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(segue - CONCLUSIONI OPERATIVE
) Piccolo manuale del militante secessionista Nell'attesa che la Regione Lombardia si muova sulla strada dell'autogoverno radicale, ben oltre quanto fatto sinora, è necessario che un numero sempre maggiore di cittadini lombardi si mobiliti in favore della secessione. A questo proposito, vogliamo offrire ai nostri visitatori alcuni consigli utili. Il primo, e certamente più scontato, è l'invito a diffondere questo nostro manifesto. Ma anche a discuterne le tesi. Proprio al fine di consentirne un'ampia diffusione, abbiamo scelto di costruire un sito che fosse quanto più possibile agile ed essenziale. Non volevamo dar vita ad un trattato di politica o di diritto: volevamo soltanto approntare un piccolo sito dal contenuto forte e chiaro. Un manifesto, per l'appunto. Per questo motivo, abbiamo scelto di non predisporre note, tabelle, cartine, richiami bibliografici, indici analitici. Ci scuseranno per queste omissioni i visitatori più esigenti. Non era nostra intenzione privarli di riferimenti certi e inoppugnabili -che ovviamente abbiamo e che rappresentano le basi empiriche del nostro lavoro-. Crediamo che sia molto importante che i sostenitori delle nostre idee discutano le nostre argomentazioni e, laddove lo ritengano necessario, le approfondiscano. La materia su cui indagare è ampia, e ogni giorno la cronaca economica, sociale e politica ci offre importanti spunti di riflessione. Noi pensiamo che la lettura di questo manifesto debba indurre molti nostri concittadini lombardi a rivedere il proprio modo di affrontare le notizie e le questioni politiche. Pensiamo, per la precisione, che essi debbano cominciare a chiedersi, ogni volta che un dato socio-economico viene reso noto, se esso sia in grado di fotografare adeguatamente la realtà e le effettive condizioni della nostra Regione o se, invece, esso produca una comunicazione distorta. Facciamo un esempio concreto, riallacciandoci a quanto spiegato nella quarta sezione. La Lombardia è l'unica Regione a non avere deficit previdenziale. Ciò significa, come abbiamo già avuto modo di spiegare, che i contributi versati dai cittadini lombardi pareggiano le prestazioni previdenziali erogate nella nostra Regione. Purtroppo, però, quando si parla di previdenza in Italia, lo si fa sempre dando un quadro nazionale, dal quale si trae l'impressione che la situazione sia disperata e prossima al crack. Leggere questo tipo di notizie in chiave lombarda significa allora questo: saper distinguere fra la reale situazione previdenziale della nostra Regione, che è assolutamente in ordine, e quella del Sud che è, al contrario, totalmente deficitaria; e saper trarre da ciò la logica conclusione: che la Regione Lombardia può ambire tranquillamente a divenire uno Stato indipendente poiché, per l'appunto, non dipende dai soldi italiani (semmai è esattamente vero il contrario, e cioè che la nostra Regione mantiene il Centro-Sud, ma è chiaro che questo sfruttamento ai nostri danni non può continuare a vita). C'è un altro aspetto, direttamente collegato con il precedente, che va rimarcato. Abbiamo appena detto che bisogna imparare a regionalizzare i dati e le notizie politiche, per capire e spiegare la reale situazione socio-economica della Lombardia, che è florida e ben diversa da quella dell'Italia. Per fare un passo ancora più in là, è necessario che i sostenitori della secessione lombarda (ma anche dell'autogoverno in forme più limitate) si attivino per promuovere la regionalizzazione delle associazioni di cui fanno parte. A cominciare dai partiti politici. Se c'è infatti una causa per la quale la Lombardia soffre di una forma di sottorappresentatività pubblica e di scarsa valorizzazione istituzionale, essa è da ricercare proprio nel fatto che la nostra Regione raccoglie moltissimi iscritti e fornisce moltissime entrate economiche alla maggior parte delle associazioni nazionali italiane (partiti inclusi), senza però veder riconosciuta la propria specialità. Quando usiamo questo termine, intendiamo dire che la prima Regione per produttività, per popolazione, per