Capitolo 60: La Perdita dell’Innocenza

 

Nella grande Foresta che si trovava all’interno di una delle tante torri rossi di Tenaka, capitale del Celeste regno di Tenkia, correvano ancora molte figure: i sei Arvenauti, che finora nessuno aveva sconfitto, e due dei terribili Jinma che contro di loro erano stati scatenati.

Odisseus osservava l’evolversi degli eventi dalla posizione rialzata a cui era stato condotto, insieme ai due Guardiani di Tenkia ed alle divinità del luogo, attorniate dal loro verde esercito di Senku.

Nella Foresta Eracles correva da diverso tempo ormai, nemmeno lui sapeva come stava andando ai suoi cinque compagni, seppur, in cuor suo, era certo della forza di ognuno degli altri Arvenauti.

I passi del figlio di Urros, però, furono ad un tratto obbligati, poiché, mentre correva in una vasta pianura, quasi certo di aver sentito nelle vicinanze la voce di Atanos, si ritrovò circondato da delle ampie fiamme rosse, che alte si alzavano all’improvviso intorno a lui, bloccandogli ogni variazione di via.

Corse allora il giovane Arvenauta, lungo il lungo corridoio di fiamme che vide porsi alla sua sinistra, “Se questa è l’unica via che posso percorrere, temo di non aver altra scelta che seguirla”, pensò fra se, prima di iniziare a muoversi, ma grande fu la preoccupazione del giovane figlio di Urros quando, dopo alcuni interminabili minuti di corsa si trovò in un vicolo cieco, circondato da ogni parte d alte fiamme, che lo bloccavano come mura invalicabili.

“Un ragazzino? Questo è il nemico che gli dei di Tenkia mi danno da affrontare?”, domandò ad un tratto una voce, proveniente dalle fiamme, “Chi è la?”, esclamò sorpreso il giovane figlio di Urros, “Il tuo carnefice sono io, ma se preferisci, puoi chiamarmi Aku”, esordì una figura uscendo illesa dalle ampie fiamme.

Eracles squadrò velocemente questo nemico che gli si parava dinanzi: lunghi capelli rossi salivano ispidi dal suo capo, formando delle fiamme intorno a lui, il corpo era per intero coperto da una corazza del medesimo colore, simile a quella dei Senku, ma rossa, con ampie spalliere che coprivano fino ai gomiti e lunghe difese per braccia e gambe, che non lasciavano intravedere niente di quel Jinma, nemmeno le mani. Sul volto portava un ampio elmo dal volto sorridente, che permetteva di vedere solo i sottili occhi rossi ed un lembo di pelle dal colore particolarmente scuro.

“Dimmi, ragazzino, quali terribili atti hai compiuto per dover superare la prova della Foresta? Sei forse stato condannato in maniera dubbia per un crimine grande come quelli fatti da me?”, domandò divertito il Jinma, sollevando le mani coperte da guanti, che subito furono circondate da ampie fiamme, che presero la forma di due lunghe spade di fuoco.

 

“Chi è quell’essere?”, domandò subito Odisseus, guardando il nemico che aveva bloccato l’avanzata di Eracles, “Perché egli indossa un’armatura?”, incalzò preoccupato il Navigatore, rivolgendo il suo sguardo verso il divino Smartash.

La divinità fece un gesto con la mano verso uno dei Senku, che iniziò a parlare: “Costui è Aku, un tempo soldato di questo venerato esercito, ma che fu maledetto dalla medesima sfortuna di Izuna, cioè imparare fin troppo dei poteri dell’Essenza, senza saperli però controllare. Fu dilaniato dalla forza del Fuoco, che ne mangiò le carni e la mente, rendendolo irriconoscibile a tutti. Per circa un anno i nostri venerabili Guardiani, seguiti da diversi di noi Senku, gli diedero la caccia, mentre egli bruciava decine di villaggi con un solo fendente delle sue spade fiammeggianti”, spiegò il soldato.

Odisseus non cambiò il suo sguardo preoccupato e, avanzando con rispetto, s’inchinò dinanzi a Smartash, “Divino membro della Triade, lei ha fatto da Giudice e ha emesso la Sentenza, ma mi chiedo perché questo Jinma ha diritto ad una corazza, mentre il figlio del venerabile Urros è privo di ogni difesa”, osservò con tono quieto l’Arvenauta.

