DREAMS
I was the dreamweaver,
But now I’m reborn
John Lennon
1
È davvero un gran bel concerto. La musica acida e assordante degli
Splatters riempie di decibel l’arena, colma a dismisura di materiale umano.
Il cantante, un ragazzo insignificante, almeno all’apparenza, guarda la
folla con i suoi occhi verdi attraverso gli occhiali tondi, sotto la pettinatura
chiaramente ispirata ai Beatles. Brandisce la sua chitarra come una spada,
immobile e silente, per un tempo che sembra non finire mai. La sua mano
destra si muove lentamente verso l’alto, per poi ricadere con violenza
per 9 volte sulle 12 corde della Rickenbacker, la mitica chitarra di George
Harrison, introducendo un vecchio pezzo dei Sex Pistols. La sua bocca si
apre e vomita fuori le prime parole di "Anarchy in the UK": I am an antichrist,
I am an anarchist.
Fra la folla, noi ascoltiamo con attenzione il pezzo. Mettiamo una
mano sotto l’impermeabile nero per estrarre una sega a catena (come mai
nessuno ha notato il rigonfiamento?). Se potessimo vederci in faccia, la
nostra espressione assomiglierebbe molto a quella di Jack Nicholson nel
famoso fotogramma di Shining, quando guarda attraverso la porta sfondata.
Tiriamo con forza la corda di accensione, ma dobbiamo ripetere l’operazione
per tre volte prima che la sega parta. La gente attorno a noi sembra non
essersi accorta di niente. Lentamente avviciniamo la sega (stiamo sbavando,
ve ne siete accorti?) alla bionda che salta a ritmo di musica avanti a
noi. La catena si avvicina lentamente al suo collo, ha già iniziato
a tagliarle i lunghi capelli dorati,
Un ragazzo è seduto nella sua stanza, con le cuffie in testa
e la chitarra di Jimi Hendrix che gli riempie le orecchie. (Ehi! Dov’è
finita la bionda, la motosega e tutto il resto?) Il ragazzo guarda il soffitto,
e ci rendiamo conto di vedere le cose dal suo punto di vista. Adesso possiamo
anche sentire quello che lui sente: è Crosstown Traffic. Con la
coda dell’occhio vediamo una porta che si apre: quella del bagno, a giudicare
dal lavandino che si intravede alle spalle dell’orrenda creatura che attraversa
la soglia. La creatura viene dal sistema di Arturo (lo possiamo leggere
nella mente del ragazzo), ed è molto amica del nostro ospite. Assomiglia
un po’ al mostro di "Alien", se ci avete fatto caso. Adesso sta muovendo
le fauci, ma non sentiamo niente... Ah, già, le cuffie! Ci scusiamo,
spegniamo lo stereo e le chiediamo di ripetere. La creatura dice qualcosa
in una strana lingua, che noi incredibilmente capiamo:
— Bob, ho attraversato la porta spazio–temporale per avvisati di qualcosa
di molto importante! I miei simili arturiani vogliono usare la porta per
invadere il tuo pianeta! Bisogna fare subito qualcosa!
— Cristo! Certo, Dwarf, hai ragione, bisogna agire subito! Ma... cosa
facciamo?
— Non so, la situazione è critica: fra qualche ora terrestre
nel tempio della mia città ci sarà un rito oscuro per propiziare
l’invasione della Terra. Dovremmo andare lì e fermarli.
— Hai ragione. So io cosa ci vuole per quei bastardi.
