La
novità evangelica degli obiettori
Il pensiero di Mons. Cocchi, presidente della Caritas Italiana, sull'obiezione di coscienza e sul volontariato (da “settimana” 17-5-1998/n. 199 |
Con una serie articolata di celebrazioni è stato ricordato, nel recente 1° maggio, il 25° del Gavci (Gruppo autonomo di volontariato civile in Italia) sorto a Modena ad opera di padre Angelo Cavagna e successivamente ramificatosi a Bologna (ora sede centrale), a Napoli e a Padova e che prevede in convenzione 53 obiettori in servizio, più quelli in preparazione o in congedo che continuano a viverci e a lavorarci. | Continuate a "pensare mondiale" e sollecitateci sempre ad alzare lo sguardo, tentati, come siamo, di rinchiuderci in noi stessi, nella illusione (un po' sciocca e un po' suicida) di poterci salvare da soli. |
Superare le posizioni acquisite
Commentando le letture del giorno, il vescovo di Modena ha incentrato
la sua attenzione sugli interrogativi che la gente di Nazareth si pone
dopo aver ascoltato Gesù nella sinagoga, notando come questi interrogativi
siano amari, “perché oscillano tra la sorpresa, il sarcasmo, la
supponenza”. Oltre a interrogarsi, la gente si scandalizza pure del Figlio
di Dio. A motivare lo scandalo, secondo il vescovo, è “l'incapacità
di alzare gli occhi; la pigrizia mentale che impediva di guardare oltre
l'immediato; prendere come punto di partenza e di riferimento i dati di
fatto; un realismo greve”.
“La pigrizia mentale umana, l'adozione di criteri prevalentemente sensibili,
"realistici" — secondo il vescovo — portano alla difficoltà di accettare
la sorpresa, la novità che Dio immette nella vita... La "gente"
è tentata di fissare ruoli, qualità, condizioni”. Non così
la parola di Dio; essa infatti “colloca un lievito che fa saltare continuamente
le posizioni conquistate, le sicurezze acquisite... fa esplodere ogni costrizione
e ogni costruzione soltanto umana. Fa essere realmente creativi”.
Riportiamo le parole con le quali il vescovo Cocchi ha applicato tale
insegnamento alla celebrazione del 25° del Gavci: “Nella sua intuizione
ormai consolidata nella lunga e generosa esperienza di servizio nelle situazioni
di disagio e nel suo impegno, con gli obiettori di coscienza, a favore
della pace, contro ogni uso omicida della forza, il Gavci — ha affermato
il presule — ha contribuito a incrinare una tradizionale e rassegnata adesione
ai dati di fatto, dove ognuno pensava a se stesso, dove la guerra era normale
strumento ad uso degli stati. Credo che tutti noi di età avanzata
(ma penso che anche oggi non sia molto diverso!) abbiamo studiato la storia
come storia delle guerre, perché erano le guerre a dare la vera
svolta alle vicende umane.
Probabilmente, se non in modo esplicito, davanti alle vostre prime
esperienze di volontariato e alle prime sofferte e pagate testimonianze
di obiezione alla violenza, sono sorte nelle persone tante domande: ma
chi credono di essere? Non si è sempre fatto così? Cosa ci
sta sotto queste pretese?
E, ancora una volta, è la parola di Dio a sollecitare e a sostenere
una novità così feconda e ricca, così rispettosa della
vera dignità della persona.
Sia chiaro: non abbiamo la pretesa che l'obiezione alla guerra abbia
come unica matrice il Vangelo. Sappiamo quanta testimonianza proviene da
fratelli e sorelle che hanno alimentato la loro scelta di pace ad altre
fonti. E da loro possiamo e dobbiamo certamente imparare. Ma il cristiano,
sollecitato anche da queste testimonianze, scopre nella rivelazione una
sorgente purissima, che lo porta a essere un vero figlio del Dio della
pace.
Chi percorre questa strada, come voi del Gavci, sperimenta la fatica
e, talvolta, l'umiliazione di fare una proposta che appare incomprensibile
a chi è ancora imprigionato dalle logiche e dai dati di fatto, che
hanno dominato la storia. Era anche la fatica di Gesù a farsi accogliere
dai suoi concittadini. Identica fatica la troviamo nella Bibbia, dove non
mancano certamente le guerre, la violenza, la vendetta. Sorgono però
i profeti ad annunciare tempi nuovi, diversi. Assicurano che verranno giorni
nei quali. Dio donerà la sua pace e gli uomini “non si eserciteranno
più nell'arte della guerra”. Annunciano che il "Servo di JHWH" non
solo non seguirà la logica umana della violenza verso gli altri,
ma accetterà su di sé ogni ingiustizia, fino alla morte,
per la salvezza di tutti.
Nella storia è così immesso un criterio totalmente diverso:
non più la violenza inferta ad altri provocherà la pace;
essa sarà meritata dal Servo che offre se stesso. Nel Vangelo poi
appare con solare evidenza la logica di Dio, che è amore; e che
pone come legge distintiva non solo quella di amare tutti, ma soprattutto
quella di amare i nemici.
Per il mondo del lavoro le intuizioni hanno modificato la storia quando,
diventate convinzioni, hanno dato origine a un movimento di persone. Anche
per l'obiezione di coscienza le idee debbono essere incarnate da persone,
da gruppi per esprimersi anche in testimonianza, in proposte, in conquiste.
Il Gavci questo l'ha fatto e continua a farlo.
L'augurio e la preghiera, oggi, è che gli interrogativi della
gente da sospettosi divengano rispettosi; da sarcastici si trasformino
in occasione di sorpresa”.
Impegno sul territorio e pensare mondiale
Rilevante anche la lettera con la quale il vescovo si è rivolto
al Gavci esortando i suoi membri a "impegnarsi nel territorio" e a "pensare
mondiale".
“Voi celebrate — ha esordito l'arcivescovo di Modena — il 25° della vostra esistenza e attività. Un quarto di secolo non è un periodo tanto lungo da richiedere grandi sintesi storiche; è, tuttavia, sufficientemente ampio e intenso per fare sì che da esperienze, episodi, avvenimenti, possano emergere, provate dai fatti, le motivazioni profonde. Non sta certamente a me individuarle. Mi piace, però, dirvi quanto, superficialmente e dall'esterno, mi sembra di poter cogliere”. |
“Sono convinto che oggi un obiettore di coscienza, nella misura in cui qualifica e motiva il proprio impegno partendo dal Vangelo o lo vive con coerenza, può essere considerato portatore di un dono dello Spirito” |
a cura di A. Cavagna