Capitolo 40: La
Regina dell’Isola
I sei Arvenauti osservavano preoccupati i due corpi stesi a terra, da una parte Odisseus, accasciato sulla spiaggia, dall’altra Senru, il cui corpo galleggiava sullo specchio d’acqua.
“Che credete sia successo?”, domandò Iason preoccupato, “Non lo so, ma se il Custode si rialza per primo, il Navigatore è spacciato”, osservò freddamente Atanos, mentre già il Guerriero si dirigeva verso il proprio maestro, ancora al suolo.
Ad un tratto, però, con grande sorpresa dei sei, il braccio sinistro di Odisseus si alzò, in segno di vittoria. Subito furono tutti intorno al compagno ancora a terra ed Iason lo aiutò a rialzarsi.
“Come ti senti?”, domandò prontamente Argos, “Tutto bene, eccetto la mano destra”, rispose con voce dolorante il Navigatore. La sua mano, infatti, era ridotta ad un cumulo di carne informe, le dita erano tutte spezzate e da profonde ferite scorreva copioso il sangue fra le nocche e le ossa visibili attraverso la pelle strappata. “Solo un’altra volta avevo provato a rompere il Tomatos con le mani, ci sono stato sei anni per riavere la mobilità dalle dita, allora”, ricordò con un sorriso triste Odisseus, sedendosi a terra.
“Ed il Custode?”, domandò Eracles, voltandosi verso il corpo che galleggiava in mare, “Ormai il tempo di Senru sta per finire”, rispose il Navigatore, “rompendo l’artiglio le schegge si sono conficcate nel corpo e senza nessun legame possono solo aver rubato tutta la sua linfa vitale, assorbendone il sangue, se non è morto, lo sarà tra poco”, spiegò Odisseus.
“Esatto”, sussurrò a quel punto la voce lontana di Senru, “il momento della morte è finalmente giunto anche per me, di questo ti ringrazio, Odisseus, se non mi avessi attaccato in quel modo sarei rimasto per molto tempo ancora schiavo della Regina. Mi dispiace solo di lasciarti il mio fardello, il dovere di Custode che ho adempiuto per secoli”, affermò con l’ultimo anelito di vita il Custode Occidentale, spegnendosi in mare.
In quel momento, quando i tre Custodi erano ormai morti ed i diversi gruppi di naviganti erano sul punto di partire verso la collina di Ten–Lah, una risata malefica invase l’aria, circondandoli tutti.
“Mi dispiace fermare la vostra corsa prima ancora che inizi, nobili invasori provenienti da tutti i lati del mondo, ma vi devo avvisare che non potrete giungere tutti insieme da me, infatti il dovere dei Custodi è quello di non allontanarsi mai dalla costa”, avvisò la malefica voce, che si rivelò essere femminile e molto affascinante.
Dei bagliori di luce, in quel momento, proruppero dai cadaveri dei tre Custodi caduti, prendendo la forma di cerchi, che lentamente si sganciarono dai corpi ormai senza vita, per gettarsi contro quelli dei tre combattenti che avevano spento il soffio vitale nei loro nemici. Sia Odisseus, sia Oslo e Garulf caddero al suolo, come incatenati.
“Che cosa succede?”, tuonò la voce sorpresa di Roan, sulla costa settentrionale, mentre i cerchi svanivano in un bagliore di luce, “Non lo so”, rispose Tyrion, avvicinandosi al Kreeb, che era ormai tornato normale.
“Quelle che tutti voi avete visto, erano le catene di luce che uniscono i diversi Custodi alle coste di Ten-Lah. Quando fu creata l’Isola, infatti, i sommi signori celesti, per evitare che i guardiani da loro scelti potessero scappare con i Tesori, legarono le loro vite ai margini delle spiagge. Se un Custode si allontana dalla Spiaggia che deve difendere si scatena una reazione a catena che porta all’inabissamento dell’intera Ten-Lah entro un’ora dall’atto illecito di abbandono. Per questo i tre che avete ucciso erano rimasti per secoli fermi sulle rive, rischiando anche la pazzia in alcuni casi.
