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Maternità (opera di Raffaello)

Dott. Giovanni Pomili

Specialista in Ginecologia ed Ostetricia
Perugia

 

I segni ecografici di anomalie cromosomiche fetali.

 

Dalla fine degli anni '70 l'ecografia è stata utilizzata in maniera sempre più intensa in Ostetricia per le sue enormi potenzialità nello studio dello sviluppo del feto.
Infatti l'ecografia può darci informazioni su molti aspetti della gravidanza come:

  1. l'eventuale presenza di patologie genitali materne associate alla gravidanza come fibromi, cisti ovariche, malformazioni uterine;

  2. la localizzazione intra-uterina o extra-uterina della gravidanza;

  3. la gravidanza singola o multipla;

  4. l'epoca reale della gravidanza;

  5. la vitalità del feto;

  6. la regolare crescita fetale;

  7. lo stato di benessere o di sofferenza fetale;

  8. la posizione del feto;

  9. la regolarità della placenta e del liquido amniotico;

  10. la presenza di malformazioni fetali.

E' noto da tempo che i feti affetti da anomalie morfologiche rilevabili ecograficamente (malformazioni) sono spesso portatori di anomalie cromosomiche (tabella n. 2).
Più recentemente molti ricercatori hanno tentato di individuare dei segni ecografici precoci, sensibili e specifici che permettano di sospettare la presenza di anomalie cromosomiche fetali.


Attualmente i segni ecografici maggiormente utilizzati sono:

nel I trimestre

La Trans-lucescenza nucale, Nuchal Translucency, NT

Con tale termine si indica un’area transonica nucale che è compresa fra la cute ed i tessuti molli fetali sovrastanti la colonna vertebrale cervicale.
Tra la 10° e la 14° settimana, attraverso uno studio ecografico condotto per via transaddominale o per via tranvaginale, nella stessa scansione sagittale del feto utilizzata per la misurazione del CRL, normalmente si può visualizzare questa zona di trans-lucescenza che corrisponde ad un fisiologico accumulo sottocutaneo di liquido.
Generalmente questo reperto ecografico regredisce nel corso del II trimestre entro la 20° settimana. [L'ecografista deve essere esperto per evitare false misurazioni, distinguendo bene la cute fetale dalla membrana amniotica, che in quest'epoca di gravidanza non è ancora completamente accollata alla membrana coriale ed alla parete uterina].

Nel 1992 Nicolaides e poi nel 1994 e nel 1995 Pandya e coll. riportarono una associazione positiva tra lo spessore della NT fetale (fetal nuchal translucency thickness) e le alterazioni cromosomiche fetali come le trisomie 21, 13, 18, la sindrome di Turner (monosomia X) e le triploidie.
Seguendo i criteri di standardizzazione della metodica, la NT si misura nel punto di massimo spessore. Nei feti con anomalie cromosomiche lo spessore della NT è maggiore rispetto a quanto atteso in base all'epoca gestazionale ed il rischio è particolarmente elevato se la misura è superiore ai 2,5 - 3 mm.
Numerosi studi hanno riportato un’associazione positiva fra aumento della NT ed i difetti cromosomici ma con frequenza estremamente variabile, tra lo 0 % ed il 100 %, con una media del 29 %.
Nicolaides propone un cut-off superiore ai 2,5 mm (con un detection rate dell’80% e con il 4,1% di falsi positivi). In presenza di uno spessore normale (NT inferiore a 2,5 mm) il rischio di anomalia cromosomica risulta 4-5 volte inferiore a quello atteso in base all’età materna, viceversa con valori anormali, superiori ai 2,5 mm, il rischio aumenta di circa 12 volte rispetto a quello calcolato esclusivamente in base all'età materna. Attualmente il cut-off più utilizzato e inferiore ai 3 mm tra la 10° e la 14° settimana.