Bob si alza e si dirige verso l’armadio a specchi. Prima che lo apra,
riusciamo a vedere la sua immagine riflessa. È un ragazzo magro,
con gli occhi verdi e i capelli castani tagliati cortissimi. Quando apre
l’armadio, vediamo una sorta di armatura lucente, di qualche lega leggera,
ma resistente, e un’arma molto strana, simile ad un fucile, sicuramente
di fabbricazione aliena. Bob indossa armatura e prende l’arma. Entra nel
bagno, seguito da Dwarf, e si mette sotto la doccia. Chiude gli occhi,
e inizia a contare ad alta voce. Quando arriva a 10, li riapre, e notiamo
che la stanza è cambiata. Le pareti adesso sembrano fatte di un
materiale plastico, con gli angoli smussati. La stanza sembra essere costituita
di un unico blocco di questo materiale, senza aperture. Bob si muove verso
una parete, che improvvisamente si apre per lasciarlo passare. Ci troviamo
in una stanza simile alla precedente, solo un po’ più grande. Bob
continua a camminare attraverso altre stanze, finché non ci troviamo
all’aperto. Guarda il cielo e vediamo una enorme cupola rossastra, con
una grande fonte luminosa, che supponiamo essere simile al nostro Sole.
Il suolo è ricoperto di una sostanza dura e nera che ricorda vagamente
il nostro asfalto. Attorno a noi vediamo degli strani edifici costruiti
interamente con il materiale plastico. Una creatura arturiana cammina solitaria
sulle sue quattro gambe ad una ventina di metri da noi. Bob alza l’arma,
prende la mira e preme il grilletto. Un fascio di luce abbagliante parte
dall’estremità dell’arma e colpisce la testa dell’alieno, che esplode
in centinaia di pezzi.
2
— Adesso la tua preparazione è completa.
Il maestro scandisce queste parole lentamente, quasi stesse parlando
ad un minorato mentale. La grande cascata bagna ininterrottamente il cranio
pelato dell’allievo, che sta evidentemente meditando. L’acqua scorre gelida
lungo il suo corpo magro e scarno. Il vecchio maestro si trova invece su
di una roccia a pochi metri dal giovane uomo. Egli riprende a parlare dopo
una breve pausa:
— È giunta l’ora per te di intraprendere il grande viaggio della
Conoscenza e di apprendere dalla voce del grande dio Nyarlathotep quale
sarà lo scopo della tua vita. Per quanto riguarda me, la mia missione
è ormai terminata.
Il vecchio alza le mani al cielo, con i palmi aperti e il medio flesso
verso l’interno. Lentamente flette anche le altre dita, ad eccezione dei
due indici. Dirige le mani rugose verso le sue tempie e vi poggia le punte
degli indici.
— Yä, Shub–Niggurath! Il Capro dai Mille Cuccioli!
Si conficca le dita nel cranio, senza emettere nemmeno un lamento.
Resta in questa posizione per alcuni attimi, finché il suo corpo
inizia a gonfiarsi rapidamente, per poi esplodere con fragore. Frammenti
di carne e di cervello raggiungono l’allievo, che durante tutta la scena
non si è mosso di un millimetro. La cascata lava via i resti del
vecchio. Nel frattempo l’allievo apre gli occhi, che emanano una intensa
luce verde. Quasi subito, però, la luce scompare e lascia vedere
gli occhi dell’uomo, anch’essi verdi.
Egli dirige gli occhi ai resti sparpagliati del maestro, senza provare
alcun accenno di dolore. Finalmente si smuove dalla sua posizione di meditazione,
distendendo le gambe incrociate per alzarsi in piedi, facendo attenzione
a non scivolare sulla roccia bagnata. Esce dal laghetto, e si dirige verso
un enorme macigno. Con molta calma, poggia la punta dell’indice su di esso
e preme contro la roccia senza sforzarsi, finché il dito penetra
il masso come fosse burro. L’uomo osserva serio il punto dove il dito incontra
la dura sostanza della roccia. Infine caccia fuori un urlo soprannaturale,
ed il macigno esplode in piccoli frammenti, che continuano a sbriciolarsi
mentre sono in aria, fino a quando non resta che polvere. Sorride.
Il giovane uomo si appresta ad intraprendere il viaggio della Conoscenza,
che lo porterà fino al misterioso Kadath, oltre l’altopiano di Leng,
dove riposano gli Shantak, i mitici uccelli. Il viaggio sarà lungo
e pericoloso, ma ad attenderlo c’è il grande Nyarlathotep, il Caos
strisciante, che gli assegnerà una missione da compiere in nome
di Azathoth, il demone sultano che gorgoglia blasfemità al centro
della galassia.