Le tre divinità Supreme, però, immaginando che un giorno qualcuno avrebbe potuto eliminare i Custodi posti a difesa dell’Isola, fecero in modo che il legame non fosse con la persona, bensì con la forza vitale, quindi, quando il Navigatore dell’Ovest, il Kreeb del Nord ed il Mukur del Sud hanno ucciso Senru, Jen – Bu e Suan Ku, hanno preso il loro posto”, affermò la voce, che sembrava conoscere tutto ciò che era accaduto dall’arrivo delle tre imbarcazioni.
“Notizie interessanti”, esclamò nel frattempo Sokar, “ma non per noi, quindi, Oslo, muoviti, non mi curerò dell’inabissamento dell’Isola, non è per tutelarne l’esistenza che siamo qui”, tagliò corto il Comandante del gruppo di Tulakei, ma quando il Mukur fece il primo passo, una scossa mosse l’intera Isola.
“Forse ci sono alcuni, come i Guerrieri del Sud, che non temono la scomparsa di Ten-Lah, ma temo che costoro non abbiano ben capito la situazione”, continuò la perfida voce di donna, “se mai uno dei tre nuovi Custodi si introdurrà nell’interno dell’Isola, o se ne andrà, avrete meno di un’ora per scomparire tutti, se non volete affondare con le rocce su cui camminate per ora. Nel caso di una fuga, dopo aver recuperato ciò che volevate, non sarebbe un problema, ma mi chiedo se, dovendo affrontarvi fra voi e con chi vi aspetta all’interno della collina, vi basterebbe un’ora per compiere la vostra missione”, concluse la voce, prima di scoppiare in un’altra malefica risata.
“Poco male, in fondo con la mano combinata così non vi sarei stato molto d’aiuto”, osservò allora Odisseus, sedendosi di nuovo sulla spiaggia, “quindi andate senza di me”, ordinò, sorridendo ai sei Arvenauti.
Iason e gli altri si guardarono fra loro, finché non fu Argos a prendere la parola, “Va bene, amico mio, andremo noi portando nel cuore la fiducia che tu ci riponi, vedrai che torneremo vincitori”, lo rassicurò il Guardiano, sorridendogli di risposta.
“Si, andate, ma state attenti, poiché temo che questa voce, di certo è della Regina di cui parlava Senru, ci nasconda altri colpi bassi”, concluse il Navigatore, salutando con la mano sinistra i compagni che si allontanavano veloci.
Anche sulle altre due coste i diversi gruppi di naviganti salutarono i compagni obbligati a fermarsi e corsero tutti verso la sommità della collina.
La collina si dimostrò essere un suolo molto comodo su cui correre, le erbe della scarsa foresta non davano alcun problema al gruppo di Arvenauti, che si muoveva con agilità su quel terreno.
“Argos, vedi gli altri due gruppi nelle vicinanze?”, chiese ad un tratto Iason, mentre veloci avanzavano verso la cima, “Si, alla nostra destra riesco a intravedere Tyrion, insieme al guerriero invulnerabile ed all’Hellekia, mentre da sinistra arrivano tre strani esseri”, rispose prontamente il Guardiano.
“Strani esseri?”, ripeté perplesso Eracles, “Si, figlio di Urros, uno di loro sembra uno scorpione unito con un uomo, poi vi è una donna con movenze da gatto ed affilati artigli ed una terza creatura che non saprei come definire”, incalzò Argos, “Che vuoi dire?”, chiese insistente il giovane Arvenauta, “Sembra che sia un uomo, ma scrutandolo con attenzione, la pelle sembra quasi un vestito, un abito che nasconde qualcosa di terribile e minaccioso”, affermò il Guardiano, prima che i suoi passi si fermassero.
“Che succede?”, domandò allora Iason, “L’entrata è qui”, affermò Argos, indicando un piccolo varco, simile ad una grotta, dinanzi ai sei, “ma non riesco a vedere dentro, c’è qualcosa che assorbe tutta la luce circostante, come se volesse usarla per brillare immensamente, senza paragone alcuno”, spiegò con voce titubante.
