Capitolo 48:
Progressi
Iason e Brulde osservavano con attenzione il nemico dinanzi a loro, “Questo è uno dei famosi centauri, giusto? Per metà uomo e per metà cavallo. Ne ho sentito parlare in qualche racconto”, domandò incuriosita la guerriera del Nord, “Si, il suo nome è Chiron, uno dei sette naviganti provenienti dalla Lutibia, al servizio di Priaso”, spiegò il guerriero di Aven, ponendosi in posizione di guardia.
“Al servizio di Priaso?”, domandò l’essere prima di scoppiare in una beffarda risata, “Si, in apparenza noi serviamo quel povero stupido, ma egli è solo una pedina, come tutti voi, pedine di un gioco più grande qualcosa che solo dei grandi militari possono capire, cose troppo vaste per i vostri piccoli occhi di uomini”, li ammonì il guerriero, invitandoli a farsi avanti.
“Piccoli occhi di uomini? Bene, ora vedrai cosa sanno fare le donne del Nord!”, tuonò infuriata Brulde, impugnando la spada dall’elsa d’ametista e lanciandosi all’assalto del centauro con un rapido movimento.
“Poco saprete di certo fare voi, guerrieri dell’Asjar, abituati a goffi movimenti fra le nevi con quelle vostre due insulse gambe, movimenti così ridicoli da non meritare nemmeno l’attenzione per evitarli, movimenti che posso deviare!”, replicò con decisione Chiron, deviando il piatto della spada con il braccio sinistro e colpendo con un diretto destro allo stomaco l’avversaria, per poi rilanciarla in dietro con un potente assalto delle zampe anteriori.
Iason salvò con un veloce scatto Brulde dallo schiantarsi contro una parete, “Questa è la seconda volta che ti salvo, guerriera”, esordì subito l’Arvenauta, “lascialo a me adesso”, continuò poi, con un gentile sorriso, prima di lanciarsi in un rapido attacco.
“Cosa pensi di fare anche tu? Con quelle due insulse gambe?”, ironizzò il centauro, prima di scorgere un veloce salto dell’avversario che, con abilità incredibile, roteò a mezz’aria, lanciandosi con un calcio in picchiata contro il nemico, il quale fu costretto a spostarsi per evitare l’assalto aereo.
“Non basta così poco per farmi demordere”, avvisò allora Iason, atterrando in piedi, dopo un’agile capriola a mezz’aria, “e te lo dimostrerò, come non ho potuto fare sull’altra Isola, a causa dell’assalto a sorpresa”, concluse, lanciandosi in un nuovo assalto, “Forza, vediamo che sai fare”, lo sfidò allora Chiron, lanciandosi anch’egli all’attacco.
Il Centauro cercò di colpire l’avversario con un gancio al volto, ma questi fu più veloce, chinandosi in tempo per poi tentare un montante sinistro, subito fermato dalla mano libera di Chiron, mano che bloccò il braccio avversario, “Sei mio”, sogghignò il Navigante della Lutibia, sollevandosi sulle gambe posteriori per lanciare un attacco con le anteriori, “No, tu sei mio”, replicò soddisfatto il Guerriero, appoggiando la mano libera sul braccio avversario e facendo perno su di questo per evitare i due calci e compiere una capriola intorno al corpo del nemico, così da raggiungerlo con un possente calcio alla scapola sinistra, prima di atterrare dietro di lui.
Una volta atterrato, però, l’attacco di Iason non si concluse, anzi l’Arvenauta fece peso sulle mani per roteare al suolo, colpendo con due veloci calci le gambe posteriori del centauro, così da fargli perdere l’equilibrio e gettarlo al suolo.
“Ora addio, essere già morto”, sentenziò poi Iason, pronto a colpire al capo il nemico, che, però, fu più veloce di lui, appoggiandosi sugli arti superiori e sollevando l’intero cinta di cavallo, così da raggiungere l’Arvenauta con tutti e quattro gli zoccoli, rilanciandolo indietro con potenza.