Non ci posso credere! Il grande Joe McGulligan che ci concede un’audizione!
Praticamente un sogno! Ma, scusate, non mi sono presentato. Sono Tommy
Walker, il solista degli Splatters. Siamo quattro appassionati di musica
rock e di film horror "duri". Insomma di quelle cose che non piacciono
alle persone "serie".
A proposito, non sarete anche voi quel tipo di persone? Tipo quelli
che si lamentano che il mondo è inquinato e poi si infilano nella
loro bella Mercedes per andare a comprare le sigarette al tabaccaio all’angolo?
Oppure siete come quelli che praticano la caccia "sportiva"? Sportiva un
cazzo! Sarebbe sport se anche quelle povere bestie avessero un fucile per
farvi saltare quella schifosa faccia di culo! No, forse siete persone "normali",
tutti casa e famiglia, non è forse così? Ebbene, siete voi
i peggiori! Pretendete di essere sempre nel giusto, e guardate chi è
diverso da voi con disprezzo e superiorità. Ma siete solo invidiosi,
invischiati come siete nelle vostre vite monotone e senza senso. Provate
piuttosto a lasciarvi alle spalle la routine quotidiana e tutte le puttanate
che vi passano TV e giornali, e fate qualcosa di veramente divertente.
Avete mai visto un film di Peter Jackson? No? Allora non potreste capire
cosa intendo dire quando dico che una cosa è divertente. Immaginate
un attimo (non è difficile come credete): un centinaio di persone
festose in una casa dove "vivono" quattro zombi particolarmente violenti.
È questo il finale di "Brain Dead", il film più bello che
abbia mai visto.
Oppure inforcate un paio di cuffie ed ascoltate un bel rock’n’roll,
di quello buono. Vi consiglio vivamente Jerry Lee Lewis: dà veramente
la carica, e voi ne avete bisogno!
Scusatemi, ma adesso devo proprio andare, mi aspetta l’audizione di
cui sopra. Coraggio, ragazzi, non fate quella faccia! Dopo tutto non siete
così male!
3
Bob vede un gruppetto di sei creature. Sentiamo salire la concentrazione
della sua adrenalina (siamo dentro di lui, ricordate?). Prende nuovamente
la mira e spara sei volte di seguito, in rapida successione. Cinque creature
vengono colpite a morte e stramazzano al suolo con abbondante fuoriuscita
di liquido verde, ma la sesta viene colpita ad un "braccio" e scappa via
gridando richieste di aiuto nella sua lingua aliena. Bob la insegue e le
spara un colpo in piena schiena, finendola.
Si guarda attorno per vedere se qualcuno ha sentito qualcosa, e nota
una creatura che lo scruta dalla sommità di un edificio. Appena
Bob alza il fucile per ammazzarla, la creatura sparisce.
— Bob! — dice Dwarf, che lo segue a breve distanza — Ho una grande
idea. Presto le munizioni ti finiranno, ma io so dove trovarne altre!
— Ah, sì? Dove?
— Al palazzo della Difesa! Se riusciamo a superare le guardie, potremo
arrivare al deposito delle armi!
— Dwarf... fai strada!
Il giovane guerriero prende le sue cose e parte per il viaggio che lo
attende. Esce dall’oasi dove aveva vissuto per tre anni con il suo maestro,
entrando in quel luogo di perdizione conosciuto come New York. L’oasi e
New York, infatti, occupano lo stesso posto nello spazio, ma si trovano
in due dimensioni diverse. Il viaggio deve svolgersi nella dimensione di
New York, perché nell’altra lo spostamento fisico non ha nessun
senso, esattamente come qui non ha senso lo spostamento spirituale.
L’uomo compare nel Bronx alle ore 23. Ha indosso una tunica greca e
porta per bagaglio due lingotti d’oro legati fra loro e messi a tracolla.
Come prevedibile, due tipici abitanti del luogo lo notano. Gli si avvicinano.
— Guarda, Little Joe. È arrivato Gigerone!
— Si dice Cicerone — fa l’uomo.