“In effetti provengono degli strani odori da quell’entrata”, concordò Acteon, “non sento la puzza di alcuna bestia, né della mia preda, né di altre, ma solo un forte aroma, un odore che mi ricorda molto quello usato dalle Axelie per stordire gli uomini, solo che in questo caso è più per adornare che per stregare”, spiegò il Cacciatore.
“C’è qualcosa di potente e minaccioso dentro quella grotta, ma non mi sembra niente di terribile come l’essere che stava per raggiungerci sull’Isola precedente”, affermò Pandora, “non credi anche tu, Immortale?”, domandò poi, rivolgendosi all’altro Arvenauta.
“Si, sento della malvagità, ma niente di terribile ed auspicante morte, solo una malignità dettata dalla superbia”, concordò Atanos.
“Bene, allora entriamo”, esordì Iason, invitando i compagni a seguirlo all’interno della grotta.
Per alcuni minuti gli Arvenauti camminarono in fila, uno dietro l’altro, avanzando nell’oscurità di una grotta, finché, dopo un breve tratto in discesa, Iason, che guidava il gruppo, vide una luce, che lentamente divenne accecante ai suoi occhi, “Dove siamo?”, tuonò il Guerriero, prima che i suoi occhi si abituassero al cambiamento di luminosità.
I sei Arvenauti videro una grande sala scavata nella roccia, una sala immensa, costituita da tre entrate ed un suolo piuttosto ruvido, nell’unico lato spoglio da entrate, una scalinata, piuttosto breve, che portava ad un piano rialzato, coperto da una tenda.
“Che siano lì i Tesori?”, domandò il Guerriero, “Non ti muovere, potrebbero essere qui intorno le tre bestie, poi non dovrebbe essere così il luogo in cui sono riposti i Tesori”, esclamò Atanos, guardandosi intorno, “O sbaglio?”, chiese ad Acteon.
“No, in effetti non ricorda niente di ciò che sapevo, non c’è né la mia preda, né nient’altro qui nei dintorni, anzi, qualcosa c’è e si sta avvicinando”, osservò il Cacciatore, voltandosi verso la porta alla loro sinistra.
Una figura maestosa, uscì dal varco, “Chi diavolo siete?”, esclamò l’essere, mostrando le immani chele, “Gli Arvenauti di Aven, tu piuttosto che cosa sei?”, ringhiò in tutta risposta Iason, mettendosi in posizione di guardia, “Il mio nome è Kaar, guerriero del Rihad”, si presentò l’essere per metà scorpione, mostrando l’immane corpo.
“E non è solo”, annunciò una voce femminile, mentre anche Seala e Sokar apparivano dal cunicolo.
“Dove sono i Tre Tesori?”, esclamò la Donna Gatta, “Se anche lo sapessimo, non verremo a dirlo a dei felini”, replicò Acteon, mentre gli artigli ed i canini apparivano sul suo corpo, “Davvero, cagnaccio? Allora preparatevi alla morte”, esclamò in tutta risposta la guerriera del Rihad, lanciandosi all’attacco.
“Kaar, spazzateli via in fretta”, ordinò allora Sokar, prima che anche l’altro essere si lanciasse alla carica dei nemici.
Subito Iason si lanciò contro l’uomo Scorpione, colpendolo alla gola con un veloce calcio; il nemico, però, non sembrò subire l’attacco, infatti tentò subito di rispondere all’assalto con un veloce colpo di coda, ma il Guerriero fu più rapido e con un salto si spostò alle spalle dell’avversario, “Sei troppo lento per me”, lo avvisò, prima di colpirlo con una serie ripetuta di calci, scagliati ad elevatissima velocità.
Kaar fu spinto indietro di alcuni passi, ma subito si fermò grazie alle chele, quindi, voltandosi, tentò un altro affondo con la coda, stavolta bloccata da qualcun altro: Eracles.