multietnicità, per contributi fiscali non può essere perennemente soggetta, praticamente in ogni ambito della vita civile, alle decisioni che vengono prese dalle sedi centrali romane di associazioni e partiti. Questa menomazione civile assume toni paradossali in ambito politico. Fatta eccezione per la Lega Nord, che è un partito padano e, come tale, strettamente legato al territorio, tutti gli altri partiti nazionali utilizzano la propria militanza ed il proprio elettorato lombardo allo scopo di far eleggere al Parlamento di Roma cittadini provenienti da altre Regioni (i cosiddetti paracadutati); naturalmente ci sono anche parecchi lombardi eletti in quei partiti, ma ben pochi di loro finiscono poi per rivestire incarichi significativi di governo. Per ciò che riguarda, invece, gli eletti al Consiglio Regionale della Lombardia, va purtroppo rilevato che, in troppi casi, essi agiscono soprattutto come rappresentanti dei rispettivi partiti nella nostra Regione, piuttosto che come cittadini lombardi votati alla difesa dei nostri interessi, a prescindere dall'appartenenza politica. Sebbene negli ultimissimi anni ci siano state prese di posizione trasversali moderatamente autonomiste, bisogna rilevare che esse sono state troppo blande e che si sono fermate alle parole; infatti, nessun autentico progresso sulla strada del federalismo è stato compiuto da parte del Governo e del Parlamento di Roma, che si sono rivelati per l'ennesima volta impermeabili alle sollecitazioni federaliste provenienti dal Nord e specificamente, dalla nostra Regione: insomma, passano gli anni, scorrono i fiumi di denaro dalla Lombardia al Centro-Sud, ma l'autogoverno regionale rimane al palo. Ecco allora perchè è importante che i sostenitori della secessione siano presenti anche nelle sezioni lombarde dei partiti tradizionali: perchè in questo modo essi potranno contribuire attivamente a diffondere l'idea dell'autogoverno radicale e della secessione della Regione Lombardia anche in quelle forze politiche. In particolare, essi potranno battersi per chiedere che le sezioni regionali lombarde dei partiti nazionali si distacchino da quelli e si trasformino in autonome formazioni politiche lombarde. Questa situazione si è già verificata in altre comunità europee con forte vocazione autonomista, a cominciare dalle già citate Catalogna, Paesi Baschi e Fiandre. Ciò ha decisamente contribuito a rafforzare l'identità territoriale e a orientare la politica dei partiti tradizionali, ormai regionalizzati, verso programmi maggiormente autonomisti. "Ma come?" - si chiederanno a questo punto i nostri visitatori - "dovremmo fare i secessionisti nel Partito Democratico e nel Popolo delle Libertà?" La risposta è "Sì". Pensiamoci: nelle formazioni politiche tradizionali trovano spazio gruppi di interessi di ogni genere, dagli ecologisti ai pensionati, dai lavoratori dipendenti alle casalinghe, dai gay agli studenti, dagli immigrati agli imprenditori, senza contare i responsabili per il Mezzogiorno e quelli per le autonomie locali. Perchè dunque non potrebbero farne parte anche i sostenitori della secessione della Regione Lombardia –o, quantomeno, i fautori di forme di autogoverno radicale per la nostra comunità-? Uno dei concetti che il nostro manifesto si prefigge di diffondere è proprio questo: la secessione non deve essere vista come la scelta di una piccola minoranza politica, chiusa nel proprio recinto e smaniosa di improvvisare una rivoluzione; al contrario, la secessione va intesa come scelta naturale e ineludibile di una intera comunità regionale, i cui cittadini, al di là delle personali propensioni ideologiche (liberali, socialdemocratiche, di destra o sinistra radicale), decidono di dichiarare superata l'esperienza unitaria italiana, soprattutto nella forma centralista in cui essa si è sino ad ora realizzata. Diremo di più: è importante che i sostenitori dell'idea secessionista per la Lombardia agiscano anche e, forse, soprattutto, al di fuori dei partiti, quali che siano. Non vogliamo contraddire quanto appena detto a proposito della formazione di "correnti indipendentiste" all'interno delle formazioni