Questo maledetto treno è di una lentezza scoraggiante.
La prossima volta farò meglio a prendere l'autobus: odio il rumore
continuo e interminabile che fanno le ruote metalliche sulle rotaie quando
incontrano gli spazi vuoti tra le giunture dei binari: tutum, tutum, tutum.
E poi mi dà fastidio il fatto di avere gente sconosciuta seduta
avanti a me, che mi guarda. Anche adesso la tizia di fronte mi fissa con
una strana espressione. Che vorrà mai? Fosse bella almeno...
Scusate, non mi sono presentato: sono Thomas P.
Walker, originario dell'Inghilterra, naturalizzato italiano. Ho 34 anni
e sono felicemente sposato con una italiana (le donne italiane sono le
più belle del mondo!). Sono professore di lingua e letteratura inglese
alla facoltà di Lingue dell'Università di Bari... ci sto
giusto andando con questo fottuto treno. Forse dovrei comprare una macchina,
ma in questo paese c'è la tremenda usanza di guidare contromano...
Ma che ha da guardare 'sta stronza! E anche quella
accanto, adesso! Sgranano gli occhi come se fossi un alieno. Mi sento in
imbarazzo, meglio distogliere lo sguardo da loro... ehi... anche questo
finocchio alla mia sinistra mi fissa! Ma che ho la faccia sporca?... Controlliamo...
la bocca è pulita... anche il naso... la guancia... cazzo!... che
è 'sta roba?... sento sotto le dita che un lembo di carne della
guancia sinistra si è staccato dal viso e pende disgustosamente.
Tento di rimetterlo a posto, ma
questo fa un po' di splatsh splatsh e ricade come prima. Tutti hanno
gli occhi fissi su di me. Mi alzo e vado alla toilette. Qui trovo uno specchio...
bene, potrò vedere di che si tratta... Gesù... la carne della
guancia è tutta staccata, e lascia i denti scoperti. Stranamente,
non fuoriesce sangue dallo squarcio. E ora, che faccio? Dovrei avere del
nastro adesivo nella valigetta... ma l'ho lasciata al mio posto! Mi tengo
la guancia con la mano e vado a recuperare il mio bagaglio. Tutti si voltano
a guardarmi. Torno al cesso, ma la porta è chiusa! Occupato! Il
treno è arrivato alla stazione di Modugno... questo significa che
fra dieci minuti dovrò scendere... cazzo!... non posso aspettare
oltre. Prendo il nastro adesivo e aggiusto alla meno peggio il lembo pendente...
Bari Centrale: è la mia fermata...
Tento di fare l'indifferente tra la gente che affolla
la stazione. Non ho avuto modo di controllare il risultato visivo della
riparazione, ma sembra che nessuno noti niente di strano... che giornata
ragazzi! Speriamo sia finita!
Entro nell'aula gremita di studenti. Ho controllato
lo stato della medicazione nel riflesso di una vetrina. Tutto OK. Speriamo
che il nastro tenga. La lezione di oggi riguarda Thomas Gray, ed in particolare
la sua opera più conosciuta, "Elegia scritta in un cimitero di campagna".
L'argomento sembra piacere ai ragazzi, che partecipano attivamente alla
lezione... Goddamn!... che c'è ora?! Sento qualcosa di duro in bocca...
"Pardon", dico, e mi porto la mano alla bocca, depositandovi l'oggetto:
un dente! Un incisivo superiore, per giunta! Se parlo, tutti noteranno
che non c'è più. Rimango qualche minuto fermo a guardare
il dente. Poi uno studente mi richiama: "Professore?". Ripongo l'incisivo
nella tasca della giacca e ricomincio la lezione con la mano avanti alla
bocca. Una ragazza dall'ultima fila mi dice che non sente. Sudo freddo.
Il sudore fa sciogliere la colla del nastro adesivo, che non regge oltre
e lascia cadere ancora il lembo di carne. Tutti gridano, e fuggono via
terrorizzati. Perdo un altro dente... Fuck off!
Vado alla toilette della facoltà. Il mio
sorriso allo specchio è agghiacciante: parte dalla punta del labbro
destro e finisce vicino all'orecchio sinistro, interrotto da due spazi
vuoti, lasciati dall'incisivo superiore destro e dal canino inferiore sinistro.