“Viaggiatore, ben presto scoprirai che quella corazza non serve a difendere il Jinma dai nemici, bensì ad evitargli eccessive sofferenze fisiche, poiché, malgrado ciò che pensi, abbiamo ancora misericordia verso i criminali che si oppongono al nostro Regno, inoltre non dimenticare che fra tutti i tuoi compagni, quello che sta per combattere è figlio di una delle divinità più potenti di questo mondo, perciò non dovrebbe trovare problemi nell’affrontare un nemico con armatura”, replicò con calma Smartash.

“So bene che in questo regno vi è ancora misericordia ed equità nel giudicare, divino Smartash, poiché voi e vostro fratello Anirva siete dei saggi sovrani per queste terre”, affermò il Navigatore, “Ma ad ogni modo preferiresti che ci fosse anche il nostro venerato fratello Rahama qui, dinanzi a te, pensi che avresti avuto un giudizio più equo con lui? Oppure temi che noi e nostro fratello siamo impazziti dopo la sua dipartita? O che forse ne siamo la causa?”, domandò allora Smartash con tono secco e diretto.

Odisseus fu sbalordito dalle domande del dio, “Ti vedo sorpreso, Viaggiatore, ma non dimenticare che se Rahama fra noi era il saggio giudice, dotato di chiaroveggenza, ed Anirva è il benevolo curatore di membra, noi siamo la divinità guerriera, il più potente dei tre nell’attaccare ed in tante ere di guerre ho capito che è sempre meglio avere in mano la spada dalla parte dell’elsa, non della lama, quindi non ti permetterei mai di chiedermi ciò che desideri con la medesima eleganza con cui hai chiesto alla donna che amavi ed al fedele seguace di nostro fratello”, tagliò corto Smartash.

Odisseus sorrise a quelle parole, “Vi ringrazio della vostra franchezza, divino Signore di queste terre, e vi chiedo scusa per la mia astuzia, mal riposta stavolta. Per rispondere alle vostre domande, comunque, sì, avrei preferito che vi fosse anche Rahama, solo perché egli mi confessò di sapere diverse cose sul mio futuro, e sì, temo che qualcuno, fra coloro che si trovano in questa torre, abbia partecipato alla morte del vostro divino fratello, aiutando coloro che lo uccisero, le Teste dell’Idra Nera, ma non penso affatto che voi siate impazzito dopo la caduta di vostro fratello, al più vi vedo più distante di come vi ricordavo, divino Smartash”, spiegò il Navigatore, parlando con tutta la sincerità che aveva in cuore.

“Più distante? Probabilmente hai ragione. La morte di nostro fratello ci sbalordì, poiché non pensavamo che un dio potente come Rahama, che ci aveva reso ciò che ora siamo, potesse cadere, ma ancora di più non credevamo che gli uomini mortali non se ne sarebbero accorti, pensavamo che per ere avrebbero pianto la sua caduta, ma solo pochi hanno avuto la bontà di ricordare Rahama, che fra noi, Signori della Triade, era colui a cui più cari stavano i giovani mortali”, ricordò la divinità. “Ad ogni modo, Viaggiatore, se fossimo stati noi ad uccidere mio fratello, o avessimo partecipato alla sua dipartita, tu non saresti qui ad osservare i tuoi compagni, né loro avrebbero avuto questa possibilità di sopravvivere”, concluse la divinità, voltandosi verso il campo di battaglia, dove Eracles era intendo ad affrontare Aku.

 

Il figlio di Urros osservava con attenzione le spade del suo nemico, “Ti piacciono queste lame infuocate, ragazzino? O forse hai paura del fuoco?”, domandò allora Aku, lanciandosi in un veloce assalto con le due armi.

Eracles si dovette muovere con estrema velocità per evitare che i fendenti del suo avversario lo raggiungessero, ma grande fu il suo stupore quando si rese conto che, malgrado le lame nemiche non lo avessero colpito, sul suo corpo si erano accesi dei piccoli fuochi, provocandogli acute urla di dolore.

“Povero stupido, pensavi davvero che servisse che ti avvicinassi per colpirti? Basta un movimento delle mie spade perché le fiamme si espandano colpendo tutto ciò che le si avvicina”, spiegò il Jinma, sollevando le spade ed incrociandole dinanzi al volto, per poi spingerle sui lati. Una croce di fuoco si aprì nel terreno e due sottili fiamme ad X segnarono il petto di Eracles, che subito le spense con un veloce movimento delle mani. “Puoi agitarti quanto vuoi, ragazzo, ma ora ti ucciderò, dopo averti bruciato per bene”, minacciò subito dopo Aku, lanciandosi di nuovo all’assalto.

