Capitolo 81: Lotte furiose

 

Gli eserciti degli uomini di Aven e Lutibia avanzavano lungo le strade di Passis, capitale del regno sacro a Porian, qui diversi guerrieri avevano già trovato la morte, chi per la guerra che si era combattuta nei mesi trascorsi, chi per quella furente battaglia notturna, in cui un gruppo di morti viventi, l’esercito dei Mille Rossi, si opponeva alla loro salvezza e sopravvivenza.

I diversi soldati erano guidati da Ebhe, Generalessa dell’esercito di Aven, sotto le cui spoglie risiedeva la semidea Linnea, mandata a combattere fra gli uomini per ordine del supremo Urros, che aveva percepito il misterioso pericolo che minacciava quelle terre, pericolo che aveva preso la forma delle Idre Nere che lì si erano incontrate e stavano ancora combattendo contro gli Arvenauti.

Ci volle più di un’ora dall’inizio dello scontro, ma alla fine Ebhe riuscì nel suo intento: raggiungere il castello reale ed arrivare al giardino, insieme a tutti i soldati che erano sopravvissuti all’avanzata; ciò che però la Generalessa vide la stupì. I cinque Arvenauti lì presenti stavano combattendo duelli furiosi con Quattro esseri dalle armature oscure ed un uomo dalla lunga barba violacea che li guidava, finché questi non fu ferito da Atanos.

In quello stesso momento, dal lato opposto del giardino, Linnea vide apparire da una porta secondaria Cassandra, figlia di Priaso, ed un guerriero con lei, i due correvano senza sosta, fu solo la presenza di Aristos, primogenito del Re di Lutibia a fermarli.

I due fratelli ed il guerriero parlarono velocemente per alcuni minuti, poi scattarono tutti e tre in avanti, raggiungendo il corposo esercito ed Ebhe stessa.

 

“Soldati”, esordì stupito Aristos, osservando l’armata improvvisata, “Di Aven e di Lutibia”, continuò il secondo guerriero, “Sì, ci siamo uniti dinanzi al comune nemico che si è finalmente rivelato ai nostri occhi come Axides, vostro fratello, principi di Lutibia”, replicò con voce decisa la Generalessa.

“Tu sei una dei tre comandanti dell’esercito di Ruganpos, giusto?”, domandò prontamente il Primogenito di Lutibia, “Non è solo questo, in lei vi è una forza più antica, celeste”, aggiunse prontamente Cassandra, intromettendosi nel dialogo e sbalordendo Ebhe, “Che intende dire?”, domandò subito Aristos, “Quando vi sarà più tempo ve lo spiegherò, sappiate che vi sono alleata”, tagliò corto la Generalessa.

Un urlo troncò il dialogo: “Sta ritornando”, si sentì esclamare dalle fila dell’esercito, mentre tutti si voltavano, vedendo arrivare l’Idra Tessitrice. “Axides, dannato mostro”, ringhiò infuriato Aristos, “Quello è il Principe vostro fratello?”, domandò sbalordito il guerriero che conduceva Cassandra, “Esatto, Anhur, ma non preoccupatevi di lui, è mio”, replicò con tono gelido il Primogenito di Lutibia, sollevando la spada dorata, “voi occupatevi di ciò che aveva in mente Cassandra”, continuò poi, “tu, Generalessa, se ci sei alleata, dacci una mano a scacciare costoro, ascoltando il piano di mia sorella”, concluse, rivolgendosi ad Ebhe, che chinò il capo in segno di approvazione.

“Dobbiamo raggiungere il tempio sigillato”, fu la semplice spiegazione che diede prontamente Anhur, indicando una costruzione dall’altra parte dell’immenso giardino quadrangolare, ormai circondato da centinaia di nemici.

Linnea guardò i due combattenti, volgendo poi lo sguardo verso Aristos, che già si allontanava con passo deciso, “Bene, allora lascerò a te, guerriero, ed alla Principessa di Lutibia il comando dell’esercito, io andrò ad aiutare gli Arvenauti”, sentenziò la Generalessa, voltandosi poi verso l’esercito, “Soldati, seguite gli ordini di colei che di queste terre è principessa e di chi la difende”, tuonò la semidea, prima di scattare verso il luogo in cui Argos ed i suoi compagni combattevano.

Poco dopo fu Cassandra a parlare, “Seguiteci!”, ordinò semplicemente, mentre Anhur le apriva la strada.

