Capitolo 76: Gli schieramenti

 

Gli Arvenauti osservavano sbalorditi la scena che si prestava ai loro occhi, quelli che un tempo erano nemici, i Lutibiani, erano ora alleati degli Avenui, un comune nemico si era loro rivelato nei volti di Bram-Nur e di Ceclon, le due Idre Maggiori, ed in quello di Axides, ora divenuto anch’egli una delle Nove Teste dell’Idra Nera. Questi tre esseri oscuri avevano richiamato un esercito di morte e distruzione nella città reale di Passis, capitale della Lutibia, dove già Priaso, Re di quelle terre, era perito per mano del suo stesso figlio.

“Come sta Pandora?”, domandò ad un tratto Argos, volgendo il capo verso Eracles, “Come già sull’altra Isola, ha perso i sensi, sembra svenuta, però c’è qualcosa di diverso, non dà alcun segno di coscienza stavolta”, spiegò il figlio di Urros, “La vicinanza a quella faccia di Serpente è la causa. Persino i miei sensi sono più deboli in questo momento, non ho fiutato nemmeno la presenza di Pirros e suo padre”, affermò Acteon, intromettendosi nel dialogo, “Nemmeno i miei occhi vedono al meglio adesso”, concluse l’ex semidio, mentre anche Bram-Nur scendeva dalla colonna su cui era, con un agile salto.

“Esercito dei Mille Rossi”, tuonò il Membro dell’Idra Nera, “scatenati in tutta la tua furia, voglio che chiunque di voi non fa parte, esclusi i due Generali, i miei Cavalieri, il confratello ed io, sia da voi attaccato e massacrato!”, ordinò, sollevando la spada, l’uomo dalla criniera di capelli.

“Confratello Axides, tu li guiderai, massacra quanti più soldati puoi ed elimina i due generali rimasti dell’esercito di Aven”, sentenziò Bram-Nur, indicando il figlio traditore di Priaso, “Ma i miei fratelli”, balbettò l’altro, con un certo disappunto, “Doneremo noi loro la morte che meritano, non preoccuparti di questo”, concluse il primo.

Subito l’Idra Tessitrice si alzò in cielo grazie alle ampie ali di tela e si slanciò in volo verso il punto in cui erano riuniti il maggior numero di soldati nemici. “Akleo, Pirros, voi vi occuperete dei suoi fratelli. Al padre, il Re, al figlio, la Sorella e tutti i suoi Custodi”, sentenziò subito dopo l’Idra Maggiore, ricevendo un segno di assenso dai due, che subito si divisero.

“Voi, miei cavalieri, occupatevi di questi cinque Naviganti, lui, però, lasciatelo a me”, tuonò poi, rivolgendosi ai propri quattro seguaci, che subito si mossero, dopo essere rimasti in silenzio fino a quel momento.

 

Le bestie dei quattro Cavalieri emisero delle urla infernali, prima che i loro padroni le spronassero all’assalto.

“A me i due ragazzini”, urlò il gigante che cavalcava l’orso mostruoso, sollevando una maestosa ascia con una singola mano e dirigendosi contro Eracles e Pandora, che il figlio di Urros difendeva con il proprio corpo. Quando capì di essere il bersaglio, il giovane Arvenauta scattò con decisione contro il proprio nemico e colpì con un possente pugno il capo dell’Orso, gettandolo al suolo e costringendo il Cavaliere a scendere dal proprio destriero che ormai si trovava a terra, “Non ti permetterò di uccidere me e tanto meno ti permetterò di toccare Pandora”, ringhiò infuriato Eracles, pronto alla lotta questa volta. “Bene, moccioso, vediamo che sai fare contro il potente Silas, la Bestia al servizio di Bram-Nur”, ringhiò l’altro, roteando con forza l’Ascia.