Eracles evitò con un agile salto il primo fendente, portato da destra, poi, con una veloce roteazione intorno al proprio asse, il figlio di Urros evitò un secondo colpo, portato da sinistra, per poi essere raggiunto da una stoccata allo stomaco, che lo costrinse ad indietreggiare, ferito.

Un piccolo taglio si era aperto sullo stomaco dell’Arvenauta, “Se pensi che quello sia il tuo male maggiore, allora ti sbagli, ragazzo”, affermò però il Jinma, prima che, inaspettate, esplodessero delle fiamme sull’avambraccio sinistro e sulla schiena, “Ma come?”, balbettò appena Eracles, chinandosi dal dolore, “Merito dei miei primi due fendenti e non hai ancora visto l’effetto del terzo”, replicò con decisione Aku, prima che una fiammata fuoriuscisse dal foro nel corpo del giovane navigante, lasciandolo cadere in ginocchio, sofferente.

“Questa è solo parte del tuo dolore, ragazzino”, avvisò poi il Jinma, avvicinando la spada sinistra al nemico chino a terra, un urlo fu emesso subito dopo da Eracles, mentre il segno di una profonda ustione si apriva sul suo collo, vicino al punto in cui la spada si trovava, “soffrirai, moccioso, per diverso tempo prima di morire”, concluse Aku, sollevando di nuovo la spada sopra il capo del nemico.

La mente di Eracles volò alle imprese compiute in quel viaggio, all’amicizia con i sei compagni ed al suo sogno, “Addio”, gli urlò in quel momento il Jinma, ma il figlio di Urros fu più veloce e con prontezza bloccò il braccio sollevato del nemico, colpendolo poi allo stomaco con un potentissimo gancio.

Grande fu lo stupore di Aku quando volò alto nel cielo, con la corazza distrutta dove era stata raggiunta dal pugno.

Il Jinma ricadde pochi attimi dopo al suolo, intorno a lui si aprirono ampie fiamme, mentre si rialzava, “Sembra che tu non sappia solo subire i miei colpi”, si congratulò divertito, “hai anche una tua forza offensiva, non indifferente, aggiungerei”, concluse, sollevando di nuovo le due spade contro il nemico.

Eracles notò allora qualcosa di strano e diverso nel corpo del nemico, “Hai visto anche tu, vero? Si distingue ora sotto la corazza la pelle?”, domandò Aku, notando lo sguardo del giovane, “Sono”, balbettò il figlio di Urros, “Sono ustioni, esatto, molto profonde tra l’altro. Dono del mio potere, dono datomi dall’Essenza stessa, quando osai controllarla. Fu allora che capii, non dovevo seguire i miei doveri verso gli dei e l’essenza, ma distruggere tutto, spazzare via ogni cosa esistente, mortale o divina che fosse”, spiegò il Jinma, “e spazzerò via anche te”, concluse Aku.

“No, non ti darò la possibilità di farlo, non posso permettere che per un mio errore cadano Odisseus, o altri miei compagni, troppe persone care vi sono per me fra coloro che ho accompagnato in questo viaggio, inoltre, se riesco ad affrontare e sconfiggere un essere come te, una creatura malefica che tutto distrugge, forse mio padre avrà maggiore interesse verso di me”, concluse l’Arvenauta.

“E chi mai sarà tuo padre, per interessarsi a questi avvenimenti, così lontano dalle terre di cui sei originario?”, domandò ironico il Jinma, scatenando due fendenti, che aprirono delle nuove ferite sulle spalle del giovane, senza però fermarlo. Eracles, infatti, raggiunse il Jinma, malgrado le ferite, e lo colpì con un potente diretto al pettorale, frantumandoglielo e schiantando il nemico contro un albero dietro di lui, che andò in cenere al contatto.

“Hai una forza maestosa, tuo padre deve essere già abbastanza sorpreso di questo, immagino”, replicò Aku, “Mio padre è il divino Urros, non si sorprende se uno dei suoi figli semimortali ha delle doti di questo genere”, tagliò corto Eracles, con un velo di tristezza.

