Capitolo 78: Secondo
Scontro – Il Re ed i Quattro Cavalieri
Nessuno degli Arvenauti si mosse dopo la partenza di Pandora, probabilmente Eracles avrebbe voluto andare ad aiutare la compagnia di viaggio e come lui anche gli altri, che sapevano quanto pericolosa poteva essere una delle Teste dell’Idra Nera, ma nessuno poteva lasciare la sua posizione nel castello reale, giacché anche dinanzi a loro si trovava una di queste Nove Teste con i suoi quattro Cavalieri a seguito.
“So che ognuno di voi freme dalla voglia di combattere sul serio, miei cavalieri”, esordì dopo alcuni secondi Bram-Nur, “Quindi, scatenatevi pure!”, ordinò alla fine.
Il primo a muoversi fu colui che aveva nome Kaspian. Con un veloce movimento del polso cercò di colpire con la frusta Argos, ma il Guardiano sollevò agilmente il proprio bastone, roteandolo sopra la testa, così da spingere lontano l’arma avversa, per poi investire in pieno petto il Cavaliere nemico, che fu costretto ad indietreggiare di alcuni passi.
“Davvero impressionante”, esclamò il Cavaliere che montava un serpente, “ma non è sufficiente contro la mia sinuosa compagna”, ridacchiò, tirando a se l’arma, che ferì alla spalla l’Arvenauta.
“Come può essere?”, esclamò Argos, appoggiandosi una mano sulla spalla, “Cosa ti sorprende? Che la mia frusta ti abbia raggiunto, o forse che non hai visto quest’ultimo colpo?”, domandò ironico Kaspian, “Sappi che quando fui scelto come uno dei Quattro Cavalieri il mio respiro, spezzato in guerra, fu reso mortale, un soffio che, appena inalato, rende deboli i sensi dei miei nemici, facendo di loro delle semplici prede della frusta che impugno”, spiegò soddisfatto il malefico cavaliere, preparandosi ad un altro attacco.
Ancora una volta la frusta scosse il cielo, per poi cadere contro il Guardiano, che riuscì ad evitarla con un veloce movimento laterale, spostandosi alla destra dell’avversario, per poi colpirlo con un potente fendente dato con il bastone, senza riuscire, però, a danneggiarlo particolarmente, data la resistente corazza che lo difendeva.
“Sei bravo, lo ammetto, con quei tuoi occhi, ma non puoi niente contro di me, ti eliminerò comunque”, continuò Kaspian, prima di ferire alla gamba il nemico.
“Parli troppo per i miei gusti, Cavaliere”, esordì allora Argos, “ma ti avvisò che non ti lascerò il tempo di uccidermi, sarò io a finirti per primo, poiché la vostra sola presenza in questo luogo offende sia me, sia gli dei per cui combatto”, tuonò il Guardiano, lanciandosi in un veloce assalto.
Con un veloce movimento Argos tentò di colpire alle gambe il nemico, la cui corazza resistette all’impatto; poi il Guardiano appoggiò l’arma al suolo e facendo leva su quella colpì con ambo i piedi l’elmo del suo nemico, che rimase illeso dopo quel secondo attacco, come il tronco della corazza che fu poi raggiunto da un veloce fendente a tagliare del bastone. “Tutto inutile”, tuonò allora Kaspian, prima di lanciare un nuovo colpo di frusta. Argos accennò un sorriso dinanzi a quell’attacco e chinandosi evitò l’arma avversa, che recise solo il suo abito, permettendogli di mostrare il ventre, da cui subito scaturì una forte luce verde.
“Ma cosa”, riuscì appena a balbettare il Cavaliere, prima di restare paralizzato, “Stallo! Ora nessuno dei due può colpire l’altro, né qualcuno dei nostri compagni potrà venirci in soccorso per ora”, avvisò con volto sofferente Argos, mentre le due ferite riportate sanguinavano copiose.
Anche Bram-Nur, la Testa dell’Idra più anziana, aveva iniziato a combattere dopo aver esortato i suoi Quattro Cavalieri. Con veloci colpi l’oscuro essere aveva attaccato Atanos, cercando di ferirlo con la propria spada, ma rimanendo sbalordito dalle doti di spadaccino dell’Immortale.
