Capitolo 73: Uomo e Bestia

 

Nelle stanze di Cassandra, principessa di Lutibia, era scoppiato il caos, le urla della giovane figlia di Priaso avevano messo in agitazione i suoi cinque Custodi.

“Comandante Anhur, sembra che la principessa tema qualcosa, qualcosa che dovrebbe arrivare stanotte”, spiegò in maniera confusa Zefiro, “Ripete continuamente che loro stanno arrivando, di avvisare suo fratello, il Principe Aristos, affinché li accolga dinanzi all’entrata secondaria dei giardini reali, ma non sappiamo di chi stia parlando”, aggiunse Myooh.

“Spesso le parole della nostra Principessa sono velate da oscuri misteri, ma è un fatto che ciò che lei afferma si avvera sempre, seppur in modi a noi non chiari, quindi, dobbiamo prepararci per qualunque possibile pericolo”, osservò Anhur, guardando i tre Custodi che lì erano con lui, “dov’è Anfitride?”, domandò ad un tratto, “Con la Principessa”, rispose il massiccio Myooh.

“Bene, è giusto che qualcuno resti con lei”, osservò il Colonnello Lutibiano, “Myooh, tu adesso verrai con me, temo che ci serviranno le armi che non usiamo da parecchio, mentre tu, Caio, resterai di guardia alla scalinata, non far passare nessuno, almeno che non sia il Re o uno dei suoi figli”, sentenziò Anhur, “oppure Zefiro, che ora andrà ad avvisare il nobile Aristos, come richiesto dalla Principessa”, aggiunse poi, allontanandosi con il robusto Custode verso un’altra sala, mentre anche gli altri due si dividevano, l’uno, dalle rossi vesti, restando ai piedi della scalinata, l’altro scattando lungo la rampa, verso altri luoghi.

 

I cinque Arvenauti correvano intanto lungo la rete fognaria. “Avremo fatto bene a lasciare Iason da solo con Orpheus?”, domandò Eracles durante la corsa, “Non preoccuparti per lui, figlio di Urros, come discepolo di Odisseus, anche se per breve tempo, ha trovato in se una forza che pochi, fra i normali uomini, possono conoscere. Non si farà fermare dal Musico, soprattutto adesso”, spiegò con voce quieta Argos, prima di fermarsi insieme ad Acteon ed alzare il capo verso una botola.

“Siamo arrivati”, osservò il Cacciatore, mentre il Guardiano apriva la botola con un colpo del suo bastone.

Con facilità i cinque salirono il piccolo cunicolo, trovandosi circondati dalla ridente vegetazione del castello reale di Lutibia. “Bel posto”, osservò Pandora, notando il gran numero di alte palme e le ricche zone piene di fiori di ogni tipo e genere, “Vero, ma è meglio se ci muoviamo”, propose Argos, indicando la direzione.

“Andate”, esordì Acteon, sbalordendo tutti, “E tu non vieni?”, domandò Atanos, voltandosi verso il Cacciatore, “No, aspetterò qui Iason, di certo non riuscirebbe a trovarci, non ha le mie doti di caccia, né la vista di Argos, per quanto sia abile anche lui”, osservò l’uomo maledetto da Ritmed, accennando un sorriso.

“Sei sicuro di voler restare da solo?”, domandò Argos, volgendosi serio verso di lui, “Si, non avrò problemi, poi devo fare anch’io la mia parte”, sentenziò l’altro, facendo gesto ai compagni di allontanarsi veloci, “Abbi cura di te e raggiungici insieme ad Iason”, sentenziò allora il Guardiano, conducendo lontano gli altri tre Arvenauti.

 

Acteon osservò i suoi compagni allontanarsi, quindi, rimanendo fermo a guardarli, fiutò l’aria, “Sei stato gentile a lasciarli passare, pensavo ci avresti attaccati tutti assieme, invece sembra che tu ci voglia prendere uno alla volta, o sbaglio, fiammifero?”, domandò poi, quando gli altri Arvenauti si erano ormai allontanati.

Dal una fitta foresta di fiori uscì in quel momento la figura di Pirros, chiaramente divertita dal modo di fare del suo nemico, “Mi avevi visto?”, domandò il Generale, “No, avevo sentito il fetore di liquido infiammabile che emetti, Argos, probabilmente ti aveva visto”, replicò il Cacciatore, sollevando gli artigli dinanzi a se, in posizione di guardia.

