Ecco la sera affascinante, amica del criminale;
viene come un complice, a passo di lupo; il cielo
si chiude lentamente come una grande alcova
e l’uomo impaziente si muta in belva atroce.
Charles Baudelaire
L’incoscienza dei vent’anni trasformava Roma in un incanto notturno. Ogni angolo nascondeva una sorpresa, ogni vicolo catturava i passanti con il movimento circolare delle sue luci. In quel turbinio di forme, la spazzatura si mescolava alle fontane barocche, le insegne ammiccanti delle boutique più rinomate, alle pensioni più sudicie e malfamate. Correvamo ubriachi come trottole dannate; i segreti movimenti delle dannate ombre ci avvolgevano, ci rendevano complici di questa alchimia. Tu, città ruffiana, non aspettavi altro!!
Eravamo eccitati; quell’aria tenera d’estate penetrava nei vestiti come uno spettro fatto di grazia e splendore. E noi povere bestie, condannati da un Dio beffardo ad un abisso di Noia, ci risvegliavamo come tre anfitrioni al loro banchetto. La preda era lì con quella sua sognante andatura, bella, così vestita di nero che odorava di morte. Che magia solenne!! Gli archi trionfanti penetravano il firmamento, le chiese celebravano il loro popolo, ebbro d’amore. Tenevamo a distanza quella mirabile creatura per non farci notare e seguivamo rapiti le sue braccia, le sue gambe ondulanti come cigni. Ogni passo rimarcava il tempo ad un furioso palpitare di desideri e congetture orribili. Un miagolio felino accompagnava dai tetti questa processione in una greve e funerea litania. Ci specchiammo nei suoi occhi; frustrazioni adolescenziali bruciavano i nostri volti come tizzoni ardenti. Avidi ed insaziabili la seguivamo nelle più remote vie della città, dalle cui mura uscivano canti di passioni e crudeltà.
Finché, giunta davanti ad un grande portone, lei arresto’ il suo passo ed estrasse da una minuta borsa un mazzo di chiavi…
Il suono sordo del metallo ci risvegliò da quella messa pagana che in silenzio le stavamo celebrando. Le campane suonarono un sol tocco; l’ora della voluttà arrancò vile sui segreti del suo corpo. In un solo istante i nostri artigli lacerarono l’ultima veste di candore che copriva la carne peccatrice. Le vipere del piacere uscirono fuori dalle loro tane e avvinghiarono quella creatura inebriata di un veleno misto di profumo e sudore.
Un grido strozzato squarciò la solenne quiete di quella notte d’Agosto…