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Giuseppe Mazzini

I doveri dell'uomo

(1860)


Introduzione. Agli operai italiani

A voi, figli e figlie del popolo, io dedico questo libretto, nel quale ho accennato i principii in nome e per virtù dei quali voi compirete, volendo, la vostra missione in Italia: missione di progresso repubblicano per tutti e d'emancipazione per voi. Quei che per favore speciale di circostanze o d'ingegno, possono più facilmente addentarsi nell'intelletto di quei principii, li spieghino, li commentino agli altri, con l'amore, col quale io pensava, scrivendo, a voi, ai vostri dolori, alle vostre vergini aspirazioni, alla nuova vita che - superata l'ingiusta ineguaglianza funesta alle facoltà vostre - infonderete nella patria italiana. Io v'amai fin da' miei primi anni. Gl'istinti repubblicani di mia madre m'insegnarono a cercare nel mio simile l'uomo, non il ricco o il potente; e l'inconscia semplice virtù paterna m'avvezzò ad ammirare, più che la boriosa atteggiata mezza sapienza, la tacita inavvertita virtù di sacrificio ch'è spesso in voi. Più dopo, dalla nostra Storia raccolsi come la vera vita d'Italia sia vita di popolo, come il lavoro lento dei secoli abbia sempre inteso a preparare, di mezzo all'urto delle razze diverse e alle mutazioni superficiali e passeggere delle usurpazioni e delle conquiste, la grande Unità democratica Nazionale. E allora, trent'anni addietro, mi diedi a voi.
Io vidi che la Patria, la Patria Una, d'eguali e di liberi non escirebbe da una aristocrazia che tra noi non ebbe mai vita collettiva ed iniziatrice, né dalla Monarchia che s'insinuò nel XVI secolo, sull'orme dello straniero e senza missione propria, fra noi, senza pensiero d'Unità o d'emancipazione; ma solamente dal popolo d'Italia, - e lo dissi. Vidi, che a voi bisognava sottrarsi al giogo del salario e fare a poco a poco, colla libera associazione, padrone il lavoro del suolo e dei capitali d'Italia - e, prima che il socialismo delle sètte francesi venisse a intorbidar la quistione, lo dissi. Vidi che l'Italia, quale l'anime nostre la presentono, non sarebbe se non quando una Legge Morale, riconosciuta e superiore a tutti quei che si collocano intermediarii fra Dio e il Popolo, avrebbe rovesciato la base d'ogni autorità tirannica, il Papato - e lo dissi. Né mai per pazze accuse e calunnie e derisioni che mi si gettassero, tradii voi e la causa vostra, né disertai la bandiera dell'avvenire, quand'anche voi stessi, travolti da insegnamenti d'uomini più che credenti, idolatri, m'abbandonaste per che, dopo aver trafficato sul vostro sangue, torceva il suo sguardo da voi. La vigorosa sincera stretta di mano d'alcuni dei migliori tra voi, figlie e figli del popolo, mi consolò dell'abbandono altrui e di molte acerbissime delusioni versate sull'anima mia da uomini ch'io pure amava e che avevano professato d'amarmi. M'avanzano pochi anni di vita, ma il patto stretto da quei pochi con me non sarà violato per cosa che avvenga sino al mio ultimo giorno; e forse gli sopravviverà.
Pensate a me com'io penso a voi. Affratelliamoci nell'affetto alla Patria. In voi segnatamente sta l'elemento del suo avvenire. Ma questo avvenire della Patria e vostro, voi non lo fonderete se non liberandovi da due piaghe che oggi, pur troppo, spero per breve tempo, contaminano le classi più agiate e minacciano di sviare il progresso italiano: il Macchiavellismo e il Materialismo. Il primo, travestimento meschino della scienza d'un grande infelice, v'allontana dall'amore e dall'adorazione schietta e lietamente audace della verità; il secondo vi trascina inevitabilmente, col culto degli interessi, all'egoismo e all'anarchia.
Voi dovete adorar Dio per sottrarvi all'arbitrio e alla prepotenza degli uomini. E nella guerra che si combatte nel mondo tra il Bene e il Male, dovete dare il vostro nome alla bandiera del Bene e avversare, senza treguia, il Male, respingendo ogni dubbia insegna, ogni transazione codarda, ogni ipocrisia di capi che cercano maneggiarsi fra i due; sulla via del primo, voi m'avrete, finché vivo, compagno.
E perché quelle due Menzogne vi sono spesso affacciate con apparenze seduttrici e con un fascino di speranze che solo il culto di Dio e della Verità può tradurre in fatti per voi, ho creduto debito di scrivere, a prevenirvi, questo libretto. Io v'amo troppo per adulare alle vostre passioni o accarezzare i sogni dorati coi quali altri tenta ottenere favore da voi. La mia voce può apparirvi severa e troppo insistente a insegnarvi la necessità del sagrificio e della virtú per altrui. Ma io so, e voi, buoni e non guasti da una falsa scienza o dalla ricchezza, intenderete fra breve, che ogni vostro diritto non pnò essere frutto che d'un dovere compiato.

Addio. Abbiatemi ora e sempre vostro fratello.

Aprile 23, 1860.