— Oh, scusa, amico — gli dice Little Joe — ma il caro vecchio Sammy
non ha studiato molto, ultimamente.
Sammy è un nero di proporzioni immani, totalmente glabro e con
un coltello a serramanico appeso ad ogni passante dei blue jeans sbrindellati.
— Già, forse tu mi puoi dare ripetizioni, tesoro! Oppure, più
semplicemente, dammi il tuo bel collaruccio!
— Sì, ci possono interessare quei due gingilli che ti pendono
dal collo! — replica Little Joe, sempre nero, ma magro, e con l’impugnatura
di una Magnum che fa bella vista al di sopra della sua cintura.
— Mi dispiace, ma questi mi servono. Se non sbaglio, in questa dimensione
spazio–temporale usate l’oro come mezzo di scambio.
— Ah, ah, ah! Come cazzo parli amico?! Sei divertente, ma ora dammi
quei lingotti oppure io e Sammy potremmo incazzarci sul serio.
Little Joe tira fuori il pistolone, mentre Sammy ha già un coltello
per mano.
— Be’, ragazzi, se la mettete in questo modo...
L’uomo afferra con uno scatto le braccia di Sammy e gliele stacca entrambe
senza molte difficoltà. Little Joe, urlando di spavento, svuota
il caricatore contro l’uomo, ma le pallottole rimbalzano sulla sua pelle
come se questa fosse fatta di metallo. Nel frattempo l’uomo infila un dito
nel cranio di Sammy fra le orbite e Sammy esplode come un palloncino. Poi
si volta verso Little Joe, che ancora urla e preme il grilletto della pistola
ormai scarica, gli prende il collo fra le mani e stringe con forza. Il
collo del nero collassa su se stesso e la testa schizza violentemente verso
l’alto, accompagnata da un fiotto di sangue. Poi il corpo decapitato di
Little Joe si accascia al suolo. L’uomo, che dopo tutto questo non è
nemmeno sporco di sangue, riprende impassibile a camminare.
4
È stato facile per Bob entrare nell’area del palazzo della Difesa.
C’erano solo due guardie all’esterno, e sono stati sufficienti due colpi
di fucile laser per eliminarli entrambi. Adesso deve solo trovare il deposito
delle armi per divertirsi un po’ con gli invasori alieni.
Il Palazzo vero e proprio si trova al centro di un grande parco recintato,
ed è sorvegliato da molte guardie, ma a Bob non interessa entrarci.
Solo una volta una guardia gli si è avvicinata chiedendogli il lasciapassare,
e lui gli ha fatto saltare le cervella. Adesso Bob riesce a vedere un edificio
a base rettangolare lontano dal Palazzo e sorvegliato da cinque guardie
aliene.
— Ecco il deposito! — gli comunica Dwarf — Ma ci sono troppe guardie!
Bob lo guarda con occhi di fuoco — Non per me! — Si avvicina al deposito
senza farsi vedere e si nasconde dietro un fuoristrada. Fra lui e le guardie
c’è uno spiazzo asfaltato largo una ventina di metri. Esce allo
scoperto urlando e spara cinque colpi di seguito senza sbagliarne uno.
Le guardie non hanno nemmeno il tempo di imbracciare il loro fucile. Bob
cerca freneticamente la chiave dell’edificio addosso ai cadaveri, e la
trova, naturalmente, sull’ultimo.
Entra nell’edificio con Dwarf, quando sente arrivare delle altre guardie,
attirate dal rumore del fucile (Non sembra anche a voi che faccia un po’
troppo rumore per essere un fucile laser?). Si chiude la porta alle spalle
e si guarda freneticamente intorno.
— Ehi, tu, lì dentro! Non so cosa tu abbia intenzione di fare,
ma ti conviene arrenderti immediatamente, oppure i miei soldati apriranno
il fuoco! Conterò fino a dieci, e se quando finisco non sei ancora
uscito con le mani in alto, saranno cazzi tuoi!