Il Jinma guardò sbalordito l’avversario, prima di scoppiare a ridere, “Quale fortuna per me, potrò eliminare insieme qualcosa di mortale e di divino, il figlio di Urros, il figlio di una divinità superiore” esclamò gioioso Aku, lanciandosi all’attacco.

Eracles bloccò le due spade con dei veloci movimenti delle mani, sapeva di essere migliorato ed era certo di poter fronteggiare quietamente quel nemico, ma c’era comunque qualcosa che lo preoccupava e gli impediva di avere certezza, ma malgrado ciò, il figlio di Urros colpì con un potente diretto al fianco la corazza rossa, frantumandola e lasciando cadere il Jinma al suolo.

“Ho capito sai”, esordì Aku, prima ancora di rialzarsi, “ho capito il problema”, ridacchiò, rimettendosi in piedi, “Che intendi dire?”, incalzò sorpreso Eracles, “Il tuo problema è che non puoi uccidermi, per non so quale motivo, ma non puoi”, affermò il Jinma, “mentre a me basterà poco per ribaltare di nuovo la situazione”, concluse, congiungendo le spade e le mani.

L’Arvenauta vide le due spade congiungersi, l’impugnatura restava una sola, ma le lame si congiungevano, sommandosi: ora erano una sola, più lunga e più ampia per spessore, una lama gigantesca, simile ad una gigantesca mezza luna, “Adesso, non c’è più modo di sfuggirmi per te”, minacciò Aku, roteando la lama. Un calore immenso circondò allora Eracles, dando dolore ad ogni sua ustione, mentre diversi incendi si espandevano intorno ai due sfidanti.

Eracles si lanciò comunque contro il nemico, ma questi stavolta lo allontanò con un solo movimento della grande sciabola, movimento che produsse delle ustioni sul giovane Arvenauta, “Tenta pure, se vuoi, ragazzino, ma ti sarà tutto inutile, nessuno è mai sopravvissuto alle mie fiamme, soprattutto qualcuno che non può uccidere”, lo ammonì Aku, scatenando un nuovo affondo di lama.

L’Arvenauta evitò l’affondo, ma l’impatto della sciabola con il suolo produsse un’ondata di fuoco che travolse anche lui, lasciandolo chino a terra, sofferente.

“Adesso basta, ragazzo!”, ordinò a quel punto una voce, apparendo fra le fiamme.

Entrambi i duellanti si fermarono per osservare chi arrivava, attraversando illeso il fuoco, “Atanos”, balbettò Eracles, riconoscendolo, “Devi smetterla, Eracles, non puoi più sopravvivere sperando di vincere le battaglie senza dar morte ai nemici, almeno in questo caso non puoi, poiché nessuno uccidere il tuo avversario per te, né egli sarà tanto benevolo da comprenderti e lasciarti stare”, spiegò l’Immortale.

“Taci!”, ringhiò Aku, roteando la propria sciabola verso il nuovo arrivato, così da procurargli una profonda ustione, che subito si risanò, sbalordendo il Jinma. “Ho già avuto la mia sfida, quindi potrò solo osservarvi, ma sappi, Spadaccino di Fuoco, che dopo averlo ucciso, se lui morirà, tu lo seguirai per mia mano”, minacciò allora l’Arvenauta appena giunto, sollevando la spada che aveva ricevuto da Ryuma.

“Non servirà che tu mi vendichi, Immortale”, sussurrò Eracles, “ma ti devo comunque ringraziare per essere giunto qui, a spronarmi”, continuò, rialzandosi, mentre Aku si voltava, roteando nuovamente la spada contro il capo del giovane nemico che, con velocità inattesa, bloccò la lama con ambo le mani, procurandosi profonde ferite, ma fermandone l’avanzata.