L’Arvenauta, infatti, si era rivelato molto svelto nell’uso della spada, con abilità aveva bloccato tre diversi fendenti, deviandoli e con la medesima abilità aveva poi quasi ferito l’avversario, cercando di colpirlo con precisi affondi. Ad un fendente portato da destra a sinistra della Testa dell’Idra, l’Arvenauta aveva risposto con un veloce movimento rotatorio, cercando di colpire, dopo essersi chinato, il nemico al tronco, ma non riuscendovi, poiché all’ultimo Bram-Nur si era allontanato da lui.
“Non puoi vincermi, questo lo sai, vero?”, domandò soddisfatto il Membro dell’Idra Nera, “No, non ho mai avuto questo dubbio. Tu non sei come Anirva, o Gyst, i tuoi poteri, se ne hai davvero, non mi hanno ancora bloccato in questa battaglia”, replicò l’Immortale, “Al contrario, sei già cosciente dei miei poteri, seppur in maniera inconscia, altrimenti perché cercheresti di evitare i miei fendenti, tu Atanos, l’Immortale”, sentenziò Bram-Nur, prima di lanciarsi in un nuovo attacco.
Con uno scatto deciso il Membro dell’Idra Nera tentò un affondo, ma Atanos lo bloccò, spostandosi lateralmente e deviando il braccio avverso con il polso, poi roteò nella mano la spada, “Se i tuoi poteri risiedessero nella tua arma, il tuo stile di lotta sarebbe migliore di questo!”, tuonò l’Immortale, conficcando la lama di Tomatos nel corpo del nemico, trapassandolo da parte a parte.
Bram-Nur ebbe un sussulto, poi guardò Atanos in volto e rise soddisfatto, “Ebbene? La tua mente non ha ancora capito?”, domandò il Membro dell’Idra Nera, spostandosi lateralmente, così da permettere che la spada uscisse dal suo tronco, recidendogli il braccio destro.
Ciò che Atanos vide poi gli parve una scena conosciuta: la pelle che, dopo essere stata tagliata, si riparava subito, non appena la lama si allontanava, i nervi e tutto il sangue che ritornavano integri, come se niente li avesse danneggiati e le vesti, dilaniate, rimanevano l’unico segno di un colpo subito sul corpo. Quella scena accadeva ogni volta che qualcuno aveva tentato di colpirlo da quando era stato maledetto, ma ora la vide avvenire sul corpo di Bram-Nur il suo nemico.
“Tu sei come me”, balbettò perplesso l’Arvenauta, “Esatto, sono l’Idra Immortale”, si presentò il nemico, “ho dato l’anima nel vero senso della parola per ottenere l’eternità ed altri poteri legati a questo corpo senza morte”, esclamò divertito Bram-Nur, sollevando di nuovo la spada, mentre il suo corpo appariva illeso al nemico.
Anche un altro dei Quattro Cavalieri aveva intanto iniziato il suo attacco, Methos, colui che armato di falce aveva sfigurato Marut e che ora tentava di attaccare mortalmente Iason ed il suo Re, Ruganpos.
Il sovrano osservava con occhi attenti i due combattenti, il primo, dalle orrende vestigia, teneva sollevata fra le mani una gigantesca falce, mentre l’altro gli si parava contro armato solo del suo corpo.
“Sei pronto alla morte se non hai armi per difenderti”, osservò con gelida voce il Cavaliere, per poi roteare la propria falce e lanciarsi in un deciso attacco contro l’Arvenauta, “No, non mi servono armi, semplicemente”, replicò Iason, spostandosi lateralmente e colpendo allo stesso tempo il nemico con un veloce calcio roteante.
La corazza di Methos si incrinò nel punto colpito, ma allo stesso tempo un profondo taglio si aprì sulla gamba del Guerriero di Aven. “Ci vuole coraggio e precisione per colpire nel momento stesso in cui ci si difende, ma queste tue doti sono inutili contro di me”, osservò con tono deciso il Cavaliere, voltandosi verso il nemico.
