Or a mirar le grazie tante tue
Prendo: ché frutti e fior, gelo ed arsura,
E sí dolce del ciel legge e misura,
Eterno Dio, tuo magisterio fue.
Anzi ‘l dolce aer puro, e questa luce
Chiara, che ‘l mondo a gli occhi nostri scopre,
Traesti tu d’abissi oscuri e misti.
E tutto quel che ‘n terra o ‘n ciel riluce,
Di tenebre era chiuso, e tu ‘apristi;
E ‘l giorno e ‘l Sol de le tue man son opre.
Ma genti ardite, d’ogni vizio sciolte,
Premeano il mar con picciole barchette;
Che qui, non per domar provincie molte,
Ma fuggir servitú, s’eran ristrette.
Non era ambizion ne’ petti loro;
Ma ‘l mentire abborrian piú che la morte;
Né vi regnava ingorda fame d’oro.
Se ‘l Ciel v’ha dato piú beata sorte,
Non sien quelle virtú, che tanto onoro,
Da le nove ricchezze oppresse e morte.
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