Il Guerriero di Aven si schiantò contro una parete, con ambo le spalle slogate e del sangue che fuoriusciva da una ferita in pieno petto, “Stupido uomo, battere un alto componente dell’esercito dei Centauri è una cosa impossibile per un singolo bipede”, ridacchiò Chiron, rimettendosi in piedi, “seppur devo ammettere che hai un tocco molto pesante, infatti sei riuscito persino ad atterrarmi una volta, prima di morire”, concluse l’essere per metà cavallo, avanzando verso il nemico.
“Lui non morirà adesso, mezz’uomo”, avvisò la voce di Brulde, mentre questi si rialzava in piedi, “anzi dovrà ringraziarmi umilmente per averlo salvato”, continuò lei con tono ironico, mentre avvicinava una mano all’armatura marrone, estraendone una strana e semplice parte, una specie di fibbia di metallo con un estremità cava. “Ti mostrerò lo stile di lotta che solo le più importanti Hellekie dell’Asjar possono permettersi, una tecnica che di norma non si usa, se non contro nemici di alto rango, come sembri essere tu, qualcosa che di norma si sublima utilizzando lo scudo come difesa”, spiegò congiungendo la fibbia alla custodia della spada e roteandone l’estremità conica, finché non produsse un rumore simile ad un gancio che entrava nella giusta posizione, quindi la estrasse, mostrando una seconda spada dalla lama d’ametista, che sosteneva con la mano sinistra, mentre alla destra impugnava ancora quella con l’elsa del medesimo splendido minerale.
“Cosa speri di fare solo con una spada in più?”, domandò incuriosito Chiron, “Sei sempre troppo lenta per me”, la avvisò, invitandola poi a colpire. “Si vede che non capisci, stupido essere dell’Oleampos, questa seconda spada non è una vera e propria arma offensiva”, replicò Brulde, lanciandosi in un veloce assalto diretto.
Con un veloce salto la Guerriera fu quasi sopra al nemico, cercando di ferirlo con la spada di metallo, ma il centauro la bloccò, fermando la lama dal piatto, con ambo le mani, a quel punto la giovane cercò di colpire anche con l’altra spada, che Chiron deviò movendo semplicemente il braccio sinistro, braccio su cui, inaspettatamente, si aprì una ferita non molto profonda, mentre schegge del violaceo minerale erano rimaste conficcate nel corpo dell’essere.
“Pensi di aver evitato la parte più affilata della mia spada, vero? Però se l’avessi osservata meglio avresti notato come è del tutto affilata quest’arma benedetta dal divino Hem’La, un’arma dai poteri celesti, poteri che tu nemmeno puoi immaginare”, avvisò Brulde, lanciandosi in un nuovo attacco.
“Un’arma divina? Fai bene ad usarla, altrimenti non avresti possibilità alcuna contro di me”, ridacchiò Chiron, “ma nemmeno così ne hai molte”, continuò il centauro, attaccando con un diretto che prese in pieno volto la Guerriera dell’Asjar, rigettandola al suolo, con un beffardo sorriso in volto.
“Perché ridi, ragazza?”, domandò allora il centauro, vedendo il sorriso sul volto sanguinante della nemica, ma Brulde non rispose, si limitò ad indicare il braccio che l’aveva ferito. Grande fu a quel punto la sorpresa di Chiron nel notare altre due schegge di ametista conficcate nel suo corpo, schegge da cui ancora sprizzava copioso il sangue, “Quando mi hai raggiunto?”, domandò sorpreso il centauro.
“Mentre mi colpivi la spada ha raggiunto volontariamente il tuo corpo, proprio grazie ai grandi poteri della lama d’ametista, la lama che porta la morte bagnandosi nel sangue del suo nemico”, spiegò con fare deciso Brulde, rialzandosi. “Si racconta che sia stato il divino Kelon, figlio di Odath ed allievo del saggio Hem’La a suggerire questo magia all’anziano e sapiente dio della famiglia del signore del Nord, ma queste sono forse solo leggende, fatto è che grazie ai suoi grandi poteri di alchimista, il Saggio del Nag è stato capace di infondere un potere all’ametista, quello di ricercare sangue. Quando hai subito la prima ferita, le schegge di minerali bagnate nella tua linfa hanno dato un nuovo nemico alla mia spada, un nemico che presto verrà dissanguato dai frammenti del minerale, sii felice di questa fine, centauro, poiché è Brulde, seconda in comando fra le Hellekie, e per questo degna padrona di tale spada, ad eliminarti, per seguire i propri doveri verso l’Asjar e gli dei che lo comandano”, concluse con fare deciso la giovane, lanciandosi di nuovo all’assalto con le due spade.
