Utili
e inutili
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Senza accorgercene, abbiamo cominciato ad abbandonare schemi di interpretazione
sui quali tanti di noi sono cresciuti. È sparita, ad esempio, la
classica definizione di primo mondo, secondo mondo e terzo mondo (e anche
quarto e quinto) che avevano caratterizzato tanta parte della ricerca sullo
sviluppo. Non si parla più di Centro e Periferia, cosi come un po’
alla volta sta sparendo anche la divisione fra Nord e Sud del mondo. Al
limite lo schema Nord-Sud viene assunto non più in termini geografici,
ma soltanto in termini economici. (...)
Oggi la nuova divisione - perché il mondo continua ad essere
diviso - passa per altri confini. Qualche anno fa, la Banca Mondiale scriveva
in un suo rapporto che nel mondo esistono 1.200.000.000 di persone "inutili".
Sono le persone che fanno parte di sistemi economici che non hanno le strutture
sufficienti per entrare nell’era della globalizzazione e che quindi sono
costrette a vivere "fuori" da quello che è ritenuto l’unico spazio
di vita del mondo post-industriale. In questo modo la Banca Mondiale pone
le basi di una nuova comprensione del pianeta.
La divisione tra ricchi e poveri, infatti, dopo la caduta del muro
di Berlino, ha assunto una sfumatura diversa. Se prima i poveri, posti
dentro ad una strategia imperiale di concorrenza fra le due superpotenze,
potevano anche essere utili, oggi non lo sono più. La nuova divisione
passa tra Utili ed Inutili e, quindi, tra inclusi ed esclusi. (...)
Questa nuova divisione porta in sé una novità ancora più
profonda. (...) Gli inutili sono posti quasi automaticamente "fuori" e
non si pone neanche il problema della loro integrazione, di una loro possibile
"entrata" perché fanno parte di un altro mondo, sono come U.F.O.
provenienti da un altro pianeta.
(...) Se qualcuno ci chiedesse a che cosa serve la ricchezza, risponderemmo che la ricchezza serve per stare bene, per risolvere i problemi della vita. Questa risposta di buon senso non è tuttavia la risposta giusta. Nel nostro mondo la ricchezza non serve più per la vita, per il benessere. Suo scopo vero è quello di creare altra ricchezza: siamo di fronte a quella che potrebbe definirsi un’eterogenesi dei fini. Se infatti la creazione di ricchezza - che è lo scopo dell’economia - non e più finalizzata al benessere bensì assume sé stessa come fine, inevitabilmente la vita e il benessere dell’Uomo scadono al ruolo di mezzo e non più di fine. Non è più vero che il sabato è per l’Uomo: è l’Uomo che ormai è per il sabato. La vita delle persone assume un ruolo secondario di fronte ad un immaginario benessere collettivo assicurato dalla creazione e dall’accumulo di ricchezza.
(...) Quali saranno, allora, le domande fondamentali di questo miliardo
e duecento milioni di esuberi che popolano il nostro pianeta? Non è
certo compito né della Banca Mondiale né degli organismi
finanziari internazionali porsi questo problema.(...)
Toccherebbe loro tuttavia creare lo spazio perché ogni persona,
messa in condizione di soddisfare i propri bisogni fondamentali, abbia
la possibilità di "conoscere sé stessa" e di dare una risposta
irripetibile alle domande di sempre. Compito dello stato dovrebbe essere
quello di creare le condizioni economiche, politiche e sociali che permettano
a tutti di realizzare a pieno le loro potenzialità. (...)