Retsuya Marsek ha ancora con sé tutti i suoi ricordi (aggrovigliati alla sua anima come un cancro) mentre sorseggia siero di Melphomene dalla bottiglia osservando
uno sterminato, incommensurabile abisso nero si distende uniforme e malinconico oltre la vetrata sferica, assurgendo a simbolo di tutto quello che di misterioso alludeva Shakespeare riferendosi a quanto più può esserci in quel nero che nella filosofia di un uomo. Facile sentirsi deboli e inutili e insignificanti di fronte a quel mare di piccole stelle vivide, lontanissime eppure così invadenti, a donare l’impressione di poterle afferrare allungando semplicemente una mano - oltre quel vetro - come fossero lucciole.
il cielo oltre il vetro mentre alle sue spalle, sul
letto, la ragazza sussurra oscenità senza fine, di un argento metallizzato
ed elettrico al tatto, nella sua pelle/plexiglass ride e si sveste con
l’eleganza di una dea selvatica presa nella rete di orribili bracconieri
alieni senz’anima (si chiama Emy la giovane ragazza).
Retsuya Marsek sta (forse) pensando a qualche atroce misfatto di cui
porta ancora il marchio impresso sulla pelle, scivolando sulle sue mani
lorde di sangue, in una vita da cacciatore che lo ha stancamente trascinato,
come un elefante che vaga morente alla ricerca disperata del cimitero dei
suoi avi, in questa città-puttana che sa di abbandono e idrogeno
liquido, il satellite minerario Auden della galassia Alessandro il Grande,
in questo ritrovo di minatori abbruttiti e senza dio in un bordello dove
si cerca di dimenticare la cecità di quelle caverne verminose nel
ventre nero e fetido incestuoso giaciglio di entità non ancora sintetizzate.
Ha pagato i suoi tremila crediti e la sua riserva
è spaventosamente vicina allo zero, ma che cosa importa ormai, perché
quando un uomo arriva a considerare unico paradiso perduto dove nascondersi
un posto schifoso come il satellite minerario Auden, significa che (forse)
è davvero arrivato alla fine del suo viaggio.
Ma Retsuya Marsek (conosciuto in sette galassie diverse come l’Iceman)
mica ha questi pensieri nella testa, nella testa ha solo il siero di Melphomene
(e il verme che gli è entrato nel cervello) che intorpidisce i sensi
e congela l’anima in quel lago di ghiaccio, e pensa solo a quanto si divertirà
con quella ragazza/Emy che è già nuda e pronta dietro di
lui, di un’età indefinita che può andare dai quindici ai
cento anni e con quel corpo di un metallo duro, ghiacciato, spietato, che
non concede pietà, che non la chiede. Fammi male, è il suo
nome. Emy Fammi Male si chiama la ragazza di metallo nuda sul letto, Retsuya
Marsek Fammi Male è il suo unico comandamento adesso, mentre gli
chiede (lo supplica!) di dargli la sua giusta dose di sesso droga e rock
n’roll baby.
Faccia di Merda e Stupida Testa di Cazzo fanno irruzione
nell’Auden Super Milk Bar con i loro fucili a idrogeno liquido e ne riducono
una mezza dozzina a polvere liofilizzata prima di fare qualche domanda.
Sono addestrati prima a sparare e poi a parlare.
- Retsuya Marsek. - chiede Faccia di Merda alla
cameriera, una vecchia baldracca spaziale approdata su Auden con un paio
di sfregi di troppo in faccia e con un tubo che le permette di respirare
e di parlare e di pisciare.
La vecchia baldracca vestita dalmata indica fuori dall’Auden Super
Milk Bar e Stupida Testa di Cazzo si volta e vede sfocata, nella nebbia
sulfurea, l’insegna al neon del Sexpunk.
