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IL DIRITTO DI SECESSIONE
I movimenti separatisti nell’Unione Europea La Lega Nord, attorno alla metà dei Novanta, ha assunto per alcuni anni posizioni separatiste; contestualmente a questa escalation politica, si è sviluppato un discreto dibattito sul tema del diritto di secessione. Politologi, saggisti e altri addetti ai lavori si sono interrogati su un quesito molto semplice e diretto: quando una comunità politica -nel caso specifico si trattava della Padania- può affermare di avere il diritto di distaccarsi dallo Stato di cui fa parte? A questa domanda sono state date svariate risposte, anche molto tempo prima che la questione riguardasse il rapporto fra Padania e Italia. Un numero assai alto di Stati europei e di altri continenti ha affrontato il tema, per così dire sulla propria pelle, a seguito di richieste o proclami di secessione da parte di regioni interne ad essi o comunque ad essi soggette. E' almeno dai tempi della Rivoluzione Americana che si pone il tema della secessione, nelle sue molteplici accezioni, passando attraverso la successiva Guerra Civile, i moti "nazionali" ottocenteschi in Sud America ed Europa, la crisi degli imperi nella I Guerra Mondiale, la decolonizzazione seguita alla Seconda, il crollo dell'impero sovietico. In tutti questi periodi storici i conflitti, democratici o armati che fossero, hanno spesso avuto, fra le proprie cause ispiratrici, la questione del distacco di un territorio da uno Stato, da una Federazione o da un Impero. Nella sezione precedente abbiamo avuto modo di elencare il gran numero di Paesi europei nati da movimenti separatisti sorti nel XX secolo (in particolare con la crisi dell'URSS). In questa sezione affronteremo anche noi la questione del diritto di secessione. Prima di procedere, però, faremo una brevissima rassegna, puramente esemplificativa, dei principali separatismi tuttora attivi nell'Europa occidentale. Riteniamo che questo excursus politico-geografico sia utile per comprendere che il separatismo non è un'invenzione leghista nè una questione del passato. E' una tematica che tuttora riguarda importanti membri dell'Unione Europea e che spesso determina, al loro interno, la vita politica e i risultati elettorali. Iniziamo dunque dalla Spagna, dove troviamo forti spinte secessioniste nelle Comunità della Catalogna e dei Paesi Baschi. Queste due regioni godono di una fortissima autonomia, conquistata e ampliata progressivamente a partire dalla fine degli anni '70. In Catalogna le rivendicazioni autonomiste e separatiste non hanno conosciuto significativi fenomeni di lotta armata e terroristica, aspetto che invece ha caratterizzato le vicende dei Paesi Baschi. In entrambi i casi, comunque, le principali formazioni politiche autonomiste/separatiste delle due comunità autonome sono ideologicamente collocate al centro e alla sinistra radicale. Spostandoci più a nord nel continente europeo, troviamo spinte separatiste in Gran Bretagna. Nel contesto britannico convivono, come in Spagna, autonomismi di intensità diversa; i due principali riguardano l'Irlanda del Nord (anche detta Ulster) e la Scozia. Come nel caso spagnolo, si può osservare la compresenza di istanze autonomiste e secessioniste, così come di forme di militanza armata e di pura militanza politico-elettorale pacifica. La collocazione ideologica delle formazioni autonomiste/separatiste è similare a quella del paese iberico e, se proprio volessimo fare delle similitudini, potremmo vagamente paragonare la situazione politica basca a quella nordirlandese e quella catalana alla scozzese; ciò per quanto riguarda in particolare il livello della tensione esistente fra le popolazioni locali e i rispettivi governi centrali. Esattamente a metà strada fra Spagna e Gran Bretagna si situa la Francia. Qui, il fortissimo accentramento del potere nel corso dei secoli e l'esistenza di un nazionalismo francese ai limiti del fanatismo, ha decisamente sfavorito il consolidarsi di movimenti secessionisti. Tuttavia anche la Francia è percorsa da tensioni autonomiste radicali, più circoscritte ma ormai ben conosciute. E' il caso, in particolare, della Corsica a Sud e della Bretagna nell'estrema punta settentrionale. Il limitato grado di autogoverno territoriale, presente nella Repubblica Francese, non consente di fare agevoli paragoni con le realtà iberiche e britanniche elencate in precedenza; quelle, infatti, godono di forme significative di autonomia -per Catalogna e Paesi Baschi si potrebbe persino parlare di Stati nello Stato- dunque hanno avuto la possibilità concreta di esprimere delle leadership territoriali di primo piano, e di affermare in questo modo una propria identità politica forte. Nonostante i limiti del regionalismo francese, va comunque rimarcato il fatto che le istanze autonomiste/separatiste bretoni e corse hanno trovato sempre più risonanza nel corso degli anni. Anche in questo contesto osserviamo la presenza di una significativa componente di centro-sinistra nelle formazioni politiche autonomiste/separatiste delle due regioni francesi citate. Chiudiamo con il caso forse più eclatante, e paradossalmente il meno conosciuto in Italia, a causa della collocazione ideologica delle parti in causa. Stiamo parlando del piccolo Belgio, dove sono fortissime le spinte separatiste provenienti dall’area fiamminga, ovvero dalla regione confinante con l’Olanda. Il Belgio, fino agli anni Ottanta, era uno degli Stati più centralizzati. Al suo interno la minoranza vallona, formata dai belgi di lingua francese e prevalentemente orientata a sinistra, godeva di un netto predominio nella burocrazia e nelle istituzioni. Nel volgere di pochi anni la lotta dei fiamminghi per la conquista di spazi di autogoverno ha ottenuto risultati strepitosi. La nuova costituzione federale del Belgio, adottata nella prima metà degli anni Novanta, riconosce un'autonomia vastissima alle diverse comunità regionali, tanto da essere giudicata come una riforma federalista concepita per permettere ai belgi di separarsi meglio nel prossimo futuro. E' questa un'ipotesi probabile e auspicabile. I separatisti delle Fiandre, ideologicamente collocabili a destra, hanno subito, negli anni, una fortissima ostilità da parte del mondo dei mass-media e dai partiti tradizionali; tuttavia le tematiche indipendentiste del loro programma hanno progressivamente fatto breccia nelle altre formazioni politiche. Così, da una contrapposizione ideologica classica, si è passati, in Belgio, ad una contrapposizione territoriale, che ha messo finalmente in luce le pesanti contraddizioni dell'unità belga. La nostra breve rassegna dei principali secessionismi in Europa occidentale non può prescindere dalle esperienze che si sono avute nello stesso Stato italiano (oltre al leghismo padanista). Ci riferiamo, in particolare, ai movimenti politici sorti dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale nelle Regioni di confine a Nord e nelle Isole: Valle d'Aosta, Trentino-Sud Tirolo, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia hanno tutte conosciuto forme di autonomismo/separatismo più o meno estese e più o meno radicali, in parte ancora vive e vitali; tali movimenti, spesso ben radicati nella popolazione, hanno di fatto permesso a queste Regioni di ottenere forme di autonomia speciale molto significative. Va detto che le tre Regioni padane hanno saputo far fruttare egregiamente lo status di autonomia speciale loro riconosciuto; lo stesso non si può dire delle due Isole. In ogni caso, le vicende di queste aree e il particolare statuto che le lega alla Repubblica Italiana sono la perfetta dimostrazione di come il separatismo (o, quantomeno, l'autonomismo radicale) non siano stramberie figlie del leghismo degli anni Novanta, bensì un fenomeno diffuso e profondamente radicato da tempo in vaste aree della stessa Repubblica Italiana. |