Pirros estrasse dei guanti dall’armatura, guanti circondati da sottili fili brillanti, da cui Acteon sentì arrivare un forte odore di alcool, poi, quando il Generale strisciò i pollici sui palmi opposti, delle piccole scintille si produssero, accendendo delle sottili fiamme sui fili di quei guanti, fili che adesso ondulavano pericolosi fra i due nemici, “Fatti avanti, mezzo cane, vedrò di darti la lezione che meriti”, minacciò il guerriero Fiammeggiante.

Acteon si lanciò con furia contro il nemico, evitando un primo assalto dei sottili fili fiammeggianti, per poi raggiungere Pirros, “Sei lento”, lo ammonì il Cacciatore, tentando di colpirlo con un veloce montante dato con gli artigli, ma il Generale fu più veloce e si allontanò, mentre i suoi sottili fili tornavano indietro, raggiungendo il volto dell’Arvenauta.

Il Cacciatore si allontanò rapido, spegnendo con un gesto della mano la fiamma che si era sviluppata sul suo volto e trovando, sotto di questa, un taglio abbastanza profondo.

“Ma come?”, si domandò l’Arvenauta, “Non te ne eri accorto? Questi sono fili di metallo, resi fiammeggianti da una sostanza infiammabile e dai miei poteri. Con questi ucciderò te, adesso, ed i tuoi compagni poi, oppure li brucerò tutti in calde fiamme, non lo so di preciso”, osservò Pirros, roteando i fili fra le mani, mentre piccole lingue di fuoco si disponevano nel cielo ad ogni suo movimento.

“Bella teoria, ma chi ti assicura che riuscirai a vedere i miei compagni tornare?”, domandò divertito Acteon, “Vedrò tornare i tuoi compagni e Priaso e li brucerò tutti, stai certo di questo”, ridacchiò Pirros, sbalordendo il suo nemico.

“Sorpreso che sappia del rapimento?”, domandò divertito il Generale, “Allora è vero che mio padre non è stato ancora scoperto”, osservò con tono soddisfatto, “non sapevo fosse anche un grande attore, uno dei migliori”, ridacchiò. “Devi sapere che fu l’Idra Nera a riportarmi in vita, insieme a mio padre ed allora ci divise. Io con Priaso e lui con Ruganpos, così da controllare entrambi i campi di battaglia”, spiegò con voce soddisfatta Pirros, “non stupirti per ciò che ti sto dicendo, tanto, per mia mano o per altra, tu morirai stanotte”, concluse il Generale, prima di lanciarsi all’attacco.

“Ho intenzione di vivere a lungo, invece, il tempo necessario per redimermi, come mi ha suggerito un amico, e chissà, anche un po’ di più di quello”, replicò con decisione Acteon, scagliandosi velocemente contro il nemico.

Il Cacciatore evitò un primo assalto dei fili fiammeggianti, chinandosi, quindi, appoggiate le mani al suolo roteò su se stesso, cercando di colpire con un veloce calcio alle gambe il generale nemico, che lo evitò con un agile salto, compiendo una capriola e cercando di ferire con le fiamme l’Arvenauta. Acteon, però, rotolò al suolo, spostandosi e, rialzatosi di scatto si lanciò contro il suo nemico con gli artigli affilati sollevati contro di lui.

Pirros lo evitò con un agile movimento, cercando di colpire alla caviglia il nemico mentre si spostava, ma in quel momento i fili avvolsero le braccia del Cacciatore, ferendolo gravemente, prima che il Generale, in un impeto di forza, gettasse al suolo l’avversario, ferito.

Ritrasse i fili di fuoco con velocità Pirros per poi guardare l’avversario al suolo, “Sei ancora sicuro di vivere ancora per molto?”, domandò incuriosito il Generale, “Si, anche perché ho una certezza che mi aiuterà ad abbatterti, specie di fiammiferaio”, replicò Acteon, rialzandosi in piedi e lanciandosi di nuovo all’assalto.