 

Pandora si riprese, dopo alcuni attimi, era ancora al suolo, le forze le erano ormai venute meno, ma aveva potuto osservare il suo nemico che si allontanava, “Se Axides non ha nemmeno tentato di finirci, ci saranno delle prede per lui migliori in quel giardino”, osservò infuriata, cercando di alzarsi.

“Devo muovermi, devo raggiungere Eracles e gli altri, troppo grande è per loro il pericolo con due Idre Nere che li attaccano contemporaneamente”, tuonò l’Arvenauta, voltandosi poi verso Axar, che si stava riprendendo, seppur ferito, “Come ti senti, Generale?”, chiese lei al momentaneo alleato, “Abbastanza forte da alzarmi in volo, ma non sufficientemente per affrontare di nuovo quella creatura infernale”, rispose subito l’Anies, “ad ogni modo, se i nostri compagni di battaglia e Re Ruganpos sono in pericolo, non posso fare a meno di seguirti, se hai intenzione di tornare sul campo di battaglia”, concluse, mettendosi carponi al suolo ed aprendo di nuovo le ampie ali di rapace.

“È proprio quello che voglio fare”, tagliò corto Pandora, dividendosi nel Nero Sciame, che subito si alzò in volo, diretto verso il giardino reale, seguito dall’Anies.

 

Nel giardino reale, intanto, Bram-Nur aveva estratto la spada dal proprio fianco. “Sei stato bravo, Arvenauta, ma ormai è giunta per te l’ora di salutare questo mondo su cui cammini da troppo tempo”, minacciò l’Idra Immortale, sollevando la propria arma contro l’avversario.

“Sembra che tu te la sia presa per un danno che non è nemmeno permanente, vero?”, domandò subito l’Arvenauta, risollevando la propria spada, “Che intendi dire?”, incalzò l’altro, “Che già sento le gambe in forze, almeno quella che avevi ferito per prima, le ferite si stanno cicatrizzando ed il sangue ha smesso di scendere, tutto questo mi fa supporre che i tuoi colpi uccidano, di certo, ma soltanto perché rallentano i poteri che condividiamo, quindi solo con un fendente mortale puoi sperare di uccidermi, poiché l’agonia sarebbe pari al tempo necessario per curarmi”, rispose prontamente l’Immortale, pronto alla lotta.

“Sei scaltro, complimenti, ma sapere questo non ti salverà, perché, come dici tu, basta un singolo colpo mortale per eliminarti”, sentenziò deciso Bram-Nur, lanciandosi all’attacco.

Con un veloce movimento il membro dell’Idra Nera tentò un fendente sul capo del nemico, il quale lo parò deviandolo con il piatto della propria spada di Tomatos, così da allontanare l’arma nemica, per cercare dopo un affondo nel costato già ferito, colpo che fu impedito da un calcio di Bram-Nur alla gamba ancora sanguinante, che costrinse Atanos a chinarsi per il dolore.

L’Idra Immortale tentò quindi un nuovo assalto al nemico ormai in ginocchio, cercando di colpirlo dritto al cuore, ma l’Arvenauta fu più veloce e con una rapida rotazione intorno al ginocchio, si spostò, voltando le spalle all’avversario e conficcando la propria spada di Tomatos nel suo ventre, così da tagliarlo a metà all’altezza della spalla, che subito si ricongiunse al corpo, lasciando soltanto cadere parte della corazza e dando ad Atanos il tempo di allontanarsi e portarsi in posizione di guardia, con la spada all’altezza del capo.

“Mi hai davvero stancato, Immortale, deciditi a morire, in fondo non era quello che cercavi da secoli?”, tuonò innervosito Bram-Nur, osservando la pelle che si ricomponeva velocemente, “Stranamente, la morte non mi attrae più tanto. Forse perché non voglio vedere voi, membri dell’Idra Nera, vili demoni assassini, diventare vincitori in questo luogo, oppure perché ho intuito che dall’esito del nostro scontro potrebbe dipendere la vita dei miei quattro compagni, che non abbandonai su Midian e non abbandonerò ora, o, ancora, potrebbe essere semplicemente perché qualcosa mi spinge a restare in vita, una speranza nel futuro, qualcosa che vada oltre i miei affetti ed i legami passati ed ormai scomparsi. Ma tutto questo è niente rispetto al dovere che ho verso i miei compagni Arvenauti e verso Odisseus che ha sacrificato la vita per tutti noi”, rispose prontamente Atanos, “poi sembra che tu non ti diverti più e questo da un certo sollievo al mio vuoto essere”, concluse accennando un sorriso sul suo gelido viso.