politiche tradizionali. Vogliamo piuttosto dire che, nell'epoca di internet, dei mezzi di comunicazione sempre più aperti all'intervento e alla partecipazione dei singoli cittadini, della libertà di espressione in forme un tempo inimmaginabili, è giusto che il sostenitore della secessione si faccia egli stesso "partito politico". Ovvero, è necessario che la propria idea politica venga testimoniata personalmente da ogni secessionista lombardo senza delegarne il compito ai soli partiti. Questi ultimi, infatti, possono essere anche fortemente influenzati dalle correnti di base, ed è quindi bene che al loro interno maturi una coscienza indipendentista lombarda. Ma è abbastanza illusorio attendersi che siano i partiti, per primi, a farsi carico espressamente e pubblicamente di queste richieste. E' semmai dalla società che deve nascere una spinta dirompente, aperta e pubblica, verso la secessione della Regione Lombardia. Ecco, allora, dove diventa determinante il ruolo del singolo sostenitore delle nostre idee: egli può trasformarsi nel punto nodale di una rete di persone che propagandano attivamente la separazione dall'Italia, attraverso la pubblicazione di pagine internet dedicate a questo tema, il volantinaggio e l’affissione di materiale realizzato in proprio, attraverso lettere ai giornali, inclusi quelli locali, attraverso la creazione di gruppi associativi spontanei dedicati a queste tematiche; e anche attraverso il semplice utilizzo di slogan, marchi, oggetti e simboli, autoprodotti o meno, che rimandino all'idea di secessione e che possano essere utilizzati nelle attività sociali quotidiane (inserire sul proprio sito internet, dedicato alle immersioni subacquee o alla coltivazione di un certo tipo di fiore, un piccolo logo, che propagandi la secessione della Lombardia, può fare molto di più di tanti politici lombardi lazzaroni incollati alle poltrone, romane e non solo). Per far questo, però, bisogna avere il coraggio di fare "outing". Cioè bisogna che i sostenitori della secessione escano allo scoperto, come va di moda oggi per ben altre attitudini personali. E’ curioso osservare come, nella nostra società, si stia diffondendo una sorta di esibizionismo estremo, per cui moltissime persone, specialmente giovani, decidono di mettersi in mostra senza alcun rispetto per la propria privacy; probabilmente sarà una conseguenza del potere dei mass-media nella nostra era. Tuttavia bisogna amaramente constatare che, a fronte di questi atteggiamenti spontanei e dilaganti, c’è per contro una grande reticenza nell’esprimere chiaramente le proprie idee politiche, specialmente quando queste riguardano il tema a noi caro. Lo abbiamo scritto fin dalle prime righe del nostro manifesto: la secessione è argomento tabù. Nel privato molti cittadini lombardi sostengono che il distacco dall’Italia sia un’opzione valida e auspicabile; a livello pubblico, però, ben pochi hanno il coraggio di testimoniare personalmente queste convinzioni. Bene, è giunto il momento di fare il salto. Non dobbiamo più vergognarci di questa scelta, non dobbiamo più sentirci giudicati. Impariamo a guardare alla secessione per quello che esattamente è: un progetto politico su cui è legittimo avere opinioni differenti, non una colpa morale o un’idea abbietta. Il progetto secessionista è un progetto di libertà e di rispetto, per noi stessi e per la nostra Regione. E’ necessario che i cittadini lombardi ad esso favorevoli lo capiscano. E anche gli altri, quelli indecisi, dubbiosi o contrari. Non si può accettare che l’idea secessionista venga tacitamente o espressamente messa al bando. Essa deve diventare parte integrante del dibattito pubblico sul futuro della nostra Regione e dello Stato di cui ancora facciamo parte. Per raggiungere tale obiettivo, è importante che ogni nostro concittadino, che sia favorevole alla creazione della Repubblica Lombarda indipendente, manifesti questo suo convincimento senza remore. Altrimenti avrà ragione lo Stato italiano a continuare a sfruttarci, perchè vorrà dire che siamo talmente proni nell’obbedienza a Roma da meritarci la condizione di servi fiscali in cui viviamo. |