Iason osservava intanto gli altri tre esseri dalle oscure vestigia, quando vide che uno di loro, armato di una lunghissima falce, si stava per gettare contro Ruganpos, accasciato al suolo, di certo stordito, “Maestà”, urlò subito il Guerriero, portando al sicuro il suo sovrano e fermandosi dinanzi al nemico, che rimase ad osservarlo dal proprio cavallo rosso.

“Sei stato tu a scegliermi come nemico, ma va bene lo stesso, Methos, il Portatore di Morte, non si fa problemi per questo”, esordì il Cavaliere, “Quella falce”, osservò senza ascoltarlo l’Arvenauta, “tu hai torturato il corpo di Marut, vero?”, domandò infuriato Iason, “Esatto, sono stato io a sconfiggere e segnare il volto di quel monco”, replicò gelidamente il nemico. “Ora pagherai anche per quel tuo gesto”, minacciò deciso il Guerriero di Aven, pronto ad iniziare il suo scontro.

Argos non sembrava interessato ai diversi nemici che si erano posti dinanzi a lui, la sua attenzione era spostata verso il campo di battaglia dove si trovava Ebhe. Per lei si preoccupava l’ex semidio, finché non vide una frusta raggiungerlo alle spalle e solo con un veloce movimento la poté evitare. “Ti distrai troppo”, lo ammonì uno dei Cavalieri, sopra un serpente, “Ne sei così certo? Forse sei tu che sottovaluti gli occhi di Argos, Guardiano di Lera”, replicò l’altro, sollevando il proprio bastone, “No, ti sopravvaluto, invece. In fondo io sono Kaspian, colui che equivale a Pestilenza per i suoi nemici”, ridacchiò divertito il nemico, ritraendo la frusta e preparandosi allo scontro.

Acteon osservava con occhi attenti i nemici che si lanciavano contro i suoi compagni di viaggio ed attendeva l’assalto del guerriero sul Grifone, quando il suo sguardo finì sul giovane Aristos, ancora chino sul cadavere paterno e prossimo ad essere colpito dal Generale che si faceva chiamare Hadon presso gli Avenui. “Attento, Principe Aristos”, ebbe appena il tempo di urlare il Cacciatore, prima di doversi chinare al suolo e spostare con un veloce movimento, per evitare gli artigli del Grifone, così da osservare poi negli occhi il suo malefico nemico. “Sei disattento, come i tuoi compagni, troppo poco sapete voi della Guerra”, lo ammonì il Cavaliere, “E chi saresti tu per darmi lezioni a riguardo?”, replicò con tono nervoso Acteon, “Io sono Kronos, l’abile Maestro di Guerra, colui che uccide per piacere, oltre che per dovere, come molti a questo mondo”, rise soddisfatto il malefico essere, puntando la spada contro l’Arvenauta, che già attendeva lo scontro diretto con questo nemico.

 

Aristos era stato stordito dalle scoperte, timori che si erano rivelati come verità: le stranezze di suo fratello e della sua sposa, il comportamento che da sempre aveva avuto Axides, secondogenito, le manie di sfida, tutto questo lo aveva fatto temere, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a vendere l’anima ed il corpo, oltre al proprio regno. Ed ora il giovane Primogenito di Lutibia si trovava dinanzi al cadavere del padre, morto per mano di colui che considerava un fratello. Una voce però lo scosse, la voce di uno di quelli che considerava nemici, ma che si erano rivelati essere gli unici veri alleati su cui poter contare, quella voce lo avvisò dell’arrivo di un pericolo e subito gli occhi, spenti, ma pronti, di Aristos si alzarono e videro una spada affilata calare verso di loro. Fu meccanico il movimento del suo corpo, questo pensò Aristos, ma di certo sapeva di essere salvo da quell’assalto e che un suo nemico ora gli si era posto davanti, mentre l’altro, il traditore, Pirros, correva ad uccidere sua sorella. “Sei stato fortunato ad evitare quel mio assalto”, osservò Aklo, roteando le due spade che portava e preparandosi ad un nuovo attacco, che andò nuovamente a vuoto. “Hai tanto paura di me da evitarmi?”, ridacchiò il Generale traditore, “No, non ho paura di te, ma volevo che ti allontanassi dal corpo di mio padre, vile non morto”, replicò con tono deciso Aristos, sollevando la spada. “Io sarà anche un non morto, ma tu sei un morto che parla”, replicò divertito Aklo, “ben presto tutta la stirpe di Lutibia scomparirà, come è morto Priaso, dato che tu cadrai per mia mano, Axides ha rinunciato alla sua umanità e tua sorella sarà uccisa da mio figlio”, concluse il Generale.