- Oh baby. Come on touch me baby. - implora! la povera piccola ragazza/Emy, nel suo esile vocabolario sintetico nel suo piccolo stupido microprocessore di quarta generazione, ormai stanca di tutto questo sesso sporco, che puzza di carbone e azoto dei minatori di Auden, in (dieci? venti? cento?) tanti anni di servizio nel bordello senza neanche una revisione, senza un upgrade, senza un benchè minimo gesto di affetto tranne quel “oh fantastica Emy, così Emy, brava Emy, cosìcosìcosìcosìcoseeeeeeeeee…” ormai memorizzato dalle sue malinconiche sinapsi neurali, in quel piccolo cuoricino di silicio dove giace sopita una tristezza senza fine.
Faccia di Merda e Stupida Testa di Cazzo attraversano
la strada di metallo attraversano la nebbia che sa di piombo fuso e una
luce li illumina improvvisamente come ballerine a Broadway. Ma non siamo
a Broadway, siamo sul lercio satellite minerario Auden nella galassia Alessandro
il Grande, non dimenticarlo bambino.
- Fermistronzichiccazzosietehodetto
Faccia di Merda e Stupida Testa di Cazzo schizzano
fuori dall’Auden Super Milk Bar e sborrano a raffica coi loro fucili getti
di idrogeno liquido lunghi dieci metri mentre uno sceriffo grasso e lento
come John Wayne non ha ancora capito da dove cazzo arrivano i colpi e i
suoi vice diventano statue di vetro intorno a lui e la sua vescica esplode
dentro di lui per la paura e spara contro i due in mezzo alla strada e
i proiettili attraversano i due ologrammi come fossero spettri alterandone
solo una frazione di secondo la sagoma mentre i veri Faccia di Merda e
Stupida Testa di Cazzo gli arrivano da dietro e lo trasformano in un iceberg.
Stupida Testa di Cazzo spegne l’oloproiettore sulla
cintura e i due ologrammi svaniscono in una leggera nebbia azzurrognola.
- Vieni. - ordina secco Faccia di Merda.
- Vengo. - replica più freddo del suo metallo l’Iceman Retsuya Marsek. L’afferra per le caviglie, trascinandosela sotto, dominandola con il suo petto glabro marchiato dal codice a barre. - Toccati. - le ordina, mentre si toglie la giubba giallo-blu e Emy fa scivolare le mani sui fianchi, sul ventre liscio e freddo senza ombelico e sul monte di venere di plastica con una eleganza con una abilità con una meccanicità indefinibili, si accarezza in mezzo alle gambe e piega la testa sul cuscino e morde il lenzuolo, la piccola Emy, morde il lenzuolo di piacere la piccola Emy ed esplode nel suo orgasmo sintetico e geme “oh baby touch me baby please please please” e i suoi capelli blu sono un mandala di sogni dipinti sul suo viso di pelle/plexiglass, pallido, dai lineamenti orientali, gentili, e gli occhi d’argento si chiudono piano e Retsuya si slaccia la cinta e i pantaloni gli scivolano alle caviglie e si china sopra di lei, esitando per un attimo, respirando fra i denti, pregustando l’attimo, come se conoscesse già l’amara conclusione, come se tutto il piacere fosse fermo lì, in quel momento supremo, il momento supremo prima del piacere, il momento in cui sai che il piacere arriverà, sai che la felicità arriverà, e sai che finirà anche, e allora in quel momento tutto è ancora in gioco bambino, in quel momento tutto deve ancora accadere
in quel momento dolore e piacere, felicità e tristezza, sono ancora due lati della stessa realtà, e ti aspettano entrambi dietro la porta
e affonda dentro di lei e alla prima bruciante penetrazione Emy urla e stringe i denti (il piccolo dolore sintetico) e grida “oh baby! I love you baby!” e il membro arrossato e inciso di tribali neri di Retsuya (scolpiti in qualche balorda nave pirata alla deriva) come un osceno coltello che la trafigge a morte affonda dentro di lei nel suo ventre ed entra ed esce con bordate che potrebbero dilaniare quel corpo di pelle/plexiglass/alluminio come le zanne di una belva, e Retsuya dimentica le sue mani sporche di sangue e quel volto di donna e quella risata fredda e meccanica e gode nell’urlo di lei nel suo capolavoro “kill me baby kill me baby!” e Retsuya colpisce e colpisce e colpisce come se stesse uccidendo il suo peggior nemico
(come se stesso uccidendo sé stesso)
e Emy urla e sbava “I love you baby! I love you baby!” e chissà quanti altri ne ha amati, nei suoi dieci venti cento anni di vita/non vita, e chissà quanti ne dovrà ancora amare
chissà quanti ne dovrebbe ancora amare, se non avesse incontrato stanotte questa notte piena di stelle morte un uomo di nome Retsuya Marsek
ma Emy è stanca di questo circo malato, e il suo angosciante “kill me baby” racchiude tutto il suo tormento e il suo desiderio di uscire dalla festa.
