(segue - UNA SECESSIONE DOLCE )



I vantaggi di separarsi nell’Unione Europea: la moneta comune

Ma lasciamo questi cattivi pensieri e facciamo un passo più in là, dal punto di vista concettuale. Abbiamo visto che la secessione, contrariamente a quanto i politici italiani vorrebbero farci credere, non significa "guerra e povertà". Chiarito questo aspetto, cerchiamo ora di capire quali conseguenze possa comportare una secessione nell'ambito dell'Unione Europea. In altre parole: gli esempi fatti in precedenza, relativi ai Paesi membri dell’UE, si riferiscono a Stati che hanno fatto la secessione all'esterno dell'Unione e che soltanto in una fase successiva hanno aderito ad essa; come potrebbe avvenire, invece, una secessione che si consumasse all'interno della stessa Unione Europea, o meglio, all'interno di uno Stato che faccia già parte della comunità continentale, come è il caso dell'Italia? E quali conseguenze avrebbe, da un punto di vista giuridico, tale distacco, tenuto conto che entrambi i due nuovi Stati emersi dalla secessione (nel nostro caso la Repubblica Lombarda e una più ridotta Repubblica Italiana) rimarrebbero a far parte entrambi dell'UE?

Chiariamo subito un punto: la secessione della Regione Lombardia dallo Stato italiano non è incompatibile con la permanenza dei due nuovi Stati nell'UE. Lo dimostra benissimo il caso della ex Cecoslovacchia che, dopo il crollo del Muro di Berlino, si è separata pacificamente e consensualmente fra il 1992 e il ‘93 nelle due entità statuali già in precedenza citate, e cioè Repubblica Ceca da una parte e Slovacchia dall'altra, le quali hanno poi aderito all'UE nel 2004. E' forse superfluo sottolineare che la Repubblica Ceca e la Slovacchia, una volta entrate a far parte dell'UE, non hanno comunque rinunciato alla propria reciproca indipendenza (e lo stesso si potrebbe dire dei tre paesi baltici, Lettonia, Lituania ed Estonia che, nonostante la condivisione di molte caratteristiche culturali e geografiche, e nonostante la precedente comune appartenenza all'URSS, non hanno certo sentito il bisogno, una volta entrati nell'UE, di costituire fra di loro un fantomatico “Stato baltico” unitario). Il bellissimo esempio ceco e slovacco di secessione democratica e pacifica, con successiva convivenza nella medesima comunità politico-economica continentale, dimostra chiaramente che la secessione serve per autogovernarsi ma non per chiudersi in un recinto; in altri termini, chi chiede (e raggiunge) il distacco dal Paese di appartenenza lo fa per motivazioni che sono perfettamente compatibili con la condivisione dei migliori principi del mercato unico europeo.
Anzi, diciamo di più. La comune appartenenza all'UE è la miglior garanzia di stabilità per due Stati nati da una secessione, in quanto permette di continuare a condividere i notevolissimi vantaggi derivanti dall'assetto comunitario europeo: libertà di spostamento delle persone e dei beni, quadro giuridico comune per le materie legate al commercio e alla tutela del cittadino, moneta unica forte e poco esposta alle cosiddette tempeste valutarie.

Se immaginiamo la secessione della Regione Lombardia dall'Italia (ma anche il frazionamento dell'Italia in due grandi e distinte entità statuali, una delle quali sia la Padania intera), possiamo provare ad elencare i vantaggi della permanenza all'interno dell'UE dei due nuovi Stati. Si tratta di benefici, lo vedremo subito, che permetterebbero a questa secessione che noi auspichiamo di essere un evento non traumatico ma, al contrario, molto morbido, una vera e propria "secessione normale". Veniamo dunque ad elencare i più significativi vantaggi di cui dicevamo.

La Repubblica Lombarda (o la Padania, nel caso di secessione dell'intero Nord) e la Repubblica Italiana continuerebbero innanzitutto ad utilizzare la stessa moneta comune, ovvero l'Euro che da ormai oltre sei anni abbiamo tutti nel portafoglio. Si tratta di una prima questione di importanza capitale. Al giorno d'oggi la società, intesa sia come apparati pubblici di governo sia come insieme delle relazioni economiche fra privati, dipende fortemente dalla stabilità della moneta utilizzata sia per i piccoli acquisti quotidiani che per le grandi operazioni finanziarie. Viviamo in un mondo strettamente interconnesso, nel quale una crisi in America, Cina o Giappone può avere effetti anche nel piccolo paesino situato ai piedi delle Alpi -si pensi ai fattori che influenzano il costo dell'energia, tanto per fare un esempio-. In un simile contesto è evidente il vantaggio che deriva dall'utilizzo di uno strumento monetario forte e stabile, poiché comune ad un'area territoriale e demografica di ampie dimensioni, caratterizzata da condizioni di sostanziale libertà di mercato.
In parole povere, il giorno dopo la secessione della Regione Lombardia entrambi gli Stati che ne deriverebbero (la neonata Repubblica Lombarda e la residua Repubblica Italiana) continuerebbero a parlare la stessa lingua economica e finanziaria, e non sarebbero soggette a gravi turbolenze dei rispettivi mercati tali da mettere a repentaglio la stabilità stessa dei due sistemi socio-economici.
Naturalmente ne deriverebbero due Stati con conti pubblici ben diversi; da una parte, la Repubblica Lombarda con un bilancio in perfette condizioni -già oggi la Regione Lombardia rispetta tutti i parametri di Maastricht-, dall'altra, la Repubblica Italiana con i conti disastrati che già oggi conosciamo. Questa però è un'altra questione, e riguarda la necessità che gli italiani del Centro-Sud comincino a produrre le risorse che consumano, invece di continuare a spendere grazie ai flussi di denaro provenienti dal Nord e, in particolare, dalla Regione Lombardia. Insomma, quella del dualismo economico è precisamente una delle motivazioni che ci spingono ad invocare la secessione, non una sua possibile conseguenza.