la Difesa popolare Nonviolenta 
Oltre gli eserciti, per una difesa “partecipata” 

 [il Nuovo Modello di Difesa]
Molti sono stati gli argomenti affrontati da noi O.d.C. durante le consuete riunioni di vita comunitaria.
Si è discusso soprattutto dei problemi dell’uomo moderno e con un particolare riguardo si è affrontato il tema della violenza vista come forza negativa mirante a distruggere la vita dell’uomo singolo, ma anche quella dell’intera collettività.
Molteplici sono le manifestazioni della violenza, essa può esternarsi tra due persone attraverso un litigio, ma può anche essere più pericolosa e sfociare irrimediabilmente in una guerra.
Qualunque sia la sua forma, la violenza è sempre distruttiva, non porta con sé valori ritenuti positivi per l’umanità e per questo motivo noi O.d.C. crediamo che sia obbligo di ogni uomo denunciare ogni atto di violenza e cercare di trovare una risposte adeguata ad esso.
Risposta che abbia in sé valori positivi e forza ricreatrice di giustizia.
Se molteplici sono le manifestazioni della violenza, e dell’ingiustizia altrettanto molteplici sono le risposte che ognuno di noi dà ad essa.
Alla violenza si può rispondere con la violenza e in questo caso anche se il fine è quello di combattere l’ingiustizia si crea un moltiplicarsi di forze negative che non possono portare ad una vera vittoria ma soltanto ad un risultato illusorio.
Alla violenza e all’ingiustizia si può poi rispondere con l’indifferenza e questo è sicuramente l’atteggiamento peggiore che l’uomo possa avere perché chi non reagisce davanti ad un ingiustizia oltre ad essere complice è vile perché non è capace di ribattere e condannare: ha la stessa responsabilità di chi la commette se non di più in quanto l’aggressore, erroneamente convinto delle sue posizioni, non troverà ostacoli ad andare avanti.
«Se un’arma è inventata, ci sarà sempre qualcuno che vedrà 
qualche buon vantaggio per usarla. Se si vuole che l’umanità 
sopravviva, ricercatori e operatori devono sentirsi responsabili di 
ciò che inventano, producono e utilizzano.» 
(Rotblat)
La miglior risposta alla violenza è la nonviolenza intesa da noi O.d.C. come forza positiva della  giustizia e dell’amore che si manifesta attraverso il rifiuto della passività, dell’indifferenza e della  violenza. 
Per combattere l’ingiustizia è soprattutto necessario individuarla senza rimanere indifferenti  davanti ad essa e la nonviolenza non è solo una tecnica per affrontare i conflitti ma prima  di tutto una forza che ha l’intento profondo di migliorare la vita dell’uomo. 
La forza della nonviolenza sta nella fiducia che nel fondo di ogni cuore umano albergano pietà e generosità. Nessuno infatti nasce odiando i propri simili ma impara a farlo a causa della società in cui vive; ma come si impara ad odiare si impara anche ad amare perché nel cuore dell’uomo l’amore è un sentimento più naturale dell’odio. Quindi alle armi non si risponde con le armi ma con il dialogo mirato a capire la verità dell’aggressore e soprattutto mirato alla riscoperta dell’amore e della pietà del suo cuore. Le armi, le violenze e l’ingiustizia calpestano il valore più alto che è l’uomo e per questo noi O.d.C. le rifiutiamo contrapponendo ad esse la forza positiva della nonviolenza che cerca di tirar fuori da ogni uomo il meglio di sé. Obbiettivo principale della nonviolenza è quello di migliorare l’uomo, di liberare l’oppresso, ma anche l’oppressore, dei falsi ideali.
Per superare la violenza è quindi necessario capire l’aggressore, mettersi nei suoi panni, anche perdonarlo, aiutarlo. Nella storia del mondo molte sono state le lotte contro l’ingiustizia che hanno utilizzato il modello della nonviolenza: Ghandi, M. L King ne sono l’esempio più lampante: l’hanno sperimentata e qualcuno dopo di loro continua a sperimentarla perché fuori dal nostro paese ci sono realtà a noi completamente sconosciute dove la gente non ha la possibilità di vivere una vita normale, questa gente muore senza aver mai saputo cosa vuol dire vivere. È proprio in questa realtà che si deve applicare la nonviolenza perché è l’unica soluzione possibile che rispetta l’uomo e la sua vita.
Cèsar Chavez combatté una lotta nonviolenta per garantire i diritti sociali della minoranza di  lingua spagnola (chiamati Chicanos) negli States dove questi ultimi lavorano nell’agricoltura  come manodopera. 
Proprio quando il movimento di M L King era nel massimo della sua diffusione, in California,  Chavez cominciò la sua lotta per migliorare le condizioni di milioni di uomini sfruttati da pochi  proprietari terrieri. La lotta, lunga e difficile compresa scioperi e boicottaggi scommesse nei  confronti dei Chicanos. 
«È ormai chiaro a tutti che non si può fare affidamento sulle 
rappresentanze a ottica mercantil-militare, per cercare di risolvere 
i problemi delle popolazioni civili. Dovranno essere le popolazioni 
a forzare i governi». 
(Rae McGrath)
Dopo anni di dura sofferenza si arrivò al riconoscimento del sindacato e dei contratti collettivi per quei lavoratori. Si conseguì una grande vittoria non violenta, Chavez aveva capito che l’unico modo per ottenere il riconoscimento dei diritti umani era quello di denunciare al mondo intero la violenza e l’ingiustizia, egli sapeva che con le armi non avrebbe ottenuto niente «se tu non sei armato, sebbene il tuo avversario lo sia, costui dovrà prendere una decisione ben più grave di quello che non debba prendere tu» (Chavez).
In conclusione, il messaggio che vogliamo lanciare noi O.d.C. è bene espresso dalla parola che il Papa ha pronunciato nel suo discorso del 1 Gennaio 1995: «Uniamoci tutti per reagire contro ogni forma di violenza!».
E.M. - A.B. - V.C.
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Cos’è il “Nuovo Modello di Difesa”?
da: “note sul Nuovo Modello di Difesa” a cura di Claudio Di Blasi

