"Per una cultura del dialogo"
    marzo '99

    Incontro diocesano con mons. Giovanni Nervo
    (articolo pubblicato su "il Risveglio" del 19/03/1999)

    Il quarto ed ultimo incontro che Caritas, Centro missionario e Consulte per la pastorale giovanile e familiare hanno predisposto per vivere l'"Anno del Padre" è stato affidato a mons. Giovanni Nervo. Il nome di Don Giovanni -così ama farsi chiamare l'attuale residente emerito della fondazione Zancan - è legato a filo doppio alla Caritas Italiana, per il contributo determinante che egli diede alla sua fondazione sul territorio nazionale ed al consolidamento dei principi ispiratori che sostengono tuttora l'opera pastorale di questo basilare ente ecclesiale.
    Per indicare come seguire l'esempio di Gesù, testimone del Padre del "Servo sofferente" di fronte al dio degli Zeloti, il relatore ha dapprima invitato l'assemblea ad andare alla radice dei nodi problematici che impediscono a persone, comunità e popoli di vivere ed operare nella pace.
    Per risalire alle cause che intralciano la crescita di una cultura del dialogo e ostacolano l'affermarsi di uno spirito di servizio occorre riscoprire il progetto ultimo di Gesù: far sì che quelli che l'hanno accolto vivano come famiglia di Dio. Ciò è possibile solo se impariamo ad "amare il prossimo come noi stessi per amore di Dio", cioè attraverso un Amore che non è solo affetto, ma "è frutto di un'azione specifica di Dio che vivifica l'umanità" - ha detto mons. Nervo citando il card. Martini. Solo lo Spirito Santo può donare un amore "a fondo perduto" che rende capaci di perdono così come, nel racconto intenso e partecipe del relatore, è stato per la madre di Maria Goretti verso l'uccisore di sua figlia. Solo lo Spirito Santo, come nella preghiera eucaristica, può iniziare e sostenere quel processo di trasformazione che conduce le nostre comunità ad essere una Chiesa unita. "L'obiezione di coscienza è il fine ultimo di una mediazione educativa che deve portare il soggetto a smascherare nel nuovo modello di difesa che si va prospettando uno strumento incostituzionale votato unicamente alla salvaguardia degli interessi economici."
    Ma il disegno di Dio non riguarda solo la Chiesa, bensì tutta l'umanità poiché va inteso alla luce della lettera di S. Paolo quando parla del "solo Dio, al di sopra di tutti, Padre di tutti, che opera per mezzo di tutti".
    La fattibilità che la comunità umana e cristiana si riconosca famiglia di Dio grazie alla potenza unificante dello Spirito Santo diventa, nell'impianto logico della riflessione di don Giovanni, il paradigma con cui stigmatizzare i limiti dell'umanità e insieme l'ipotesi fondamentale con cui teorizzare che sprazzi di luce possano illuminare la strada verso una ricomposizione dei limiti stessi.
    Uno dei problemi più grandi è la pace: se la comunità cristiana vive come una famiglia, essa non può accettare che le controversie vengano risolte con la violenza delle armi.
    Esiste uno strumento importante, ed è l'obiezione di coscienza. Essa richiede un cammino di formazione e scaturisce da una seria educazione alla pace ad ampio raggio che può trasformare i giovani. Per Don Giovanni è addirittura peccato di omissione tralasciare di formare nei giovani una coscienza critica che li trasformi o comunque fornisca loro una prospettiva. L'obiezione di coscienza è il fine ultimo di una mediazione educativa che deve ad esempio portare il soggetto a smascherare nel nuovo modello di difesa che si va prospettando uno strumento incostituzionale votato unicamente alla salvaguardia degli interessi economici. Occorre sforzarsi di porre segni di speranza anche nei problemi incommensurabilmente più grandi di noi, come ad esempio il fenomeno della globalizzazione, perché "quello che possiamo fare è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facciamo quella goccia manca" ha affermato mons. Nervo accompagnando l'evidenza della sua frase con il sorriso gioviale di chi ha sperimentato su di sé l'autenticità di ciò che afferma.
    Se poi siamo davvero "Famiglia di Dio" occorre saper creare dentro e fuori la Chiesa un vero dialogo. Sono indispensabili alcuni atteggiamenti: l'ascolto; la fiducia negli altri e negli elementi di verità che essi recano con sé; non ultimo vanno rafforzate la propria identità e convinzione per non avere paura di ciò che si va a proporre. Tutto ciò possiede dei risvolti pratici che riguardano: il contatto con l'Islam, verso cui rapportarsi in modo paritario; il dialogo intraeecclesiale tra diverse realtà chiamate a dismettere la supponenza di essere depositari della verità; il dibattito politico in cui si caldeggia per i cattolici, anche dopo la fine della loro unità politica, uno spazio ideale in cui elaborare una comunanza di intenti e verificare che esistano i presupposti per continuare a sentirsi rappresentanti dalla classe dirigente di turno poiché "non è un obbligo restare al potere" ammonisce don Giovanni.
    Per Don Giovanni è addirittura peccato di omissione tralasciare di formare nei giovani una coscienza critica che li trasformi o comunque fornisca loro una prospettiva. Da ultimo, se abbiamo il coraggio di chiamare Dio Padre, dobbiamo coerentemente sconfiggere la diffidenza di matrice razzista che distoglie i credenti dal prepararsi a ricevere quella che si annuncia come una trasmigrazione di popoli. In questo senso la Chiesa ha il compito di aiutare a ritrovare la propria identità per creare i presupposti che rendano possibile l'esistenza alle generazioni future.
    A conclusione del suo ragionamento mons. Nervo ha prospettato come il Signore Gesù ci chiama a confrontarci con il mistero del male ad ogni livello: individuale e collettivo, strutturale e culturale.
    Prendendo a modello Gesù che è entrato nel mondo con la sua carne crocifissa, chiunque accetta di prendere parte al suo cammino deve "penetrare" il male per trarre da esso il bene. Questa è la grande novità cristiana, la vera sfida che incarna pienamente lo spirito del Padre Nostro. Occorre perciò modificare le strutture di peccato "È un cammino difficile - avverte don Giovanni - ma non siamo soli e contiamo su una promessa: lo Spirito Santo ci suggerirà cosa dire e in esso dobbiamo riporre la nostra speranza".

    G. M.


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