Martin Luther King,
    “amare i propri nemici”
    gennaio ‘98

    Un approfondimento sulla figura del grande pacifista
     
     
    Durante la serie di riunioni formative del sabato mattina in cui abbiamo studiato alcune figure di grandi pacifisti della nostra epoca è stata approfondita la conoscenza del pastore battista Martin Luther King, nato ad Atlanta il 15 gennaio 1929, e che nel 1964 ricevette il premio Nobel per la pace.In particolare nel corso di quattro incontri ne abbiamo analizzato la vita attraverso sintetiche note biografiche ma soprattutto ne abbiamo conosciuto il pensiero leggendo e commentando estratti di alcuni suoi importanti scritti. La grandezza di questo pacifista si misura non solo per l’importanza del suo pensiero ma anche e soprattutto per la sua capacità di comunicarlo alle persone, di essere un trascinatore e di averlo posto in pratica fino alla fine e a costo della sua stessa vita.
     
     Come momento conclusivo, abbiamo guardato un film (“La lunga strada verso casa”) che ben rappresenta le problematiche razziali di quel periodo negli Stati Uniti d’America e il perché del “boicottaggio degli autobus” voluto dallo stesso Martin Luther King a Montgomery nel 1955.
    In questa breve relazione ritengo importante soffermarmi principalmente sull’analisi del pensiero di King.
    Dei suoi scritti, che per altro non sono numerosi, abbiamo letto l’importantissima “lettera dal carcere di Birmingham” (scritta di suo pugno il 16 aprile 1963, mentre era detenuto nel carcere di Birmingham in seguito agli arresti subiti durante una manifestazione non violenta contro la segregazione razziale). Da questa lunga lettera, che M.L.King indirizza ad otto leader religiosi dell’Alabama che criticavano il suo modo di procedere, abbiamo ricavato alcuni estratti del suo pensiero non violento ed in particolare che:
    l’ingiustizia, ovunque si verifichi, minaccia la giustizia dappertutto;
    vi è un tipo di tensione nonviolenta che è necessaria alla crescita;
    la giustizia ritardata è giustizia negata; che ogni legge ingiusta non è affatto una legge;
    ogni legge che eleva la persona umana è giusta mentre ogni legge che la degrada è ingiusta;
    chi infrange una legge ingiusta deve avere la forza di farlo apertamente e con amore;
    un popolo oppresso non può restarlo per sempre, ma il bisogno di libertà alla fine prevale;
    il diritto sconfitto è più forte del male trionfante;
    non c’è peggior tradimento del compiere l’azione giusta per una causa sbagliata;
    ed ancora che egli era profondamente deluso della fiacchezza della Chiesa.
    Abbiamo poi letto anche la trascrizione di un suo interessantissimo sermone il cui tema è l’amore verso i propri nemici e che comincia con una domanda brevissima ma al tempo stesso difficilissima: come possiamo amare i nostri nemici? L’approfondimento di M.L.K. sulla questione, ci ha consentito di individuare otto fondamentali principi circa la nonviolenza e l’amore:
    L’azione malvagia non deve più costituire un blocco mentale che impedisca una nuova relazione.
    Troppo spesso accade che il bene che vorrei non lo faccio mentre faccio il male che non vorrei: occorre comportarsi nella maniera opposta.
    Non bisogna cercare di combattere e di umiliare il nostro nemico, ma conquistare la sua amicizia e comprensione.
    L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo.
    L’odio deturpa l’anima e sconvolge la personalità, mentre l’amore crea e costruisce.
    Non si distruggono forse i nostri nemici quando ce li facciamo amici?
    Occorre amare i nostri nemici perché solo amandoli possiamo conoscere Dio e sperimentare la bellezza della Sua Santità.
    La cosiddetta via pratica, intendendosi con essa quella per la quale occorre rendere la pariglia per non lasciarsi sopraffare dall’odio e dalla violenza altrui, ci ha condotti inesorabilmente ad una più profonda confusione ed al caos; per la salvezza dell’umanità dobbiamo seguire un’altra via: amare i nostri nemici, amare i segregazionisti.
    Termino questa breve relazione, forse troppo sintetica e schematica, con una considerazione personale: che la grandezza di questo pacifista si misura non solo per l’importanza del suo pensiero ma anche e soprattutto per la sua capacità di comunicarlo alle persone, di essere un trascinatore e di averlo posto in pratica fino alla fine e a costo della sua stessa vita (egli morì a Memphis nel 1968 per un attentato).

     L. F.
     


    [inizio pagina]  [home]