Faccia di Merda tocca con un dito guantato di nero
la statua di cristallo del maitre del Sexpunk tramutandolo in mille frammenti
brillanti e tintinnanti.
Stupida Testa di Cazzo rivolta lo schermo della
console e dal suo pugno chiuso schizza fuori un chip argentato lungo venti
centimetri che va ad infilarsi in una fessura. Una serie di scritte verdi
fosforescenti appaiono sul monitor fino a scomparire una alla volta e lasciare
lampeggiante il nome “Retsuya Marsek stanza 11”.
Retsuya Marsek sta scappando da sette galassie e sta venendo dentro la ragazza/Emy.
Faccia di Merda e Stupida Testa di Cazzo salgono le scale di corsa in formazione militare semplice.
Retsuya Marsek ansima sotto i suoi lunghi capelli
corvini e i suoi due anelli d’opale nei lobi tintinnano e brillano come
il metallo di lei, e viene e già tutto è finito, già
tutto è passato, svanito, cancellato, come il vento su un mandala
così faticosamente costruito in una vita intera, e tutto è
questo, tutto è questo attimo di piacere che è già
finito.
Ma niente “ti amo bambina”, adesso. Niente baci e tenerezze, niente
che Retsuya abbia il terrore invincibile di provare, con la ragazza/Emy.
La ragazza/Emy non ha bisogno di una notte di amore dopo tre minuti di
sesso come le altre fottute puttane ragazze dell’universo, ragazza/Emy
se ne sbatte il cazzo di queste cose, lei gli dice solo “kill me baby”
in quel disco rotto dentro di lei, quella CPU impiantata che è il
suo piccolo cervellino al silicio mentre Retsuya Marsek si tira su i pantaloni
ma non si rimette la giubba (e dentro la giubba c’è la sua automatica
sedici colpi esplosivi al plasma a ricerca-calore) e accarezza il volto
di Emy sdraiata sul letto e guarda nei suoi occhi-argento, guarda il riflesso
dei suoi occhi di ghiaccio e rivede il suo volto magro e allucinato e segnato
da troppe ferite, troppi rimorsi. E vorrebbe cancellarli tutti, adesso.
Adesso, esprime quel desiderio. Ti prego, fammi cancellare tutti i ricordi,
fammi rinascere in una vita nuova, ancora da vivere, ridammi il biglietto
per favore, voglio giocare una nuova partita.
Faccia di Merda si apposta ad un lato della porta di metallo, facendoci scivolare sotto un ragno d’acciaio su cui è posta una microtelecamera. Dalla visiera del casco, si apre un piccolo display in cui si proiettano, in un bianco e nero livido, le immagini di ciò che succede nella stanza 11.
- Kill me baby. - continua a implorare Emy.
Retsuya Marsek beve tutto d’un colpo il resto del siero di Melphomene
e mentre si volta le sferra un calcio laterale alla base del collo, spedendola
a gambe all’aria oltre la sponda del letto con un secco stonk!
- Sfondiamo. - dice Stupida Testa di Cazzo.
Faccia di Merda gli fa cenno di no con un dito. - Ssssh. - gli dice.
