ARIVO : FILASTROCCHE ROCK, DA RODARI AL PROTOPUNK
di Ernesto Assante
Si chiamano Arivo, con una erre sola, in onore del dialetto
romanesco che sovrintende a tutta la loro produzione letteraria.
Ma non sono una band di tradizione popolare, bensì definiscono il
loro lavoro come "un canzoniere per bambini nevrotici, punto
d’incontro tra Gianni Rodari e un accumulatore sovraccarico".
Rock ? Forse, ma in realtà gli Arivo (Tiziano Toniutti, Ottaviano
Rosi, Ivano Grimani e Francesco Cuscino) sono cantautori elettrici,
protopunk cresciuti a forza di cartoni animati e bibite, post-demenziali d’assalto, dissociati delle rima baciata. Avrete capito quindi che è difficile definire in maniera comprensibile quanto gli Arivo propongono, una miscela di rock e canzone, nella quale l’utile e il dilettevole si incontrano volentieri e sotto la patina di allegra e scanzonata ribalderia romanesca passano addirittura dei "contenuti". Musicalmente gli Arivo sono inafferrabili, passando con agilità da un genere all’altro, forse per indecisione più che per scelta, per una bruciante volontà di arrivare dovunque e di cambiare registro a seconda degli argomenti trattati. Qualche ingenuità qui e la’ contribuisce a rendere il lavoro degli Arivo "ruspante" e credibile quanto basta, ma è difficile comprendere quanto sia voluto e quanto sia dovuto al caso, visto che l’errore è compreso nell’ipotesi della band. E quella degli Arivo è soprattutto una banda che sorprende, e con piacere, perché poco di prevedibile e di previsto gira tra le ruote della macchina musicale messa in piedi con arguzia dai quattro ragazzi romani . Dal vivo i nostri offrono il meglio di loro. Che non è poco.
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