Capitolo 58: Il Demone Drago

 

“Due Posseduti?”, ripeté Odisseus, sentendo le parole del Senku, mentre un altro soldato indicava due diverse zone della Foresta sottostante. Il Navigatore sapeva bene di che tipo d’individui si trattava, “I Posseduti, individui così abili nel conoscere gli immensi poteri dell’Essenza da raggiungerne la conoscenza più profonda, una conoscenza che annienta le menti umane, per renderle schiave di forze antiche e devastanti”, balbettò Odisseus, ricordando le parole dettegli molti secoli prima dal saggio Siddha. “Esatto, Viaggiatore, proprio due di quelli che gli uomini del Regno di Tenkia chiamano Demoni, due esseri il cui corpo umano è stato persino deformato dallo spirito che lo ha posseduto”, rispose Marut, con tono di voce cupo, “non avrei mai immaginato che avrebbero scelto anche due di questi pericolosi individui per la Prova”, concluse il Guardiano del Tai a cui subito il Navigatore si avvicinò.

“Posso sapere quali demoni sono scesi sul campo di battaglia e quali miei compagni sono loro prede?”, domandò preoccupato Odisseus, prima che Marut si voltasse verso il Senku, compiendo un gesto con il lungo cappello che ne copriva il volto, “Sono Ryuma e Yoko, i nomi dei suoi compagni, Viaggiatore, non li sappiamo, ma il primo scontro è ormai prossimo ad iniziare, poiché può osservare il Demone e colui che lo affronterà già pronti nella zona piana”, rispose il soldato interpellato dal Guardiano del Tai.

Subito Odisseus chinò il capo e vide due figure in piedi, che si osservavano silenziose nella zona pianeggiante, una non gli era nota, ma l’altra la riconobbe subito, “Atanos”, sussurrò, vedendo l’Immortale dinanzi al nemico, “che i tuoi poteri ti siano di aiuto contro quella creatura oscura”, si augurò il Navigatore.

 

Atanos era effettivamente nella grande pianura, dinanzi a se aveva trovato, quasi lo stesse attendendo, un individuo, un guerriero molto basso che portava una lunga spada orientale alla cinta, legata alla cintura del suo nero abito, di cui indossava solo i lunghi pantaloni.

Questo misterioso individuo aveva la pelle ricoperta da nere squame, il cui colore si confondeva con quello dei lunghi pantaloni, solo il volto manteneva ancora, seppur in parte, l’aspetto di quello di un uomo, con due profondi occhi rossi che risplendevano sinistri, incastonati nel volto, accesi di un colore oscuro come quello dei capelli, bluastri, che si alzavano ispidi verso il cielo.

“Chi sei?”, domandò il Jinma, “Atanos è il nome che mi sono dato”, rispose l’Arvenauta, “Ti sei dato da solo il nome? Sorprendente, io ne ho invece ricevuti molti, ma fra tutti il mio preferito è di certo Ryuma, il Demone Drago”, affermò l’altro nel presentarsi.

Dopo quell’unico scambio di battute, i due rimasero in silenzio a fissarsi per alcuni brevi secondi, senza parlare, “Non hai arma alcuna?”, domandò ad un tratto il Jinma, “No, non mi sono mai curato di come attaccare i nemici che mi trovavo davanti”, replicò gelidamente l’Immortale, “mentre tu, vedo, hai una spada come arma”, concluse.

“No, questo è un ricordo delle mie passate ed infime doti”, osservò Ryuma, indicando la propria spada, che subito estrasse, roteandola fra le mani, “se vuoi, te ne farò provare il taglio”, concluse, prima di scatenare un veloce fendente contro Atanos, che non tentò nemmeno di evitarlo, subendone l’impatto, che subito si richiuse sul suo volto.

“Sorprendente”, fu l’unica osservazione del Jinma, prima di sorridere, “sento che ci divertiremo”, concluse, conficcando la lama nel terreno.

 

“Ha già ferito il tuo compagno!”, esclamava intanto Marut, che osservava lo scontro vicino al Navigatore, “No, non credo proprio che Atanos sia stato ferito da un attacco così semplice, la sua maledizione è l’Immortalità, non potrà essere battuto con una semplice spada, piuttosto mi preoccupano le doti di quel Demone”, osservò Odisseus, con voce titubante.