Iason non ebbe nemmeno il tempo di chiedere il perché, incrociò subito lo sguardo del suo oscuro avversario, due occhi neri, privi di luce, se non per un pallido bagliore dato da delle iridi grigie, iridi che esplosero in un’oscura onda luminosa, che scosse interamente il corpo del Guerriero di Aven, paralizzandolo in una posizione innaturale.
“Cosa gli hai fatto?”, esclamò stupito Ruganpos, “La stessa cosa che il suo compagno sta facendo a Kaspian, gli ho bloccato il corpo con lo sguardo, ma nel mio caso è la volontà e l’aria di morte che mi circonda a terrorizzarlo, paralizzandolo, quindi non devo restare fermo anch’io e posso completare la vostra morte”, sentenziò Methos, sollevando la falce e scattando contro il proprio nemico.
“Non posso restare fermo!”, pensò fra se Iason, prima che il suo corpo brillasse di una luce grigia, “Anche lui addestrato alle arti dell’Oriente?”, domandò sorpreso Methos, mentre tentava un affondo subito bloccato dalle veloci mani del nemico.
L’onda d’urto della falce aprì tre ferite sul corpo del Guerriero di Aven, ma non riuscì ad ucciderlo, “Sei un avversario da non sottovalutare, lo devo ammettere”, osservò il Cavaliere, mentre la luce grigia circondava ancora il corpo di Iason, “ma non pensare di battermi con arti che Marut sapeva usare persino meglio di te”, concluse.
In quel momento furono gli occhi dell’Arvenauta a brillare di una luce grigia, prima che il corpo del Cavaliere fosse alzato a mezz’aria e lanciato verso il cielo, in quel momento anche Iason si lanciò in un salto e con un potentissimo calcio investì il nemico in caduta, frantumandogli il pettorale della corazza e ferendolo gravemente al petto, prima che cadesse rovinosamente al suolo.
“Iason!”, esclamò Re Ruganpos, alzandosi da terra, “Non muovetevi, maestà, il mio nemico è ancora vivo”, osservò il Guerriero di Aven, osservando Methos rialzarsi. Grande fu lo stupore negli occhi dei due uomini di Seev nel vedere il corpo del Cavaliere circondarsi di una luce verde, che poi si spense, mostrandolo illeso.
“Come puoi pensare di uccidermi? Nessuno ci è mai riuscito da quando servo Bram-Nur”, affermò quietamente l’oscuro essere, lanciandosi in un altro deciso attacco con la falce, a cui Iason rispose con veloci e decisi movimenti di difesa ed offesa combinati.
Atanos osservava stupito il proprio nemico, “Leggo la sorpresa nei tuoi occhi senz’anima, Arvenauta, eppure pensavo tu lo avessi capito, per questo ho detto che noi due eravamo legati quando tu fosti maledetto ed io ricevetti questa forza”, esordì in quel momento Bram-Nur.
“Forza? Perdere l’anima non è una forza è l’abbandono di se stessi per diventare esseri senza niente!”, replicò deciso l’Arvenauta, “Nel tuo caso, forse, puoi sentirti così, ma io non sono affatto così. Aver perso l’anima mi ha reso libero da blocchi morali, so cosa è male e bene, ma non mi importa, compio solo ciò che desidero, senza la sofferenza e la gelida presenza che invece caratterizzano te. Tu non hai perso i sentimenti con l’anima, li hai solo nascosti a te stesso prima di tutto, cosa che invece io non faccio. Godo ogni attimo della mia Immortalità, se no, che gusto ci sarebbe?”, domandò divertito il Membro dell’Idra Nera.
“Maledetto essere”, ringhiò, quasi privo della sua gelida calma, Atanos, lanciandosi all’attacco con forza ed evitando con abilità i fendenti del nemico, per poi colpirlo con i propri: tagli, affondi e fendenti di ogni genere raggiunsero il corpo del suo avversario, ma ogni volta che la lama si allontanava da quel corpo, le ferite si rimarginavano immediatamente lasciando Bram-Nur sorridente.