“Come ti avevo già detto, centauro, questa non è una spada per offendere, ma per eliminare definitivamente, un’arma che di norma resta sigillata nell’apposita custodia, nel silenzio del freddo metallo”, spiegò Brulde, pronta ad affondare l’arma nel corpo nemico.
Chiron fu però più veloce e conficcò la mano sinistra nella spada d’ametista, bloccando con la destra l’altro braccio della nemica, “Sia pure che tu mi dissanguerai, ma prenderò comunque le vostre vite, così da essere degno di ritornare di nuovo in vita per servire nuovamente i miei comandanti, gli stessi che mi guidano da quando era un piccolo mezzo puledro, gli stessi a cui devo l’addestramento militare e che renderò orgogliosi di definirmi loro simile e decisi a darmi dei gradi ancora maggiori”, tuonò il centauro, che, bloccati ambo gli arti della nemica, la tirò a se, colpendola ripetutamente con decine di testate, tante da farle sanguinare il bel volto e la candida fronte, circondata dai capelli color del muschio.
Diversi colpi raggiunsero il volto di Brulde, nascondendolo dietro una profonda maschera di sangue, finché qualcosa non accadde, un oggetto volò contro la figura di Chiron, colpendolo al braccio con cui bloccava la spada d’ametista e costringendolo, per il suo peso, a deviare la posizione della mano, così che la lama ne fuoriuscisse.
Per il dolore del colpo subito, Chiron strinse con l’altro braccio quello appena ferito e subito si voltò a vedere chi era stato: Iason, adesso in piedi con l’altro bracciale in una mano. “Hai detto che i miei colpi erano pesanti? Ebbene questo era il peso che hai sentito prima, un peso che ti sembrerà leggero in confronto a ciò che proverai adesso”, esordì il Guerriero, lanciando anche il secondo contro il nemico, che fu costretto a chinarsi per evitare di essere preso alla testa.
“Stupido, sei ferito che pensi di fare contro di me?”, tuonò allora il centauro, lanciandosi contro Iason e colpendolo allo stomaco con un primo pugno, per poi raggiungerlo al volto con un secondo diretto e quindi un terzo alle costole e finire con una coppia di calci alle spalle, nel medesimo punto doveva aveva già raggiunto l’avversario, che si schiantò al suolo.
“Ti finirò dopo, ragazzo, prima eliminerò colei che cercava di uccidermi dissanguandomi con l’ametista”, avvisò Chiron, voltandosi verso Brulde, che arrancava al suolo, con ambo le spade nelle mani, ma incapace ad ogni movimento, apparentemente.
“Devo alzarmi ed in fretta”, si disse Iason, cercando di ricordare gli insegnamenti di Odisseus.
“Ricorda, ragazzo, la forza dell’Essenza è forza data dall’utilizzo massimo delle tue potenzialità, potenzialità che sono presenti in tutte le cose del mondo, le stesse che sfrutto per trasmettere la mia essenza nei suoi diversi colori. Il primo passo, come ti ho già detto, è comprendere le massime possibilità del corpo, fare in modo che renda al cento per cento, poi cogliere la forza della mente e renderla manifesta ed infine riuscire a combinare queste due forze e trasmetterle al resto degli esseri viventi, quello è lo stadio ultimo concesso a tutti gli esseri umani, riuscire a superarlo vuol dire diventare come delle divinità, cosa a noi non concessa”, aveva concluso allora il Navigatore, prima di iniziare gli addestramenti mentali e fisici del suo giovane discepolo, a cui aveva temprato il corpo con diversi allenamenti, ma di cui aveva cercato, soprattutto, di temprare la mente, che aveva scoperto forte ed aperta all’apprendimento più profondo e completo.