GIUSEPPE MAZZINI



DEI DOVERI DELL'UOMO


Capitolo 1 Agli operai italiani

Io voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose piú sante che noi conosciamo, di Dio, dell'Umanità, della Patria, della Famiglia. Ascoltatemi con amore com'io vi parlerò con amore. La mia parola è parola di convinzione maturata da lunghi anni di dolori e d'osservazioni e di studi. I doveri ch'io vi indicherò, io cerco e cercherò, finch'io viva, adempierli, quanto le mie forze concedono. Posso errare, ma non di core. Posso ingannarmi, non ingannarvi. Uditemi dunque fraternamente: giudicate liberamente tra voi medesimi, se vi pare ch'io vi dica la verità: abbandonatemi se vi pare ch'io predichi errore; ma seguitemi ed operate a seconda de' miei insegnamenti se mi trovate apostolo della verità. L'errore è sventura da compiangersi; ma conoscere la verità e non uniformarvi le azioni, è delitto che cielo e terra condannano.
Perché vi parlo io dei doveri prima di parlarvi dei vostri diritti? Perché, in una società dove tutti, volontariamente o involontariamente, v'opprimono, dove l'esercizio di tutti i diritti che appartengono all'uomo vi è costantemente rapito, dove tutte le infelicità sono per voi, e ciò che si chiama felicità è per gli uomini dell'altre classi, vi parlo io di sagrificio, e non di conquista, di virtú, di miglioramento morale d'educazione, e non di ben essere materiale? ...
<< Siamo poveri, schiavi, infelici: parlateci di miglioramenti materiali, di libertà, di felicità. Diteci se siamo condannati a sempre soirire o se dobbiamo alla nostra volta godere. Predicate il Dovere ai nostri padroni, alle classi che ci stanno sopra e che trattando noi come macchine, fanno monopolio dei beni che spettano a tutti. A noi, parlate di diritti: parlate dei modi di rivendicarceli; parlate della nostra potenza. Lasciate cbe abbiamo esistenza riconoscinta; ci parlerete allora di doveri e di sagrifizio >> . Così dicono molti fra' nostri operai, e seguono dottrine ed associazionicorrispondenti al loro desiderio; non dimenticando che una sola cosa, ed è: che il linguaggio invocato da essi s'è tenuto da cinquanta anni in poi senz'aver fruttato un menomo che di miglioramento materiale alla condizione degli operai.
Da cinquanta anni in poi, tutto quanto s'è operato pel progresso e pel bene contro ai governi assoluti o contro l'aristocrazia di sangue, s'è operato in nome dei Diritti dell'uomo, in nome della libertà come mezzo e del benessere come scopo alla vita ...
E d'altra parte, l'idea dei diritti inerenti alla natura umana è oggimai generalmente accettata: accettata a parole e ipocritamente anche da chi cerca, nel fatto, eluderla. Perché dunque la condizione del popolo non ha migliorato? Perché il consumo dei prodotti, invece di ripartirsi equamente fra tutti i membri delle società europee, s'è concentrato nelle mani di pochi uomini appartenenti a una nuova aristocrazia? Perché il nuovo impulso comunicato all'industria e al commercio ha creato, non il benessere dei piú, ma il lusso di alcuni? ...
Gli uomini che promossero le rivoluzioni anteriori si erano fondati sull'idea dei diritti appartenenti all'individuo: le rivoluzioni conquistarono la libertà: libertà individuale, libertà d'insegnamento, libertà di credenze, libertà di commercio, libertà in ogni cosa e per tutti. Ma che mai importavano i diritti riconosciuti a chi non avea mezzo d'esercitarli? che importava la libertà d'insegnamento a chi non aveva né tempo, né mezzi per profittarne? che importava la libertà di commercio a chi non aveva cosa alcuna da porre in commercio, né capitali, né credito? La società si componeva, in tutti i paesi dove quei principi) furono proclamati, d'un piccol numero d'individui possessori del terreno, del credito, dei capitali; e di vaste moltitudini di uomini non aventi che le proprie braccia, forzati a darle, come arnesi di lavoro, a quei primi e a qualunque patto, per vivere, forzati a spendere in fatiche materiali e monotone l'intera giornata: cos'era per essi, costretti a
combattere colla fame, Ia libertà, se non un'illusione.
Certo, esistono diritti; ma dove i diritti d'un individuo vengono a contrasto con quelli d'un altro, come sperare di conciliarli, di metterli in armonia senza ricorrere a qualche cosa superiore a tutti i diritti? E dove i diritti d'un individuo, di molti individui, vengono a contrasto coi diritti del paese, a che tribunale ricorrere? Se il diritto al benessere, al piú gran benessere possibile, spetta a tutti i viventi, chi saoglierà la questione tra l'operaio e il capo manifatturiere? Se il diritto all'esistenza è il primo inviolabile diritto d'ogni uomo, chi poò comandare il sagrifizio delltesistenza pel miglioramento d'altri uomini? 4 Lo comanderete in nome della Patria, della Società, della moltitudine dei vostri fratelli! Cos'è la Patria, per l'opinione della quale io parlo, se non quel luogo in cui i nostri diritti individuali sono piú sicuri? Cos'è la Società, se non un convegno d'uomini, i quali hanno pattuito di mettere la forza di molti in appoggio dei diritti di ciascuno? E voi, dopo avere insegnato per cinquant'anni all'individuo che la Società è costituita per assicurargli lJeseTcizio dei suoi diritti, vorrete dimandargli di sagrificarli tutti alla Società, di sottomettersi, occorrendo, a continue fatiche, alla prigione, all'esilio, per migliorarla? Dopo avergli predicato per tutte le vie che lo scopo della vita è il benessere, vorrete a un tratto ordinargli di perdere il benessere e la vita stessa per liberare il proprio paese dallo straniero, o per procacciare condizioni migliori a una classe che non è la sua? Dopo avergli parlato per anni in nome degli interessi materiali, pretenderete ch'egli trovando davanti a sé ricchezza e potenza, non stenda la mano ad afferrarle, anche a scapito de' suoi fratelli? ...
E tra i popoli interamente schiavi, dove la lotta ha ben altri pericoli, dove ogni passo che si move verso il bene è segnato dal sangue d'un martire, dove il lavoro contro l'ingiustizia dominatrice è necessariamente segreto e privo dei conforti della pubblicità e della lode, quale obbligo, quale stimolo alla costanza pnò mantenere sulla via del bene gli uomini che riducono la santa guerra sociale che noi sosteniamo a un combattimento pei loro diritti? ... Perché, sedato il tumulto di spiriti e il movimento di riazione contro la tirannide che trascina naturalmente alla lotta la gioventú, dopo qualche anno di sforzi, dopo delusioni inevitabili in impresa siffatta, quegli uomini non si stancherebbero? Perché non preferirebbero il riposo comunque a una vita irrequieta, agitata di contrasti e pericoli, che pnò un giorno o l'altro finire in una prigione, sul patibolo, o nell'esilio? ... Chi poute dire ad un uomo: segui a lottare pe' tuoi diritti, quando lottare per essi gli costa piú caro che non l'abbandonarli?
E chi puote, anche in una società costituita su basi piú giuste che non le attuali, convincere un uomo fondato unicamente sulla teoria dei diritti, ch'egli ha da mantenersi sulla via comune e occuparsi di dare sviluppo al pensiero sociale ... I diritti appartengono uguali ad ogni individuo: la convivenza sociale non pnò crearne uno solo. La Società ha piú forza, non piú diritti dell'individuo s. Come dunque proverete voi all'individuo chtei deve confondere la sua volontà colla volontà de' suoi fratelli nella Patria o nella Umanità? Col carnefice, colle prigioni? Le Società finora esistenti hanno fatto cosí. Ma questa è guerra, e noi vogliam pace: èrepressione tirannica, e noi vogliam educazione.
Educazione, ho detto: ed è la gran parola che racchiude tutta quanta la mia dottrina. La questione vitale che s'agita nel nostro secolo è una questione d'Educazione. Si tratta non di stabilire un nuevo ordine di cose colla violenza; un ordine di cose stabilito colla violenza èsempre tirannico quand'anche è migliore del vecchio: si tratta di rovesciare colla forza la forza brutale che s'oppone in oggi a ogni tentativo di miglioramento, di proporre al consenso della nazione, messa in libertà d'esprimere la sua volontà, l'ordine che par migliore, e di educare con tutti i mezzi possibili gli uomini a svilupparlo, ed operare conformemente ... Si tratta dunque di trovare un principio educatore superiore che guidi gli uomini al meglio, che insegni loro la costanza nel sacrificio, che li vincoli ai loro fratelli senza farli dipendenti dell'idea d'un solo o dalla forza di tutti. E questo principio è il Dovere ...
Operai Italiani, fratelli miei! intendetemi bene. Quand'io dico, che la conoscenza dei loro diritti non basta agli uomini per operare un miglioramento importante e durevole, non chiedo che rinunziate a questi diritti; dico soltanto che non sono se non una conseguenza di doveri adempiti, e che bisogna cominciare da questi per ginngere a quelli. E quand'io dico, che proponendo come scopo alla vita la felicità, il benessere, gl'interessi materiali, corriamo rischio di creare egoisti, non intendo che non dobbiate occuparvene; dico che gli interessi materiali, cercati soli, proposti non come mezzi, ma come ine, conducono sempre a quel tristissimo risultato. Quando, sotto gli Imperatori, gli antichi Romani si limitavano a chiedere pane e divertimenti, erano la razza piú abietta che der si possa, e dopo aver subíto la tirannia stolida e feroce degli Imperatori, cadevano vilmente schiavi dei Barbari che invadevano . . . I miglioramenti materiali sono essenziali, e noi combatteremo per conquistarceli; ma non perché importi unicamente agli uomini d'essere ben nudriti e alloggiati; bensí perché la coscienza della vostra dignità e il vostro sviluppo morale non possono venirvi finché vi state, com'oggi, in un cóntinuo duello colla miseria. Voi lavorate dieci o dodici ore della giornata: come potete trovar tempo per educarvi? I piú tra voi guadagnano appena tanto da sostentare sé e la loro famiglia: come possono trovar mezzi per educarsi? ... Molti fra voi sono costretti dalla miseria a separare i fanciulli, non dirò dalle cure quali cure d'educazione possono dare ai figli le povere mogli degli operai?ma dall'amore e dallo sguardo delle madri, cacciandoli, per alcuni soldi, ai lavori nocivi delle manifatture: come possono, in condizione siffatta, svilupparsi, ingentilirsi i sentimenti di famiglia? Non avete diritti di cittadini, né partecipazione alcuna d'elezione o di voto alle leggi che regolano i vostri atti e la vostra vita: come potreste avere coscienza di cittadini e zelo per lo Stato e affetto sincero alle leggi? La giustizia è inegualmente distribuita fra voi e l'altre classi: d'onde imparereste il rispetto e l'amore alla giustizia? La società vi tratta senz'ombra di simpatia: d'onde imparereste a simpatizzare colla società? Voi dunque avete bisogno che cangino le vostre condizioni materiali perché possiate svilupparvi moralmente: avete bisogno di lavorar meno per poter consacrare alcune ore della vostra giornata al progresso dell'anima vostra ... Dovete dunque cercare, e otterrete questo mutamento; ma dovete cercarlo come mezzo, non come [ne: cercarlo per senso di dovere, non unicamente di diritto: cercarlo per farvi migliori, non unicamente per farvi materialmente felici. Dove no, quale differenza sarebbe tra voi e i vostri tiranni? Essi lo sono precisamente, perché non guardano che al benessere, alle voluttà, alla potenza.
Farvi migliori: questo ha da essere lo scopo della vostra vita. Farvi stabilmente meno infelici, voi nol potete, se non migliorando. I tiranni sorgerebbero a mille tra voi, se voi non combatteste che in nome degli interessi materiali, o d'una certa organizzazione sociale ...
Quando dunque udite dirvi dagli uomini che predicano la necessità d'un cangiamento sociale, chtessi lo produrranno invocando unicamente i vostri diritti, siate loro riconoscenti delle buane intenzioni, ma diffidate della riescita ... Tutte le dottrine possibili di diritti e di benessere materiale non potranno che condurvi a tentativi che, se rimarranno isolati e unicamente appoggiati sulle vostre forze, non riesciranno: non potranno che preparare il piú grave dei delitti sociali: una guerra civile tra classe e classe.
Operai Italiani! Fratelli miei! Quando Cristo venne e cangiò la faccia del mondo, ei non parlò di diritti ai ricchi, che non avevano bisogno di conquistarlli né a' poveri che ne avrebbero forse abusato, ad imitazione dei ricchi: non parlò d'utile o d'interessi a una gente che gl'interessi e l'utile avevano corrotto; parlò di Dovere: parlò d'Amore, di Sagrifizio, di Fede: disse che quegli solo sarebbe il primo fra tutti, che avrebbe giovato a tutti coll'opera sua . . .
Esprimete coraggiosamente i vostri bisogni e le vostre idee; ma senz'ira, senza riazione, senza minaccia: la piú potente minaccia, se v'è chi ne abbia bisogno, è la fermezza, non l'irritazione del linguaggio. Mentre propagate tra i vostri compagni l'idea dei loro futuri destini, l'idea d'una Nazione che darà loro nome, educazione, lavoro e retribuzione proporzionata, e coscienza e missione d'uominimentre infondete in essi il sentimento della lotta inevitabile, alla quale essi devono prepararsi per conquistarla contro le forze dei tristi nostri governi e dello stranierocercate d'istruirvi, migliorare, educarvi alla piena conoscenza e alla pratica dei vostri doveri. ~ lavoro questo impossibile in gran parte d'Italia per le moltitudini: nessun piano d'educazione popolare pnò verificarsi tra noi senza un cangiamento nella condizione materiale del popolo, e senza una rivoluzione politica: chi s'illude a sperarlo e lo predica come preparativo indispensabile ad ogni tentativo d'emancipazione, predica l'inerzia, non altro. Ma i pochi tra voi, ai quali le circostanze corrono un po' migliori e il soggiorno in paesi stranieri concede mezzi piú liberi d'educazione, lo possono, quindi lo devono ...
L'origine dei vostri doveri sta in Dio. La definizione dei vostri doveri sta nella sua legge. La scoperta progressiva, e l'applicazione della sua legge appartengono alla Umanità.
Dio esiste. Io non devo né voglio provarvelo: tentarlo, sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follía. Dio esiste, perché noi esistiamo. Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza della Umanità, nell'Universo che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti piú solenni di dolore e di gioia. L'umanità ha potuto trasformarne, guastarne, non mai sopprimerne il santo nome. L'universo lo manifesta colltordine, coll'armonia, colla intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi ... Io dunque non vi parlo di Dio per dimostrarvene l'esistenza, o per dirvi che dovete adorarlo: voi lo adorate, anche non nominandolo, ogni qualvolta voi sentite la vostra vita e la vita degli esseri che vi stanno intorno: ma per dirvi come dovete adorarloper ammonirvi intorno a un errore, che domina le menti di molti tra gli uomini delle classi che vi dirigono, o, per esempio loro, di molti tra voi: errore grave e rovinoso quanto è l'ateismo.
Questo errore è la separazione, piú o meno dichiarata, di Dio dall'opera sua, dalla Terra sulla quale voi dovete compire un periodo della vostra vita.

Avete, da una parte, una gente che vi dice: << Sta bene: Dio esiste; ma voi non potete piú che ammetterlo ed adorarlo. La relazione tra lui e gli uomini, nessuno pnò intenderla o dichiararla. E' questione da dibattersi fra Dio medesimo e la vostra coscienza >>... Avete d'altra parte uomini che vi dicono: << Dio esiste; ma cosi grande, troppo superiore a tutte cose create, perché voi possiate sperar di raggiungerlo coll'opere umane. La terra èfango. La vita è un giorno. Distaccatevi dalla prima quanto piú potete: non date piú valore che non merita alla seconda. Che sono mai tutti gli interessi terreni a fronte della vita immortale dell'anima vostra? >>... Di quei che cosí vi parlano i primi non amano Dio, i secondi non lo conoscono.
L'uomo è uno, direte ai primi. Voi non potete troncarlo in due: e far sí ch'egli concordi con voi nei principi) che devono regolare l'ordinamento della società, quand'ei differisca intorno all'origine sua, ai suoi destini e alla sua legge di vita quaggiú.
Agli altri che vi parlano del Cielo, scompagnandolo dalla Terra, voi direte che cielo e terra sono, come la via e il termine della via, una cosa sola. Non dite che la terra è fango: la terra èdi Dio: Dio la creava perché per essa salissimo a lui. La terra non è un soggiorno d'espiazione o di tentazione: è il luogo del nostro lavoro per un fine di miglioramento, del nostro sviluppo verso un grado di esistenza superiore. Dio ci creava non per la contemplazione, ma per l'azione, anzi non v' è in lui pensiero che non si traduca in azione.
Trovate fede religiosa piú viva nel servo Russo che non nel Polacco combattente le battaglie della patria e della libertà? Trovate amore piú fervente di Dio nel suddito awilito d'un Papa e d'un Re tiranno che non nel repubblicano Lombardo del dodicesimo secolo e nel repubblicano Fiorentino del decimoquarto? Dov'è lo spirito di Dio ivi è la libertà, ha detto uno de' piú potenti Apostoli che noi conosciamo; e la religione ch'ei predicava decretò l'abolizione della schiavitú; chi può intendere e adorare convenientemente Dio strisciandosi a' piedi della sua creatura?
A che professare di credere nell'unità del genere umano, conseguenza inevitabile dell'Unità di Dio, se non lavorare a verificarla, combattendo le divisioni arbitrarie, le inimicizie che separano tuttavia le diverse tribú formanti l'Umanità? A che credere nell'eguaglianza degli uomini conseguenza inevitabile dell'unità del genere umano in faccia a Dio se tolleriamo impassibili che questa eguaglianza sia scandalosamente violata in faccia alla società? A che credere nella libertà umana base della umana responsabilità, se non ci adoperiamo a distruggere tutti gli ostacol~ che impediscono la prima e viziano la seconda? A che parlare di Fratellanza pur concedendo che i nostri fratelli siano ogni dí conculcati, awiliti, sprezzati? La terra è la nostra lavoreria: non bisogna maledirla; bisogna santificarla. Le forze materiali che ci troviamo d'intorno sono i nostri strumenti di lavoro; non bisogna ripudiarli, bisogna dirigerli al bene ...


Capitolo 2

[...]


