GIOVANNI DELLA CASA

(1503-1556)


A Dio

Questa vita mortal, che ‘n una o ‘n due
Brevi e notturne ore trapassa, oscura
E fredda; involto avea fin qui la pura
Parte di me ne l’atre nubi sue.

 Or a mirar le grazie tante tue
Prendo: ché frutti e fior, gelo ed arsura,
E sí dolce del ciel legge e misura,
Eterno Dio, tuo magisterio fue.

 Anzi ‘l dolce aer puro, e questa luce
Chiara, che ‘l mondo a gli occhi nostri scopre,
Traesti tu d’abissi oscuri e misti.

 E tutto quel che ‘n terra o ‘n ciel riluce,
Di tenebre era chiuso, e tu ‘apristi;
E ‘l giorno e ‘l Sol de le tue man son opre.

 


Sopra la città di Venezia

Questi palazzi e queste logge, or colte
D’ostro, di marmo, e di figure elette;
Fur poche e basse case insieme accolte,
Diserti lidi, e povere isolette.

 Ma genti ardite, d’ogni vizio sciolte,
Premeano il mar con picciole barchette;
Che qui, non per domar provincie molte,
Ma fuggir servitú, s’eran ristrette.

 Non era ambizion ne’ petti loro;
Ma ‘l mentire abborrian piú che la morte;
Né vi regnava ingorda fame d’oro.

 Se ‘l Ciel v’ha dato piú beata sorte,
Non sien quelle virtú, che tanto onoro,
Da le nove ricchezze oppresse e morte.


Ritornare alla pagina precedente.
Volver a la página precedente.
Back to the previous page.
Retour à la page précédente.
Voltar à página anterior.


Free Homepage by Geocities