrobazie per rimediare alcuni errori di regia. Buona la colonna sonora, opera dei livornesi Simone Soldani e Valerio Fantozzi. Gabbriellini canta il tema del film "Breathing Salt", ma onestamente me ne sono accorto solo leggendo i titoli di coda dove, tra l'altro, si ringrazia la Film Commition (sic) del Comune di Livorno. Poco male, nei titoli di testa del "Trasformista" di Barbareschi campeggiava "scenegiatura", con una "g" sola...

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