Capitolo 3 La legge

La vita ci è stata data non per il conseguimento del piacere: essa è missione, ed è retta da una legge di progresso. Migliorare noi stessi, migliorare l'Umanità, sono i due aspetti di un medesimo fine.
Voi avete vita: dunque avete una legge di vita. Non v'è vita senza legge ... Svilupparvi, agire, vivere secondo la vostra legge, è il primo, anzi l'unico vostro Dovere.
Dio v'ha dato la vita; Dio v'ha dunque dato la legge. Dio è l'unico Legislatore della razza umana. La sua legge è l'unica alla quale voi dobbiate ubbidire
Chi meglio spiega ed applica ai casi umani la legge di Dio, è vostro capo legittimo: amatelo e seguitelo. Ma da Dio in fuori non avete, né potete, senza tradirlo e ribdlarvi da lui, avere padrone.
Nella conoscenza della vostra legge di vita, della Legge di Dio, sta dunque il fondamento della Morale, la regola delle vostre az~oni e dei vostri doveri, la misura della vostra responsabilità: in essa sta pure la vostra difesa contro alle leggi ingiuste che l'arbitrio d'un uomo o di piú uomini può tentare d'imporvi. Voi non potete, senza conoscerla, pretender nome o diritti d'uomini.
Or, come conoscerla?
Gli uni hanno risposto mostrando un Codice, un libro, e dicendo: qui dentro è tutta la legge morale. Gli altr. hanno detto: ogni uamo interroghi il proprio core, ivi sta la deinizione del bene e del male. Altri ancora, rigettando il "indizio d~ll'Individuo, ha invocato il consenso universale, e dichiarato che dove l'umanità concorda in una credenza, quella credenza è la vera .. .
Ciascuna dunque di queste norme è insufFiciente a ottenere la conoscenza della Legge di Dio, della Verità. E non dimeno, la coscienza dell'individuo è santa: il consenso comune dell'uman~ità è santo: e qualunque rinunzia a interrogare questo o quella, si priva d'un mezzo essenziale per conoscere la verità. L'errore generale fin qui è stato quello di volerla raggiungere con uno solo di questi mezzi esclusivamente: errore decisivo e funestissimo nelle conseguenze, perché non si può stabilire la coscienza dell'individuo, sola norma della verità, senza cadere nell'anarchia; non si pnò invocare come inappellabile il consenso generale in un momento dato senza soffocare la libertà umana e rovinare nella tirannide.
Cosí e cito questi esempi per mostrare come da queste prime basi dipenda, piú che generalmente non si crede, tutto quanto l'edificio sociale cosí gli uomini, servendo allo stesso errore, hanno ordinato la società politica, gli uni sul rispetto unicamente dei diritti dell'individuo, dimenticando interamente la missione educatrice della società; gli altri unicamente sui diritti sociali, sagrificando la libertà e l'azione dell'individuo . . . Cosí gli und, considerando che i pretesi diritti dell'individuo, hanno ordinato, o meglio, disordinato il sistema economico, gli dànno per unica base la_teoria della libera concorrenza illimitata, mentre gli altri, non guardando che all'unità sociale, vorrebbero fidare al governo il monopolio di tutte le forze produttrici dello Stato: due concetti, il primo de' quali ci ha dato tutti i mali della anarchia, il secondo ci darebbe l'immobilità e tutti i mali della tirannide.
Dio v'ha dato il consenso dei vostri fratelli e la vostra coscienza, come due ali per innalzarvi quanto è possibile sino a lui. Perché v'ostinate a troncarne una? Se i vostri doveri non fossero che negativi, se consistessero unicamente nel non fare il male, nel non nuocere ai vostri simili, forse nello stato di sviluppo in cui oggi sono anche i meno educati, il grido della vostra coscienza basterebbe a dirigervi . . .
Ma i vostri piú importanti doveri sono positivi. Non basta il non fare: bisogna fare. Non basta limitarsi a non operare contro la Legge: bisogna operare a seconda della Legge. Non basta il non nuocere: bisogna giovare ai vostri fratelli ... Or questo è il primo scopo della Morale; né l'individuo, consultando unicamente la propria coscienza, può ragginugerlo mai.
La coscienza dell'individuo parla in ragione della sua educazione, delle sue tendenze, delle sue abitudini, delle sue passioni ... Interrogate il povero giornaliero Napoletano o Lombardo, al quale un cattivo prete fu l'unico apostolo di morale, al quale s'ei pur sa leggere, quella del catechismo Austriaco fu l'unica lettura concessa; egli vi dirà che i suoi doveri sono lavoro assiduo a ogni prezzo per sostenere la sua famiglia, sommessione illimitata senza esame alle leggi quali esse siano, e il non nuacere altrui: a chi gli parlasse di doveri che lo legano alla patria e alla umanità, a chi gli dicesse: << voi nuocete ai vostri fratelli accettando di lavorare per un prezzo inferiore all'opera, voi peccate contro a Dio e contro all'anima vostra obbedendo a leggi che sono ingiuste >> ei risponderebbe, come chi non intende, inarcando le ciglia ...
V'è dunque bisogno d'una scorta alla vostra coscienza, d un lume che le rompa d'intorno la tenebra, d'una norma che ne verifichi e ne diriga gl'istinti. E questa norma è ['Intelletto dell'Umanità ...
L'Umanità, ha detto un pensatore del secolo scorso è un uomo che impara sempre. Gl'individui mnoiono; ma quel tanto di vero che essi hanno pensato, quel tanto di buono che essi hanno operato, non va perduto con essi: l'Umanità lo raccoglie e gli uamini che passeggiano sulla loro sepoltura ne fanno lor pro'. Ognuno di noi nasce in oggi in una atmosfera d'idee e di credenze, elaborata da tutta l'Umanità anteriore: ognuno di noi porta, senza pur saperlo, un elemento piú o meno importante alla vita dell'Umanità successiva. L'educazione dell'Umanità progredisce come si innalzano in Oriente quelle piramidi alle quali ogni viandante agginnge una pietra .. .
Oggi i vostri padroni, colla segregazione dall'altre clasSi, col divieto d'ogni associazione, colla doppia censura tmposta alla stampa, procacciano di nascondervi, coi bisogni dell'Umanità, i vostri doveri. E nondimeno, anche prima del tempo in cui la nazione v'insegnerà gratuitamente dalle scuole d'educazione generale la storia della Umanità nel passato, e i suoi bisogni presenti, voi potete, volendo, imparare in parte almeno la prima e indovinare i secondi ...
Convincetevi che senza istruzione, voi non potete conoscere i vostri doveri: convincetevi che, dove la società vi contende ogni insegnamento, la responsabilità d ogni colpa è, non vostra, ma sua: la vostra incomincia dal giorno in cui una via qualunque all'insegnamento v'è aperta e la negligete: dal giorno in cui vi si mostrano mezzi per mutare una società che vi condanna all'ignoranza, e voi non pensate ad usarne. Non siete colpevoli perché ignorate; siete colpevoli perché vi rassegnate a ignorare
Interrogate la tradizione dell'Umanità, ch è il Conallo de' vostri fratelli, non nel cerchio ristretto d'un secolo o d'una setta, ma in tutti i secoli e nella maggiorità degli uomini passati e presenti. Ogni volta che a quel consenso corrisponde la voce della vostra coscienza, voi siete cert' del vero, certi d'avere una linea della legge di Dio.
Io credo nell'Umanità sola interprete della legge di Dio sulla terra; e del consenso dell'Umanità in armonia colla mia coscienza individuale, deduco quanto andrò via via dicendovi intorno ai vostri doveri.


Capitolo 4 Doveri verso l'umanità

La vita è missione e apostolato; la solidarietà umana non si esaurisce nell'ambito della famiglia e della Patria, ma si allarga all'Umanità intera. In omaggio a questo principio, gli uomini del nostro Risorgimento accorsero dovanque ci fosse lotta per la libertà contro la tirannide.
I vostri primi doveri, primi non per tempo ma per importanza e perché senza intendere quelli non potete compiere se non imperfettamente gli altri, sono verso l'Umanità . . . Quei che v'insegnano morale, limitando la nozione dei vostri doveri alla famiglia o alla patria, v'insegnano, piú o meno ristretto, l'egoismo, e vi conducono al male per gli altri e per voi medesimi. Patria e Famiglia sono come due circoli segnati dentro un circolo maggiore che li contiene; come due gradini d'una scala senza i quali non potreste salire piú alto, ma sui quali non v'è permesso arrestarvi.
Siete uomini: cioè creature ragionevoli, socievoli, e capaci, per mezzo unicamente dell'associazione, d'un pro gresso a cui nessuno può assegnar limiti; e questo è quel tanto che oggi sappiamo della Legge di vita data all'Umanità . . . La vita vi fu dunque data da Dio perché ne usiate a benefizio dell'Umanità, perché dirigiate le vostre facoltà individuali allo sviluppo delle facoltà dei vostri fratelli, perché aggiungiate c`oll'opera vostra un cemento qualunque all'opera collettiva di miglioramento e di scoperta del Vero che le generazioni lentamente, ma continuamente, promovono. Dovete educarvi ed educare, perfezionarvi e perfezionare . . .
Un popolo, il Greco, il Polacco, il Circasso, sorge con una bandiera di patria e d'indipendenza, combatte, vince, o muore per quella. Cos'è che fa battere il vostro cuore al racconto delle battaglie, che lo solleva nella gioia alle sue vittorie, che lo contrista alla sua caduta? Un uomo, vostro o straniero, si leva, nel silenzio comune, in un angolo della terra, proferisce alcune idee, ch'ei crede vere, le mantiene nella persecuzione e fra i ceppi, e mnore senza rinnegarle, sul palco. Perché lo onorate col nome di Santo e di Martire? Perché rispettate e fate rispettare dai vostri figli la sua memoria? E perché leggete con avidità i miracoli d'amor patrio registrati nelle storie Greche e li ripetete ai figli vostri con un senso d'orgoglio quasi fossero storie dei vostri padri? Quei fatti Greci son vecchi di duemila anni, e appartengono a un'epoca d'incivilimento che non è la vostra, né lo sarà mai. Quell'uomo che chiamate martire moriva forse per idee che non sono le vostre, e troncava a ogni modo colla morte ogni via al suo progresso individuale quaggiú. Quel popolo che ammirate nella vittoria e nella caduta, è popolo straniero a voi, forse pressoché ignoto: parla un linguaggio diverso, e il modo della sua esistenza non influisce visibilmente sul vostro: che importa a voi se chi lo domina è il Papa o il Sultano, il Re di Baviera o lo Czar di Russia o un governo escito dal consenso della nazione? Ma nel vostro cuore è una voce che grida: << Quegli uomini di duemila anni addietro, quelle popolazioni ch'oggi combattono lontane da voi, quel martire per le idee del quale voi non morreste, furono, sono fratelli vostri: fratelli non solamente per comunione di origine e di natura, ma per comunione di lavoro e di scopo. Quei Grechi antichi passarono; ma ltopera loro non passò, e senza quella voi non avreste oggi quel grado di sviluppo intellettuale e morale che avete raggiunto. Quelle popolazioni consacrarono col loro sangue un'idea di libertà nazionale per la quale voi combattete. Quel martire insegnava morendo che l'uomo deve sacrificare ogni cosa, e, occorrendo, la vita a quel ch'egli crede essere la Verità. Poco importa ch'egli e quanti altri segnano col loro sangue la fede tronchino qui sulla terra il proprio sviluppo individuale: Dio prowede altrove per essi. Importa lo sviluppo dell'Umanità ...
Cristo pose in fronte alla sua credenza queste due verità inseparabili: non v'è che un solo Dio, tutti gli uomini sono {gli di Dio; e la promulgazione di queste due verità cangiò aspetto al mondo e ampliò il cerchio morale sino ai confini delle terre abitate. Ai doveri verso la famiglia e verso la patria s'aggiunsero i doveri verso l'umanità.
Allora, presentimento d'altre verità contenute in germe nel Cristianesimo, s'udirono sulla bocca degli Apostoli parole sublimi, inintelleggibili all'antichità, male intese o tradite anche dai successori: siccome in un corpo sono molte membra, e ciascun membro eseguisce una diversa funzione, cosí benché molti, noi siamo un corpo solo: e membra gli uni degli altri. 'E vi sarà un solo ovile e un solo pastore'. Ed oggi, dopo diciotto secoli di studi ed esperienze e fatiche, si tratta di dare sviluppo a quei germi: si tratta d'applicare quella verità, non solamente a ciascun individuo, ma a tutto quell'insieme di facoltà e forze umane presenti e future che si chiama l'Umanità: si tratta di promulgare non solamente che l'Umanità è un corpo solo e deve essere governato da una sola legge, ma che il primo articolo di questa legge èProgresso, progresso qui sulla terra dove dobbiamo verificare quanto piú possiamo del disegno di Dio ed educarci a migliori destini. Si tratta d'insegnare agli uomini che se l'Umanità è un corpo solo, noi tutti, siccome membra di quel corpo, dobbiamo lavorare al suo sviluppo e a farne piú armonica, piú attiva e piú potente la vita ... Si tratta di sostituire all'esercizio della carità verso gl'individui un lavoro d'associazione tendente a migliorare l'insieme, e di ordinare a siffatto scopo la famiglia e la patria . . .
Voi dunque, o fratelli, per dovere e per utile vostro, non dimenticherete mai che i primi vostri doveri, i doveri, senza compiere i quali voi non potete sperare di compiere quei che la patria e la famiglia comandano, sono verso l'Umanità ... In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte pel diritto, pel giusto, pel vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall'errore, dall'ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. Una è la credenza, una l'azione, una la bandiera sotto cui militate. Non dite: il linguaggio che noi parliamo è diverso: le lagrime, l'azione, il martirio formano linguaggio comune per gli uomini quanti sono, e che voi tutti intendete. Non dite: I'Umanità è troppo vasta, e noi troppo deboli. Dio non misura le forze, ma le intenzioni. Amate l'Umanità. Ad ogni opera vostra nel cerchio delIa Patria o della famiglia, chiedete a voi stessi: se questo ch'io fo fosse fatto da tutti e per tutti, gioverebbe o nuocerebbe all'Umanità? e se la coscienza vi risponde: nuocerebbe, desistete: desistete, quand'anche vi sembri che dall'azione vostra escirebbe un vantaggio immediato per la Patria o per la Famiglia.