“Da piccolo, quando seppi di essere figlio di Urros, trovai che fosse straordinario, ma poi, con il passare del tempo, quando a poco a poco capii che gli altri bambini mi tenevano in disparte per questa mia differenza, fui preso da una tristezza ed una solitudine senza pari. Ero solo, mia madre era l’unico conforto a questa disperazione e lei, la donna più bella di Curont, disprezzata dai suoi concittadini quanto me, mi disse che tutto quello doveva essere un piano divino, che forse mio padre mi stava mettendo alla prova, che voleva vedere quanto fossi giusto e buono e caritatevole verso coloro che non capivano quanto io fossi normale. Cercai allora di essere buono e giusto e lo cerco tuttora. I buoni ho sempre pensato che non uccidessero, ma, se questo fosse vero, allora tutti voi non sareste dei buoni, tu, Atanos, Odisseus, o chiunque altro, nemmeno Pandora, né Roan, che ha ucciso Kuon, per salvarmi la vita. Eppure sono certo del contrario, sono sicuro che voi siate fra le persone più buone e giuste che io abbia mai visto, forse perché come me avete dovuto soffrire per delle diversità, ma sono certo che in voi non vi sia il male. Questo dubbio mi brucia in testa insieme a tanti altri da un po’ di tempo: se siete buoni, perché togliete delle vite? Ed alla fine, forse, ho capito. Voi non togliete vite qualsiasi, voi giudicate quando il male è troppo grande. Tsun Ta, i Naviganti della Lutibia, che covavano rancore ed odio, le Axelie, erano tutte creature malefiche e voi avete solo salvato delle vite uccidendole, quindi anch’io dovrei salvare delle vite così, ma mi viene difficile farlo”, spiegò con voce triste, mentre calde lacrime scendevano dai suoi occhi, il figlio di Urros, “Allora sarò io a toglierti tutti questi problemi, ragazzino, ti eliminerò oggi”, ringhiò Aku, interrompendolo.

A quel punto lo sguardo di Eracles cambiò, “No, non sarai tu ad uccidermi, non posso sacrificare la mia vita e quella di Odisseus, non posso permettere che per la mia debolezza muoia una persona che mi è amica e nemmeno voglio sprecare il dono fattomi da Roan”, ringhiò il figlio di Urros mentre le sue mani sembravano illuminarsi di un colore diverso, un verde scuro, quasi blu.

Atanos osservò silenzioso il suo compagno che con le possenti mani storceva i polsi del Jinma, conficcandogli poi in corpo la sua stessa spada, che produsse un’ampia fiammata, distruggendo la corazza ed il corpo stesso di Aku.

Dopo pochi secondi, tutto era finito ed Eracles rimase fermo dinanzi alle ceneri di Aku, il vento si alzò, disperdendole ed il fuoco si spense, mentre il giovane figlio di Urros cadde in ginocchio, singhiozzante, il coraggio trovato per togliere quella vita si era dissolto adesso e lui soffriva per ciò che aveva dovuto fare.

Atanos si avvicinò silenzioso al giovane, appoggiandogli una mano sulla spalla, “Vorrei che il mio spirito avesse parole di conforto per te in questo cupo momento, giovane amico”, sussurrò appena, mentre una voce echeggiava dietro a loro, “Eracles, Atanos!”, urlava Pandora che li stava raggiungendo.

Appena arrivata la Giovane maledetta da Urros vide il triste spettacolo, “Aiutalo tu, Pandora, io vado a cercare Acteon e gli altri, c’incontreremo tutti al centro della Foresta, come deve essere”, sentenziò gelidamente l’Immortale allontanandosi.

Pandora si chinò verso il giovane Arvenauta, “Ho ucciso un uomo”, ripeteva cupamente il ragazzo ed allora lei capì e si strinse intorno a lui, “So cosa vuol dire”, gli disse semplicemente, cercando di calmare la sua sofferenza.

 

Odisseus aveva osservato la scena dalla sala rialzata, calde lacrime erano cadute dai suoi occhi, “Mi dica, Celeste Smartash, pensa che sia giusto ciò che sta ora provando Eracles? La sofferenza di aver strappato una vita gli lacera il cuore, ma niente più può fare lui per togliersi quel cupo dolore”, osservò il Navigatore, “Capiamo il suo dolore e vorremmo non averlo causato, poiché fra tutti egli era l’unico completamente Innocente ed ora, anche se non ha perso la sua purezza di spirito, la sofferenza lo percuote per l’azione da lui fatta. Se fosse stato possibile, avremmo preferito evitare tale dolore per una creatura così innocente e figlia di una divinità come Urros”, concluse il divino signore di Tenkia, voltandosi verso il fratello, dal volto molto cupo.

Odisseus vide lo sguardo cupo di Anirva e decise di avvicinarsi anche all’ultimo degli interlocutori rimasti, mentre con lo sguardo cercava Iason ed il nemico che a lui sarebbe toccato, l’ultimo Jinma.