nel II trimestre

1.   La Plica Nucale PN   o edema della nuca

Con tale termine si indica un accumulo di fluido nella regione retro-occipitale, a livello dei tessuti molli posteriori del collo, tra la cute e la squama occipitale. La misura viene effettuata tra la 14° e la 20° settimana di gravidanza, generalmente con una scansione trasversa, subito al di sotto del piano di scansione del cervelletto.
Secondo alcuni studi quando lo spessore della plica nucale è superiore ai 5 mm il rischio che il feto possa essere affetto da anomalie cromosomiche, prevalentemente la sindrome di Down, oscillerebbe tra il 19 ed il 33 %. Altri autori invece, in studi prospettici, utilizzando lo spessore dell'edema della nuca superiore ai 5 mm come test di screening per la sindrome di Down, hanno identificato solo l’8 % dei feti trisomici, con un tasso di falsi positivi dell’ 1,2 %, riducendone sensibilmente il valore prognostico.
In ogni caso la misura della PN viene considerata - allo stato attuale - il segno ecografico più sensibile e specifico per le anomalie cromosomiche fetali, nel II trimestre.

2.   Le Cisti dei plessi corioidei, CPC

Per cisti dei plessi corioidei si intende la visualizzazione ecografica di piccole aree rotondeggianti, transoniche, all’interno dei plessi corioidei fetali.
Si riscontrano in circa l’ 1 % dei feti fra la 16° e la 24° settimana di gestazione e in più del 90 % dei casi scompaiono spontaneamente entro la 26° - 28° settimana, senza esiti.
Generalmente le CPC non hanno alcun significato realmente patologico ma rappresentano una variante al normale sviluppo della vascolarizzazione dei plessi corioidei.
Numerosi studi hanno riferito un'associazione fra CPC ed anomalie cromosomiche fetali, in particolare con la trisomia 18 (sindrome di Edwards).
Alcune ricerche hanno riportato che le CPC si associano ad anomalie cromosomiche solamente in circa l’1 % dei casi, se sono le uniche anomalie. La percentuale sale al 46 % circa se invece sono associate ad altre anomalie ecograficamente evidenti.
In base ai dati disponibili, è utile ricordare che dal punto di vista statistico l’associazione tra anomalie cromosomiche e CPC non varia:
a. con l’aumentare delle loro dimensioni,
b. in relazione alla sede mono o bilaterale,
c. in base al loro numero.

3.   La iperecogenicità intestinale

Per iperecogenicità intestinale si intende un aumento della normale densità ecografica dell’intestino fetale nel II trimestre.
Si osserva in percentuali variabili tra lo 0,5 e l’1,95 % delle gravidanze, ed è stata messa in relazione alla presenza nel feto della fibrosi cistica (FC, una malattia genetica), delle anomalie cromosomiche, soprattutto la trisomia 21, 18 e 13 e del ritardo di crescita intrauterino (IUGR).
In studi recenti è stato valutato il grado di iperecogenicità dell’intestino fetale comparandolo alla densità ecografica della cresta iliaca fetale.
Utilizzando questo grading è stata suggerita una correlazione tra l’intensità dell’ecogenicità intestinale e la probabilità che il feto risulti affetto da FC o da trisomia 21.
Globalmente le anomalie cromosomiche sono state riscontrate nel 7 % dei feti con iperecogenicità intestinale isolata e nel 42 % dei feti che avevano altre anomalie associate. In particolare la trisomia 21 (sindrome di Down) è stata riscontrata nell’1,4 % dei feti con iperecogenicità isolata.

4.   Le Pielectasie Renali, PR

Nel II trimestre di gravidanza il diametro antero-posteriore del bacinetto renale non dovrebbe superare i 5 mm. Per pielectasia si intende quindi la dilatazione del bacinetto renale, con diametro superiore a 5 mm, non associata a dilatazione dei calici o delle vie urinarie, nè a riduzione del liquido amniotico. La pielectasia può essere mono o bi-laterale,
Le PR si riscontrano abbastanza comunemente in epoca prenatale, con una frequenza di circa il 2 %. Nella maggioranza dei casi rappresentano una variante fisiologica con normale prognosi neonatale ma, recentemente, le PR sono state correlate alla presenza di anomalie cromosomiche fetali, anche se in percentuali molto variabili, a seconda delle diverse casistiche.
In uno studio di Nicolaides, condotto su un numero elevato di casi, la presenza di PR è risultata associata ad anomalie cromosomiche (trisomia 21, 13 e 18) nel 13 % dei casi.
In particolare, se la PR era isolata le cromosomopatie erano presenti nel 3 % dei casi, se invece la PR era associata ad altre anomalie strutturali, la percentuale di feti con cromosomopatia saliva al 31 %.
Il rischio di anomalie cromosomiche associate è risultato simile sia in caso di interessamento monolaterale che bilaterale. Curiosamente la prevalenza di cromosomopatie è risultata quasi doppia nei feti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile.
L’esperienza attuale suggerisce che la presenza di PR isolata comporta un rischio di anomalia cromosomica fetale solo lievemente aumentato rispetto al rischio naturale correlato all’età materna: rapporto rischio osservato / rischio atteso = 1,6.