Capitolo 5 Doveri verso la patria

L'Umanità è come un corpo, di cui le Nazioni sono le membra. Ogni Nazione trova nell'idea di Patria l'espressione dei suoi valori, che, come tali, devono accordarsi con i fini e gli interessi di tutta l'Umanità.
I primi vostri Doveri, primi almeno per importanza, sono, com'io vi dissi, verso l'Umanità. Siete nomini prima d'essere cittadini o padri. Se non abbracciaste del vostro amore tutta quanta l'umana famiglia . . . Se ovunque geme un vostro simile, ovanque la dignità della natura umana e violata dalla menzagna o dalla tirannide, voi non foste pronti, potendo, a soccorrere quel meschino o non vi sentiste chiamati, potendo, a combattere per risollevare gli ingannati o gli oppressi voi tradireste la vostra legge di vita o non intendereste la religione che benedirà l'avvenire.
Ma che cosa può ciascuno di voi, colle forze isolate, fare pel miglioramento morale, pel progresso dell'Umanità? Voi potete esprimere, di tempo in tempo, sterilmente la vostra credenza; potete compiere, qualche rara volta, verso un fratello non appartenente alle vostre terre, una opera di carità; ma non altro. Ora, la carità non è la parola della fede a venire. La parola della fede awenire è l'associazione, la cooperazione fraterna verso un intento comune, tanto superiore alla carità quanto l'opera di molti fra voi che s'uniscono a innalzare concordi un edifizio per abitarvi insieme è superiore a quella che compireste innalzando ciascuno una casupola separata ... Questo mezzo, Dio lo trovava per voi, quando vi dava una Patria, quando, come un saggio direttore di lavori distribuisce le parti diverse a seconda della capacità, ripartiva in gruppi, in nuclei distinti, l'Umanità sulla faccia del nostro globo e cacciava il germe delle Nazioni. I tristi governi hanno guastato il disegno di Dio che voi potete vedere segnato chiaramente, per quello almeno che riguarda la nostra Europa, dai corsi dei grandi fiumi, dalle curve degli alti monti e dalle altre condizioni geografiche: l'hanno guastato colla conquista, coll'avidità, colla gelosia dell'altrui giusta potenza ...
La Carta d'Europa sarà rifatta. La Patria del Popolo sorgerà, definita dal voto dei liberi, sulle rovine della Patria dei re, delle caste privilegiate. Tra quelle patrie sarà armonia, affratellamento. E allora, il lavoro dell'Umanità verso il miglioramento comune, verso la scoperta e l'applicazione della propria legge di vita, ripartito a seconda delle capacità locali e associato, potrà compirsi per via di svilu,ppo progressivo, pacifico: allora, ciascuno di voi, forte degli affetti e dei mezzi di molti milioni d'uami ni parlanti la stessa lingua, dotati di tendenze uniformi, educati dalla stessa tradizione storica, potrà sperare di giovare coll'opera propria a tutta quanta l'Umanità.
A voi uomini nati in Italia, Dio assegnava, quasi prediligendovi, la Patria meglio definita d'Europa ... Dio v'ha steso intorno linee di confini sublimi, innegabili: da un lato i piú alti monti d'Europa, l'Alpi; dall'altro il Mare, I'immenso Mare. Sino a quella frontiera che si parla, s'intende la vostra lingua; oltre quella, non avete diritti . . .
Senza Patria, voi non avete nome, né segno, né voto, né diritti né battesimo di fratelli tra i popoli. Siete i bastardi dell'Umanità. Non v'illudete a compiere, se prima non vi conquistate una Patria, la vostra emancipazione da una ingiusta condizione sociale: dove non è Patria, non è Patto comune al quale possiate richiamarvi: regna solo l'egoismo degli interessi, e chi ha predominio lo serba, dacché non v'è tutela comune e propria tutela ...
La vostra emancipazione non potrà iniziarsi praticamente se non quando un Governo Nazionale, intendendo i segni dei tempi, avrà inserito, da Roma, nella Dichiarazione di Principii che sarà norma allo sviluppo della vita Italiana, le parole: il lavoro è sacro ed è la sorgente della ricchezza d'Italia.
Oh, miei fratelli! amate la Patria. La Patria è la nostra casa: la casa che Dio ci ha data, ponendovi dentro una numerosa famiglia che ci ama e che noi amiamo, colla quale posstamo intenderci meglio e piú rapidamente che con gli altri, e che per la concentrazione sopra un dato terreno e per la natura omogenea degli elementi ch'essa possiede, è chiamata a un genere speciale d'azione ... Lavorando, secondo i veri principi), per la Patria, noi lavoriamo per l'Umanità: la Patria è il punto d'appoggio della leva che noi dobbiamo dirigere a vantaggio comune. Perdendo quel punto d'appoggio, noi corriamo rischio di riuscire inutili alla Patria e all'Umanità. Prima d'associarsi colle Nazioni che compongono l'Umanità, bisogna esistere come Nazione. Non v'è associazione che tra gli eguali; e voi non avete esistenza collettiva riconosciuta.
L'Umanità è un grande esercito, che muove alla conquista di terre incognite, contro nemici potenti e aweduti. I popoli sono i diversi corpi, le divisioni di quell'esercito ... Dovanque vi troviate, in seno a qualunque popolo le circostanze vi caccino, combattete per la libertà di quel popolo, se il momento lo esige: ma combattete come Italiani, cosí che il sangue che verserete frutti onore e amore, non a voi solamente, ma alla vostra Patria. E Italiano sia il pensiero continuo dell'anime vostre: Italiani siano gli atti della vostra vita: Italiani i segni sotto i quali v'ordinate a lavorare per l'Umanità. Non dite: io, dite: noi. La Patria s'incarni in ciascuno di voi. Ciascuno di voi si senta, si faccia mallevadore de' suoi fratelli: ciascuno di voi impari a far sí che in lui sia rispettata ed amata la Patria.
La Patria è una, indivisibile. Come i membri d'una famiglia non hanno gioia della mensa comune se un d'essi è lontano, rapito all'affetto fraterno, cosí voi non abbiate gioia e riposo finché una frazione del territorio sul quale si parla la vostra lingua è divelta dalla Nazione . ..
Nella Città, nel Comune dove dormono i vostri padri e vivranno i nati da voi, stesercitano le vostre facoltà, i vostri diritti personali, si svolge la vostra vita d'individuo. E' della vostra Città che ciascuno di voi può dire ciò che cantano i Veneziani della loro: Venezia la xe nostra. L'avemo fatta nu. In essa avete bisogno di libertà, come nella Patria comune avete bisogno d'associazione. Libertà di Comune e Unità di Patria sia dunque la vostra fede . . .
La Patria vera è una comunione di liberi ed eguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine. Voi dovete farla e mantenerla tale. La Patria non è un aggregato, è una associazione. Non v'è dunque veramente Patria senza un Diritto uniforme. Non v'è Patria dove l'uniformità di quel Diritto è violata dall'esistenza di caste, di privilegi, d'ineguaglianzedove l'attività di una porzione delle forze e facoltà individuali è cancellata o assopita dove non è principio comune accettato, riconosciuto, sviluppato da tutti: v'è non Nazione, non popolo, ma moltitudine, agglomerazione fortuita d'uomini che le circostanze rinnirono, che circostanze diverse separeranno. In nome del vostro amore alla Patria, voi combatterete senza tregua l'esistenza d'ogni privilegio, d'ogni ineguaglianza sul suolo che v'ha dato vita'7. Le leggi fatte da una sola frazione di cittadini non possono, per natura di cose e d'uomini, riflettere che il pensiero, le aspirazioni, i desideri di quella frazione: rappresentano, non la Patria, ma un terzo, un quarto, una classe, una zona della Patria 18. La legge deve esprimere l'aspirazione generale, promovere l'utile di tutti, rispondere a un battito del core della Nazione. La Nazione intera dev'essere, dunque, direttamente o indirettamente, legislatrice. Cedendo a pochi uomini quella missione, voi sostituite l'egoismo d'una classe alla Patria ch'è l'unione di tutte.
La Patria non è un territorio; il territorio non è che la base. La Patria vera è l'idea che sorge su quello; è il pensiero d'amore, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio. Finché un solo tra i vostri fratelli non è rappresentato dal proprio voto nello sviluppo della vita nazionalefinché un solo vegeta ineducato fra gli educatifinché un solo, capace e voglioso di lavoro, langue, per mancanza di lavoro, nella miseria voi non avrete la Patria corne dovreste averla, la Patria di tutti, la Patria per tutti. I1 voto, l'educazione, il lavoro sono le tre colonne fondamentali della Nazione; non abbiate posa finché non siano per opera vostra solidalmente innalzate.
E quando lo saranno ricordatevi che quella missione è l'Unità morale d'Europa: ricordatevi gl'immensi doveri chtèssa v'impone. L'Italia è la sola terra che abbia due volte gettato la grande parola unificatrice alle nazioni disgiunte. La vita d'Italia fu vita di tutti. Due volte Roma fu la Metropoli, il Tempio del mondo Europeo: la prima quando le nostre aquile percorsero conquistatrici da un punto all'altro le terre cognite e le prepararono all'Unità colle istituzioni civili; la seconda, quando, domati dalla potenza della natura, delle grandi memorie e dell'ispirazione religiosa i conquistatori settentrionali, il genio d'Italia s'incarnò nel Papato e adempí da Roma la solenne missione, cessata da quattro secoli, di diffondere la parola d'Unità dell'anime ai popoli del mondo Cristiano. Albegg~a oggi per la nostra Italia una terza missione: di tanto píú vasta quanto piú grande e potente dei Cesari e dei Papi sarà il Popolo Italiano, la Patria Una e Libera che voi dovete fondare. I1 presentimento di questa missione agita l'Europa e tiene incatenati all'Italia l'occhio e il pensiero delle Nazioni ...