Il passato re di Nemon avrebbe voluto continuare l’assalto, ma un rumore distrasse entrambi, che subito si voltarono nel notare lo scoppio di scontri ancora più accesi intorno a loro, dovuti all’arrivo di alleati di ambo le parti.

 

Sul campo di battaglia circostante, Eracles era fermo, in una situazione di stallo con Silas. Fra i due avversari la prova di forza per il controllo dell’ascia era impressionante: il giovane figlio di Urros, infatti, malgrado avesse un braccio ferito, non aveva ancora abbandonato la presa, seppur il suo nemico lo colpiva ripetutamente con la mano libera.

“Rinuncia, ragazzino, è l’unica via che hai per morire velocemente”, tuonò dopo alcuni minuti il Cavaliere nemico, “No, mai”, replicò l’Arvenauta, scattando in avanti e colpendo in pieno il volto avverso con una testata, che costrinse Silas ad indietreggiare sanguinante, prima di colpire il giovane nemico con un potente pugno al braccio ferito, che costrinse Eracles ad urlare, ritirando la presa.

Le ferite sul viso di Silas si ripararono subito, lasciando sbalordito il figlio di Urros, che sapeva di avere davanti un nemico che, nemmeno volendo, avrebbe potuto uccidere, ma improvvisamente arrivò qualcuno alle spalle del nemico, saltandogli addosso.

“Adesso, ragazzino, colpiscilo ora”, tuonò una figura muscolosa, con potenti guanti metallici ed il viso segnato da un’ustione ancora molto vivida.

“Chi sei tu?”, ringhiò infuriato Silas, “Myooh, uno dei Custodi della Principessa di Lutibia, ora sceso in campo per vendicare i miei compagni morti”, tuonò in tutta risposta il possente guerriero, che non riuscì per molto a trattenere il nemico, volando quindi contro Eracles, che lo bloccò al volo.

Quando il Custode si rimise in piedi, il giovane figlio di Urros capì subito che il nuovo alleato era molto ferito, “Non dovresti combattere in quelle condizioni”, esordì subito il ragazzo, “Non preoccuparti, ho la pelle dura, posso affrontarne trenta di questi esseri senza problemi”, esclamò con voce divertita l’altro.

“Tu, piuttosto, sei uno dei Naviganti, vero?”, domandò dopo pochi attimi Myooh, “Sono Eracles, uno degli Arvenauti, esatto”, si presentò l’altro, pronto a riprendere la lotta con l’aiuto di questo nuovo alleato.

I due si lanciarono contro Silas contemporaneamente, ma questi con un potente movimento dell’ascia cercò di tagliarli entrambi, fallendo nel suo piano quando l’arma superò Eracles, che subito la bloccò con ambo le mani, “Presto, colpiscilo ora”, tuonò dopo il giovane figlio di Urros, mentre Myooh raggiungeva al volto il nemico con un potente pugno, i cui segni scomparvero dopo i bagliori verdi che lo avevano avvolto.

“Stupidi!”, tuonò infuriato Silas facendo perno sul piede sinistro, mentre con il destro colpiva alla schiena Eracles, gettandolo a terra e raggiungendo poi Myooh con un veloce movimento dell’ascia, che rigettò indietro anche il Custode, stordito.

I due guerrieri si rialzarono subito, pronti ad un nuovo attacco, quando un ronzio li interruppe, lasciando felicemente sorpreso il figlio di Urros. “Eracles!”, esclamò subito la Signora del Nero Sciame, apparendo dinanzi ai tre, “Pandora”, replicò il giovane Arvenauta, ma il sorriso fra i due fu fermato da un ringhio furioso di Silas, che attirò l’attenzione di entrambi.

“Lascialo a me ed a questo guerriero Lutibiano”, esordì dopo alcuni secondi il giovane figlio di Urros, “Cosa?”, domandò lei sbalordita, “Abbi fiducia, questa volta non sarò inutile in battaglia, inoltre penso che Acteon abbia bisogno di aiuto, dato che già era stato ferito dal Generale fiammeggiante”, concluse con voce cupa il giovane, sorridendo poi alla compagnia di viaggio, che replicò con un altro sorriso, prima di allontanarsi dal campo di battaglia di Eracles, Myooh e Silas.