“Dubito che ucciderete mia sorella, c’è il mio guerriero migliore a difenderla, inoltre tu stesso non avrai gioco facile con me”, tagliò corto Aristos, con nuova determinazione negli occhi.

 

Anche nelle stanze di Cassandra si era sentito tuonare l’avviso di Ceclon, tutti e cinque i Custodi avevano udito quelle parole di morte, ignari di cosa fosse accaduto fino a quel momento. “Cosa dobbiamo fare, Anhur?”, domandò Caio, che ancora si trovava all’entrata delle stanze, “Tu e Zefiro custodite le porte, che nessuno entri, non possiamo permettere che la nostra Principessa rischi la vita”, replicò il comandante dei Cinque, mentre gli altri due, sulla soglia della sala gli rispondevano chinando il capo e mostrando le loro armi. Caio teneva in mano due lunghi manganelli metallici, rossi come la sua corazza, mentre Zefiro, appoggiato quietamente alla porta, sosteneva con la spalla una lunga lancia acuminata.

Anhur spostò poi lo sguardo verso colui che gli stava accanto, Myooh, le cui uniche armi erano dei pesanti guantoni metallici, sapeva di poter contare su tutti e quattro i Custodi per difendere la principessa, anche su Anfitride, che attendeva vicino a Cassandra la fine di quella lunga notte di pericolo. Infine il comandante dei Custodi guardò alla propria cinta, “Non avrei pensato di riprenderti in mano, ma forse stanotte dovrò”, affermò, rivolgendosi ad una sottile sciabola legata alla sua cinta, ignaro che già il nemico che li avrebbe attaccati, Pirros, si faceva avanti contro di loro.

 

I soldati di Aven e quelli di Lutibia erano fermi, disposti sulle strade della città si guardavano fra loro con disprezzo e titubanza, ma si erano convinti tutti a seguire gli ordini dei due Generali Avenui, specialmente quando, dopo aver sentito quella voce ed aver visto i loro primi compagni schiacciati dalle ampie porte di Passis, i primi soldati dalle teste rosse si erano fatti avanti con decisione contro di loro.

“Mantenete le file, guerrieri dell’Oleampos!”, esclamò Ebhe, sollevando le braccia per indicare alle diverse schiere dove lei si trovava, “Ne arrivano altri, saranno un centinaio”, la avvisò Axar, dall’alta posizione in cui si trovava, “e li guida un essere volante”, concluse poi, mentre la figura ricoperta di seta si fermava dinanzi a loro.

“Salve, voi dovete essere i due famosi Generali di Aven di cui ho tanto sentito parlare tramite le notizie che mi portava la spia fra di voi”, esordì divertito il Membro dell’Idra Nera, “e tutti voi siete i valorosi soldati dei due schieramenti, il cui coraggio e forza erano lodati con estremo vigore dal defunto Re Priaso e da Aristos, che è prossimo a morire”, continuò poi, chinando il capo verso i due eserciti.

“Tu menti, mostro”, urlò qualcuno dalla folla, “No, affatto. Priaso, che un tempo mi era padre, è morto, ucciso da me, ed Aristos, che mi era fratello, sta per morire per mano di uno dei servitori che ho adesso, come Ruganpos, che dai miei confratelli sarà ucciso. Comunque nessuno di voi si preoccupi, anche voi morirete, per mano dell’Esercito dei Mille Rossi”, rise soddisfatta l’Idra Tessitrice.