“Ryuma, un tempo era uno dei nostri migliori Senku, per molti anni si era addestrato presso di noi come combattente, cercando di perfezionarsi nel controllo dell’Essenza, ma nel momento stesso in cui aveva superato le semplici conoscenze a cui era arrivato sotto la mia guida, impazzì, diventando il Demone che vedi. Fu l’Eccelso Rahama a scegliere per lui un’eternità di prigionia piuttosto che una morte per mia mano, probabilmente perché sapeva quanto io avessi a cuore ognuno dei miei discepoli”, ricordò con voce triste Marut, sviando la domanda dell’Arvenauta.

“Ti manca molto il Grande Rahama?”, domandò a quel punto Odisseus, “Darei l’altro mio braccio per vendicarlo ed avrei dato la mia stessa vita per salvarlo, ma allora fui inutile e temo di esserlo anche adesso se, come dici tu, sapiente Viaggiatore, vi è ancora qualche contatto fra gli Assassini del mio potente signore ed il Regno di cui sono Guardiano”, rispose con estrema tristezza Marut.

“Comprendo la tua tristezza”, furono le uniche parole di Odisseus, dinanzi al sincero dolore del suo interlocutore.

Subito dopo il Navigatore calò di nuovo il capo verso il proprio compagno di viaggio, che ancora una volta era fermo dinanzi al suo nemico, “Atanos, non lasciargli tutta l’iniziativa, quell’essere potrebbe avere fin troppa forza”, osservò preoccupato Odisseus, “Si, la sua potenza è immensa, poiché origine della fiamma infernale”, aggiunse Marut, che sembrava essersi ripreso dai tristi ricordi, “Come uomo era un grande guerriero, ma come Demone è una vera furia, devota solo alle battaglie ed alla devastazione, distrusse un’intera regione del nostro Regno prima che lo fermassi, troppo è il potere che gli è dato, persino per un Jinma”, concluse il Guardiano del Tai.

 

“Che cosa vuoi fare?”, domandava intanto l’Immortale, osservando il nemico affondare la spada nel terreno ed allontanarsi dalla stessa, “Voglio giocare con te, dato che erano diversi decenni che nessuno mi mostrava una preda, per di più potente come te, che sai resistere ai colpi del mio taglio di spada”, rispose con tono ironico Ryuma, allontanandosi di alcuni passi.

“Il più veloce fra noi prenderà la spada e colpirà l’avversario dove preferisce, amputandogli un arto, uccidendolo, o semplicemente ferendolo superficialmente, come meglio crede, chiaro? Questa è la regola per ora”, esclamò con voce soddisfatta il Jinma, senza ricevere alcuna risposta dall’avversario, per nulla interessato ai suoi giochi.

Con uno scatto rapidissimo, Ryuma raccolse la propria arma e la conficcò nello stomaco di Atanos, trapassandolo da parte a parte, “Non era il taglio inefficace, è la spada stessa ad essere inutile contro di me, nessun’arma mortale è riuscita ad uccidermi negli ultimi secoli”, spiegò l’Arvenauta, bloccando le mani del nemico e colpendolo con una potente testata al volto, che lo fece barcollare indietro, stordito e sanguinante, mentre l’Immortale si estraeva l’arma dal corpo, che subito si risanò.

“Interessante notizia”, esordì dopo alcuni attimi il Jinma, “dovrò quindi saltare i convenevoli con te?”, domandò poi, “Se pensi di avere una tecnica tanto potente da eliminarmi, provala se vuoi”, replicò l’Arvenauta con tono gelido.

“Preparati a diventare cenere”, avvisò allora Ryuma, mentre le mani si illuminavano di una luce nera, simile a fiamme oscure, che lentamente circondarono per intero i palmi del Jinma, per poi prolungarsi fino agli avambracci ed alle spalle, “Ora riceverai un dono che spazzò via un intero villaggio, tempo fa”, ringhiò il Demone, congiungendo i polsi con i palmi delle mani aperte verso l’Immortale.

Atanos vide le fiamme oscure canalizzarsi nelle mani e poi esplodere, come in un gigantesco torrente di fiamme e fumo nero, non fece niente per evitarle e ne fu travolto in pieno, volando alto nel cielo, prima di ricadere al suolo, distante parecchi passi dal punto in cui era fermo dall’inizio dello scontro.