“Penso che, per quanto Iason sia rapido, questa tua coda potrebbe alla fine dargli problemi”, esordì il figlio di Urros, sollevando con ambo le braccia il nemico, per poi lanciarlo contro una parete alle sue spalle.
Seala, intanto, si era gettata contro Acteon. Il mezzo cane e la Donna Gatta iniziarono a combattere con ferocia, una serie infinita di calci ed artigliate che si susseguì per alcuni minuti, senza sosta alcuna, finché, evitato un colpo del Cacciatore, la guerriera del Rihad si chinò sulle ginocchia, colpendo con un rapido movimento gli stinchi dell’avversario, che cadde a terra, avendo perso l’equilibrio.
“Fra cane e gatto, è sempre più forte il Gatto”, ridacchiò la guerriera del Sud, sollevando gli affilati artigli, diretti contro il volto del nemico, “Forse è vero”, la interruppe però una voce, “ma chissà che può un gatto contro un nero sciame di Morte”, affermò Pandora, prima di lanciarsi contro l’avversaria, costringendola ad indietreggiare, allontanandosi dal Cacciatore.
Sokar osservava gelidamente la scena, era a braccia conserte e guardava i due compagni combattere contro i quattro Arvenauti, mentre Argos ed Atanos ne studiavano i movimenti. “Costui è più pericoloso degli altri”, osservò il Guardiano, “Probabile”, concordò l’Immortale, “Lascialo a me”, sentenziò allora l’ex semidio, lanciandosi all’attacco con il proprio bastone.
In quel momento, entrambi i guerrieri del Rihad si fermarono, spaventati da ciò che stava per accadere, “No, non devono farlo scatenare”, balbettò appena Seala.
Sokar sollevò il braccio destro, “Puoi tentare qualsiasi attacco, ma contro di me si può solo morire”, sentenziò il comandante del gruppo di Tulakei, prima che un artiglio di sabbia prorompesse da sotto la nera manica, solo l’intervento di Atanos impedì che l’assalto andasse a segno.
“Trovo fin troppo patetico che dei nemici così miseri fermino il nostro passo, vi spazzerò via tutti, come questo vostro patetico pari”, ringhiò Sokar, prima che la sua sabbia si ritirasse, rientrando nel corpo, “Cosa?”, riuscì appena a domandarsi.
“Non ero mai stato colpito con della sabbia, è un’esperienza del tutto inaspettata, sentivo la pelle strapparsi ed il sangue inaridirsi, malgrado sia stato inefficace”, tagliò corto l’Immortale, osservando la ferita richiudersi sul petto.
“Come può essere?”, si domandò Seala, “Nessuno aveva mai fermato prima i colpi di Sokar, il Demone del Sud”, rifletté la Donna Gatto, “Si vede che non avete mai incontrato il mio amico Atanos, l’Immortale”, ridacchiò allora Acteon, rialzatosi in piedi e pronto a riprendere la lotta.
Un tuono, però, fermò le belligeranze dei due gruppi, come se una tempesta stesse per scoppiare all’interno della sala, quella fu la sensazione che invase i loro corpi. Solo quando i compagni di Argos si voltarono verso l’entrata destra capirono: anche Tyrion, figlio di Odath era arrivato, insieme ai suoi due guerrieri.
“Ora che anche i guerrieri dell’Asjar sono qui, dovrà per forza scatenarsi, Lord Sokar, dato che persino un dio potrebbe essere nostro nemico, sempre che non attacchino prima i guerrieri di Aven”, osservò Seala, riavvicinatasi al suo comandante.
“Non attaccherò i sei guerrieri di Aven, poiché di loro conosco il valore e l’onore e so che, dopo avervi vinti, potremo anche tentare un accordo per l’uso dei Tre Tesori, a noi utili solo per far tornare in vita mio fratello Jayr e ridare pace al regno del sommo Odath”, esclamò Tyrion, che aveva sentito le parole della Donna Gatto.
“Divino Tyrion”, lo salutò allora Argos, subito seguito dai compagni, a cui i tre guerrieri del nord ricambiarono il saluto.