“Adesso scusami un attimo, ho qualcosa da fare”, esordì dopo alcuni secondi il passato Re di Nemon, spingendo indietro il nemico con la mano destra.
Atanos barcollò per alcuni secondi fermandosi e vedendo il corpo del suo avversario circondato da una luce verde, che aprì una ferita sul suo petto, ferita che subito si richiuse come tutte le altre.
“Che cosa?”, si domandò stupito l’Immortale, “Niente di ché, soltanto uno dei tuoi compagni che era riuscito a ferire uno dei miei Cavalieri”, rispose l’altro con un sorriso divertito.
“Hai subito tu l’attacco?”, incalzò stupito Atanos, “Si. Questo è un altro dei miei poteri, i Quattro Cavalieri. Quando divenni una delle Nove Teste dell’Idra chiesi per me i migliori dei soldati che avevo avuto in vita e mi furono concessi i loro quattro corpi con relative anime, quindi decisi che le loro anime avrebbero albergato nel mio abisso, una cosa che di certo conosci bene, così da legare per sempre la loro vita alla mia. Finché io esisto, loro non possono essere feriti, sono io a subire le ferite per loro, quindi finché non muoio, loro non muoiono ed io sono immortale”, spiegò con tono soddisfatto Bram-Nur.
“Dunque con l’Immortalità, hai ricevuto anche la schiavitù di quei quattro esseri”, osservò disgustato l’Arvenauta, “E c’è anche un terzo dono, di cui ora ti farò partecipe, un dono che non ti piacerà particolarmente, forse”, concluse Bram-Nur, preparandosi a riprendere lo scontro.
Anche Eracles aveva iniziato a combattere, tentando con diversi pugni di raggiungere il tronco e lo stomaco dell’immane nemico che si trovava dinanzi a lui, “Non pensare di battermi così, moccioso!”, tuonò allora Silas, sollevando la gigantesca ascia con una mano e cercando di decapitare il figlio di Urros.
Con un movimento veloce il giovane si chinò e tentò una combinazione di pugni al tronco del Cavaliere, senza però riuscire a danneggiarne le vestigia in modo significativo, per poi colpirlo con un montante all’elmo, costringendolo così ad indietreggiare stordito.
“Hai molta forza in quei pugni, ragazzino, bravo, ma non riuscirai comunque ad uccidermi”, lo ammonì il gigante, “Non ho mai avuto intenzione di ucciderti, però, vorrei renderti inoffensivo”, replicò con voce quieta l’Arvenauta, ricevendo una beffarda risata in tutta risposta.
“Se non vuoi uccidermi, non avrai molte possibilità di sopravvivere a questo scontro, perché io attacco solo per toglierti la vita”, tuonò infuriato Silas, roteando di nuovo la grande ascia, che ferì lievemente il petto del giovane figlio di Urros, prima che, con un secondo movimento, il piatto della lama lo investisse al braccio destro, gettandolo al terra, a diversi passi di distanza.
“Visto, moccioso? Così si combatte”, affermò con voce orgogliosa il Cavaliere, avanzando verso il nemico a terra, “ti strapperò la testa e la terrò per ricordo, dati i magnifici lineamenti, così innocenti e sinceri che vi sono ritratti”, ridacchiò divertito, sollevando la lama contro Eracles.
Con un veloce movimento delle gambe, l’Arvenauta colpì le ginocchia del nemico, costringendolo a cadere al suolo, quindi, appoggiandosi sul fianco il figlio di Urros gli fu addosso, colpendolo con un potente pugno al tronco e poi con un secondo attacco, dato con il piatto della mano, lo investì al volto, concludendo quindi l’assalto con un diretto in pieno elmo.
Il figlio di Urros vide la difesa frantumarsi e scoprire il volto del nemico, un volto spento, con occhi di un colore marrone scuro che non esprimevano nessuna sensazione, né odio, né dolore. Notò subito Eracles che i lineamenti, che lui aveva ferito, furono circondati da una luce verde, per poi riapparire illesi.
“Tu non puoi farmi niente, lo vuoi capire? Io invece ti ho già danneggiato il braccio che non hai usato per affrontarmi e tieni accasciato vicino al corpo”, lo ammonì Silas, sollevando di nuovo l’ascia, che subito fu bloccata dall’altro braccio di Eracles.