“Ebbene? Sei ancora così sicuro di te?”, esclamò con voce soddisfatta Ryuma, avanzando verso il nemico, “Se non sei diventato polvere è stato solo per la scorza dura che ti ritrovi”, ridacchiò il Demone, la cui voce diventava sempre più cupa.

I passi del Jinma, però, si fermarono non appena vide il nemico rialzarsi: l’Arvenauta era ancora in piedi, il soprabito, sopravvissuto appena ai colpi del giorno precedente che aveva ricevuto da Awr’ien, era ora ridotto in cenere, quindi si poteva vedere perfettamente il tronco pallido dell’Immortale, su cui le profonde ustioni si stavano già richiudendo.

“Se può darti gioia, Demone Drago, sei riuscito a mettermi più in difficoltà di tutti i nemici che ho conosciuto da quando persi l’anima e divenni Immortale”, affermò Atanos, riprendendo la propria posa dinanzi al Jinma.

“Hai detto di aver perso l’anima? Ma come potresti muoverti ed agire qui dinanzi a me se questo fosse vero?”, domandò incuriosito Ryuma, “Ho perso l’anima, esatto, per volontà di Sade, signore degli Inferi, ma non mi privò della mente e della ragione ad essa legata. Proprio grazie a questa io mi muovo, compio ogni mia azione ed ogni mia riflessione, le mie scelte non sono dettate dal cuore o dallo spirito, che in me sono simili a voragini oscure, ma solo dalla gelida mente”, rispose seccamente l’Immortale, provocando una risata nel suo nemico.

“Povero sciocco”, esclamò divertito il Jinma, “pensi davvero che un corpo possa muoversi solo grazie alla mente, senza anima alcuna? Prendi il mio di corpo, un tempo non era questo, in un’era lontanissima, quando ancora gli dei non avevano prescelto gli uomini come loro prediletti, vivevo in nel mio immenso corpo di drago, che però fu distrutto proprio da Rahama, come quelli di molti altri grandi demoni. Ora, quando uno stupido umano raggiunge taluni livelli della conoscenza, senza avere la minima idea di cosa potrebbe succedergli, ne approfittiamo per rubarne il corpo, strappando l’anima dal loro ventre ed inserendoci le nostre. E tu devi essere come me. Probabilmente in te deve esserci qualche essere diverso dal passato padrone di quel corpo, qualcosa che non ha ancora capito i poteri che possiede e che pensa di essere stato relegato lì da qualche divinità, oppure c’è ancora un filo di anima che aleggia in quel corpo”, spiegò con voce ironica Ryuma, prima che Atanos si muovesse verso di lui.

“Hai tolto l’anima da questo corpo? Hai strappato la vita che gioiva dentro queste membra?”, domandò l’Immortale, postosi a brevissima distanza dal nemico, “Certamente”, rispose il Jinma, prima che, inaspettato e rapido, lo raggiungesse un potente diretto allo stomaco, subito seguito da un secondo colpo, scagliato contro di lui all’altezza del volto e poi giunsero un terzo ed un quarto pugno prima che un montante al mento non gettasse indietro Ryuma, stordito e sorpreso.

“Ti strapperò da quel corpo con la spada del suo passato padrone”, avvisò a quel punto Atanos, dirigendosi verso la spada dalla lunga lama propria dei Senku.

Mentre era voltato, però, l’Immortale fu travolto da un altro vortice di nero fuoco, che lo gettò al suolo, senza comunque produrgli delle ferite gravi.

“Pensi davvero di potermi uccidere? Eppure tu non muori facilmente, né io ho mai trovato qualcuno che sia stato capace di eliminare uno di noi Demoni”, esclamò divertito Ryuma, rialzatosi in piedi, “in fondo lo dovresti sapere, tu sei come me”, concluse.

“No, non sono come te, Demone, che hai rubato il corpo ad un mortale, in me non vi è niente, se non l’abisso più oscuro, il gelido sentore della solitudine e della semplice ragione, privata di ogni umano sentimento. Non posso essere ucciso perché così ha voluto Sade, divinità dell’Oleampos, non ho più anima alcuna che mi riscaldi proprio a causa di questo dio, in me nessun vile essere ha preso il sopravvento su quello che era Taos e proprio per questo so cosa desidera il passato padrone del tuo corpo, poiché è ciò che anelo da secoli: la morte”, spiegò Atanos.