Quando le tre forze erano ormai pronte per affrontarsi, però, accadde qualcosa, un’altra risata echeggiò nell’aria, stavolta non distante, come se fosse dispersa nell’aria, ma vicina, proveniente da quella stessa sala.
“Di nuovo quella voce fastidiosa”, ringhiò Brulde, guardandosi intorno e portando la mano alla spada dall’impugnatura d’ametista, “Si, deve essere di certo lei”, concordò subito Roan, “ma da dove proviene?”, incalzò poi.
“Da dietro la tenda”, esclamò Argos, “lì la luce va ad finire, come aspirata da qualcosa che brilla simile ad una stella, per i miei occhi divini”, spiegò il Guardiano, indicando la piccola scalinata che si concludeva in una tenda.
“Ed allora?”, domandò Sokar, “Vi spazzerò tutti via prima che questa stupida donna abbia finito di ridere”, avvisò il Demone del Sud, ma Tyrion puntò contro di lui il possente maglio, brillante di scosse elettriche, “Placa la tua furia, guerriero del Rihad, perché anche voi, nella vostra infima natura di mostri, dovreste intuire che qui c’è qualcosa che non torna”, avvisò il figlio di Odath.
“Che vorresti dire?”, domandò allora la voce animalesca di Kaar, “Non ve ne siete resi conto? Oppure non ve ne hanno mai parlato? Qui non ci dovrebbe essere questa sala, o almeno, non dovremmo esseri arrivati subito qui, prima dovevamo superare il gigante di Tomatos, il Toro metallico che tanto desideravo uccidere e la bestia immonda”, spiegò Acteon, guardandosi intorno, “ed io qui non vedo esseri metallici e l’unica bestia immonda sei tu, quindi la cosa mi puzza”, concluse con tono ironico il Cacciatore, mentre Kaar gli ringhiava contro.
“Calmo Acteon, ed anche tu, Scorpione”, esordì Pandora, “non dobbiamo pensare a combatterci per ora, la nostra preoccupazione dovrebbe essere scoprire dove sono nascosti i Tesori”, spiegò la Signora del Nero sciame.
“Su questo ti do ragione, ragazza”, concordò allora Seala, guardandosi attorno.
La risata finì dopo quell’ultima frase, “Vedo che avete trovato un punto d’accordo, tutti e tre i gruppi”, esordì la voce femminile che già aveva parlato ai naviganti, mentre la tenda lentamente si ritirava, permettendo a tutti loro di vedere finalmente l’interlocutrice.
“Ma è”, riuscì appena a balbettare Iason, solo osservandola e sentendo il suo fischiettare, “è… bellissima”, concluse a malapena Argos, mentre il maglio cadeva dalle mani di Tyrion.
La figura dinanzi a loro aveva una bellezza effettivamente impareggiabile. Lunghi capelli color mare si increspavano sulle spalle scoperte, il volto elegante e crudelmente bello, aveva dei lineamenti chiaramente delle terre dell’Oleampos, gli occhi, di un rosso acceso, osservavano un bicchiere di cristallo, che la donna teneva nella mano destra.
Il corpo, snello ed elegante, era seduto su un trono, mentre lei sorseggiava quietamente il proprio bicchiere.
Un lungo abito bianco la copriva appena, lasciando vedere le lunghe e chiare gambe, le spalle, le braccia e parte del seno. Sul capo, costei aveva una corona color cenere su cui brillava un rubino, ma ciò che maggiormente stupì Pandora, Brulde e Seala fu che tutti i loro compagni erano apparentemente sbalorditi da tanta bellezza, paralizzati dinanzi a quella magnifica creatura che si alzò in piedi dinanzi, dopo aver finito di sorseggiare la propria gustosa bevanda.
In quel momento, quando fu completamente in posizione retta, la Signora del Nero sciame notò un particolare che prima era nascosto dalle abbondanti forme della donna: una collana alla cui estremità era posto un medaglione rappresentante un’Idra Nera.
“Salve a voi”, salutò la donna, “Sono Gyst, la Regina di Ten-Lah”, si presentò la misteriosa e bellissima nuova arrivata.