“Hai detto che Aristos era tuo fratello, che intendi dire?”, domandò allora Axar, l’unico a volare alla pari del nemico, “Che un tempo io ero Axides, secondogenito di Priaso, ora sono Axides, una delle Nove Teste dell’Idra Nera, colui che segnerà la fine di questa città”, si presentò l’oscuro essere, puntando l’arco contro lo schieramento nemico.

Dalla mano libera nacque delle frecce di seta, che subito volarono feroci e precise contro le teste di tre soldati, uccidendoli sul colpo, “Soldati Rossi, attaccate!”, ordinò subito dopo l’Idra Tessitrice, mentre le sue schiere si gettavano contro i nemici, “E tu, ultimo Anies dell’Oleampos, ora cadrai, per mia mano”, continuò poi, puntando l’arma contro Axar.

 

Orpheus, nelle fognature, aveva percepito i terremoti ed il gran numero di creature che in quel luogo si erano riunite, poi i suoi timori erano diventati certezze quando aveva sentito la voce del malefico Ceclon, una voce che non aveva mai dimenticato da quando gli aveva consegnato la nera arpa, quella voce aveva minacciato tutti gli uomini che vivevano e combattevano in quelle terre ed ora solo pochi avevano la forza di affrontare quelle creature oscure. Con queste certezze e molte paure nel cuore, il Musico cercò di rialzarsi, ma non vi riuscì, il suo corpo doleva troppo, terribili fitte lo straziavano ogni volta cercasse di muoversi. “Odisseus deve averlo addestrato davvero bene, il Guerriero di Aven mi ha proprio ridotto male”, pensò fra se Orpheus, “ma non posso permettere che lui o altri muoiano oggi, per mano di queste creature malefiche, devo dare il massimo per impedirlo, o almeno per tentare di farlo”, tuonò a se stesso il Musico, “solo così potrò ritrovare il ricordo di Euris, lo stesso che questi giorni di agire malefico mi hanno cancellato”, concluse, cadendo al suolo e spingendosi verso la via che già aveva seguito Iason prima di lui.

 

Atanos osservava con viso impassibile il nemico che lo aveva sfidato, “Tu non sorridi mai? Non provi alcun piacere in ciò che si è disposto qui, intorno a noi? Una guerra, un vero e proprio massacro, qualcosa di così terribile e maestoso da essere incredibilmente affascinante ed insieme devastante”, esclamò Bram-Nur, mentre con la spada teneva d’occhio il suo nemico.

“Non provò alcun piacere nel combattere”, replicò gelidamente l’Immortale, “Lo supponevo, ma non ne provi nemmeno nel restare fermo ad osservare, anzi, ad essere precisi tu non provi niente, o almeno questo pensi, vero?”, domandò incuriosito il Membro dell’Idra Nera. “Sembri conoscermi abbastanza bene, perché mi fai domande di cui sai già la risposta?”, incalzò l’Arvenauta, “Atanos, come ti ho già detto, entrambi sentiamo la presenza dell’altro, fra noi il duello è stato deciso quando io fui scelto dal mio Padrone e quando tu fosti maledetto da Sade, in quel momento i nostri destini si legarono, malgrado tu non ne fossi nemmeno consapevole. Mi sembra giusto che oggi, quando si compierà il mio destino, io possa gustarmi un po’ il momento di massima soddisfazione, chiacchierando con te, prima di ucciderti”, spiegò con voce soddisfatta Bram-Nur.

“Tu mi vorresti uccidere?”, domandò sorpreso Atanos, “In molti ci hanno provato prima di te”, concluse, sollevando la propria spada, “Ma nessuno era me”, concluse con soddisfazione il Membro dell’Idra Nera, sollevando la spada contro quella dell’avversario.

