| Il
                  Tiracapezzoli   Quando me lo hanno proposto neanche sapevo
                  esistesse un lavoro del genere. Anche per questo
                  Milano è Milano, mi sono detto, e ho
                  accettato. Io comunque sono venuto quassù
                  per altri motivi, sono un artista. E' questo quello
                  che ho detto all'Agenzia Lambda per lo Spettacolo:
                   "Sono un artista" "Qual è il tuo genere?" mi ha chiesto la
                  tipa addetta alla selezione del personale. "Hardcore..." "Tirati giù i calzoni" Non ho capito che c'entrasse questo fatto di
                  tirarsi giù i calzoni con l'essere il
                  chitarrista dei Blind Sons, il più noto
                  gruppo hardcore delle Marche, ma non ho voluto fare
                  il provinciale e, palesando una certa naturalezza,
                  ho aperto la cerniera lampo e ho fatto scivolare
                  giù i jeans. "Anche le mutande, veloce..." mi ha detto la
                  tipa. Vada anche per le mutande.  Milano è Milano. Si è avvicinata, me lo ha preso in mano e
                  ha aspettato che cominciasse a dar segni di vita.
                  Non ha dovuto attendere molto, per altro, che sono
                  provinciale ma non sono di legno. "Non è che sia molto grosso" mi ha detto,
                  sempre tenendolo ben stretto.  "Quante eiaculazioni consecutive riesci a
                  fare?" "Un paio, credo... forse anche tre... ma scusi
                  questo che c'entra con..." E' a questo punto che ho capito il malinteso.
                  L'Agenzia Lambda per lo Spettacolo si occupa solo
                  di servizi fotografici. Quando io avevo letto su un
                  giornale di queste parti, SecondaMano, che
                  cercavano "Artisti" da inserire nel "Mondo dello
                  Spettacolo", avevo capito che per artisti si
                  intendesse anche noi musicisti.  Mi ero sbagliato. "Per artisti quassù si intende attori e
                  modelli" mi ha spiegato. "Voi musicisti siete solo musicisti..." Non ho saputo replicare. "Comunque mi sei simpatico" mi ha detto,
                  chiarito l'equivoco. "Se vuoi un lavoro, cerchiamo un aiutante per
                  uno dei fotografi..." "Certo che voglio un lavoro" ho risposto.  "Sono venuto a Milano per questo. Anche per
                  questo... ma, scusa la curiosità... il
                  lavoro come aiutante è sempre  nel settore
                  harcore?" ho chiesto malizioso. Avevo ben capito di
                  cosa si trattava. "No, bello, lì ci si arriva dopo aver
                  fatto la gavetta" ha risposto più maliziosa
                  di me. "Cos'è, non ti interessa più?" "No, no mi interessa. Un lavoro è sempre
                  un lavoro... adesso scusa" ho proseguito, "Posso
                  rimettermi le mutande?" Solo a quel punto la tipa ha mollato la presa. E
                  va detto a onor del vero che ormai era di
                  dimensioni abbastanza ragionevoli per entrare nel
                  dorato mondo dell'hardcore. Credo. Così ho cominciato a fare l'aiuto di un
                  fotografo, tale Aaron Newman, sempre attendendo
                  l'occasione per poter venire alla luce anche come
                  musicista. Il lavoro non era duro, anzi, per certi aspetti
                  era anche gradevole.  All'inizio il mio compito doveva essere quello
                  di posizionare le luci, dopo aver preso bene le
                  gradazioni di intensità e tutto il resto.
                  Poi dovevo anche passare i vari teleobiettivi al
                  maestro, troppo preso dalle sue fotografie per
                  poter perdere tempo in queste stupidaggini. Niente
                  di esaltante, ma meglio di fare il minatore. Poi è successo che una volta , il maestro
                  è stato chiamato a fare un servizio
                  fotografico molto importante, per Max, e io sono
                  andato con lui alle isole Barbados. Lì
                  c'è stata la svolta. Il servizio fotografico
                  era con l'Alessia, che presto sarebbe diventata una
                  vera star televisiva. Max,  si sa, queste cose le
                  capisce sempre in anticipo, per cui noi il servizio
                  lo abbiamo fatto quasi un anno prima che
                  esplodesse. Eravamo lì alle Barbados e io stavo
                  sistemando gli specchi per creare la giusta
                  intensità di luce, quando il maestro si
                  incazza come una bestia perché le tette
                  dell'Alessia, diceva, non erano abbastanza sode da
                  stare su da sole. Il maestro comincia a fare questa
                  scenata e minaccia la troupe di volersene tornare
                  in Italia. La poverina, comincia a piangere
                  disperata, continuando a dire che non è
                  colpa sua, che le tette non le stanno su
                  perché è troppo stressata, che lei si
                  vergogna pure di farle vedere a tutti e altre cose
                  del genere.  Io mi sono intenerito e ho detto a voce alta:
                   "So io come fare".  Tutti mi hanno guardato tra lo stupito e lo
                  speranzoso. "Sai come fare? Fallo, no, cazzo..." mi ha
                  gridato il maestro, isterico. Mi sono avvicinato all'Alessia, facendo un
                  sorriso dolce e rassicurante, e me la sono portata
                  dietro uno di quegli enormi teloni di alluminio che
                  usavamo per fare giochi di luci. In realtà
                  non avevo in mente niente di particolare, solo che
                  mi ha sempre dato molto fastidio vedere una donna
                  che piange. Così ho preso a massaggiarle le
                  tette, tirandole delicatamente i capezzoli. Niente
                  di erotico, solo questo lieve massaggio. Nel
                  frattempo le sussurravo all'orecchio parole dolci
                  come miele, i testi delle canzoni dei Blind Sons.
                   Il lavoro è il lavoro. Dopo circa due minuti siamo tornati in mezzo
                  agli altri, con l'Alessia che esibiva queste due
                  tette che sembravano un monumento alla fierezza.
                   Il maestro, commosso mi è saltato al
                  collo, ringraziandomi fino alle lacrime.  Poi il servizio lo abbiamo finito e l'Alessia
                  è diventata la star che tutti conoscete.
                   Io pure, nel mio campo, sono molto conosciuto,
                  ora. All'Agenzia Lambda mi hanno fatto un contratto
                  ben più redditizio, ma questo significa solo
                  che loro ci guadagnano molto più di me.  Nessuno ti regala niente, anche per questo
                  Milano è Milano. D'altra parte, non c'è fotografo di
                  riviste patinate che non mi richieda. Faccio
                  miracoli, dicono. Ho finito proprio ora di lavorare a un servizio
                  di Max con la Sabrina.  Se passando davanti a un'edicola vedrete quella
                  foto in copertina in cui lei è a tette al
                  vento, non meravigliatevi per quei capezzoli
                  così appuntiti. State tranquille,
                  soprattutto voi, signorine. Non è che la
                  Sabrina, o le  altre donne dello Spettacolo sono
                  migliori di voi. Non è che le loro tette
                  sono speciali, o altre diavolerie del genere. Non
                  è neanche una questione di silicone, che se
                  una tetta è cadente è cadente anche
                  dopo l'intervento di un buon chirurgo. La differenza, care signore, la faccio io.  Per questo ho appeso la chitarra al chiodo,
                  definitivamente. Sono una artista, lo sono sempre
                  stato. Si trattava solo di trovare la forma d'arte
                  in cui esprimersi meglio. E adesso scusate, ma di là mi aspetta
                  Eleonoire. Non credo di dover fare molto con lei,
                  ma dice che solo la mia presenza la tranquillizza.
                  Io non discuto: il lavoro è  lavoro. |