Quei momenti tornarono alla mente di Iason, “Devo farcela”, si disse, cercando la calma necessaria per riuscire in un’impresa che solo una volta aveva potuto, a rischio della sua stessa vita e che ora sarebbe dovuta risultargli più semplice ed immediata.
Chiron, intanto, si era portato sul corpo di Brulde, “Preparati ad essere schiacciata, da quell’insulsa forma di vita che sei, ragazza, dì pure addio alla vita”, la ammonì il centauro, sollevando ambo le gambe.
Un bagliore, però, fermò i movimenti dell’essere, spingendolo indietro con un’azzurra folata di vento, che passò solo dopo che il corpo di Brulde era stato portato alla giusta distanza dall’avversario, lasciando Iason in piedi dinanzi a lui.
“Sei riuscito a rialzarti? Con quelle spalle slogate? Sorprendente, ma chissà che altro potrai fare”, ridacchiò Chiron, “Vero, le mie spalle sono slogate”, osservò, quasi parlasse da solo, l’Arvenauta, che, stringendo la cinta con i pugni, produsse un sordo rumore di ossa scricchiolanti, risistemando i propri legamenti, senza alcun segno di sofferenza sul volto.
“Ti ho colpito troppo forte, sei impazzito di certo”, esclamò il centauro, rendendosi solo allora conto che il nemico non lo ascoltava minimamente, tanto era concentrato su se stesso e sul proprio corpo. “Sento scorrere in me una forza senza pari, di certo qualcosa di simile devo averla provata anche contro di Zion, ma ero troppo confuso per rendermene conto, ora, però, sono cosciente di ciò che faccio e lo farò bene”, rifletté il Guerriero, ponendosi dinanzi al centauro con una sottile luce azzurra che ne circondava gli arti ed il resto del corpo.
Chiron non distinse niente, sentì solo un potentissimo pugno raggiungerlo allo stomaco, un diretto portentoso che lo fece volare indietro di parecchi passi, passi che però Iason fece in un battere di ciglia, una velocità sensazionale ed una forza spaventosa sembravano ora comandare il giovane guerriero, che non fermò il proprio assalto contro il centauro, lanciandosi in una serie di pugni e calci che sembravano non finire mai. Per il Navigante della Lutibia sembrò quasi che il tempo si fermasse ed in un solo, infinito, attimo, decine di migliaia di pugni e calci lo raggiungevano, senza lasciargli il tempo di capire cosa succedesse, impedendogli ogni replica e lasciandogli appena il tempo per respirare.
Brulde stessa aveva aperto gli occhi, risvegliata da una brezza portentosa, e ciò che vide la sbalordì: i corpi di Chiron ed Iason fermi, l’uno dinanzi all’altro, solo le braccia dell’Arvenauta non si distinguevano, circondate da una luce azzurra, come le gambe, una luce che si spegneva solo in alcuni brevi lassi di tempo, coperta dal rosso colore del sangue del centauro, “Non pensavo fosse tanto forte, è sbalorditivo”, balbettò fra se la guerriera del Nord, riponendo, con le poche forze che aveva, la spada d’ametista. Le scosse di terremoto, però, riportarono la giovane Hellekia alla realtà, “L’Isola sta per crollare, devo sbrigarmi”, pensò fra se, “Iason, dobbiamo andare”, urlò poi.
Subito dopo quelle parole, sembrò quasi che la corrente di vento si fermasse, per alcuni secondi, per poi esplodere con una violenza inaudita, la stessa che travolse Chiron, aprendone la cassa toracica e sollevandone il corpo con così tanta furia da fargli distruggere il muro alle sue spalle, mostrando la via di fuga ai due guerrieri.