Retsuya si lancia dall’altra parte del letto e scaglia
un pugno verso il basso, stringendo nella mano la coppa di cristallo che
si infrange e gli tagliuzza l’interno delle dita provocandogli una marea
di microtagli brucianti e la pelle della parte destra del volto di Emy
si squarcia schizzando fuori sangue sintetico e un cavo di metallo dorato
e Retsuya ride fra i denti e il sangue caldo gli arriva in faccia e colpisce
ancora e Emy geme “kill me! Kill me! Kill me!” e Retsuya colpisce e colpisce
e ride e gode e la sta ammazzando.
Ancora.
Un occhio di plexiglass le schizza fuori dall’orbita ancora attaccato al nervo al silicio, accompagnato da un liquido giallognolo simile ad urina, Emy grida ancora “kill me!” e Retsuya colpisce e colpisce e piange per i suoi peccati e quello che vuole è soltanto giocare una nuova partita.
- Game over, figlio di puttana! - urla Faccia di
Merda, irrompendo nella stanza dopo aver sfondato il portellone, tramutato
in schegge di vetro; Retsuya Marsek è di spalle, davanti alla finestra.
Guarda fuori.
- Ommerda. - fa Stupida Testa di Cazzo, entrando
di lato, guardando dall’alto il corpo dilaniato di Emy a metà fra
il letto e il pavimento a scacchi neri e bianchi. - Guarda checcazzo… guarda
che cazzo ha fatto questo…
- È un drone, Stupida Testa di Cazzo. - gli
fa Faccia di Merda, senza nemmeno voltarsi.
- Eh?
- È un drone! Non lo vedi? È un cazzo
di robot! Non è una ragazza vera.
- Non è…
- Non è una ragazza vera. Stai tranquillo.
Non è una ragazza vera. È un drone del sesso. - e volta un
attimo la testa. - Quarta generazione, direi. Ancora buono. Ma ha degli
scatti, come dire? Un po’ meccanici. - e ride. Prima piano, poi con una
bella risata fragorosa.
Anche Stupida Testa di Cazzo ride, ma meno convinto.
- Adesso te la fai anche coi droni, eh, Marsekbello?
Adesso i tuoi giochetti li fai anche coi droni del cazzo. Ma almeno loro
non piangono, vero?
Retsuya Marsek ha le mani sporche di sangue. Il sangue gli cola fra le dita tagliate.
- Che c’è, Marsek? Ti ricordava lei, forse? - continua Faccia di Merda. - Le hai fatto lo stesso lavoretto, a Korgan Zone, te lo ricordi, vero? Vero, Marsekbello?
Retsuya Marsek non può sentirli. È
su un altro pianeta, quasi. Un pianeta di infinita tristezza.
Sta ripensando a lei. A una stanza come questa,
in un posto come questo, con una ragazza come questa.
Lei.
Al loro ultimo incontro.
Incontrarsi e dirsi addio.
Faccia di Merda si mette il fucile a idrogeno a tracolla
e dal lungo impermeabile nero estrae una pistola dalla canna corta, e ci
inserisce dentro una capsula colma di un liquido azzurrognolo terminante
con un ago lungo una decina di centimetri.
- Non pensavi che finisse così, vero? Non
pensavi che ti avremmo ritrovato, Marsekbello. Non pensavi di crepare in
questo posto del cazzo in questo modo del cazzo, vero? Disarmato. Ubriaco.
Di schiena. Proprio una morte del cazzo, vero?
- Voltati Marsek! - gli urla Stupida Testa di Cazzo.
- Voltati, Marsek… - gli mormora Faccia di Merda.
- Ti voglio vedere in faccia prima di ammazzarti…
Ma Retsuya Marsek, conosciuto in sette galassie
come l’Iceman, non gliela concede questa soddisfazione.
- Fallo! - urla, fra i denti. Una lacrima azzurra
di idrogeno liquido gli scivola sulla guancia. - Fallo e basta! Che aspetti!
Ammazzami!
Faccia di Merda gli spara alla schiena.
Retsuya Marsek piange azzurro e vede tutto nero.
Faccia di Merda sputa sul corpo di Retsuya Marsek,
ai suoi piedi.
- Maniaco del cazzo. - gli dice.
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