Bob ha ora in mano un cannone al plasma di inaudita potenza, e si avvicina
alla porta. — Uno — inserisce la carica nel cannone — Due ... Tre — si
mette il cannone sulla spalla — Quattro ... Cinque — abbassa il mirino
— Sei ... Sette — stringe con forza il cannone — Otto ... Nove — apre la
porta con un calcio e fa fuoco. Poi si butta immediatamente a terra dietro
il muro. Il raggio del cannone raggiunge le guardie all’esterno e provoca
una grossa esplosione. Bob sbircia dalla porta. Il piazzale è costellato
di brandelli di carne verde. Alcune guardie sono sopravvissute all’esplosione,
anche se malconce, puntano le armi verso l’edificio e aprono il fuoco.
Bob nascosto dal muro, raccoglie alcune granate e toglie le sicure. Conta
fino a otto e poi le lancia attraverso la porta, tentando di spargerle
il più possibile. Le granate esplodono quasi subito, senza dare
scampo alle guardie sopravvissute.
Salve! Vi ricordate di me? Sono Tommy! Tommy Walker. A proposito, ci
avete fatto caso? Il mio nome: è quello del protagonista di "Tommy",
degli Who. No, non è uno pseudonimo, mi chiamo proprio così:
Thomas P. Walker.
Oggi sono davvero felice, sapete? McGulligan ci ha detto che ci farà
fare un concerto di prova! Se il pubblico gradisce la nostra musica, avremo
un contratto biennale con la sua casa discografica. Solo che il concerto
è stasera: è un festival della musica, avete presente? Quelli
dove, nell’arco di qualche ora, suonano una decina di gruppi di vari generi
musicali. Noi sostituiremo l’ultimo gruppo in programma, i Dragons, una
band cinese che fa rock’n’roll anni ‘50, e a poche ore dal concerto si
trova ancora a Pechino (dall’altra parte del mondo! A 20.000 chilometri
di distanza!). Buon per noi.
Stasera abbiamo intenzione di fare alcuni pezzi nostri, come "Rip me,
baby" oppure "Titanic was a gas", alternandoli con alcune cover, come "My
generation" degli Who, "Sympathy for the Devil" dei mitici Stones e, per
concludere il concerto in bellezza, "Anarchy in the UK" dei Pistols. Sarà
una bella serata, ragazzi. Vi aspetto tutti!
5
L’uomo cammina ora attraverso Manhattan. Ha cambiato i lingotti in dollari
e indossa (ostentando un pessimo gusto) una giacca grigia, pantaloni bianchi
ed una cravatta a strisce bianche e nere sulla camicia blu. Entra deciso
nell’Empire State Building, prende un ascensore e si fa portare all’ultimo
piano. Poi prende le scale che portano al tetto e sale finché non
finiscono. Tocca un punto nel muro, azionando un meccanismo segreto che
apre un varco nella parete. Attraversa il varco e si ritrova in una sorta
di mansarda. Dietro una scrivania è seduto un vecchio dall’età
indefinibile che sorseggia compiaciuto una Budweiser. Indossa solo un paio
di boxer a cuoricini e una canottiera giallognola chiazzata di senape.
La scrivania, come i muri della stanza, è ricoperta da uno spesso
strato di ritagli di Playboy e Penthouse, croste di pane ammuffito, ketchup
e reliquie di Big Mac. Il pavimento è ricoperto di bottiglie vuote
di birra e Jack Daniel’s, che negli angoli formano cataste alte fino al
soffitto.
Il vecchio guarda il nuovo venuto, emana un poderoso rutto che scuote
le bottiglie sulla scrivania, e gli rivolge la parola:
— Benvenuto, figlio mio! Ti aspettavo. Questo è il Kadath, e
se vuoi sapere dove sono gli Shantak... be’, me li sono mangiati tutti.
Io sono Nyarlathotep, il Caos Strisciante!
— Ah, sì? Ora capisco perché ti chiamano così.
— Ah, ah, ah! Bella battuta, figliolo. Ma siediti, non restare in piedi
come un fesso. Attento, però! Su quella sedia dovrebbe esserci un
preservativo usato, fra Kim Basinger e Pamela Anderson.
— Eccolo qui. Dove lo butto?
— No, no, dammelo qui. L’ho usato solo tre volte, è quasi nuovo.