Capitolo 6 Doveri verso la famiglia

La famiglia è per l'uomo l'espressione piú immediata del suo bisogno di associazione: essa è centro d'amore e d'educazione, e rappresenta la proiezione dell'individuo nell'eternità.
La famiglia è la Patria del core. V'è un Angelo nella Famiglia che rende, con una misteriosa influenza di grazia, di dolcezza e d'amore, il compimento dei doveri meno arido, i dolori meno amari. Le sole gioie pure e non miste di tristezza che sia dato all'uomo di goder sulla terra, sono, mercé quell,Angelo, le gioie della Famiglia. Chi non ha potuto, per fatalità di circostanze, vivere, sotto l'ali dell'Angelo, la vita serena della Famiglia, ha un'ombra di mestizia stesa sull'anima, un vuoto che nulla riempie nel core: ed io che scrivo per voi queste pagine, lo so.
La Famiglia ha in sé un elemento di bene raro a trovarsi altrove, la durata. Gli affetti, in essa, vi si estendono intorno lenti, inawertiti, ma tenaci e durevoli siccome l'ellera intorno alla pianta; vi seguono d'ora in ora; s'immedesimano taciti colla vostra vita ...
L'Angelo della Famiglia è la Donna. Madre, sposa, sorella, la Donna è la carezza della vita, la soavità dell'affetto diffuso sulle sue fatiche, un riflesso sull'individuo della Prowidenza amorevole che veglia sull'Umanità ... Per essa, la Famiglia, col suo Mistero divino di riproduzione, accenna all'eternità.
Abbiate dunque, o miei fratelli, sI come santa la Famiglia. Abbiatela come condizione inseparabile della vita, e respingete ogni assalto che potesse venirle mosso da uomini imbevuti da false e fatali filosofie o da incauti pensatori che, irritati in vederla sovente nido d'egoismo e di spirito di casta, credono che il rimedio al male stia nel sopprimerla.
La Patria, sacra in oggi, sparirà forse un giorno, quando ogni uomo rifletterà nella propria coscienza la legge morale dell'Umanità; la Famiglia durerà quanto l'uomo. . . Ciò che la Patria è per l'Umanità, la Famiglia deve esserlo per la Patria. Com'io v'ho detto che la parte della Patria è quella d'educare uomini, cosí la parte della Famiglia è quella d'educare cittadini. Famiglia e Patria sono i due punti estremi d'una sola linea. E dove non è cosí, la Famiglia diventa egoismo, tanto piú schifoso e brutale quanto piú prostituisce, sviandola dal vero scopo, la cosà piú santa, gli affetti . ..
Amate, rispettate la donna. Non cercate in essa solamente un conforto, ma una forza, una ispirazione, un raddoppiamento delle vostre facoltà intellettuali e morali. Cancellate dalla vostra mente ogni idea di superiorità: non ne avete alcuna. Un lungo pregiudizio ha creato, con una educazione disuguale e una perenne oppressione di leggi, quell'apparente inferiorità intellettuale dalla quale oggi argomentano per mantenere l'oppressione. Ma la storia delle oppressioni, non v'insegna che chi opprime stappoggia sempre sopra un fatto creato da lui? . . . Da mezzo secolo, i fautori delle famiglie regnanti affermano noi Italiani mal'atti alla libertà, e intanto, colle leggi e colla forza brutale d'eserciti assoldati, mantengono chiusa ogni via perché possa da noi vincersi, se pure esistesse, l'ostacolo al vostro miglioramento, come se la tirannide potesse mai essere educazione alla libertà. Or noi tutti fummo e siamo tuttavia rei d'una colpa simile verso la Donna. Allontanate da voi fin ltombra di quella colpa; però che non è colpa piú grave davanti a Dio di quella che divide in due classi l'umana famiglia e impone o accetta che l'una soggiaccia all'altra. Davanti a Dio Uno e Padre non v'è uomo né donna; ma l'essere umano ... Come due rami che movono distinti da uno stesso tronco, l'uomo e la donna movono, varietà, da una base comune, ch'è l'Umanità. Non esiste disuguaglianza fra l'uno e l'altra; ma come spesso accade fra due uomini, diversità di tendenze, di vocazioni speciali. Sono due note d'un accordo musicale disuguali o di natura diversa? La donna e l'uamo sono le due note senza le quali l'accordo umano non è possibile . . . Abbiate dunque la donna siccome compagna e partecipe, non solamente delle vostre gioie e dei vostri dolori, ma delle vostre aspirazioni, dei vostri pensieri, dei vostri studi, e dei vostri tentativi di miglioramento sociale. Abbiatela eguale nella vostra vita civile e politica. Siate le due ali dell'anima umana verso l'ideale che dobbiamo raggiungere. La Bibbia Mosaica ha detto: Dio creò l'uomo e dall'uamo la donna; ma la vostra Bibbia, la Bibbia dell'awenire dirà: Dio creò l'Umanità, manifestata nella donna e nell'uomo.
Amate i figli che la prowidenza vi manda; ma amateli di vero, profondo, severo amore; non dell'amore snervato, irragionevole, cieco, ch'è egoismo per voi, rovina per essi. In nome di ciò che v'è di piú sacro, non dimenticate mai che voi avete in cura le generazioni future . . . Poche madri, pochi padri pensano che le molte vittime, le lotte incessanti e il lungo martirio dei nostri tempi son frutto in gran parte dell'egoismo innestato trenta anni addietro nell'animo da madri deboli o da padri incauti i quali lasciarono che i loro figli s'avvezzassero a considerare la vita non come dovere e missione, ma come ricerca di piaceri e studio del proprio benessere ... Fate che crescano, awersi egualmente alla tirannide ed all'anarchia, nella religione della coscienza inspirata, non incatenata, dalla tradizione. La Nazione deve aiutarvi in questtopera. E voi avete, in nome dei vostri figli, diritto d'esigerlo. Senza Educazione Nazionale non esiste veramente Nazione.
Amate i parenti. La famiglia che procede da voi non vi faccia mai limenticare la famiglia dalla quale procedete ... E l'affetto che serbate inviolato ai parenti vi sia pegno di quello che vi serberanno i nati da voi.
Parenti, sorelle e fratelli, sposa, figli, siano per voi come rami collocati in ordine sulla stessa pianta ... Io non so se sarete felici, ma so che, cosí facendo, anche di mezzo alle possibili awersità, sorgerà per voi un senso di pace serena, un riposo di tranquilla coscienza, che vi darà forza contro ogni prova, e vi terrà schiuso un raggio azzurro di cielo in ogni tempesta.


Capitolo 7 Doveri verso se stessi. Preliminari

Voi siete e vi sentite liberi . . . Voi siete liberi e quindi responsabili. Da questa libertà morale, scende il vostro dintto alla libertà politica, il vostro dovere di conquistarla e mantenerla inviolata, il dovere in altrui di non menomarla.
Voi siete educabili. Esiste in cíascun di voi una somma di facoltà, di capacità intellettuali, di tendenze morali alle quali 1'educazione sola può der moto e vita, e che senza quella, giacerebbero sterili, inerti, non rivelandosi che a lampi, sehza regolare sviluppo.
L'educazione è il pane dell'anima ... L'individuo è un rampollo dell'Umanità e alimenta e rinnova le proprie forze nelle sue. Quest'opera alimentatrice, rinnovatrice, si compie colta Educazione che trasmette, direttamente o indirettamenze all'individuo, i risultati dei progressi di tutto quanto il genere umano. E' dunque non solamente come necessità della vostra vita, ma come una santa comunione con tutti i vostri fratelli, con tutte le generazioni che vissero, cioè pensarono ed operarono, prima della vostra, che voi dovete conquistarvi, nei limiti del possibile, educazione . . .
E perché quest'opera educatrice si compisse piú rapidamente, perché la vostra vita individuale s'inanellasse piú certamente e piú intimamente colla vita collettiva di tutti, colla vita dell'Umanità, Dio v'ha fatto esseri essenzial mente sociali ... Avete a ogni passo necessità dei vostri fratelli; e non potete soddisfare ai piú semplici bisogr~i della vita senza giovarvi dell'opera loro. Superiori ad ogni altro essere mercé l'associazione coi vostri simili, siete, se isolati, inferiori di forza a molti animali, e deboli e incapaci di sviluppo e di piena vita. Tutte le piú nobili aspirazioni del vostro core come l'amor della Patria, e anche le meno virtuose come il desiderio di gloria e dell'altrui lode, accennano alla tendenza ingenita in voi, ad accomunare la vostra vita colla vita dei milioni che vivono intorno a voi. Voi siete dunque chiamati all'associazione. Essa centuplica le vostre forze: fa vostre le idee altrui, vostro l'altrui progresso ...
Voi siete, finalmente, esseri progressivi... Oggi sappiamo che la legge di vita è progresso; progresso per l'individuo, progresso per l'umanità... La verità non s'è mai manifestata tutta o ad un tratto...
L'Umanità è simile ad un uomo che vive indefinitamente e che impara sempre. Non v'è dunque, né può esservi infallibilità d'uamini e di Poteri: non v'è, né può esservi casta privilegiata di depositari ed interpreti della Legge . . . L'associazione piú sempre intima, piú e piú sempre vasta, coi nostri simili è il mezzo per cui si moltiplicano le nostre forze, il campo sul quale si compiono i nostri Doveri, la via per indurre in atto il Progresso. Noi dobbiamo tendere a far dell'intera Umanità una Famiglia, ogni membro della quale rappresenti in sé, a beneficio degli altri, la Legge morale. E come il perfezionamento dell'Umanità si compie d'epoca in epoca, di generazione in generazione, il perfezionamento dell'individuo si compie d'esistenza in esistenza, piú o meno rapidamente a seconda dell'opere nostre .


Capitolo 8 La libertà

La Libertà è il valore fondamentale dello spirito umano, presupposto di ogni altro valore: ove essa manchi, Giustizia, Morale, Uguaglianza, non hanno piú cignificato.
Le nostre facoltà sono gli stromenti di lavoro che Dio ci dava. E' dunque necessario che il loro sviluppo sia promosso e aiutato; il loro esercizio protetto e libero. Senza libertà, voi non potete compire alcuno dei vostri doveri. Voi avete dunque diritto alla Libertà e dovere di conquistarla in ogni modo contro qualunque Potere la neghi.
Senza libertà non esiste Morale7 perché non esistendo libera scelta fra il bene ed il male, fra la devozione al progresso comune e lo spirito d'egoismo, non esiste responsabilità. Senza libertà non esiste società vera, perché tra liberi e schievi non può esistere associazione, ma solamente dominio degli uni sugli altri. La libertà è sacra come l'individuo, del quale essa rappresenta la vita. Dove non è libertà la vita è ridotta ad una pura funzione organica. . .
Non v'è libertà dove una casta, una famiglia, un uomo s'assuma il dominio sugli altri in virtú d'un preteso diritto divino, in virtú d'un privilegio derivato dalla nascita, o in virtú di ricchezza. La libertà dev'essere per tut_ti e davanti a tutti ... Quella istituzione che si chiama Governo non è se non una Direzione: una missione affidata ad alcuni per raggiungere piú sollecitamente lo scopo della Nazione; e se quella missione è tradita, il potere di direzione fidato a quei pochi deve cessare. Ogni uomo chiamato al Governo è un amministratore del pensiero comune: deve essere eletto, ed essere sottomesso a revoca ogni qualvolta ei lo fraintenda o deliberatamente lo combatta. Non può esistere dunque, ripeto, casta o famiglia che ottenga il Potere per diritto proprio, senza violazione della vostra libertà. Come potreste chiamarvi liberi da vanti ad uomini ai quali spettasse facoltà di comando senza vostro consenso? La Repubblica è l'unica forma legittima e logica di Governo.
Voi non avete padrone fuorché Dio nel cielo e il Popolo sulla terra ...
Ma vi son cose che costituiscono il vostro individuo e sono essenziali alla vita umana. E su queste, neppure il popolo ha signoria. Nessuna maggioranza, nessuna forza collettiva può rapimi ciò che vi fa essere uomini. Nessuna maggioranza può decretar la tirannide e spegnere o alienare la propria libertà. Contro il popolo suicida che ciò facesse, voi non potete usar la forza, ma vive e vivrà eterno in ciascun di voi il diritto di protesta nei modi che le circostanze vi suggeriranno.
Voi dovete avere libertà in tutto ciò chtè indispensabile ad alimentare, moralmente e materialmente, la vita: libertà personale; libertà di locomozione 24: libertà di credenza religiosa, d'opinioni su tutte cose: libertà di esprimere colla stampa o in ogni altro modo pacifico il vostro pensiero: libertà di associazione per poterlo fecondare col contatto nel pensiero altrui: libertà di lavoro e di traffico pei suoi prodotti, son tutte cose che nessuno può togliervi, salvo alcune rare eccezioni ch'or non importa il dire, senza grave ingiustizia senza che sorga in voi il dovere di protestare . . .