“Non mi batti con i tuoi miseri attacchi da cane”, minacciò ironico Pirros, scotendo nuovamente le lingue di fuoco contro l’avversario, ma stavolta il Cacciatore non cercò di evitare il colpo nemico, bensì si chinò su se stesso e subì sulla schiena le brucianti ferite prima di avvicinarsi prontamente al Generale, che indietreggiò, sorpreso da tanto coraggio, ritraendo a se le mani per ferire l’Arvenauta. Acteon sorrise a questo gesto, quasi fosse ciò che attendeva, poi bloccò con ambo le mani il braccio destro del nemico e lo morse, strappandogli un pezzo di pelle, per poi allontanarsi, mentre vedeva un’immensa fiammata alzarsi verso il cielo dalla ferita, alimentando il fuoco dei guanti.

“Devo strapparmi questi dannati guanti”, urlò preoccupato il Generale, strappandosi confusamente le armi dalle mani e gettandole nel tombino da cui erano giunti gli Arvenauti, tombino da cui non fecero più ritorno.

“Come immaginavo, le tue ferite producono fiammate”, ridacchiò Acteon, “me ne ero accorto l’altro giorno sul campo di battaglia, ma non ero del tutto certo se l’effetto fosse dovuto al tuo corpo o al luogo, quindi ho dovuto rischiare”, spiegò il Cacciatore con un sorriso beffardo sul viso.

“Hai rischiato? Hai sacrificato una spalla, direi”, replicò senza alcuna preoccupazione in volto Pirros, indicando le ferite profonde sul corpo del suo nemico, “sono curioso di vedere come potrai affrontarmi con la dovuta forza adesso”, concluse, aprendo le mani dinanzi a se.

“Io, intanto, ti mostrerò il mio trucco migliore, l’arma con cui amo ardere tutti coloro che si pongono sul mio cammino”, avvisò il Generale, avvicinando le mani al volto.

 

Zefiro, Custode di Cassandra, aveva corso con tutta la forza che aveva in corpo, raggiungendo in pochi minuti il piano in cui risiedeva il Principe Aristos e subito bussò alle sue porte.

Ci vollero alcuni minuti prima che il primogenito di Priaso si presentasse alle porte. “Cosa succede? Mia sorella sta male?”, domandò preoccupato, riconoscendo uno dei sottoposti di Anhur, “No, mio Principe, semplicemente ha urlato più volte che sta per arrivare qualcuno, che lei deve correre alle porte secondarie del giardino reale. Sembrava veramente preoccupata, tanto che nemmeno Anfitride riusciva a quietare il suo terrore, per questo il mio comandante mi ha mandato subito da voi”, spiegò prontamente il Custode.

Aristos rifletté alcuni secondi poi alzò il viso preoccupato verso Zefiro, “Avete fatto bene, vi ringrazio. Ora vai ad avvisare il tuo comandante che dovrete attendere lì, la vita di Cassandra è nelle vostre mani, Custodi, io avviserò gli altri miei famigliari di mettersi al sicuro e farò chiamare l’esercito, per poi andargli io stesso incontro”, concluse il Principe, congedando il giovane Custode, che subito tornò per la strada che aveva già percorso.

Il Principe tornò intanto nelle sue stanze dove indossò rapido l’armatura consacrata al dio Porian, ma fu fermato dalla figura della moglie. “Aristos, cosa succede?”, domandò preoccupata la bella sposa, “Non sono problemi su cui possiamo discutere adesso, Pulchra, devi solo concedermi la tua fiducia”, rispose il marito, stringendole le mani, “Sai di averla”, continuò lei, “Allora vai con Esar nei sotterranei del castello, nella zona dove un tempo vi erano le provviste. Lì non c’è niente di vivo, né di morto, nessun nemico potrà raggiungervi se non dall’unica via che conduce a quelle sale. Presto vi farò raggiungere da quanta più gente possibile, anche dei soldati, se sarà necessario, affinché vi difendano”, concluse il primogenito di Lutibia, baciando la sposa, prima di allontanarsi con le armi in mano.

Aristos arrivò subito al corridoio centrale di quel piano e cercò la guardia che lo custodiva, chiamandola a se. “Ordinatemi, mio principe”, esordì il soldato, sbalordito nel vederlo con l’armatura, “Chiama mio padre, poi mio fratello, ma prima di tutto ciò, dì alle nostre milizie di prepararsi, forse dei nemici hanno invaso la città”, ordinò seccamente il primogenito di Priaso, scendendo poi la scalinata, diretto verso l’entrata secondaria del giardino reale.