Ma ora parliamo di cose importanti! Tu vuoi una missione da svolgere, non
è vero? Bene, fammi guardare fra le carte.
Nyarlathotep prende un fascicolo che sorregge un piede della scrivania
e cerca tra le carte, buttandole tutte all’aria. Poi esclama — Ecco! —
e porge un foglio unto di olio di semi al giovane uomo. Sul foglio c’è
scritto:
"Da: Consiglio Generale degli Antichi
A: Nyarlathotep
Oggetto: Nettezza Urbana
Il Consiglio ha deciso che la città di New York è sovraccarica
di immondizia. Quindi delega, come previsto dalla legge 156a, comma bis,
paragrafo 31, il segretario Nyarlathotep ad eliminare almeno 5.000 tonnellate
di rifiuti entro il 17 Novembre dell’anno in corso. Firmato: Il Grande
Presidente Azathoth."
— Ehi, ma il 17 Novembre è oggi!
— Sì, ma non ti preoccupare. Oggi c’è un concerto rock.
Ci saranno almeno 100.000 persone ad assistervi. Per una media di 60 chili
ciascuno, fanno 6.000.000 di chili. Ossia 6.000 tonnellate.
— Va bene, ma... che c’entrano le persone?
— Perché, cosa pensavi che fossero i rifiuti?
Dove... Dove siamo? È buio, qui. Ecco, adesso i nostri occhi
si stanno abituando. Non sentite anche voi una sensazione piacevole al
basso ventre? Ma... che è questa roba? Un paio di mutandine femminili?
Così, sospese nel vuoto davanti ai nostri occhi? No, no, sono piene!
Possiamo sentire l’odore di biancheria pulita che emanano e l’odore di
eccitazione che emana il loro contenuto. La sensazione lì in basso
è sempre più forte... siamo capitati davvero in un bel posto,
gente!
La ragazza si gira verso di noi... ci accorgiamo con immenso piacere
che non ha altri indumenti indosso e rivela delle "doti" eccezionali. Si
sfila le mutandine e si siede su di noi, all’altezza del baricentro, provocando
un vertiginoso aumento della nostra adrenalina, nonché del piacere
suddetto. Poi appoggia le sue generose forme pettorali sul nostro viso:
le sentite? Che pelle vellutata! E non sono nemmeno siliconate (cosa rara
di questi tempi). La ragazza comincia a muoversi freneticamente, e noi
accompagniamo il suo movimento, persi in un vortice di estasi.
Stiamo per arrivare al punto cruciale, quando qualcuno sfonda la porta
con un calcio. La ragazza strilla. Il tempo si ferma un attimo per consentirci
di osservare la scena. La ragazza è immobile, con le mani incrociate
a coprire il prosperoso seno e la bocca rossa, che tanto piacere ci aveva
donato poco fa, spalancata in un urlo di paura. Il nuovo venuto è
fermo sulla porta, ha indosso una uniforme militare e imbraccia un grosso
fucile... ma... lo avete riconosciuto? È Bob... ma non era su Arturo
ad ammazzare gli alieni? E non indossava una strana armatura? E dov’è
finito Dwarf? Che sia quel modellino del mostro di "Alien" a rotelle che
si porta dietro legato con uno spago?
Il tempo riprende a scorrere all’improvviso, e Bob grida:
— Fottuti alieni! Vi stavate riproducendo, eh? Ora vi faccio vedere
io!
Spara un colpo col fucile, colpendo la ragazza in piena fronte. Dal
foro del proiettile esce uno spruzzo di sangue che ci bagna la faccia,
caldo e odoroso. La ragazza muore all’istante, mentre noi la stiamo ancora
penetrando. La sensazione di piacere è ora immensa. Mentre beviamo
il liquido rosso che sgorga copioso dal cranio della ragazza, veniamo.
Bob mira alla nostra testa e fa fuoco.
La serata è magnifica! Ci saranno almeno centomila persone lì
fuori! Fra poco sarà il nostro turno... no, è già
arrivato! I Bleeding Zombies hanno finito la loro esibizione: tocca a noi!