Quando il corpo del centauro scomparve nell’aere, Iason sembrò tornare in se e si voltò verso Brulde, “Ti sei ripresa?”, domandò il Guerriero, “Si, e tu come stai?”, replicò l’Hellekia, rimettendosi a stento in piedi, “Stanco e dolorante”, rispose l’Arvenauta, sostenendola senza trovare opposizione alcuna, questa volta, “ma pronto a tornare dai miei compagni di viaggio, e felice per i miglioramenti fatti”, concluse, mentre correva verso il foro fatto dal suo ultimo colpo.
Dall’altra parte della collina, intanto, il rumore di alcuni passi diventava sempre più forte, finché una voce di donna lo superò, “Come ti avevo assicurato, Immortale, siamo riusciti ad uscire da questa buca, prima che l’intera Isola crollasse”, esordì a quel punto Seala, riapparendo alla luce del sole, che ormai stava tramontando su Ten-Lah.
“Ora dirigiti alla tua nave, guerriera del Rihad, prima che l’intera Isola affondi, portandoti con se. Probabilmente quel tuo compagno di viaggio capace di governare la Sabbia è già uscito da qui e sarà pronto a ripartire, quindi è meglio che tu muova il passo”, affermò allora Atanos, uscendo anch’egli dalla grotta.
“Mi pare di aver percepito della preoccupazione nei miei confronti? Ne sarei onorata”, affermò con tono ironico Seala, prima di incontrare il volto di Atanos, “A parte questo, Immortale, non posso che ringraziarti, perché penso che da sola non sarei riuscita ad uscire viva da quel labirinto e dallo scontro con il Mutaforma”, affermò con voce gentile la Donna Gatto, cercando di scambiare un sorriso con il gelido interlocutore.
“È stato un piacere”, concluse dopo alcuni attimi la guerriera del Rihad, voltandosi per essere poi, inaspettatamente, fermata da una mano dell’Arvenauta, “Non andare”, affermò deciso l’Immortale, “qualcosa si sta avvicinando”, concluse, guardando verso la spiaggia, dove già non si vedeva la nave dei seguaci di Rikka.
Seala fiutò l’aria, “Hai ragione, qualcuno sta uscendo da un cunicolo qui vicino”, concordò la Donna Gatto, scattando verso una caverna poco lontana, “Non mi riferivo a quello”, sussurrò fra se Atanos, seguendo la semifelina.
Due figure erano nel frattempo uscite da un altro cunicolo su quel versante della collina, “Bene, mezzo uomo, dimmi dove posso trovare ora il tuo compagno, quell’Immortale”, sentenziò il primo dei due, rivelandosi come Sokar, “No”, replicò allora il suo interlocutore, Acteon, uscendo dalla grotta, “non vedo perché dovrei, non ero convinto di questo patto che hai fatto con te stesso prima e non lo sono ora”, avvisò il Cacciatore dagli artigli affilati.
“Se non vuoi dirmi dove posso trovare il tuo compagno di viaggio così forte da essere un degno avversario, ucciderò prima te, per usarti come esca nei suoi confronti”, affermò allora il Demone del Sud, mentre già degli artigli fuoriuscivano dalla sabbia del braccio.
“Non serve che tu uccida un mio amico per trovarmi”, avvisò allora la voce di Atanos, che introdusse l’arrivo dei due guerrieri provenienti da un altro foro della collina.
“Lord Sokar”, esclamò subito Seala, chinando il capo verso il Demone del Sud, “Cacciatore”, affermò poi l’Immortale, rivolgendosi al compagno Arvenauta, “Atanos”, replicò Acteon con un sorriso gentile.
“Seala, allontanati dalla mia preda, ho voglia di strappargli subito la pelle dal corpo”, ordinò improvvisamente Sokar, mentre le scosse di terremoto diventavano sempre più violente, “Ma, comandante, devo la vita a costui, che si è rivelato un alleato del nostro regno più che un nemico, inoltre l’Isola sta per affondare, non c’è il tempo per combattere”, affermò perplessa la Donna Gatto.