 

Mentre le battaglie stavano per avere inizio, anche la mente di Pandora si sgombrò, come se il Nero Sciame tornasse al normale ronzare, non più agitato oltre ogni normale resistenza da quella presenza; adesso il ronzare era tornato normale, insopportabile per chi non conosceva quel doloroso rumore, ma per lei che da millenni ne subiva la tortura era un comune sottofondo ad ogni suo pensiero.

Aprì gli occhi Pandora, guardando le diverse nuove figure che li circondavano: Quattro individui con strane bestie e potenti corazze, un individuo dai lunghi capelli ricci, uno dei generali dell’esercito di Aven ed il principe di Lutibia erano lì, vicino ai suoi compagni Arvenauti.

“Che succede qui?”, domandò sorpresa la Signora del Nero Sciame, “Ti sei svegliata!”, esclamò felicemente sorpreso Eracles.

“Pandora, non possiamo spiegarti tutto adesso, vai verso le porte della città, vicino ai soldati ci dovrebbe essere una specie di gigantesco uomo farfalla, quello è la nuova Testa dell’Idra Nera appena nata, Axides, un tempo principe di queste terre, cerca di fermarlo insieme ai generali di Aven”, ordinò subito Argos, senza distrarsi particolarmente dal suo pericoloso nemico.

“Va bene”, replicò la fanciulla maledetta da Urros, prima che il Nero Sciame si alzasse in volo. Gli Oscuri insetti volarono sopra il territorio minacciato da quella terribile armata di non morti, finché non arrivarono dinanzi a due figure che si scrutavano con attenzione a mezz’aria, subito dopo che uno di loro, circondato da della seta, aveva ucciso tre soldati nel campo di battaglia.

Il Nero Sciame si ricompose in Pandora, che rimase a mezz’aria dinanzi al nemico.

“L’ultima dei Naviganti”, esordì subito Axides, vedendola, “Si, ci sono anch’io per questa battaglia e sono pronta ad affrontarti”, minacciò decisa la Signora del Nero Sciame, “insieme a questo Anies”, continuò, ricevendo un senso di approvazione da Axar, che subito sollevò la propria frusta contro il comune nemico.

“Tu, Generalessa, avanza con i soldati. I miei cinque compagni sono nel castello reale, insieme al Principe Aristos, al vostro Generale ed altri esseri che non sembrano per nulla pacifici”, spiegò poi Pandora, voltandosi verso Ebhe, “Bene”, replicò la semidea.

“Soldati, avete sentito? Coloro che ci vogliono aiutare stanno combattendo i nemici più pericolosi all’interno della zona reale, dobbiamo andare a soccorrerli, per gli dei e per le nostre famiglie! Trovate in voi la comune forza e fiducia, perché avanzeremo tutti assieme contro i soli nemici di tutto l’Oleampos”, tuonò allora colei che aveva vero nome Linnea.

 

L’esercito si mosse subito, come una perfetta macchina guerriera, scontrandosi con la potente furia dei Mille Rossi, che, ogni volta che venivano colpiti, si rialzavano, quasi fossero cadaveri come quelli comandanti da Orpheus, ma privi dei movimenti di quei burattini schiavi della musica oscura.

Ebhe stessa notò subito che i soldati che lei congelava, cercavano, anche con parte del corpo paralizzata, di avanzare per fermarli, attaccando, seppur inutilmente.

 

“Nessuno di voi ce la farà, perché i miei confratelli sono gli esseri più potenti del mondo ed io lo sono anche, ora che posso vantarmi di essere una delle Nove Teste dell’Idra. Vi abbatteremo con facilità e senza troppi problemi, seppiatelo”, avvisò soddisfatto Axides, “Parli troppo”, replicò con tono infuriato Axar, “Lo facevo per darvi alcuni attimi in più di vita, Anies, ma ora vi eliminerò entrambi”, minacciò l’Idra Tessitrice, preparandosi alla sua prima battaglia.