I ragazzi della band sono nervosi, anche se si sono fatti tutti una pillola
ricostituente di anfetamina poco fa. È l’occasione della nostra
vita. Lo speaker sta facendo l’annuncio: ascoltate!
— Amici, siamo arrivati all’ultimo gruppo! Purtroppo i Dragons non
sono riusciti ad arrivare in tempo per il concerto, e così vi proponiamo
un nuovo complesso: gli Splatters! Sono alla loro prima apparizione pubblica,
ma vi assicuro che hanno la grinta e la sicurezza di una band affermata.
Facciamo loro un bell’applauso!
Salgo i gradini del palco con le ginocchia tremanti, e quando sono
in cima vedo la grande marea umana di fronte a me, che mi acclama a gran
voce. In questo momento, ragazzi, tutta la paura mi passa di colpo, e mi
sento il padrone dell’universo. Sento che potrei fare qualunque cosa, sento
che Dio stesso non potrebbe fermarmi. Prendo la mia chitarra elettrica,
regolo l’altezza del microfono e comincio a contare:
— One, two, three, four!
E parto con il primo pezzo: "Summertime Blues", come la facevano gli
Who.
6
Bob, dopo essersi rifornito di munizioni, si è diretto verso il
tempio. Continua a portarsi dietro il modellino di “Alien”, ben saldo nel
suo folle intento.
A proposito: non siamo morti, sapete? Siamo riusciti a lasciare quel
corpo appena in tempo, e a ritornare in quello di Bob. Certo, è
stato un brutto colpo scoprire che eravamo nel corpo di una donna. Proprio
così: quelle due stavano usando una protesi bilaterale!
Bob è ormai vicino all’arena, con l’intenzione di bloccare tutte
le uscite. Si avvicina ad una di queste col fucile spianato, per far fuori
un eventuale guardiano, ma nota con sorpresa che questo è già
stato ucciso, il suo cervello sparso tutt’intorno in un raggio di dieci
metri, e l’uscita è già bloccata. Si dirige alle altre uscite,
ma la situazione è identica. Così passa all’entrata principale,
dove invece è tutto normale. Imbraccia il fucile e spara l’uomo
che sorveglia l’entrata, centrandolo al primo colpo. Il rumore dello sparo
è stato coperto dalla musica assordante che proviene dall’arena.
Bob attraversa il cancello e sta per chiuderlo, quando un uomo vestito
in maniera assurda lo blocca.
— Scusi — dice l’uomo, che assomiglia incredibilmente a Bob, soprattutto
per gli occhi verdi — dovrei entrare.
— Prego, mister. — replica Bob, che si scosta e fa passare il tizio
con la giacca grigia, pantaloni bianchi e cravatta a strisce bianche e
nere sulla camicia blu. L’uomo scavalca come se niente fosse il cadavere
del guardiano e si immerge nella folla. Bob si nasconde dietro un pilastro
in attesa del momento opportuno.
Tommy Walker fissa la folla davanti a lui. La sua mano destra si muove
lentamente verso l’alto, per poi ricadere con violenza per 9 volte sulle
12 corde della Rickenbacker. Da qualche parte tra la folla noi stiamo azionando
una sega a motore, e la stiamo avvicinando al collo di una bionda. Un ragazzo
di nome Bob, totalmente pazzo, decide, nascosto da una colonna, che il
momento giusto è arrivato e brandisce due Uzi, uno per ogni mano.
Un guerriero, di cui non conosciamo il nome, raccoglie le proprie forze
per portare a termine la sua missione.
La catena della nostra motosega raggiunge finalmente il collo della
bionda (non aspettavate altro, vero?), sollevando schizzi di sangue in
grande abbondanza mentre la sega penetra nella sua carne sempre di più.
La gente comincia a capire cosa sta succedendo e scappa via, ma l’affollamento
è tale che impedisce loro di fuggire in modo efficace: così
riusciamo facilmente a segare via un bel po’ di arti e teste.