“Forse ho un braccio solo e non posso ferirti, ma non ti darò di certo modo di uccidermi con quella tua forza, innaturale, ma non pari alla mia”, replicò l’Arvenauta, che aveva ripreso sicurezza in se stesso, “non posso permettertelo, c’è troppa gente con cui voglio ancora parlare”, concluse con un sorriso cupo il giovane.
Atanos notò un altro bagliore verde sul volto di Bram-Nur, mentre evitava un suo fendente, quindi, mentre era ancora avvolto dalla luce, l’Immortale affondò la spada nelle sue carni, senza però ferirlo.
“Come ti ho già detto, non puoi farmi nulla”, lo avvisò l’Idra Immortale “ed a questo punto ti devo dimostrare perché la situazione fra noi è diversa”, concluse agitando velocemente la spada.
Fu un movimento veloce e preciso quello con cui il malefico essere deviò la lama di Tomatos, aprendo allo stesso tempo una ferita sulla gamba sinistra di Atanos, il quale si sbalordì non per l’abilità del suo avversario, ma nel vedere che quel danno alla gamba non si richiudeva come tutti gli altri subiti in passato, anzi, iniziava a sanguinare e far male.
“Sorpreso, o forse sofferente?”, domandò beffardo Bram-Nur, “Non capisci come sia successo? Tu, Atanos l’Immortale, colui che da secoli cerca la morte, ma non è mai riuscito nemmeno a scalfirsi un braccio, ha adesso una gamba segnata da una ferita. Ti stai chiedendo com’è possibile, vero? Questa è la mia terza dote, la più potente, l’antitesi di ciò che fa il mio corpo”, spiegò con voce soddisfatta.
“Che vuoi dire?”, domandò perplesso Atanos, zoppicando indietro, “Voglio dire che se nei nostri corpi si agita una forza senza pari, l’essenza dell’eternità, se così vogliamo chiamarla, malgrado da te sia affondata in un abisso di dolore, così nella mia spada c’è qualcosa di diverso, un potere supremo, la forza estrema della mortalità. Quest’arma ha ucciso Rahama ed Aian, due divinità incredibilmente famose e potente e sarà questa stessa spada a compiere il gesto che da tanto aspetti”, concluse l’Idra Immortale, calando un altro fendente contro il corpo dell’Arvenauta, che solo con un veloce movimento riuscì a salvarsi, ricevendo però una seconda ferita, al petto stavolta.
“Non sei ancora pronto a morire?”, domandò allora Bram-Nur, “No, lo sono, ma voglio farlo a modo mio”, replicò con volto soddisfatto Atanos, sollevando dinanzi a se la spada di Tomatos.
Acteon guardava attentamente il nemico che si trovava dinanzi. Sembrava imponente quel cavaliere nelle sue malefiche vestigia, mentre la spada brillava malefica fra le mani. “Non hai intenzione di attaccare, Cacciatore?”, domandò gelidamente Kronos, “Si, certo”, tuonò in tutta risposta l’Arvenauta, lanciandosi all’attacco.
Il Cavaliere sembrò pronto a subire l’assalto, giacché non si muoveva per evitarlo, ma, improvvisamente, si spostò all’ultimo, evitando il colpo nemico ed investendo con una ginocchiata allo stomaco il Cacciatore, lasciandolo cadere supino al suolo, stremato.
“Ma come?”, balbettò infuriato Acteon, cercando di rialzarsi, ma all’ultimo si appoggiò sulle mani, cercando di colpire con i piedi il nemico, che li evitò all’ultimo, investendo con un calcio ai polsi il Cacciatore, che ricadde al suolo, privo di forze.
“Sembra, dal rumore delle tue ossa, che tu abbia già subito pesanti ferite, quindi non vedo motivo per usare la spada contro di te, basteranno le mie mani per ucciderti, però se non combatti un po’ meglio, non troverò alcun piacere nell’ucciderti”, avvisò Kronos.