“Se desideri la morte, creatura senz’anima, vedrò di accontentarti, strappandoti via tutta la pelle e la vita da quel corpo millenario, con la furia ultima di cui sono padrone, una potenza tanto distruttiva da terrorizzare persino gli altri Demoni”, avvisò il Jinma.

“Si, desidero la morte, ma oggi non riceverò il premio per anni di sofferenze e solitudine, per il vagabondare di un corpo privato di anima e speranza, poiché oggi mi muove la fiducia dei miei sei compagni, di Odisseus, che in tutti noi ha una fede estrema, tanto da rischiare la sua vita, e di Acteon e degli altri Arvenauti, che contano anche su di me affinché non sia solo una parte della ciurma a tornare dinanzi a Re Ruganpos, bensì tutti e sette gli individui salpati molto tempo fa da Seev.

Ed oltre la fiducia che devo ai miei compagni, mi spinge il disprezzo verso di te, un odio che la mia mente fa palpitare, poiché infuriata dinanzi ad un essere capace di strappare un’anima dal proprio corpo, solo per possederlo a sua volta”, concluse Atanos, sollevando la spada del nemico e sostenendola con ambo le mani.

“Belle parole le tue, essere senz’anima, ma mi chiedo se sarà più efficace la mia fiammata proveniente dagli inferi più oscuri, o quel pezzo di metallo che tu tieni in mano”, ridacchiò soddisfatto Ryuma, “sempre che tu lo sappia usare”, concluse poi, mentre il suo intero corpo veniva circondato da immense fiamme nere.

Atanos accennò un sorriso al nemico e, voltatosi, conficcò la spada nel terreno dietro di lui, “Che hai intenzione di fare?”, domandò allora Ryuma, ricoperto da ampie fiamme, “Mostrarti quanto sia inferiore il potere con cui hai rubato la vita ad un uomo della punizione che mi ha reso così”, replicò l’Arvenauta, “ed ora, forza, colpiscimi”, lo sfidò subito dopo, aprendo le braccia sui lati e preparandosi a subire l’assalto nemico.

Il Jinma non chiese ulteriori spiegazioni, ne replicò con alcuna sarcastica osservazione, semplicemente urlò, un urlo profondo ed infinito, che assordò persino gli spettatori che dall’alto osservavano gli avvenimenti della Foresta, raggiungendo anche Argos e Pandora, che già avevano vinto le loro battaglie, oltre ai restanti Arvenauti e Jinma che ancora vagavano nella zona boscosa.

Quando l’urlo raggiunse il suo apice, anche le fiamme iniziarono a reagirvi, movendosi vorticose verso le labbra di Ryuma, da cui proruppero, disegnando un mostruoso drago nero nell’aria, che si gettò contro Atanos con una furia senza pari, tale da ridurre in cenere e terra bruciata tutto ciò che vi era fra i due.

L’Immortale, però, non si spostò di un millimetro, subì in pieno la terribile potenza della fiammata simile ad un drago, quel colpo lo raggiunse con tutta la sua furia e potenza inaudita, una potenza tale da incenerire tutto e circondare il campo di battaglia dei due in un gigantesco fumo nero.

 

“Quell’uomo si è tolto la vita?”, balbettò a quel punto Marut, che aveva osservato l’intero scontro, “Ha segnato con un gesto la tua e la sua fine”, continuò il Guardiano del Tai, “No, se fosse stata in gioco la sua sola vita, Atanos avrebbe fatto anche più di questo, si sarebbe gettato contro le fiamme, non le avrebbe neppure attese, ma non rischierebbe mai la vita di un suo compagno. Per quanto privo di un’anima, l’Immortale è un uomo che sa distinguere la giustizia dall’ingiustizia e che tende a seguire sempre la prima fra queste due, ma capisco perché abbia voluto rischiare contro quell’essere, come già era pronto a rischiare contro Tsun Ta, che anelava al suo corpo immortale. Lo capisco perché in qualche modo ho vissuto la sua stessa lunga e dolorosa solitudine”, rispose Odisseus mentre la nube di fumo sul campo di battaglia si diradava.