“Forse in tre avreste avuto più possibilità di sopravvivere”, ridacchiò prontamente il Cavaliere, “Non preoccuparti di noi”, tagliò corto il Custode, pronto alla lotta insieme al momentaneo alleato.

 

Acteon osservava il nemico dinanzi a se, era riuscito a ferirlo più volte, ma questi sembrava non preoccuparsene minimamente, anzi, aveva notato il Cacciatore, dei bagliori verdi erano gli unici effetti dei suoi attacchi, bagliori che lasciavano illeso il corpo di Kronos.

“Sei veloce ed astuto, mezzo uomo, ma non potrai certo abbattermi così, troppa è la forza dei miei colpi e la resistenza del mio corpo, come puoi sperare di uccidermi così?”, domandò beffardo il Cavaliere, sollevando la spada.

Con un potente fendente Kronos cercò di raggiungere il nemico, ma l’Arvenauta si spostò con velocità, rotolando sul terreno, per poi lanciarsi contro il Cavaliere, così da tentare di conficcare gli artigli nel suo elmo. “Troppo poco”, avvisò deciso il servitore dell’Idra Immortale, bloccando con la mano destra il corpo dell’avversario e lanciandolo di nuovo al suolo, “Come puoi sperare di abbattermi con questi colpetti? La corazza non può certo essere infranta dai tuoi artigli di cane”, osservò soddisfatto il Cavaliere, puntando di nuovo la spada contro il ferito Arvenauta.

Un nuovo affondo cercò di perforare Acteon, ma questi si spostò prontamente, colpendo con un calcio il braccio del nemico, così da farlo lievemente barcollare, mentre si allontanava da lui.

“Non potrò abbatterti, ma intanto ti terrò occupato finché non mi viene un’idea”, avvisò deciso il Cacciatore, “Sarebbe questo il tuo piano? Non ho altrettanto tempo da perdere, purtroppo”, lo ammonì Kronos, sollevando la spada dal suolo, prima che un forte ronzio li circondasse.

“Che cosa?”, tuonò infuriato il Cavaliere, allontanando con un veloce movimento di spada l’Oscuro Sciame che gli si stava gettando contro, “Ecco il mio piano”, affermò ironico Acteon, osservando gli insetti riprendere la forma di Pandora.

“Come mai a soccorrere me e non il ragazzo?”, domandò incuriosito il Cacciatore, salutando con un sorriso la Signora del Nero Sciame, “Eracles me lo ha chiesto, pensa che tu sia più in difficoltà di lui”, ironizzò divertita l’altra, rispondendo al compagno di viaggio, che rimase stupito da quelle parole.

“Ho una gran voglia di finirlo da solo dopo queste parole, ma il tuo aiuto non posso negare che è più che gradito e necessario, è vitale”, osservò con un triste sorriso Acteon, sollevando gli artigli contro il comune nemico, “Ad essere sincera, non so quanto potrò esserti utile, sono sfinita dopo lo scontro con l’altro membro dell’Idra Nera e l’apparizione di quel mostro”, spiegò con voce secca Pandora, mentre gli insetti oscuri si agitavano intorno a lei.

“Nemmeno in due potete sperare di colpirmi”, avvisò Kronos, “Davvero? Io credevo che con quel tuo udito, la presenza dello sciame di Pandora sia un problema, dato il rumore”, ridacchiò in tutta risposta Acteon, facendo poi un cenno all’alleata.

Subito il Nero Sciame si scatenò contro Kronos, il quale sembrò essere spiazzato da quel forte ronzio, poco prima che Acteon, veloce e silenzioso come un lupo che insegue una preda nei boschi, si lanciasse contro di lui, colpendolo alla base dell’elmo con i profondi artigli.

Kronos subì il colpo, ma l’artigliata si rivelò inefficace come i colpi precedenti, fu a quel punto che il Cavaliere nemico scoppiò in una risata, prima di sollevare velocemente la spada e produrre una profonda ferita sul petto del Cacciatore, che ricadde indietro, sanguinante.

Poco dopo il Nero Sciame si ricompose vicino ad Acteon, “Tutto bene?”, domandò preoccupata Pandora, “Si, la ferita non è mortale, seppur vorrei tanto essere come te o Atanos”, ridacchiò sofferente l’Arvenauta, mentre osservava Kronos, fermo dinanzi a loro.

“Non spererete davvero di eliminarmi con un così misero trucco? Non potete abbattermi con questi rumorosi insetti, solo sperare di rallentarmi”, tagliò corto il Cavaliere.