 

Pirros osservava tranquillo il suo nemico, che gli appariva particolarmente ferito: la spalla di Acteon, infatti, lasciava scivolare un sottile fiume di sangue dalla pelle ustionata dell’Arvenauta. Il Cacciatore notò a sua volta che il braccio destro del suo avversario non si muoveva con la medesima velocità di prima, quasi questi avesse paura di usarlo in modo rischioso.

“Ti preoccupi che riprenda fuoco?”, domandò Acteon sorridente, indicandogli il braccio, “Dovresti piuttosto pensare alla tua spalla, l’ustione è parecchio grave, ma in fondo che importanza ha un’ustione quando, fra pochissimo, il tuo corpo diventerà un cumulo informe di cenere?”, ridacchiò in tutta risposta Pirros, prima di ispirare profondamente.

Alla mente di Acteon tornò il ricordo dei passati giorni di battaglia e delle decine di soldati che il Generale Fiammeggiante uccideva con il fuoco che sapeva emettere dalla bocca, lo stesso che fra poco lo avrebbe colpito, intuì subito. Con un agile salto il Cacciatore si allontanò dal nemico appena in tempo per evitare una gigantesca fiammata emessa dalle labbra di Pirros, che bruciarono parte del roseto alle spalle di Acteon.

“Come hai fatto? Sei come quelle dannate Axelie?”, domandò sbalordito il Cacciatore, rialzandosi in piedi, “Axelie? Intendi i demoni infernali? No, non sono un demone, o meglio, lo sono diventato forse”, ridacchiò divertito il Generale. “Prima, comunque, ero un uomo, un giovane soldato, un tenente nell’esercito che si oppose ai Tulakei per il controllo del mare, lo stesso esercito in cui il vostro amico Odisseus e mio padre erano generali. Ebbi anche l’occasione di incontrare il vostro Navigatore, forse per questo è stato deciso che fosse il Musico ad incontrarvi a Seev, per evitare che Odisseus sospettasse già della presenza mia e di mio padre e che sapesse di chi ci comanda prima del tempo. Poi le Axelie, da quel che ho saputo, hanno rovinato tutto, facendosi scappare il nome del gruppo”, ridacchiò divertito Pirros.

“Eri dunque un uomo, quindi ti hanno fatto ciò che è stato fatto a Palion”, rifletté il Cacciatore camminando intorno al suo avversario, “No, a me non è stato fatto niente, a me è stata donata una nuova vita ed un potere. Potere, probabilmente, legato al soprannome che avevo allora, quello di Ardente, giacché amavo bruciare i villaggi nemici con gli abitanti nelle case. Adesso la mia saliva è infiammabile, il mio stesso sangue persino, se ha contatto con l’aria, come ben sai, ma più di questo, le mie dita sono come fiammiferi, se sfregata emettono la scintilla che produce questo!”, tuonò con esaltazione senza pari Pirros, prima di lanciare un’altra fiammata contro il suo nemico.

Acteon si spostò, ma non fu sufficiente e le fiamme lo raggiunsero al braccio sinistro, lasciandolo ardere, mentre il Cacciatore si rigirava nel terreno per spegnere il fuoco. “Dimenati, agitati pure quanto vuoi, ma spegnerai quella fiamma, non quella più grande, quella con cui ti eliminerò per sempre, riducendoti lentamente in cenere, per poi prendere la vita dei tuoi compagni, da donare a chi mi comanda”, ridacchiò divertito il Generale Fiammeggiante.

Acteon si rialzò, il braccio era scivolato quasi immobile lungo il corpo, “Mi sbagliavo, tu non sei come Palion, lui era mosso dalla fedeltà per suo padre, in lui qualcosa di umano era rimasto, ma forse l’umanità già c’era nel suo corpo, al contrario, in te c’è qualcosa, ma niente che può essere definito umano, se poco più di una bestia”, ringhiò infuriato il Cacciatore.

