Progetto per un edificio polifunzionale

PROGETTO PER UN EDIFICIO POLIFUNZIONALE

Esercitazione accademica di progettazione all'interno di un lotto previsto dal piano urbanistico di Firenze Castello

Vista prospettica del fronte principale

Scorcio della zona ricreativa e del bar


IL CENOBIO DEGLI ARTISTI

Introduzione

Il cenobio degli artisti è un tema progettuale estremamente seducente, che, destinato ad un tipo di committenza particolare, propone la rielaborazione di modelli tipologici e di sperimentazioni formali volumetriche; un tema che, per la flessibilità della programmazione funzionale, offre una possibilità di ricerca che va oltre la progettazione dell’edificio stesso, coinvolgendo anche i modelli comportamentali dei suoi fruitori, proponendo loro nuovi modi di integrazione sociale e psicologica. Questo tipo di progettazione diventa quindi un modo ambizioso per proporre idee elaborate nei corsi di progettazione durante quattro anni di esperienza universitaria e dalle più svariate suggestioni, da quelle puramente legate all’architettura attraverso riviste, monografie e viaggi all’estero, a quelle legate in maniera più astratta al mondo dell’arte, alla vita di ogni giorno e, in ultimo luogo, ma non di minore rilevanza, a quelle legate direttamente alla personalità del progettista.






Particolari degli alloggi

destinati agli insegnanti.


Obiettivi del progetto

L’edificio progettato è destinato ad una scuola -nel senso più lato del termine- di scultori. La scelta di questo tipo di attività artistica è motivata dalla parziale coincidenza tra architettura e scultura: entrambe agiscono nello spazio e sullo spazio attraverso relazioni tra l’oggetto e l’uomo, modificando sensazioni e stati d’animo di chi fruisce dell’opera plastica.

Intesa in questo senso l’architettura diventa una scultura attraversabile e vivibile che vive non di sola contemplazione ma partecipa alla vita di chi ne fruisce in maniera totalizzante.
Nuovi tipi di spazi, volumetrie vertiginose, contraddizioni all’interno di un unità programmata diventano motivo di riflessione, una costante messa alla prova delle capacità umane di rapportarsi con l’ambiente e di sapersi adattare ad esso. È emblematico l’esempio del padiglione brasiliano all’Università di Parigi di Le Corbusier e Lucio Costa; il pavimento della hall d’ingresso non è orizzontale ma si muove come se fosse un terreno naturale fatto di terra, erba e leggere pendenze. E sono le sensazioni che si ricevono percorrendolo che inducono alla riflessione su ciò che viene ritenuto oggettivo ma che attraverso questa nuova esperienza viene rimesso in discussione. Per questo motivo nel mio progetto gli spazi si relazionano in maniera stridente e violenta, in modo tale che il passaggio non sia un semplice continuum tra un luogo ed un altro, ma sia pure una sollecitazione costante dei sensi, uno stimolo continuo ad una nuova percezione dello spazio.
Purtroppo l’uomo moderno è abituato al frastuono delle città, un rumore di fondo che non è presente solo attraverso l’aria, ma che coinvolge tutto il suo costruito; il suo occhio è già abituato a tutto e il caos della cultura dei mass-media lo ha ulteriormente assuefatto agli stimoli esterni, l’architettura deve quindi, per riattivare i processi dell’esperienza, frustare il senso comune delle cose.
Questa mia revisione dello spazio architettonico non può prescindere dalla concezione di spazi intimi e personali, di luoghi nei quali una persona possa ritrovarsi fisicamente e psicologicamente. È infatti importante che l’oggetto architettonico, perché non venga rifiutato a priori, debba accogliere il suo fruitore, è infatti il benessere dell’Uomo il motivo per cui esso è stato progettato.
La realizzazione di questo primo obiettivo -creare stimoli violenti e spazi di quiete- si è avvalsa di una estrema integrazione delle funzioni, perché è dalla loro commistione che scaturisce il processo del divenire: il passaggio. Mirati a questo scopo gli spazi vengono definiti da muri incompleti; setti bidimensionali che creano un limite psicologico e non fisico dello spazio, lasciando liberi i punti di incrocio al passaggio della luce e agli sguardi dei curiosi che vogliono avere un’anticipazione di ciò che troveranno all’interno dell’edificio.
I muri appaiono quindi come elementi oggettuali che enfatizzano quel processo di aggregazione programmata insito nella totalità del progetto.
È infatti un procedimento di genesi di geometrie che ha guidato il disegno della pianta, un processo di creazione attraverso rotazioni e dimensionamenti che si legano a quelli del piano regolatore: una passerella sopraelevata e ruotata di 13 gradi sopra un quadrato di 60 metri di lato. Da queste due direzioni si articolano le rotazioni, i parallelismi e i processi di decostruzione-distruzione dell’edificio.
Il percorso concettuale viene seguito fedelmente nelle piante nelle quali si ritrovano in maniera precisa le geometrie costitutive. È in esse che ho approfondito una ricerca che ambisse, oltre all’aspetto tecnico-funzionale, anche ad una certa qualità grafica della rappresentazione.
I modelli a cui posso più facilmente far riferimento sono le piante di Tadao Ando, dove rette e curve si combinano a formare, oltre che architetture, geometrie astratte di notevole forza, o a quelle di Bernard Tschumi, architetto decostruttivista che affianca alla ricerca architettonica seducenti elaborati grafici come corollario e spiegazione del suo agire.
Il tipo di ricerca grafica e architettonica si è combinata all’utilizzo del computer, che ha permesso di dare una visione completa del progetto, altrimenti difficilmente spiegabile e controllabile.