Nel frattempo Bob è uscito allo scoperto urlando "Banzaaai!"
e sparando raffiche con entrambi i mitra. Le pallottole colpiscono gli
sventurati spettatori del concerto, provocando sui loro corpi delle serie
di piccole esplosioni di sangue.
Simultaneamente il guerriero ha iniziato la sua opera di distruzione
facendo esplodere le teste dei suoi immediati vicini. Poi spezza in due
il tronco di un altro con un calcio e frantuma la spina dorsale di una
ragazza toccandole la base del collo con un dito.
Gli Splatters, visto il casino, se la danno a gambe, ma Tommy resta
imperterrito a suonare la sua chitarra e a cantare "I wanna be anarchyyyy!".
La gente tenta di fuggire verso le uscite, ma sono tutte bloccate,
e così si ammassa in pochi punti facilitando le cose ai carnefici.
Noi aggrediamo un gruppo alle spalle agitando con foga la motosega
e ridendo come pazzi. Pezzi di corpo umano e fiumi di sangue vengono sbattuti
sulla nostra faccia, aumentando la nostra eccitazione. Come tutti i dispensatori
di morte che si rispettino, troviamo piacere nel sapore del sangue.
Bob ha esaurito le munizioni dei mitra ed è passato ad un fucile
da caccia al rinoceronte con proiettili esplosivi, che mandano in pezzi
tutto ciò che toccano, con abbondante spargimento di viscere.
Il guerriero sferra colpi a destra e a manca. La sua particolare tecnica
di lotta provoca effetti fantasiosi in coloro che vengono toccati. Alcuni
esplodono senza lasciare traccia; altri impazziscono e danno testate contro
il muro fino a che il cranio non si frantuma e lascia scoperto il cervello,
e neanche allora si fermano; altri ancora vomitano le proprie interiora
e vivono per pochi tremendi secondi osservando i loro cuori che smettono
di battere.
Tommy continua il suo assolo di chitarra. Sta sbavando abbondantemente
e probabilmente ha avuto un orgasmo. Gli altri della band sono già
caduti sotto i colpi del fucile di Bob.
Quest’ultimo, nel frattempo, è passato alle granate. Non c’è
scampo per nessuno: quando le granate esplodono sollevano vere e proprie
ondate di carne umana.
Noi, così come il guerriero, stiamo terminando la nostra opera,
inseguendo gli ultimi sopravvissuti. Bob, invece, lancia granate in tutte
le direzioni senza alcun criterio, in preda all’esaltazione.
Tommy emula Pete Townshend e conficca il manico della chitarra nell’amplificatore,
ma prende una scossa tremenda. Si contorce per qualche secondo e cade a
terra fulminato.
A Bob cade di mano una granata innescata, che sparisce sotto la massa
di resti umani. Esplode prima che lui la ritrovi, spargendo i suoi resti
su quelli delle sue vittime.
Il guerriero, terminata la sua missione, caccia fuori un urlo spaventoso,
si infila l’indice nella fronte e implode, senza lasciare tracce.
Nell’arena siamo rimasti solo noi, circondati da più di 6000
tonnellate di resti umani, per lo più maciullati. Possiamo sentire
l’odore del sangue penetrare nelle nostre narici. Il terreno è scivoloso,
perché ricoperto di sangue. Saliamo sul palco, dove sono i resti
bruciacchiati di uno che era un musicista. Osserviamo estasiati la bellezza
del paesaggio che è di fronte a noi: una composizione di corpi umani
monocromaticamente rossa. La troviamo sensuale e disgustosa allo stesso
tempo. Una festa di sangue, un sacrificio di massa offerto alla divinità
della situazione: un chitarrista, morto nel momento di massima esaltazione,
ucciso dallo strumento a cui aveva dato la vita.
Nell’arena tutto tace, c’è un silenzio di tomba. Si ode solo
un suono, acuto e penetrante: proviene dall’amplificatore in cui è
conficcata la chitarra di Tommy. Lo osserviamo da vicino: è di una
marca che non conosciamo: Azathoth. Vediamo la nostra immagine riflessa
sulla vernice metallica dell’amplificatore. Indovinate un po’: abbiamo
gli occhi verdi!