“Parli proprio tu? Per metà uomo e per metà cane?”, rise beffardo il Generale, “Sarò anche diviso a metà, ma so dove in me si ferma l’animale e dove inizia l’uomo, ho ricordi della mia solitudine e ne ho sofferto, ho memoria di ciò che facevo prima e di come mi sono comportato con molte persone e so quanto dovrò pagare ancora, seppur non so per quanto tempo. Tu, invece, non sei stato nemmeno graziato, ti era stato dato il giusto destino per le bestie assassine come te, la morte che meritavi, invece sei ritornato alla vita perché? Per continuare a distruggere tutto con il tuo fuoco, un fuoco che, ti assicuro, ti sarà fatale”, tuonò con voce decisa l’Arvenauta.

“Tu mi definisci una bestia? Dimmi, come cane cosa saresti? Immagino che tu sia un incrocio anche da quel punto di vista”, lo derise Pirros, “Un ibrido, sia come animale, sia come uomo, una bestia senza una natura ed un posto dove stare, ecco cosa sei alla fine, perciò vedi di tenere per te le tue critiche, dato che sei la creatura meno adatta a permettersele”, replicò con fare deciso il Generale, prima di emettere una nuova fiammata.

Acteon era furioso, gli occhi non erano più quelli di un uomo, sembra quasi del tutto un cane ringhiante, ma, al contrario di molti animali, si lanciò comunque contro il fuoco, pronto a colpire.

Con il braccio destro attraversò il fuoco, mentre le calde vampate emesse dal nemico lo raggiunsero al volto, costringendolo a chiudere gli occhi.

“Stupido, come si compete ad un animale”, osservò divertito Pirros, “Forse, ma intelligente più di te, come si compete ad un uomo”, replicò il Cacciatore, aprendo gli occhi ed indicando con lo sguardo soddisfatto il proprio braccio.

Il Generale seguì l’arto nemico, che vide ustionato, ma notò qualcosa d’inaspettato, la mano del Cacciatore era conficcata nella sua spalla destra, “Non senti il dolore finché non si apre questo involucro di pelle, giusto?”, domandò beffardo Acteon, guardando soddisfatto il suo nemico.

Il Cacciatore strappò via la pelle con decisione, allontanandosi lesto dal nemico, la cui spalla stava ora bruciando, “Che ne pensi, fiammiferaio? Senti il dolore del fuoco?”, tuonò Acteon, indietreggiando veloce e voltando le spalle al nemico, per accasciarsi al suolo, stanco.

La fiamma però fu fermata dalla corazza, che il Generale pose sopra la ferita, “Sei stanco, animale? Ben presto gusterai il dolore ultimo, poi niente più, solo cenere”, avvisò Pirros, avvicinandosi al nemico.

“Animale mi chiami? Sai, le bestie hanno un modo di combattere molto semplice, attaccano finché uno dei due non muore, al più si studiano un poco, ma gli uomini no, sono soliti usare inganni o altro, come i tuoi guanti di prima”, spiegò con voce stanca Acteon, “Basta parlare adesso, mezzo cane, per te c’è solo la morte”, tuonò in tutta risposta il Generale Fiammeggiante, emettendo un altro fuoco dalla propria bocca.

“Ti sbagli!”, esclamò l’Arvenauta, voltandosi di scatto ed estraendo un coltello dalla cintura, per poi lanciarlo contro il fuoco del nemico, che fu da questo trapassato, per poi conficcarsi nell’albero dietro Pirros.

“Ero uno dei cacciatori più precisi un tempo e lo sono ancora adesso, per la mia mira, più che per i sensi affinati”, affermò Acteon, prima che il suo nemico alzasse la testa verso il cielo e le fiamme si combinassero con urla di dolore, mentre del sangue usciva, misto a fuoco, dalla gola, squarciata dal coltello del Cacciatore.

Lentamente le fiamme circondarono la testa del Generale e da questa arrivarono alla spalla e poi al braccio ferito, rinchiudendo l’intero corpo di Pirros nel fuoco, un fuoco che corse furente verso i fiori, perdendosi in questi.

Questa fu la scena vista da Acteon prima di accasciarsi al suolo stanco. “Cacciatore”, si sentì poi chiamare l’Arvenauta ed aprendo gli occhi vide Iason dinanzi a se, apparentemente illeso. “Tutto bene?”, domandò il Guerriero di Aven, “Dobbiamo andare dagli altri, dobbiamo avvisarli”, sussurrò l’altro, facendosi aiutare a rialzarsi ed indicando la via al compagno di viaggio, con cui si diresse verso l’entrata secondaria del giardino reale.