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IL SANSONE PATAGONICO - BELZONI A LONDRA 1803-1812 | |||||||||||||
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Lentamente ma inesorabilmente le gambe si flettono, piantate al suolo come due colonne di granito, e la struttura prende forma. Torcendosi e ansimando il gigante si drizza in tutta la sua mole, le vene del collo gonfie per lo sforzo. Sulle spalle massicce si scarica il peso di quei dieci uomini avvinghiati gli uni agli altri in precario equilibrio per la gioia degli spettatori. Un silenzio irreale accompagna l’ennesima esibizione di Giovanni Battista Belzoni, il «Sansone Patagonico»: come se un solo sussurro potesse bastare a spezzare la magia di quegli attimi. La «piramide umana» si svela agli occhi ammirati del pubblico, tutti gli sguardi sono concentrati sull’uomo che - simile ad un novello Atlante - sorregge il peso immmane. Poi la struttura ondeggia e si muove. Un passo dopo l’altro - con la sicurezza di chi sa dosare la propria forza - Belzoni compie il giro del palcoscenico. Solo allora - terminata l’esibizione - l’incantesimo si spezza: scrosciano gli applausi e i fischi d’incitamento, mentre il campione vittorioso sorride alla folla. E’ uno dei «numeri» di Belzoni, uomo versatile che per sbarcare il lunario sfrutta la sua complessione eccezionale, ma non solo. Padovano poco più che ventenne, si spaccia come nato «da famiglia di origine romana stabilitasi da lungo tempo a Padova», debutta nel 1803 sul palconscenico del Sadler's Well insieme con il fratello Francesco. «Era nato viaggiatore come altri nascono poeti, ingegneri od astronomi - scrive di lui il Depping, giornalista e segretario di Foscolo -. Era di statura colossale, forgiato come un Ercole. Aveva le spalle larghe, la testa coperta da lunghi capelli e la sua fisionomia era dolce...». A Londra, oltre alle popolarissime «prove di forza», mette a frutto l’esperienza di anni presentando nelle fiere «giochi d’acqua» di sua invenzione. Tutte cose che gli torneranno molto utili in futuro, quando nel 1815 sbarcherà finalmente in Egitto. |
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