Mi passo disperato la mano tra i capelli. Ciocche di peli mi restano tra
le dita. Adesso ho anche la criniera pezzata!... Ho un'altra lezione tra
un quarto d'ora. Forse non ci vado...
Invece eccomi qua. Ho riparato ancora la guancia,
infilato il cappello che mia moglie mette sempre nella valigetta ("Potrebbe
far freddo!") e messo su una mascherina antismog ("Bari è così
inquinata!"). Agli studenti ho detto
che ho l'influenza e non posso fare a meno di questa bardatura. Mi
risulta difficile, però, farmi capire. La mia voce sibila attraverso
i vuoti nella mia dentatura, e mi sembra che le corde vocali non funzionino
tanto bene. Tiro avanti comunque. Ho iniziato da poco la lezione, e sento
un plop sulla cattedra. Ho perso un occhio... nessuno ha visto niente,
dato che sono
tutti chini sui propri fogli per prendere appunti. Ripongo l'occhio
(il destro) nella tasca, insieme ai denti, continuando a parlare. La voce
mi diventa sempre più impastata. Adesso ho problemi anche alla lingua.
I miei alunni iniziano a guardarmi perplessi, e probabilmente si stanno
chiedendo perché non apro l'occhio. Sento il peso dei loro sguardi...
non devo
sudare... l'imbarazzo cresce, e la mia voce è ormai incomprensibile...
borbotto come posso un "the lesshon ish ovherrr" e scappo via, nonostante
manchi quasi mezz'ora al termine della lezione. Zoppico vistosamente.
Mi rifugio ancora una volta nel bagno degli uomini.
Stavolta però non sono solo... c'è il Professor Antonio Lorusso,
un mio vecchio amico... praticamente il mio primo amico italiano, quando
arrivai qui. Mi guarda accigliato e dice "Tom?". Faccio sì con la
testa. Lui sorride. "Perché diavolo sei conciato così?".
Fingo un colpo di tosse. "Malato, eh?... devi riguardarti, caro! Prenditi
qualche giorno di riposo... bè, io ora devo andare... stammi bene!"
e come al solito mi dà una forte pacca sulla spalla sinistra. Il
mio braccio corrispondente cade a terra, lasciando vuota la manica. Antonio
mi guarda con tanto d'occhi. Poi scoppia a ridere, e dice "Bello scherzo,
Tom! Ma non mi freghi! Ci manca il sangue!". Mi sforzo di ridere. Antonio
va via ridacchiando. "Fatti sentire ogni tanto, conosci il numero... bello
scherzo davvero!". Chiudo la porta a chiave appena esce. Infilo, con qualche
difficoltà, il braccio nella valigetta. Mi tolgo il cappello, e
i capelli che mi erano rimasti cadono per terra. Osservo il mio cranio
glabro allo specchio: noto che è pieno di screpolature e croste.
Si apre uno spacco nel cuoio capelluto e ne esce un verme, che scivola
sulla testa pelata e precipita nello scarico del lavandino. Sembra incredibile,
ma non c'è altra spiegazione: mi sto putrefacendo...
Devo tornare a casa... devo arrivarci a tutti i
costi. Speriamo che questo fottutissimo treno si muova. Ve l'ho già
detto che non sopporto i treni?... Se uno dei miei vermi decide di fare
capolino dalla mia faccia, la signora qui di fronte avrà una bella
sorpresa... Ha già analizzato con cura la mia manica vuota, l'occhio
chiuso e sgonfio, la guancia rappezzata... Ho tolto la mascherina... non
devo mica parlare... anzi, credo che non riuscirei nemmeno a spiccicare
parola, nello stato in cui sono... ma sarebbe stato meglio tenerla: infatti,
stimolato dai sobbalzi del treno del cazzo, emano un rutto all'aroma di
interiora putrefatte, che fa storcere il naso alla signora e a tutti gli
occupanti del vagone. Come se non bastasse, il mio orecchio sinistro si
stacca con uno scratch, rimanendo attaccato alla testa per un lembo di
pelle. La signora non gradisce e mi vomita addosso il pranzo recentemente
consumato, conferendo ai miei vestiti un aspetto più consono alla
mia condizione. Anche gli altri presenti vengono presi da conati di vomito.