Il Modello di Difesa per gli anni 2000 (detto comunemente Nuovo Modello di Difesa) ha visto, negli ultimi anni, continue rivisitazioni da parte dei vari ministri della Difesa che si sono succeduti (Rognoni, Andò, Fabbri, Previti, Corcione...), riguardanti soprattutto le risorse finanziarie richieste, che finora sono calate con ritmo quasi annuale. Ciò dimostra perlomeno la sensibilità degli Stati Maggiori nei confronti del mondo politico e dell’opinione pubblica; è segno che il NMD non è intoccabile, ma modificabile dai suoi stessi estensori. Restano fissi invece i ‘rischi’ cui il nostro paese dovrebbe far fronte.
Infatti con la caduta del muro di Berlino la minaccia militare per l’Italia è sparita:
conseguentemente le Forze Armate parlano ora di “rischi”, un termine vago in cui fanno ricadere problematiche economico sociali quali immigrazione, integralismi, accesso a risorse energetiche, ecc.. L’invenzione del termine “rischio” ha allora dato man forte agli Stati Maggiori per chiedere uno strumento militare con particolari necessità di personale (componente volontaria in aggiunta alla leva, diminuzione del personale civile), mezzi e risorse finanziarie (si stimano almeno 5000 miliardi annui in aggiunta al bilancio ordinario, per i prossimi 10 anni).
La spiccata vocazione offensiva dei nuovi sistemi d’arma, la richiesta di operare autonomamente anche fuori dai confini per salvaguardare interessi nazionali, la forte componente volontaria, l’indeterminatezza sulle operazioni da affrontare, il giudizio negativo dato dagli Stati Maggiori ad operazioni sotto egida e comando ONU, fanno ben capire per cosa e in che situazioni dovrebbe essere impiegato il NMD...!

 
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