Capitolo 9 Educazione

Dio v'ha fatti educabili. Voi dunque avete dovere d'educarvi per quanto è in voi, e diritto a che la società alla quale appartenete non v'impedisca nella vostra opera educatrice, ma v'alati in essa e vi supplisca quando i mezzi d'educazione vi manchino.
La vostra libertà, i vostri diritti, la vostra emancipazione da condizioni sociali ingiuste, la missione che ciascun di voi deve compiere qui sulla terra, dipendono dal grado di educazione che vi è dato raggiungere. Senza educazione voi non potete scegliere giustamente fra il bene e il male; non potete acquistar coscienza dei vostri diritti; non potete ottenere quella partecipazione nella vita politica senza la quale non riuscirete ad emanciparvi; non potete definire a voi stessi la vostra missione. L'educazione è il pane delle anime vostre . ..
Oggi voi o non avete educazione o l'avete da uomini e da poteri che nulla rappresentano fuorché se stessi e, non servendo a un principio regolatore, sono condannati essenzialmente a mutilarla 0 a falsarla. I meno tristi fra i vostri educatori credono aver soddisfatto al debito loro, quando hanno inegualmente aperto sul territorio che reggono un certo numero di scuole dove i vostri figli possono ricevere un grado qualunque di insegnamento elementare. Questo insegnamento consiste principalmente nel leggere, scrivere e computare.
Insegnamento siffatto si chiama istruzione; e differisce dallteducazione quanto i nostri organi differiscono dalla nostra vita ... CosI l'istruzione somministra mezzi per praticare ciò che 1'educazione insegna: ma non può tener luogo dell'educazione ...
A voi importa prima d'ogni altra cosa che i vostri figli imparino quale insieme di principi) e credenze diriga la vita dei loro fratelli nel tempo in cui sono chiamati a vivere e nella terra ch'è stata loro assegnata: quale sia il programma morale, sociale e politico della loro Nazione: quale lo spirito della legislazione dalla quale le opere debbono venire indicate:quale il grado del progresso raggionto dall'Umanità: quale quello da raggiungersi.
E v'importa che essi sentano fin dai primi anni giovenili d'essere stretti in uno spirito d'eguaglianza e d'amore verso un intento comune, coi milioni di fratelli dati loro da Dio.
L'Educazione, che deve dare ai vostri figli insegnamento siffatto, non può venire che dalla Nazione.
Oggi, l'insegnamento morale è anarchia. Lasciato esclusivamente ai padri, è nullo dove la miseria e la necessità d'un lavoro materiale quasi continuo tolgono ad essi, tempo per educare e mezzi per sostituire educatori a se stessi: è tristo, se l'egoismo e la corruttela hanno pervertito e contaminato la famiglia . . . La società li chiama a promuovere lo sviluppo d'una idea comune alla quale non furono iniziati mai. La società li punisce per violazione di leggi talora ignote, e delle quali lo spirito e lo scopo non sono insegnati mai dalla società al cittadino. La società li punisce per violazione di leggi talora ignorate e delle quali lo spirito e lo scopo non sono insegnati mai dalla società al cittadino. La società desidera da essi cooperazione e sacrificio per un fine che nessuna scuola svolge ad essi sull'aprirsi della loro vita civile. Strano a dirsi, gli uomini della dottrina riconoscono in ciascun individuo il diritto d'ammaestrare i giovani; non lo riconoscono nella associazione di tutti, nella Nazione. Il loro grido: libertà d'insegnamento disereda la Patria d'ogni direzione morale. Dichiarano importantissima l'unità del sistema monetario e dei pesi; l'unità dei principii sui quali la vita nazionale deve avere fondatone e sviluppo, è nulla per essi ...
Senza Educazione nazionale non esiste moralmente Nazione. La coscienza nazionale non pnò uscir che da quella.
Senza Educazione nazionale comune a tutti i cittadini, eguaglianza di doveri e di diritti è formola vuota di senso: la conoscenza dei doveri, la possibilità dell'esercizio dei diritti, sono lasciate al caso della fortuna o all'arbitrio di chi sceglie l'educatore.
Gli uomini che si dichiarano awersi all'unità dell'educazione invocano la libertà. Libertà di chi? Dei padri o dei figli? La libertà dei figli è violata, nel loro sistema, dal dispotismo paterno: la libertà delle giovani generazioni sacrificata alle vecchie: la libertà di progresso diventa illusione.
Quel grido di libertà d'insegnamento sorse giovevole un tempo e sorge giovevole anch'oggi dove l'educazione morale è monopolio d'un governo dispotico, d'una casta retrograda, d'un sacerdozio awerso, per natura di dogma, al Progresso: fu un'arme contro la tirannide; una parola di emancipazione imperfetta ma indispensabile. Giovatevene ownque siete schiavi ...


Capitolo 10 Associazione ­ progresso

Dio v'ha fatti sociali e progressivi. Voi dunque avete dovere d'associarvi e di progredire quanto comporta la sfera d'attività nella quale le circostanze n collocarono, e avete diritto a che la società alla quale appartenete non v'impedisca nella vostra opera d'associazione e di progresso, v'alati in essa e vi supplisca, quando i mezzi d'associazione e di progresso vi manchino.
La libertà vi dà facoltà di scegliere fra il bene ed il male, cioè fra il dovere e l'egoismo. L'educazione deve insegnarvi la scelta: L'associaione deve darvi le forze colle quali potrete tradurre la scelta in atto. I1 progresso è il fine a cui dovete mirare scegliendo, ed è ad un tempo, quando è visibilmente compíto, la prova che non v'ingannaste nella scelta. Dove una sola di queste condizioni è tradita o negletta, non esiste uomo né cittadino, o esiste imperfetto o inceppato nel suo sviluppo.
Voi dunque dovete combattere per tutte, e segnatamente pel diritto d'Associazione, senza il quale la Libertà e l'Educazione riescono inutili.
I1 diritto d'Associazione è sacro come la Religione ch'è l'Associazione dell'anime. Voi siete tutti figli di Dio: siete dunque fratelli; e chi poò senza delitto limitare l'associazione, la comunione tra fratelli? ...
Sia dunque l'Associazione dovere e diritto per voi.
Taluni, a limitarne il diritto fra i cittadini, vi diranno che l'associazione è lo Stato, la Nazione: che voi ne siete e dovete esserne tutti membri: e che quindi ogni associazione parziale tra voi è o avversa allo Stato o superflua.
Ma lo Stato, la Nazione non rappresentano se non l'associazione dei cittadini in quelle cose, in quelle tendenze che sono comuni a tutti gli uomini che ne sono parte. Esistono tendenze e ini che non abbracciano tutti i cittadini, ma solamente un certo numero d'essi. E come le tendenze e il fine comune a parecchi fra i cittadini devono generare l'associazione speciale.
Poi e questa è base fondamentale al diritto d'associazione l'associazione è la mallevadoria del Progresso. Lo Stato rappresenta una certa somma, un certo insieme di principi) nei quali l'universalità dei cittalini consente nel periodo in cui lo Stato è fondato. Ponete che un nuovo e vero principio, un nuovo e ragionevole sviluppo delle verità che dànno vita allo Stato, s'affaccino a taluni fra i cittadini: come potranno diffonderne, senza associarsi, la conoscenza? Ponete che in conseguenza di scoperte scientifiche, di nuove comunicazioni aperte fra popoli e popoli o d'altra cagione, si manifesti, per un certo numero d'uomini appartenenti allo Stato, un nuovo interesse: come potranno quei che lo intendono primi conquistargli luogo fra gli interessi da lungo esistenti se non affratellando i propri mezzi, le proprie forze? L'inerzia, il riposo nella condizione di cose esistente e sancita dal comune consenso, sono troppo connaturali agli animi, perché un solo individuo possa, colla sua parola, scoterli e vincerli. L'associazione d'una minoranza di giorno in giorno crescente lo può. L'associazione è il metodo dell'awenire30. Senz'essa, lo Stato rimarrebbe immobile, incatenato al grado raggiunto di civiltà.
L'associazione deve essere progressiva nel fine a cui tende, non contraria alle verità conquistate per sempre dal consenso universale dell'Umanità e della Nazione. Una associazione che s'impiantasse per agevolare il furto dell'altrui proprietà, una associazione che facesse obbligo a' suoi membri della poligamia, una associazione che dichiarasse doversi sciogliere la Nazione o predicasse lo stabilimento del Dispotismo sarebbe illegale ...
L'associazione deve essere pacifica. Essa non pnò avere altr'arme che l'apostolato della parola parlata o scritta; deve proporsi di persuadere, non di costringere.
L'associazione deve essere pubblica. Le associazioni segrete, arme di guerra legittima dove non è Patria né Libertà, sono illegali e possono essere sciolte dalla Nazione, quando la Libertà è diritto riconosciuto, quando la Patria riconosce e protegge lo sviluppo e l'inviolabilità del pensiero. Se l'associazione deve schiudere la via al Progresso, essa dev'essere sottomessa all'esame e al giudizio di tutti.
E finalmente l'Associazione deve rispettare in altrui i diritti che sgorgano dalle condizioni essenziali dell'umana natura. Una associazione che violasse, come le corporazioni del medio evo, la libertà del lavoro o che tendesse direttamente a restringere la libertà di coscienza, potrebb'essere respinta, governativamente, dalla Nazione.
Da questi limiti infuori la liberta d'associazione fra' cittadini è sacra e inviolabile, come il progresso che ha vita in essa. Ogni Governo che stattentasse restringerla tradirebbe la sua missione sociale: _ il popolo dovrebbe, prima ammonirlo, poi, esaurite le vie pacifiche, rovesciarla . . .
V'ho detto che il carattere fondamentale della legge è Progresso: progresso indefinito, continuo, d'epoca in epoca; progresso in ogni ramo d'attività umana, in ogni manifestazione del pensiero, dalla religione fino all'industria, fino alla distribuzione della ricchezza . . .
I1 lavoro ch'io ho impreso per voi sarebbe dunque compíto, se una tremenda obbiezione non sorgesse dalle viscere della società com'è oggi ordinata contro la possibilità di compiere quei doveri, d'esercitar quei diritti: l'ineguaglianza dei mezzi ...
Or, moltissimi fra voi non hanno in oggi questi primi elementi di progresso. La loro vita èuna continua incerta battaglia per conquistare i mezzi di sostenere l'esistenza materiale. Non si tratta per essi di progredire; si tratta di vivere.
Esiste dunque un vizio radicale, profondo, nella società com'è in oggi ordinata. E il mio lavoro sarebbe inutile, s'io non definissi quel vizio e non v'additassi la via di correggerlo.
La questione economica sarà dunque soggetto di un'ultima parte del mio lavoro.


