Oggi è il solstizio d'inverno del 2001.
Sono passati ormai più di due anni dagli avvenimenti che narro in queste pagine; e il sito è abbandonato a se stesso dal medesimo periodo di tempo.
Rimane comunque una bella testimonianza del passato e lo lascerò, dunque, intatto e senza modifiche, come si fa con il patrimonio artistico ereditato dai nostri antenati.
Ma, ora, vorrei qui esporre ciò che mi è successo in questi due anni; e dar conto, in qualche modo, del finale della storia – che poi finale non è.


Cominciamo dal giugno del '99 e dall'esame che avrei dovuto sostenere.
Quell'esame non mi fu poi concesso di farlo: per le troppe assenze non era stato possibile classificarmi ed in effetti quella era l'unica situazione per la quale non avrebbero potuto ammettermi, visto che con la riforma – che partiva da quell'anno – tutti gli alunni sono ammessi d'ufficio, qualunque siano i voti.
Tra l'altro, in quell'occasione, ne combinai un'altra delle mie: io, maestro di forche (forca, in alta Valdelsa, significa marinare la scuola), misi in atto la forca delle forche, una sublime e terribile commedia che dovette necessariamente durare per tutto il tempo degli esami. Mi divertii anche ad inventare i vari voti che facevo finta di aver preso; tra l'altro, non fu facilissimo far tornare i conti: alla fine, insomma, decisi di "darmi" un 55, come voto complessivo.
Ancora oggi non ho ammesso l'inganno; mia sorella, comunque, lo capì quasi da subito, mentre i miei genitori non ne sanno niente, anche se forse se lo immaginano.
Lo scopo di tale farsa era quello di non rendere ancora più difficile la possibilità che i miei mi mandassero di nuovo a scuola l'anno successivo.
Ed infatti, nonostante che a giugno scrivessi e pensassi che quella che mi ero lasciata sfuggire fosse davvero l'ultima occasione, a settembre tornai a scuola; i compagni, questa volta, avevano naturalmente tre anni meno di me.
Risultato: smettei di frequentare già dai primi di ottobre ed andai avanti con le mie solite forche fino al giugno successivo; un'altra bella commedia ininterrotta di ben otto mesi. Quella volta, almeno, non finsi di fare l'esame.
Qui finisce tutto? ma neanche per idea.
In ottobre lavorai in una fabbrica (per la prima volta) dalla quale fui cacciato per incapacità nel giro di 5 giorni; e poi decisi di fare domanda per accedere all'esame di stato del 2001 da privatista, in modo da riuscire, almeno una volta, a svolgere effettivamente questo benedetto esame.
E qui viene il bello.
Da ottobre in poi, non mossi un dito, come sempre. Mi limitai a far finta di cercare lavoro e di prepararmi per l'esame. Poi, come al solito, mi ritrovai a maggio senza che nemmeno me ne rendessi conto; bisogna sapere che a gennaio, nella lettera in cui la scuola mi confermava l'accettazione della mia domanda, ero anche stato pregato di presentarmi al più presto dal preside o da un professore della sezione a cui ero stato assegnato.
Ma io, naturalmente, ero arrivato a maggio senza fare assolutamente niente ed ero, già da un pezzo, certo che non avrei fatto l'esame, poiché non mi ero mai presentato a scuola, e non avevo nemmeno aperto libro; non sia mai.
Poi però, dopo la metà dello stesso mese, mi arriva una telefonata dalla segreteria: in pratica, per loro, io avrei dovuto svolgere tranquillamente l'esame. Dopo un po' di titubanza, decisi quindi di andare a parlare con qualche professore e di provare a vedere se fossi riuscito a prepararmi in quel mese scarso che rimaneva.
Non c'è nemmeno bisogno di dire che non mossi un dito; tant'è che, a una settimana dalla prova d'italiano, ero dell'idea di non presentarmi, al fine di evitare un calvario, poiché è tremendo affrontare un esame sapendo di non avere la minima preparazione: mica avevo voglia di andare lì a fare il deficiente!
Ma non avevo il coraggio di dire ai miei genitori che non ci sarei andato, dopo che per otto mesi avevo fatto finta di prepararmi. Dunque, il giorno del compito d'italiano c'ero anch'io. E diedi inizio ad una di quelle imprese che non si dimenticano; e che vale la pena raccontare.
La mia forza fu senz'altro la consapevolezza di non aver nulla da perdere, infatti, mi ritrovai ad affrontare il compito d'italiano con una sicurezza ed una serenità inaspettate. E il caso volle che mi capitasse, tra gli altri, un tema particolarmente gradito, sul diritto internazionale e universale, che mi dette la possibilità di sfoggiare il mio antigiuridismo, forse di maniera, ma certo molto efficace nell'impressionare chi l'avrebbe letto.
Faccio notare che, con un tema svolto in maniera eccellente, diventa difficile essere bocciati; ma io non ero per niente certo della validità di ciò che avevo scritto.
Il giorno successivo svolsi, con estrema riluttanza, il compito di matematica, senza sapere niente di ciò che si studia in quinta. Mi ritrovai, così, a fare il compito nello stesso modo in cui ho sempre fatto i compiti di matematica: e cioè come se dovessi mettermi lì a scoprire da me stesso le regole che sottostavano ai vari esercizi; come se dovessi decifrare una logica che nessuno conosce. Alla fine, riuscii a svolgere almeno un problema, seppure con uno dei miei metodi strampalati; era sbagliato, ma fu ugualmente importante, poichè, scrivendo qualcosa sul foglio, avevo fornito alla benevola professoressa di matematica quell'appiglio che le serviva per regalarmi qualche punto prezioso, e che non avrebbe avuto se avessi lasciato il foglio in bianco. A dire la verità, la professoressa avrebbe preferito che copiassi da qualcuno e mi invitò a farlo, ma io non copiai una virgola, a causa di quel senso del pudore (chiamiamolo così) che mio malgrado posseggo.