“Dal rumore delle mie ossa? Ma non vedi le ustioni, maledetto?”, tuonò infuriato Acteon, scattando contro il nemico con un veloce tentativo di artigliata, che fu però fermata dalla mano destra del Cavaliere, mano con cui il nemico lo sollevò con facilità, lanciandolo nuovamente al suolo.
“Rumore, esatto”, ripeté Kronos, sollevando la copertura degli occhi nell’elmo, che permise al Cacciatore di vedere due profonde cicatrici al posto degli occhi. “Quando fui ucciso mi cavarono gli occhi, ma rinato come Cavaliere ho un udito mille volte più potente, sento ogni tuo piccolo osso muoversi, quindi, finché il suono sarà più veloce del corpo, potrò facilmente elidere i tuoi colpi, ferendoti io. E tu non sai quanto mi piaccia sentire le ossa frantumarsi”, spiegò il Cavaliere.
“Sei pazzo!”, ringhiò Acteon, alzandosi ferito, “No, noi Quattro siamo così. Silas adora la propria forza, Kaspian adora far agonizzare, Methos anziché uccidere dilania e tortura per lungo tempo ed io adoro far soffrire i miei nemici, come ora farò con te”, tuonò Kronos, calpestando la gamba destra del Cacciatore, che subito urlò sofferente.
“Sadici pazzi”, osservò sofferente Acteon, ma sorrise soddisfatto, estraendo una freccia dalla faretra che portava con se e conficcandola nella gamba del nemico, “Questo non lo hai sentito?”, tuonò il Cacciatore, “Questo non mi fa niente”, replicò l’altro, sollevando l’Arvenauta.
Acteon tentò di lanciare un calcio, ma subito Kronos lo bloccò con l’avambraccio, “Ma questo che ti fa?”, domandò ad un tratto il Cacciatore, conficcando una freccia nella parte di corazza scoperta, così da essere lasciato cadere al suolo e riuscendo ad allontanarsi dal nemico.
Atanos tentò di bloccare la spada nemica con la propria, ma la stoccata compiuta fu più debole di quanto lo stesso Immortale si aspettava, “Sei ferito e stanco!”, esclamò allora Bram-Nur, roteando su se stesso e conficcando la propria lama nella gamba illesa del nemico.
“Allora? Lotti ancora con la morte? Accettala, in fondo è ciò che vuoi”, osservò l’Idra Immortale, “Non lo so più”, replicò allora l’Arvenauta, mentre il ricordo della battaglia su Ten-Lah e della guerriera lì conosciuta lo spingevano a combattere per se stesso.
Con un pugno Atanos stordì il proprio nemico per qualche istante, mentre la mano roteava la spada, che subito colpì le dita del nemico, “Tutto inutile con quella”, ebbe appena il tempo di balbettare Bram-Nur, prima che un calcio lo spingesse lontano.
Solo allora l’Idra Immortale capì: con quel fendente Atanos aveva reciso la propria gamba e le dita della mano nemica, ovviamente quelle ferite si erano subito rimarginate su entrambi, ma nell’istante in cui lo aveva allontanato, l’Arvenauta, aveva fatto in modo che la spada restasse conficcata nella sua gamba, da dove solo allora la estraesse.
“Chissà se funziona anche su di te”, sussurrò stremato l’Immortale, roteando la lama nemica fra le mani e lanciandola contro il corpo del suo nemico.
Il Membro dell’Idra Nera non riuscì ad evitare il colpo nemico, che lo trafisse al fianco destro, affondandolo nella colonna dietro di lui, “Maledetto!”, tuonò infuriato Bram-Nur, mentre il sangue usciva copioso dalla ferita, “In fondo, non ci eravamo mai affrontati prima”, sussurrò appena Atanos, appoggiandosi alla propria spada per non cadere.
In quel momento, quando il corpo di Bram-Nur fu trafisso, tutti e quattro i Cavalieri si fermarono, “Maestà!”, urlarono all’unisono, voltandosi verso il loro comandante ed in quello stesso momento dalla porta che prima Aristos aveva difeso, uscirono due figure. “Dobbiamo fare presto!”, urlò una di loro, lasciando perplessi tutti i presenti.