Capitolo 11 Questione economica

Molti, troppi fra voi, sono poveri. Pei tre quarti almeno degli uomini che appartengono alla classe operaia, agricola, industriale, la vita è una lotta d'ogni giorno per conquistarsi i mezzi materiali indispensabili all'esistenza. Essi lavorano coUe loro braccia dieci, dodici, talvolta quattordici ore della giornata, e da questo assiduo, monotono, penoso lavoro, ritraggono appena il necessario alla vita fisica. Insegnare ad essi il dovere di progredire, parlar loro di vita intellettuale e morale, di diritti politici, di educazione, è, nell'ordine sociale attuale, una vera ironia. Essi non hanno tempo né mezzi per progredire ... E' tristissima condizione e bisogna mutarla ...
Figli tutti di Dio e fratelli in lui e tra noi, noi siamo chiamati a formare una sola grande famiglia. In questa famiglia possono esistere disuguaglianze generate dalle diverse attitudini, daUe diverse capacità, dal diverso cesi cerio di lavoro; ma un principio deve signoreggiarla: qualunque è disposto a dare, pel bene di tutti, ciò ch'ei può di lavoro deve ottenere compenso tale che lo renda capace di sviluppare, piú o meno, la propria vita sotto tutti gli aspetti che la definiscono.
E' questo l'ideale al quale dobbiamo tutti studiar modo d'avvicinarci piú sempre di secolo in secolo. Ogni mutamento, ogni rivoluzione che non vi s'accosti d'un passo, che non fa<<ia corrispondere al progresso politico un progresso morale o sociale 3t, che non promova d'un grado il miglioramento materiale deUe classi piú povere, viola il disegno di Dio, si riduce a una guerra di fazioni contro fazioni in cerca di una dominazione illegittima: è una menzogna ed un male . ..
Libertà di traffici interni, libertà di commercio tra le nazioni, abbassamento progressivo delle tariffe daziarie specialmente sulle materie prime, incoraggiamenti dati generalmente alle grandi imprese industriali, alla moltiplicazione delle vie di comunicazione, alle macchine che rendono piú attiva la produzione: questo è quanto, secondo gli econom~sit, pnò farsi dalla Società per migliorare la posizione della vostra classe; ogni suo intervento al di là è, per essi, sorgente di male.
Se ciò fosse vero, la piaga della miseria sarebbe insanabile; e Dio tolga, o fratelli miei, che io possa mai gittare, convinto, come risposta ai vostri patimenti e alle vostre aspirazioni, questa risposta disperata, atea, immorale. Dio ha statuito per voi un migliore awenire che non è quello contenuto nei rimedi degli economisti.
Quei rimedi non mirano infatti che ad accrescere possibilmente e per un certo tempo la prodazione della ricchezza, non a farne piú equa la distribuzione. Mentre i flantropi 32 contemplano unicamente l'uomo, e s'adannano a renderlo piú morale senza farsi carico d'accrescere, per dargli campo a migliorarsi, la ricchezza comune, gli economisti 33 non guardano che a fecondare le sorgenti della prodazione senza occuparsi deU'uemo. Sotto il regime esclusivo di libertà ch'essi predicano e che ha piú o meno regolato il mondo economico nei tempi a noi piú vicini, i documenti piú innegabili ci mostrano aumento d'attività produttrice e di capitali, non di prosperità universalmente diffusa: la miseria delle classi operaie è la stessa di prima. La libertà di concorrere per chi nulla possiede, per chi, non potendo risparmiare sulla giornata, non ha di che imziare la concorrenza, è menzogna, com'è menzogna la libertà politica per chi mancando di educazione, d'isrruzione, di mezzi e di tempo, non può esercitare i diritti. L accrescimento delle facilità dei traffichi, i progressi nei modi di comunicazione emanciperebbero a poco a poco '1 lavoro dalla tirannide del commercio, della classe intermedia fra la produzione e i consumatori; ma non giovano a emanciparlo dalla tirannide del capitale, non dànno i mezzi del lavoro a chi non li ha. E per difetto di un'equa distribuzione della ricchezza, d'un piú giusto riparto dei prodotti, d'un aumento progressivo della cifra dei consumatori, il capitale stesso si svia dal suo vero scopo economico, s'immobilizza in parte nelle mani di pochi invece di spandersi tutto nella circolazione, si dirige verso la produzione d'oggetti superflui, di lusso, di bisogni fittizi, invece di concentrarsi sulla produzione degli oggetti di prima necessità per la vita si avventura in pericolose e spesso immorali speculazioni.
Oggi il capitale e questa è la piaga della Società economica attuale è despota del lavoro. Tre classi oggi formano, economicamente, la Società: capitalisti, cioè detentori dei mezzi o strumenti del lavoro, terre, fattorie, numerarlo, materie prime, intraprenditori, capi-lavoro, commercianti, che rappresentano o dovrebbero rappresentare l'intelletto, operai che rappresentano il lavoro manuale. La prima, sola, è padrona del campo, padrona di promuovere, indugiare, accelerare, dirigere verso certi fini il lavoro ... La parte dei secondi è incerta, dipendente dal loro intelletto, dalla loro attività, ma segnatamente dalle circostanze, dallo sviluppo maggiore o minore della concorrenza e dal rifluire o ritirarsi, in conseguenza d'eventi non calcolabili, dei capitali. La parte degli ultimi, degli operai, è il salario, determinato anteriormente al lavoro e senza riguardo agli utili maggiori o minori che esciranno dall'impresa; e i limiti fra i quali il salario s'agg'ira, sono determinati dalla relazione che esiste fra il lavoro offerto e il lavoro richiesto, in altri termini, tra la popolazione degli operai ed il capitale ...
Condizione siffatta di cose ha, ripeto, il germe in sé d'una piaga che bisogna curare. I rimedi proposti dai filantropi e dagli economisti sono inefficaci per questo.
E nondimeno, v'è progresso nella condizione della classe alla quale voi appartenete: progresso storico, continuo, che ha superato ben altre difficoltà. Voi foste schiavi, voi foste servi, voi siete in oggi assalariati. V'emancipaste dalla schiavitú, dal servaggio; perché non v'emancipereste dal giogo del salario per diventare produttori liberi, padroni della totalità del valore della prodozione ch'esce da voi? Perché tra l'opera vostra e l'opera della Società che ha doveri sacri verso i suoi membri, non si compirebbe pacificamente la piú grande, la piú bella rivoluzione che possa idearsi, quella che, dando come base economica al consomio umano il lavoro, come base alla proprietà i frutti del lavoro, raccoglierebbe, sotto una sola legge d'equilibrio tra la prodazione e il consumo, senza distinzione di classi, senza predominio tirannico d'uno degli elementi del lavoro sull'altro, tutti i figli della stessa madre comune, la Patria?
Il senso di dovere sociale verso gli uomini del lavoro, al quale ho accennato finora, andava, mercé soprattutto la predicazione repubblicana, crescendo negli animi e assicurando l'awenire popolare delle rivoluzioni negli ultimi trenttanni quando sorsero in Francia segnatamente, alcune scuole d'uomini buoni generalmente e amici del popolo, ma trascinati da soverchio amore di sistema e da vanità individuale, che sotto nome di socialismo proposero dottrine esclusive, esagerate, awerse spesso alla ricchezza già conquistata dell'altre classi od economicamente impossibili, e spaventando la moltitudine dei piccoli borghesi e suscitando diffidenza fra ordine ed ordine di cittadini, fecero retrocedere la questione sociale e divisero in due il campo repubblicano. In Francia, il primo effetto di quella diffídenza e di quel terrore fu il piú facile trionfo del colpo di Stato.
Io non posso esaminare ora con voi ad uno ad uno quei diversi sistemi, che furono chiamati Sansimonismo, Fourierismo, Comunismo, o con altro nome. Fondati quasi tutti sopra idee buone in sé e accettate da quanti appartengono alla Fede del Progresso, le guastavano o le cancellavano coi mezzi di applicazione che proponevano falsi o tirannici ... Vero èe questo dovrebbe bastare a svegliare un dubbio potente nell'anime vostre che quando le circostanze chiamarono al potere taluni fra quegli uomini, essi neppur tentarono l'applicazione pratica delle loro_ dottrine: giganti d'audacia nelle loro pagine, retrocessero davanti alla realtà delle cose.
Se esaminando un giorno attentamente quei sistemi, ricorderete le idee fondamentali ch'io sono andato finora indicandovi e i caratteri inseparabili dalla natura umana, voi troverete ch'essi violano tutti la Legge del Progresso, il modo con cui questo si compie nell'Umanità, e o l'una o l'altra delle facoltà che costituiscono l'Uomo ...
Tra questi elementi_essenziali della vita umana, oltre la Religione, la Libertà, l'Associazione ed altri accennati nel corso di questo lavoro, è pure la Proprietà. I1 printipio, l'origine della Proprietà, sta nella natura umana e rappresenta la necessità della vita materiale dell'individuo cintegli ha dovere di mantenere. Come, per mezzo della religione, della scienza, della libertà, l'individuo è chiamato a trasformare, a migliorare, a padroneggiare il mondo morale ed intellettuale, egli è pure chiamato a trasformare, a migliorare padroneggiare, per mezzo del lavoro materiale, il mondo fisico. E la proprietà è il segno, la rappresentazione del compimento di quella missione, della quantità di lavoro col quale l'individuo ha trasformato, sviluppato, accresciuto le forze produttrici della natura.
La proprietà è dunque eterna nel suo principio, e voi la trovate esistente e protetta attraverso tutta quanta l'esistenza dell'Umanità. Ma i modi36 coi quali la proprietà si governa sono mutabili, destinati a subire, come tutte l'altre manifestazioni della vita umana, la legge del Progresso. Quei che, trovando la proprietà costituita in un certo modo, dichiarano quel modo inviolabile e combattono quanti intendono a trasformarlo, negano dunque il Progresso: basta aprire due volumi di storia appartenente a due epoche diverse, per trovarvi un cangiamento nella costituzione della Proprietà. E quei che trovandola in una certa epoca mal costituita, dichiarano che bisogna abolirla, e tentano di cancellarla dalla società, negano un elemento dell'umana natura, e se potessero mai riescire, ritarderebbero il Progresso, mutilando la Vita. La proprietà riapparirebbe inevitabilmente poco tempo dopo, e probabilmente sotto la forma che aveva al tempo della sua abolizione.
La proprietà è in oggi mal costituita, perché l'origine del riparto attuale sta generalmente nella conquista, nella violenza colla quale, in tempi lontani da noi, certi popoli e certe classi invadenti s'impossessarono delle terre e dei frutti d'un lavoro non compíto da essi. La proprietà è mal costituita, perché le basi del riparto dei frutti d'un lavoro compíto dal proprietario e dall'operaio, non sono fondate sopra una giusta eguaglianza proporzionata al lavoro stesso. La proprietà è mal costituita, perché conferendo a chi ltha diritti politici e legislativi che mancano all'operaio, tende ad esser monopolio di pochi e inaccessibile ai piú. La proprietà è mal costituita, perché il sistema delle tasse è mal costituito, e tende a mantenere un privilegio di ricchezza nel proprietario, aggravando le classi povere e togliendo loro ogni possibilità di risparmio. Ma se, invece di correggere i vizi e modificare lentamente la costituzione della proprietà, voi voleste abolirla, sopprimereste una sorgente di ricchezza, di emulazione, d'attività e somigliereste al selvaggio che per cogliere il frutto troncava l'albero.
Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla. Bisogna richiamarla al principio che la renda legittima, facendo st che nell'awenire il lavoro solo possa produrla . . .
L'idea di chi vorrebbe, in nome della libertà, fondar l'anarchia e cancellar la società per non lasciare che l'individuo co' suoi diritti, non ha bisogno, con voi, di confutazioni da me; tutto il mio lavoro combatte quel sogno colpvole che rinnega progresso, doveri, fratellanza umana, sohdarietà di n.azioni, ogni cosa che voi ed io veneriamo. Ma il dise~no di quei che, limitandosi alla quistione economica, chiedono l'abolizione della proprietà individuale e l'ordinamento del comunismo, tocca l'estremo opposto, nega l'individuo, nega la libertà, chiude la via al progresso e impietra, per cosí dire, la società.
La formula generale del comunismo è la seguente: la proprietà d'ogni cosa che produce: terre, capitali, mobili o immobili, strumenti di lavoro, sia concentrata nello Stato; lo Stato assegni la sua parte di lavoro a ciascuno: lo Stato assegni a ciascuno una retribuzione, secondo alcuni, con assoluta eguaglianza, secondo altri a seconda de' suoi bisogni.
Questa, se fosse possibile, sarebbe vita di castori, non d'uomini.
La libertà, la dignità, la coscienza dell'individuo spariscono in un ordinamento di macchine produttrici. La vita fisica può esservi soddisfatta: la vita morale, la vita intellettuale sono cancellate, e con esse l'emulazione, la libera scelta del lavoro, la libera associazione, gli stimoli a produrre, le gioie della proprietà, le cagioni tutte che inducono a progredire. La famiglia umana è, in quel sistema, un armento al quale basta essere condotti ad una sufficiente pastura. Chi tra voi vorrebbe rassegnarsi a programma siffatto? L'eguaglianza èconquista, dicono. Quale?
L'eguaglianza nella distribuzione del lavoro? ~ impossibile. I lavori sono di natura diversa, non calcolabili sulla durata o sulla somma di lavoro compita in un'ora, ma sulla difficoltà, sulla minore o maggiore spiacevolezza lel lavoro, sul dispendio di vitalità che trascina con sé, sull'utile conferito da esso alla società. Come calcolar lteguaglianza di un'ora di lavoro passata in una miniera, o nel purificare l'acqua corrotta di una palude con un'ora passata in un filatoio?...
L'eguaglianza nel riparto dei prodotti? ~ impossibile. O l'eguaglianza sarebbe assoluta e costituirebbe una immensa ingiustizia, non distinguendo tra i bisogni diversi, risultato dell'organismo, né tra le forze e le capacità acquistate per un senso di dovere e le forze e le capacità ricevute, senza merito alcuno, dalla natura. O l'eguaglianza sarebbe relativa e calcolata sui bisogni diversi; e non tenendo conto della produzione individuale, violerebbe i diritti di proprietà che il lavorante deve avere per i frutti del suo lavoro.
Poi, chi sarebbe arbitro di decidere intorno ai bisogni d'ogni individuo? Lo Stato?
Operai, fratelli miei, siete voi disposti ad accettare una gerarchia di capi padroni nella proprietà comune, padroni dello spirito per mezzo d'una educazione esclusiva, padroni dei corpi per mezzo della determinazione dell'opera, della capacità, dei bisogni? Non è questo il rinnovamento dell'antica schiavitú? Non sarebbero quei capi trascinati dalla teoria d'interesse che rappresenterebbero, e sedotti dall'immenso potere concentrato nelle loro mani, fondatori della dittatura ereditaria delle antiche caste?
No; il Comunismo non conquista l'eguaglianza fra gli uomini del lavoro: non aumenta la produzioneche è la grande necessità dell'oggiperché fatta sicura la vita, la natura umana, come s'incontra nei piú, è soddisfatta, e 1 mcentivo a un accrescimento di produzione da diffondersi su tutti i membri della società diventa sí piccolo che non basta a scoterne le facoltà; non migliora i prodotti; non conforta al progresso nelle invenzioni; non sarà mai aiutata dalla incerta, ignara direzione collettiva dell'ordinamento. Ai mali che affaticano i figli del popolo, il Comunismo non ha che un rimedio: proteggerli dalla fame. Or non ci sono altri mezzi per realizzare questo? Or non pnò farsi questo, non pnò assicurarsi il diritto alla vita ed al lavoro dell'operaio, senza sowertire tutto quanto l'ordine sociale, senza isterilire la produzione, senza inceppare il progresso, senza cancellare la libertà dell'individuo, e incatenarlo in un ordinamento soldatesco, tiranntco?
II rimedio alle vostre condizioni non può trovarsi in organizzazioni generali, arbitrarie, architettate di pianta da uno o altro intelletto, contraddicenti alle basi universali adottate nel viver civile e impiantate subitamente per via di decreti. Noi non siamo quaggiú per creare l'Umanità, ma per continuarla: possiamo e dobbiamo modificarne, ordinarne meglio gli elementi costitutivi, non possiam sopprimerli . . .
Non può trovarsi in aumenti di salarii imposti dall'au torità governativa, senz'altri cangiamenti che aumentino i capitali: l'aumento delle spese di salarii, cioè l'aumento delle spese di produzione, trascinerebbe il rincarimento del costo dei prodotti e di conseguenza la diminuzione del consumo e quindi quella del lavoro per gli operai.
Non può trovarsi in cosa alcuna che cancelli la libertà, cobsacrazione e stimolo del lavoro: né in cosa alcuna che diminuisca i capitali, stromenti del lavoro e della produzione.
I1 rimedio alle vostre condizioni è 1'unione del capitale e del lavoro nelle stesse mani.
Quando la società non conoscerà distinzioni fuorché di produttori e consumatori o meglio quando ogni uomo sarà produttore e consumatorequando i frutti del lavoro, invece di ripartirsi fra quella serie d'intermediari che, cominciando dal capitalista e scendendo sino al venditore a minuto, accresce sovente del cinquanta per cento il prezzo del prodotto, rimarranno interi al lavorole cagioni permanenti di miseria spariranno per voi. I1 vostro awenire è nella vostra emancipazione dalle esigenze d'un capitale arbitrio in oggi d'una produzione alla quale rimane straniero.
I1 vostro awenire è materiale e morale. Guardatevi intorno. Ovunque voi trovate il capitale e il lavoro rinniti nelle stesse maniovunque i frutti del lavoro sono, non foss'altro, ripartiti fra quanti lavorano, in ragione del loro aumento, in ragione dei loro benefizi all'opera collettiva voi trovate diminuzione di miseria e a un tempo aumento di moralità. Nel Cantone di Zurigo, nell'Engadina, in molte altre parti di Svizzera dove il contadino è proprietario, e terra, capitale, lavoro, sono congiunti in un solo individuoin Norvegia, nelle Fiandre, nella Frisia Orientale, nell'Holstein, nel Palatinato Germano, nel Belgio, nell'Isola di Guernesey sulle coste inglesi è visibile una prosperità comparativamente superiore a quella di tutte le altre parti d'Europa dove manca al coltivatore la proprietà della terra...
I1 lavoro associato, il riparto dei frutti del lavoro, ossia del ricavato lalla vendita dei prodotti tra i lavoranti, in proporZiOne del lavoro compiato e del valore di quel lavoro: èquesto il futuro sociale. In questo sta il segreto della vostra emancipazione. Foste schiavi un tempo; poi servi: poi assalariati: sarete fra non molto, purché il vogliate, liberi produttori e fratelli nell'associazione.
Associazione libera, volontaria, ordinata, su certe basi, da voi medesimi, tra uomini che si conoscono e s'amano e si stimano l'un l'altro, non forzata, non imposta dall'autorità governativa non ordinata senza riguardo ad affetti e vincoli individuali, tra uomini considerati non come esseri liberi e spontanei, ma come cifre e macchine produttrici...
Il concentramento di tutti gl'individui addetti, nello Stato o anche in una sola città, ad untarte in una sola società produttrice, ricondurrbbe l'antico tirannico monopolio delle Corporazioni, renderebbe i produttori arbitri dei prezzi a danno dei consumatori; darebbe forma legale all'oppressione delle minoranze; esilierebbe l'operaio malcontento da ogni possibilità di lavoro; e sopprimerebbe ogni necessità di progresso spegnendo ogni rivalità di lavoro, ogni stimolo alle invenzioni . ..
Libertà di ritrarsi, senza nuocere all'associazione eguaglianza dei soci nell'elezione d'amministratori a tempo o meglio soggetti a revocaammessione, posteriormente alla fondazione, senza esigenza di capitali da versarsi e costituzione d'un prelevamento, a pro' del fondo comune, sui benefizi dei primi anni dell'associazioneindivisibilità, perpetuità del capitale collettivoretribuzione per tutti eguale alle necessità della vitariparto degli utili a seconda della quantità e della qualità del lavoro di ciascunoson queste le basi generali che voi, se volete far opera di sagrificio e d'avvenire per l'elemento al quale appartenete, dovrete dare alle vostre assoaazioni.
Ma il capitale? I1 capitale primo col quale potrà iniziarsi l'associazione? Da dove ritrarlo?
- grave questione; né io posso qui trattadda come vorrei. Ma vi accennerò somrnariament il dovere vostro e l'altrui.
La prima sorgente di quel capitale sta in voi, nelle vostre economie, nel vostro spirito di sagrificio. Io so la condizione dei piú tra voi; pur non manca a taluni la possibilità, per ventura di lavoro non interrotto o meglio retribuito, di raccogliere, economizzando, fra diciotto o venti, la piccola somma che vi basterebbe a iniziare il lavoro per vostro conto
Ma perch'io, amandovi dawero e non adulando servilmente a debolezze che sono o possono essere in voi, vi consiglio il sagrificio, non scema il dovere in altrui. Gli uomini che le circostanze hanno forniti di ricchezze, dovrebbero intenderlo: dovrebbero intendere che la vostra emancipazione è parte d'un disegno della Provvidenza, e che si compirà inevitabilmente o con essi o contr'essi ...