Fu, alla terza prova, che, capito l'andazzo, copiai; ma, di nascosto, e senza chiedere niente a nessuno; poiché c'è modo e modo di copiare. Avevo farcito il vocabolario d'inglese di varie "schede" stampate in modo da sembrare delle normali pagine di vocabolario; una vera e propria opera arte, roba che non te n'accorgi nemmeno se ti passa sotto gli occhi, sfogliando le pagine. In ogni caso, praticamente riuscii ad avvantaggiarmi di questo materiale solo per una delle domande della prova. Ma tutto fa brodo.
Il giorno della prova consegnai anche la traccia della tesina, che avevo messo insieme la notte prima, nel giro di pochi minuti, quando invece richiederebbe dei mesi. A quel punto, ritenevo ancora assolutamente improbabile riuscire a passare, ma il caso volle che trovassi la voglia per mettere in piedi quello che poi sarebbe diventato un grande e magnifico bluff.
Il percorso della tesina era imponente, ma io naturalmente avevo, per ogni materia della traccia, un'autonomia di un paio di minuti: per il resto avevo solo un'idea poco più che vaga di tutto quello che avevo dichiarato di sapere. Ma, ovviamente, quando devi presentare una tesina che sai che non ti potranno chiedere più di tanto (in quanto privatista), conviene metterci più roba possibile per impressionare.
Comunque, non andai nemmeno a vedere la somma dei voti totalizzati nelle tre prove scritte, poiché, come ho detto, non credevo che avrei potuto avere la possibilità di passare. Ma mi sbagliavo. E me ne dovetti render conto solo la mattina della prova orale, quando, prima di varcare la porta dell'istituto, vidi il mio voto complessivo (29 + 9 di credito scolastico) e mi venne un colpo. Infatti, a quel punto, subentrò la consapevolezza che avrei potuto farcela, cosa che avrebbe reso estremamente più amaro quel fallimento sempre considerato scontato, ma che in quel momento non era più tale. A conti fatti, mi bastava una sufficienza risicata (22 punti).
Riuscii a trovare in me la forza ed il coraggio per affrontare una prova, nella quale, dunque, mi rendevo conto per la prima volta di avere qualcosa da perdere. E proseguii quell'attività frenetica di studio, iniziata alle tre del pomeriggio precedente e mai interrotta, se non per raggiungere la scuola. Alla fine totalizzai circa diciotto ore di studio non-stop, le mie uniche ore di studio in tutto l'anno, sia chiaro.
Poi, si sa: la fortuna aiuta gli audaci. Aggiungiamo a questo la benevolenza della commissione ed il gioco sarebbe stato fatto.
La tattica consisteva fondamentalmente nel rispondere alle domande divagando, in modo da ottenere due risultati: nascondere le enormi lacune e mettere in mostra, invece, la mia cultura alternativa; anche la mancanza di tempo avrebbe fatto il mio gioco. Bastava ubriacare i professori con le mie divagazioni (anche preparate a tavolino), quel tanto che bastava. Vediamo materia per materia.
Filosofia: me la cavai egregiamente, grazie alla mia preparazione personale, buttanto qua e là, tra un discorso e l'altro, divagazioni geniali.
Storia: me la cavai abbastanza bene grazie al mio zelo nel seguire i documentari alla televisione.
Italiano: me la cavai bene grazie a quell'atteggiamento sicuro fino all'arroganza che mi veniva dai successi nelle materie precedenti; e, con un'altra delle mie divagazioni geniali, detti praticamente il colpo di grazia: a quel punto avrei potuto quasi fare scena muta.
E fu quasi così, d'altra parte la fortuna e il talento non possono coprire le lacune di anni e anni di studio mancato. Riuscii, comunque, a rispondere ad una domandina di fisica e questo fu importante; e a dire diverse cosette, anche se non entusiasmanti, nelle altre materie. Ma ormai era fatta.
Ebbi anche modo di vedere come quell'idiota della professoressa di geografia astronomica, troppo presa dal nozionismo dei libri di testo, non sapesse che recenti scoperte avevano messo in dubbio la classificazione di Plutone come pianeta; probabilmente si rese conto che io sapevo qualcosa che lei non sapeva, quando ormai era troppo tardi e ci stava facendo una pessima figura, ma, per sua fortuna, non infierii, anche perché non me ne dette il tempo: quella furbastra, per contrastare la mia tattica, usava la tecnica delle domande a raffica, con pochissimi secondi per rispondere.
Comunque, erano già passati novanta minuti abbondanti e, quindi, mi congedarono. Ed ebbi la ragionevole certezza di avercela fatta, salvo poi perderla negli ultimi giorni prima dell'uscita dei risultati, per via della sfiancante attesa di oltre dieci giorni, a cui ci sottoposero.
E anche questa pagina è consegnata alla memoria.
Chi volesse conoscere un paio di divagazioni geniali, di quelle che lasciano a bocca aperta i professori (io fui fortunato, poiché lasciai a bocca aperta soprattutto il presidente), mi mandi pure un'e-mail.

Cosa ho fatto dopo aver preso il diploma?
Intendete cosa ho fatto dopo essermici pulito il di dietro?
Assolutamente niente, come al solito.
Non ho i soldi per andare all'università (a filosofia) e non ho trovato ancora un lavoro. Se non altro, l'aver preso il diploma mi è servito come scusa per cercare con più calma un impiego e non essere costretto ad andare in fabbrica o simili.