Pianta piano terra



Il programma

Attraverso l’analisi mirata di alcuni progetti ed edifici, con l’aiuto dei suggerimenti forniti dal corso, le prime idee per il programma distributivo hanno acquistato chiarezza. Molta importanza è stata data alle relazioni visive e connettive tra i vari spazi dell’edificio con le rispettive funzioni, ed alle relazioni delle stesse parti con lo spazio esterno. Anche la ricerca formale è stata mirata a curare questi rapporti, creando quindi occasioni di ricchezza e carica espressiva nei punti di contatto e di articolazione delle varie parti, nei nodi di collegamento, nella facciata che si presenta sulla faccia principale.

Il compito rappresentativo delle varie parti è affidato alla composizione plastica; l’articolazione volumetrica, assimilabile ad una C chiude al suo interno tre corti; la più grande, sulla quale si affacciano tutte le funzioni contenute nell’edificio, è coperta da una vetrata.
Più precisamente le funzioni che si trovano in questo cenobio sono distribuite come segue.

Piano terra

1. Corte d’ingresso bar e spazi espositivi

2. Corte d’ingresso scuola e biblioteca
3. Hall principale
4. Bar
5. Spazi espositivi
6. Laboratori
7. Biblioteca

Primo piano

1. Bar

2. Piazzetta sopraelevata
3. Passerella in quota
4. Spazio espositivo
5. Alloggi studenti
6. Aule
7. Alloggi insegnanti

Pianta secondo piano

1. Terrazza sopraelevata

2. Alloggi studenti
3. Aule
4. Alloggi insegnanti

La cellula residenziale

Su due ali dell’edificio sono dislocati 14 alloggi, di cui 10 destinati agli studenti e 4 agli insegnanti.

Lo spazio di questi alloggi è stato progettato tenendo presente che il fruitore dovrebbe essere un artista, con esigenze quindi particolari, da cui derivano l’enfatizzazione di alcune caratteristiche dimensionali e funzionali, come il doppio volume e l’atelier e l’atrofizzazione degli spazi di servizio, ridotti al minimo.
Caratteristica quindi di tutti gli alloggi è di avere solamente i servizi igienici delimitati da quattro pareti. La cellula residenziale diventa quindi manifesto di un tipo di vita che coinvolge e incentiva l’interazione collettiva lasciando la concentrazione individuale nel luogo dove possa anche esplicarsi: l’atelier.
L’alloggio per tre studenti è forse il più radicale; il bagno in posizione centrale divide un unico ambiente e i letti ribaltabili rendono lo spazio estremamente flessibile durante il giorno.
Gli alloggi per gli insegnanti sono disposti su due livelli ed hanno due doppi volumi, uno in posizione centrale ed uno affacciato su una grande vetrata.

Il tessuto urbano

Il progetto si inserisce nel lotto numero 39 del progetto della piana di Castello del Di Pietro. È un lotto al perimetro dell’area pianificata ed è fortemente caratterizzato da una passerella pedonale in quota.

La sfida che si pone il progetto è quella di creare una certa dinamicità all’interno del disegno regolatore dell’area senza che però questo movimento vada ad interferire negativamente sulla visione della cortina stradale.
L’edificio si relaziona in maniera forte con la strada; una serie di muri ciechi e di quinte dalla consistenza quasi cartacea chiudono l’edificio in un sistema di corti interne, per combattere una visione dell’architettura tesa a distruggere la materia attraverso le infinite forature delle finestre.
Un arretramento del filo di facciata dal bordo della strada ha creato una sorta di piazza, elemento polarizzante di flussi, sulla quale si affacciano due diversi ingressi dell’edificio, uno coperto, che si relaziona più strettamente alla scuola ed agli spazi più privati, ed un altro che è accesso al bar e alle sale di esposizione. Altri due accessi sono a livello della passerella: vogliono essere un punto di fuga per chi la sta percorrendo; su questo passaggio sopraelevato si aprono spazi nuovi, di cui uno con le caratteristiche riferibili ad una piccola piazza sulla quale si aprono degli accessi diretti al bar ed all’edificio stesso.

Grande importanza è stata inoltre data al ruolo di mediazione tra la città e la campagna, data la posizione perimetrale di questo lotto all’interno del piano regolatore; la diversa composizione dei volumi e delle funzioni segnalano il processo di cambiamento del rapporto uomo-ambiente.

Il disegno del giardino vuole ulteriormente sottolineare questo dialogo attraverso il confronto tra la sua secca precisione e le irregolari mutazioni stagionali del bosco e dei campi coltivati, si vuole porre come forma di land art o di earth art attenta a mettere in scena l’incontro con la natura, senza ridursi ad un tentativo di riprodurla ma trasformandola in un palcoscenico che è luogo di incontro.

Superfici occupate:

  • Esposizione mq. 606
  • Bar mq. 254
  • Residenze studenti mq. 810
  • Residenze insegnanti mq. 500
  • Biblioteca mq. 513
  • Laboratori mq. 684
  • Aule mq. 450
  • Uffici scuola mq. 60