Il pavimento del vagone è ricoperto dalla calda sostanza puzzolente...
è l'unica cosa divertente che mi sia successa oggi... per fortuna
sono arrivato alla mia fermata...
Chissà cosa pensano quelli che mi vedono
camminare claudicante per strada in queste condizioni... oh, chi se ne
frega! Devo pensare solo a farcela fino a casa... ecco il palazzo dove
abito: al sesto piano... a piedi non ce la farei mai... mi toccherà
prendere l'ascensore, sperando di non incontrarci nessuno... naturalmente
la speranza è vana. Nell'ascensore c'è la mia vicina di casa,
ma niente ha più importanza... faccio il disinvolto mentre lei mi
squadra disgustata... lascio anche un ricordino nella cabina: l'uccello
mi si stacca e precipita attraverso i boxer e lungo i pantaloni. Sorrido
alla mia compagna, che sviene.
Sento che non ce la farò... sono davanti
alla porta del mio appartamento... prendo la chiave, e infilo il dito medio
nell'anello del portachiavi, come mia abitudine... è strano come
certe consuetudini ci rimangano attaccate sempre e comunque... inserisco
la chiave nella toppa... non ce la faccio... più...
DA UNA POPOLARE RIVISTA SENSAZIONALISTICA
"Lunedì scorso la signora Claudia Walker
ha avuto una ben strana sorpresa. Verso le tre del pomeriggio ha udito
trafficare con la chiave dietro la porta, poi uno strrapp seguito da uno
spatash. Incuriosita e spaventata, ha aperto la porta, assistendo ad una
scena orrenda quanto singolare: un braccio era appeso alla chiave, inserita
nella serratura. In terra, privo di entrambi gli arti superiori e orrendamente
sfigurato, giaceva Thomas Walker, marito della signora Claudia, di origine
anglosassone e docente di letteratura inglese all'Università di
Bari. Tom (come era chiamato dagli amici) portava con sé il braccio
mancante, nella valigetta, l'occhio destro e due denti, nella giacca. Il
pene è stato ritrovato nella cabina dell'ascensore, insieme alla
signora Marta Mastroviti, vicina di casa dei Walker, in evidente (e comprensibile)
stato di shock. Il prof. Walker è deceduto dopo aver rantolato alcune
parole inarticolate alla moglie. Facciamo notare che i vestiti di Tom erano
inzaccherati di vomito.
"Da un'analisi più attenta del cadavere,
e dalla ricostruzione della giornata del professore sulla base delle testimonianze
di coloro che lo hanno incontrato, è risultato che Tom Walker aveva
iniziato il processo di decomposizione quella stessa mattina in treno,
ancora vivo. Alla morte, il suo corpo era devastato dai vermi. La causa
di tale inusuale patologia è al
momento sconosciuta.
"La signora Walker si è suicidata poco
dopo la morte del marito, tagliandosi la gola con il rasoio di lui"
Porca vacca, ragazzi! Adesso ricordo tutto! Tenetevi
forte, perché vi devo delle spiegazioni: io non sono morto lunedì
pomeriggio, come credono tutti, bensì la notte prima... my God!...
credo che mi sia esplosa una vena nel cervello... può capitare a
chiunque, sapete? "E allora come mai hai camminato, parlato... agito come
se fossi vivo?", direte voi. La risposta è semplice e assurda allo
stesso tempo: mi ero solo DIMENTICATO di essere morto... mi spiego meglio...
dopo la mia morte, mi sono ritrovato nel classico tunnel che tutti coloro
che "ritornano" dal coma profondo dicono di aver visto. Ero cosciente del
mio stato, ma credevo fosse tutto un sogno. Così, quando ho ritenuto
che fosse ora di svegliarmi per andare a lavorare, sono tornato nel mio
corpo esanime, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Evidentemente
la presenza della mia "anima" ha accelerato il processo di putrefazione...
e adesso eccomi di nuovo qua... non crediate che questo tunnel sia la classica
"anticamera" per la vita eterna... esso è solo uno stato mentale
in cui il cervello, non ancora del tutto morto, versa prima di estinguere
del tutto le sue facoltà... e questo momento... questa "seconda
morte"... quella definitiva... si avvicina... ma ora scusatemi... sono...
occupato... a... morire... finalmente...
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