5.   L'iperecogenicità dei muscoli papillari o Foci iperecogeni cardiaci

Per iperecogenicità dei muscoli papillari si intende la visualizzazione ecografica di ispessimenti iperecogeni situati a livello dei muscoli papillari dei ventricoli cardiaci fetali, con dimensioni che possono variare da 1 a 6 mm.
La loro frequenza nelle ecografie routinarie del II trimestre varia dallo 0,5 al 4,8 % a seconda delle varie casistiche.
Secondo alcuni ricercatori questo marker sarebbe riscontrabile nel 16 % dei feti con trisomia 21 e nel 39 % di quelli con trisomia 13.

6.   La Biometria delle ossa lunghe

Negli ultimi anni vi sono stati molti tentativi di individuare, attraverso l'ecografia, i feti affetti da anomalie cromosomiche ma che non presentavano anomalie strutturali maggiori.
A questo scopo sono state utilizzate diverse valutazioni biometriche che però si sono rivelate inaffidabili perchè spesso le anomalie biometriche possono essere sfumate o completamente assenti nel II trimestre di gravidanza, anche se divengono evidenti dopo la nascita.
In particolare i feti con trisomia 21 presentano talvolta un accorciamento relativo delle ossa lunghe come il femore e l’omero ma la sensibilità e la specificità di tutti gli indici biometrici più utilizzati (diametro biparietale / Femore, Femore osservato / Femore atteso, Circonferenza Cranica / Femore) non hanno fornito risultati attendibili, tali da essere considerati affidabili per un loro uso routinario nello screening ecografico delle anomalie cromosomiche.
I feti affetti da trisomia 21 e 18 spesso presentano alla nascita anche brachicefalia, cioè la riduzione del diametro fronto-occipitale per appiattimento della squama occipitale e probabilmente per riduzione del lobo frontale.
Tuttavia il tentativo di documentare un’alterazione dell’indice cefalico (diametro biparietale / diametro fronto-occipitale) non è risultato utile anche in questo caso per la bassa specificità e sensibilità riscontrate in differenti casistiche.

7.   L'arteria ombelicale unica AOU, Single Umbilical Artery SUA

Nel cordone ombelicale normale sono presenti 3 vasi: 1 vena ombelicale e 2 arterie ombelicali. La SUA consiste nella presenza di due soli vasi, una arteria ed una vena.
Complessivamente la frequenza della SUA è di circa lo 0,2 - 1,1 % nelle gravidanze singole mentre nelle gravidanze gemellari l’incidenza risulta 3 - 7 volte più elevata, pari al 4 - 5 %.
Sono stati descritti quattro tipi di SUA, in base alla possibile eziologia. La più frequente è però il tipo I (98 % dei casi) che può associarsi ad anomalie del sistema nervoso centrale e del tratto urogenitale basso, alla sindrome del cordone ombelicale corto ed all’acardia.
La SUA può essere associata ad anomalie cromosomiche nel 12 % circa dei casi; l'anueploidia più frequente è la trisomia 18.
Oltre alle anomalie cromosomiche la SUA è stata messa in relazione anche con il ritardo di crescita intrauterino (IUGR) nel 18 % e, come riportato sopra, con le anomalie strutturali fetali nel 7 - 55 % dei casi .


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Questa pagina è stata visitata volte dal 3 Maggio 1998. Ultimo aggiornamento: 28 marzo 1999.

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