IL GIOVANE MEMNONE
Per Belzoni fu la prima sfida. Nell'estate del 1816, su commissione di Henry Salt, recuperò il gigantesco busto di Ramses II che si trovava nel Ramesseum di Tebe. Era un pezzo da 8500 chili che trasportò solo con una "zattera" e dei tronchi. Da 180 anni il colosso orna il British Museum e lascia senza fiato i visitatori. L'impresa diede a Belzoni una fama immensa, tanto che il poeta Percy Bysshe Shelley scrisse una lirica sulla statua senza averla vista.
La Great Hall del British Museum a Londra
Ozymandias
I met a traveller from an antique land
Who said: Two wastand trunkless legs of stone
Stand in the desert... Near them, on the sand,
Half sunk, a shattered visage lies, whose frown
And wrinkled lip, and sneer of cold command,
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamped on those lifeless things,
The hand that mocked them, and the heart that fed:
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare
The lone and level sands stretch far away.

Percy Bysshe Shelley
La poesia fu pubblicata per la prima volta da Leigh Hunt sull'Examiner del gennaio 1818 quando Shelley  (nell'immagine a destra)di Belzoni conosceva solo il nome. E della grande testa di Ramsess II, di cui ignorava l'identità, aveva soltanto sentito parlare.
Nel primo cortile del Memmonium - o Ramesseum come lo avrebbe chiamato qualche anno dopo il francese Champollion - lo svizzero John Ludwig Burckhardt aveva scorto nel 1813 una magnifica testa di Ramses II proveniente da una statua caduta, alta in origine quasi venti metri, tanto per cambiare notra fra gli indigeni come il "giovane Memnone". Lo stesso monolite aveva impressionato il danese Norden nel 1738 e anche il diplomatico e viaggiatore britannico William Hamilton, all'epoca di Belzoni sottosegretario al Esteri, era stato colpito dalla sua "straordinaria delicatezza", da quella che era "certamente la più bella e perfetta opera di scultura egizia". Lo Sceicco Ibrahim - questo era il nome assunto da Burckhardt una volta diventato musulmano - fu informato che i francesi avevano cercato di portare via la testa, e pare proprio che il foro che si nota in corrispondenza della spalla sinistra della statua sia la conseguenza di un tentativo dei napolenici di far loro il busto aiutandosi con dell'esplosivo.
Un incisione nel Memnonium risalente al 1830-1840
Ora, presso l'entrata sinistra del tempio, giaceva la ciclopica testa del grande faraone. Il padovano la trovò subito, col "viso rivolto verso
il cielo, e s'avrebbe detto che egli mi sorrideva all'idea di essere trasportato in Inghilterra; la sua bellezza sorpassò" le mie aspettative ancor più della sua grandezza". Due anni più tardi, scrivendo al fratello (lettera dalla Valle dei re, 15/8/8) esprimerà il suo gradimento con parole leggere: "La singolarità di questo busto he una dolcessa e così tenera espressione della fisionomia, che ancorchè d'una magnitudine collosale pure da dileto ad mirarlo, egli fu fato per rapresentare un Dio, e non credo che si potrebbe esprimere la dea della purità con miglior lineamenti di questo".
Il Memnonium un un acquerello di Roberts
Il grande busto montato sulla "barella" messa insieme da Belzoni insieme con il carpentiere assunto ad Assiut scorreva sui rulli lubrificati solo dall'acqua, tirato da oltre venti uomini, quasi tutti a torso nudo, ma con  il capo coperto. Nella forno della valle tebana, sul terreno aspro, anche una piccola svista avrebbe potuto essere potenzialmente fatale. Servivano occhi attenti e motivati. Belzoni, fasciato dagli abiti per proteggesri dal sole, instabile nella salute, avrà probabilmente benedetto ogni metro che il colosso percorreva avvicinandosi alla sponda. Poi arrivò alla meta, senza eccessivi tripudi. Il padovano narra l'episodio con distacco. "Il 10 e l'undici s'avvicinammo per molto tratto al fiume. E il 12 finalmente il busto del giovane Memnone giunse felicemente alle sponde del Nilo". Per "i singoli arabi" ci fu una mancia di una piastra. Erano comunque convinti che, da soli, "gli europei non avrebbero potuto mandare ad effetto un tale lavoro".
Il trasporto del Memnone in un disegno di Giovanni Battista Belzoni
OZYMANDIAS - testo italiano
Incontrai un viaggiatore che veniva
via da un paese antico, e disse: due
grandi gambe di pietra, senza tronco, stanno
nel deserto. Vicino, sulla sabbia, mezzo
sepolto, c'è un volto smangiato, ma le sue
ciglia aggrottate, e il labbro corrugato, e
il sorriso obliquo freddo di comando
dicono che il suo scultore lesse
bene le passioni che calcate
sulla materia inerte sopravvivono
ancora alla mano che le finse
e al cuore che le nutrì.
Sul piedistallo queste parole appaiono:
il mio nome è Ozymandias, re dei re,
guardatele le mie opere, voi Potenti, e
piangete. Niente qui resta. Intorno al consumarsi
di questo colossale relitto, sconfinate, nude
le solitarie e uniformi vanno
stendendosi lontano.
Una serie di immagini del British Museum di Londra. Sopra a sinistra, la testa di Amenofi III recuperata da Belzoni. In senso orario, la galleria grande egizia com'è oggi; la galleria com'era all'inzio del del XIX secolo; un disegno dell'istallazione di una testa ciclopica negli anni trenta del secolo XIX.
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