“Proprio questo dobbiamo fare, dobbiamo rallentarlo, mentre qualcuno trova un modo per eliminare i suoi compagni”, sussurrò con un soffio di voce Acteon, ancora disteso al suolo, sanguinante, “Me ne occuperò io”, replicò quietamente Pandora, il cui volto era chiaramente stremato.

 

Lo scontro fra Iason e Methos continuava con ferocia e velocità, nessuno dei due guerrieri sembrava perdere l’attenzione e la precisione che li avevano portati a colpirsi ripetitivamente, senza però stroncare le loro vite, data l’abilità di difendersi combinata con quella di attaccare che li caratterizzava.

Bagliori azzurri e grigi apparivano ad intermittenze sul corpo dell’Arvenauta, donandogli velocità e potenza di colpire, o la dote di spostare velocemente l’avversario stesso, spingendolo lontano, ma tutto questo era inutile contro i feroci assalti di falce e le doti di cura che aveva dimostrato il Cavaliere.

“Non puoi colpirmi, mi sembrava di avertelo ripetuto”, esordì dopo alcuni minuti di continui assalti Methos, “Nemmeno tu sei ancora riuscito a finirmi”, replicò Iason, “Però ti ho ferito più volte”, lo ammonì l’avversario, lanciandosi di nuovo all’assalto.

“Non sarà questo a fermarmi, mentre per fermare te, siccome non ti si può colpire, basterà disarmarti”, tuonò deciso l’Arvenauta, mentre la luce grigia lo circondava, bloccando allo stesso tempo le mani di Methos, che furono contratte in modo innaturale, mentre la falce volava via da loro, cadendo al suolo, vicino al Guerriero di Aven.

Il Cavaliere scoppiò in una risata, dopo un primo momento di sorpresa, “Se pensi che questo blocchi la mia forza mortale, ti sbagli, poiché quell’arma è parte di me e si muove secondo il mio volere”, sentenziò furioso, mentre la falce si sollevava, ferendo all’avambraccio destro Iason, che si dovette chinare su se stesso per il dolore.

“E non è ancora finito, mi occuperò personalmente di uccidere il tuo Re”, avvisò Methos, mentre la falce roteava verso Ruganpos ancora al suolo, spaventato. “Maestà!”, riuscì appena ad urlare Iason, prima che il rumore di una frusta, allontanasse l’arma dal sovrano di Aven, per poi introdurre l’arrivo dell’alato Generale Axar, che scese al suolo ferito, fra Ruganpos ed i due combattenti.

“Axar!”, esclamò prontamente il Guerriero di Aven, vedendo il guerriero alleato, “Iason, mi occuperò io di difendere il Re, tu preoccupati solo di costui”, propose prontamente l’Anies con un sorriso gentile sul volto.

“Bene, allora mi vedo costretto ad eliminarne tre anziché due”, si intromise prontamente Methos, riprendendo la propria arma, “Al contrario, sono curioso di vedere quanto quella falce sia parte di te”, lo ammonì Iason, il cui corpo era nuovamente circondato da un bagliore azzurro, prima che scattasse velocissimo verso il nemico.

“Tutto inutile”, lo avvisò il Cavaliere, preparandosi a colpirlo, ma l’Arvenauta fu più veloce e bloccò con la mano destra la lama, stringendo con una forte tale da romperla, ferendosi l’arto, per poi ritirarsi.

“Ora sei tu ad essere disarmato, puoi solo difenderti”, avvisò deciso Iason, mentre l’avversario sembrava pronto ad usare la propria arma come un bastone, per continuare la lotta.

 

Argos aveva osservato i diversi combattimenti dei compagni con gli occhi bianchi che aveva sul capo, mentre con i verdi, apparsi sul suo tronco, teneva bloccato il nemico, Kaspian.

L’attenzione dell’Arvenauta fu però attirata dall’arrivo dei diversi alleati e nemici nel campo di battaglia, finché non vide che Bram-Nur, fermatosi per il medesimo motivo, emise un urlo: “Axides, colpisci quel Navigante, prima di occuparti dei figli di Priaso”, ordinò l’Idra Immortale, prima che l’altro Membro dei Nove oscuri esseri, puntasse uno dei suoi dardi contro il Guardiano di Lera.

“Argos!”, sentì urlare l’Arvenauta alle sue spalle, mentre Ebhe si avvicinava a lui ed il dardo veniva, allo stesso tempo, scoccato.