“Come ti ho già detto, ragazza, vattene da qui, ma non dirigerti verso la tua nave, che non ho più visto ancorata alla spiaggia, bensì verso la nostra, quella degli Arvenauti, insieme ad Acteon, così non avrete problemi. Per quel che riguarda costui, il Demone del Sud, se vuole mostrarmi i suoi terribili poteri e cercare di uccidermi, sarò lieto di testare la sua forza sul mio corpo immortale”, sentenziò subito Atanos, guardando tutti i presenti e facendo un gesto al Cacciatore, affinché si allontanasse.
“Va via, Seala, ha ragione lui, tanto per spazzarli entrambi, insieme a tutti gli altri nemici ci vorrà poco, anche che io debba mostrare tutta la mia potenza, cosa che mi darebbe una gioia senza pari”, affermò con una folle ilarità Sokar, osservando con occhi sgranati l’Arvenauta.
Nessuno dei quattro, però, sembrava volersi muovere, finché Atanos non si voltò per un attimo, “Una presenza è arrivata sull’Isola, qualcuno di oscuro”, affermò l’Immortale, “No, alle tue spalle è l’oscurità”, tuonò allora il Demone del Sud, pronto ad attaccare.
Sulla costa Meridionale, Gyst aveva potuto intravedere l’uscita di Seala ed Atanos ed il loro dirigersi verso Sokar, ma poi niente più le era stato possibile vedere, quindi si era girata verso ciò che restava di Oslo e della nave proveniente dal Rihad, “Contro dei nemici così deboli non capisco perché è servita persino la mia presenza”, rifletté annoiata la bellissima e malefica creatura.
“La tua presenza, consorella, è stata necessaria perché tutti questi esseri morissero ed affinché il nostro Signore potesse avere i tre Tesori, in fondo perché la tua bellezza diventasse fatale ti abbiamo elevato al titolo di Testa dell’Idra, come già era successo per me e per gli altri prima di te”, esordì all’improvviso una voce.
La magnifica Regina si voltò di scatto e vide una figura nera, coperta da un lungo abito nero con cappuccio sulla spiaggia, poco lontano da lei, “Sei tu, confratello anziano”, esordì stupita la malefica Testa dell’Idra, osservando le diverse ciocche ricce di capelli violacei che si intravedevano nel nero dell’abito.
“Noto con piacere che ti ricordi ancora di me, consorella”, esclamò in tutta risposta l’altro, “Come potrei dimenticare uno dei due che mi scelse, colui dinanzi a cui freddai una delle mie sorelle”, affermò quietamente Gyst, “ma come mai ti sei mosso tu? Di norma è l’altro confratello anziano a recapitarmi gli ordini del nostro Padrone”, domandò con curiosità la magnifica Regina.
“Il nostro caro confratello è troppo facile da percepire per l’estremo odio e disprezzo che emana, tutti su quest’Isola ne avrebbero sentito la presenza e per chi di lui non ha mai saputo nulla è meglio che nulla sappia tuttora. Al contrario, la mia presenza è percepita solo da un essere su questo lembo di terra e non è un tipo da agitarsi e gesticolare per l’euforia, o la paura”, affermò con voce quieta l’altra Idra Nera, avanzando silenzioso verso Gyst.
“Tralasciando le spiegazioni inutili, consorella, sono qui per recapitarti due ordini del nostro comune Signore. Il primo è di tornare con me al suo maniero, per riposare, se necessario, il secondo è di tenerti pronta per un altro viaggio, stavolta più breve”, spiegò con tono secco il nuovo arrivato.
“Dove devo andare, se è lecito chiedere”, affermò la magnifica Regina, “A reclutare la Quinta Idra, per nascita in quest’era, il tuo confratello minore”, replicò con tono ironico l’altro, “ora andiamo”, ordinò infine.
“Non restiamo per constatare che la battaglia finisca come desiderato?”, domandò allora Gyst, “No, ciò che il nostro Sire voleva è stato raggiunto, non gli importa del resto, nemmeno delle conseguenze, troppo incognite per essere studiate”, tagliò corto l’altra Testa dell’Idra, prima di sparire in un nero vento, subito seguito dal bagliore accecante della Regina di Ten-Lah, che abbandonò il suo regno proprio mentre l’ora stava per scadere e già il terreno iniziava a farsi sommergere dalle acque del mare circostante.