Tutti a quel punto poterono vedere Ryuma in piedi, sorridente, seppur affannato, e dinanzi a lui un corpo composto da poca pelle bruciata e tante ossa che risaltavano sotto la cenere, il corpo di Atanos, fermo ancora nella stessa posizione.

 

“Hai visto, essere senz’anima? Nemmeno tu potevi sostenere la potenza del mio fuoco infernale”, esclamò esultando il Demone Drago, prima che accadesse qualcosa di inaspettato, infatti le labbra di Atanos si mossero, “Questo lo pensi tu”, esordì l’Arvenauta, mentre lentamente la pelle si ricomponeva sul suo corpo, sulle braccia, sul volto e sulle gambe, che erano adesso scoperte fin alle ginocchia.

L’Immortale si voltò di scatto e presa la spada, che aveva difeso con il proprio corpo, si lanciò contro il nemico.

Fu velocissimo l’Arvenauta, tanto da non dare il tempo al nemico di riprendersi e colpirlo di nuovo, con un’agilità inaspettata ed una grande prontezza di riflessi, conficcò la spada nel ventre di Ryuma, che si accasciò sulla spada, bagnandola con il proprio sangue scuro.

Passarono alcuni attimi, poi Atanos estrasse la lama dalla ferita, lasciando cadere al suolo il corpo del nemico battuto e si voltò, pronto ad andarsene.

“Aspetta”, esordì però una voce, proveniente dal corpo del Demone, ma diversa dalla precedente, “dammi il colpo di grazia, affinché quest’essere, che in me sta agonizzando non si salvi in alcun modo”, balbettò la voce, mentre l’Immortale osservava gli occhi, adesso azzurri, del suo interlocutore.

“Sei il padrone del corpo?”, domandò Atanos, avvicinandosi, “Si, guerriero, e ti voglio ringraziare perché mi hai liberato, finalmente; hai ridato dignità a questo corpo che era diventato il regno di quel Demone, ma ora non fermarti, completa l’opera. Tagliami di netto la testa e poi tieni la mia spada, che possa essere per te, che hai immensa virtù in difesa, un’arma grandiosa, che ti doni virtù anche nell’attacco”, sussurrò con quel poco di voce che gli restava l’uomo al suolo.

Atanos si avvicinò al corpo sofferente e lo guardò con occhi estremamente tristi, prima di sollevare la lunga spada sopra il proprio capo, “Ti darò quella pace che anch’io anelo da secoli, la stessa pace che tutti gli uomini dovrebbero meritare, alla fine del cammino della vita, un cammino che a te fu rubato e che per me sembra non concludersi mai, lasciando nella solitudine della mia posizione”, concluse l’Immortale, prima di mozzare la testa al moribondo con un unico e potente fendente.

Dopo alcuni attimi di silenzio, Atanos osservò la spada del suo nemico, la strinse fra le mani, “La terrò con me per meglio ricordare quell’uomo con un destino triste quanto il mio”, sussurrò fra se l’Immortale, allontanandosi verso il punto da cui sentiva provenire il rumore dell’acqua.

 

“Il tuo compagno di navigazione, nobile Viaggiatore, è un uomo degno di nota, grande è la sua sicurezza, innegabile la sua forza e triste e meritevole di compassione il destino che a lui assegnò il vostro signore degli Inferi, anche gli altri due erano tanto abili e coraggiosi”, osservò a quel punto Marut, “non so quanto possa valere, nobile Prigioniero, ma credo che l’Eccelso Rahama vi avrebbe lasciati liberi di partire subito dopo questa estrema azione di lealtà e fiducia compiuta dal tuo compagno di viaggio”, concluse con un filo di voce il Guardiano Tai, osservando, da sotto il cappello, l’interlocutore e le due divinità di Tenkia.

“Per me valgono molto le tue parole, nobile Servitore di Rahama, sono segno della tua immutata giustizia e purezza, le stesse che sempre il Defunto signore di queste terre apprezzava e di cui il mio maestro mi aveva più volte parlato”, replicò Odisseus, voltandosi verso la zona circondata da una folta nebbia, dove sapeva che un altro scontro sarebbe iniziato a breve.