Capitolo 12 Conchiusione

Ma lo Stato, il Governo, istituzione legittima soltanto quando è fondata sopra una missione d'educazione e di progresso oggi ancora fraintesa, ha debito solenne verso voi che potrà facilmente compire se sarà un giorno Governo Nazionale davvero, Governo di Popolo libero ed Uno. Una vasta serie d'aiuti potrà scendere allora dal Governo al Popolo che risolverebbe il problema sociale senza spogliazioni, senza violenze, senza manomettere la ricchezza acquistata anteriormente dai cittadini, senza suscitare quell'antagonismo tra classe e classe ch'è ingiusto, immorale, fatale alla Nazione ...
Senza sottrarre alla ricchezza attuale delle varie classi senza attribuire a una sola il ricavato dei tributi che chiesti a tutti i cittadini, deve erogarsi a benefizio di tutti, l'insieme degli atti qui suggeriti, diffondendo il credito per ogni dove, accrescendo e migliorando la produzione, costringendo l'interesse del danaro a scemare gradatamente, affidando il progresso e la continuità del lavoro allo zelo e all'utilità di tUtti i produttori, sostituirebbe a una cifra di ricchezza, concentrata in poche mani e imperfettamente diretta, la nazione ricca, maneggiatrice della propria produzione e del proprio consumo ...
Ed è questo, Operai Italiani, il vostro avvenire. Voi potete affrettarlo. Conquistate la Patria. Conquistatele un Governo popolare che ne rappresenti la vita collettiva, la missione, il concetto. Ordinatevi tra voi in una vasta universale Lega di Popolo, tanto che la vostra voce sia voce di milioni e non di pochi individui. Avete il Vero e la Giustizia per voi; la Nazione v'ascolterà.
Ma badate, e credete alla parola di un uomo che studia da trenta anni l'andamento delle cose in Europa e ha veduto fallire a buon porto, per immortalità d'uomini, 1< piú sante ed utili imprese: non riescirete se non miglio rando: non conquisterete l'esercizio del vostro diritto se non meritandolo, col sagrificio, coll'attività, coll'amore. Cercando il vostro diritto in nome d'un dovere compito o da compirsi, otterrete: cercando in nome dell'egoismo, in nome di non so quale diritto al benessere che gli uomini del materialismo v'insegnano, non otterrete se non trionfi d'un'ora, seguiti da delusioni tremende. Quei che vi parlano in nome del benessere, della felicità materiale, vi tradiranno. Cercano essi pure il loro benessere: s'affratelleranno con voi, come con un elemento di forza finché avranno ostacoli da superare per conquistarlo; appena, mercé vostra, l'avranno, v'abbandoneranno per godere tranquillamente della loro conquista. E' la storia dell'ultimo mezzo secolo. E il nome di questo mezzo secolo è materialismo.
Migliorare voi stessi ed altrui: è questo il primo intento ed è la suprema speranza d'ogni riforma, d'ogni mutamento sociale. Non si cangiano le sorti dell'uomo rintonacando, abbellendo la casa ov'egli abita: dove non respira un'anima d'uomo ma un corpo di schiavo, tutte le riforme sono inutili; la casa rabbellita, addobbata con lusso è sepolcro imbiancato, e non altro. Voi non indurrete mai la Società alla quale appartenete a sostituire il sistema d'associazione a quello del salario, se non provandole che l'associazione sarà tra voi stromento di produzione migliorata e di prosperità collettiva. E non proverete questo, se non mostrandovi capaci di fondare e mantenere l'associazione colla onestà, coll'amore reciproco, colla facoltà di sagrificio, coll'affetto al lavoro. Per progredire, vi conviene mostrarvi capaci di progredire . . .
L'emancipazione della donna dovrebb'essere continuamente accoppiata per voi coll'emancipazione dell'operaio e darà al vostro lavoro la consacrazione d'una verità universale.

Edizione digitale: Franco Savarino, 2004

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