Questa è una storia antica che affonda le
sue radici in miti antidiluviani che a loro volta prendono origine da storie
veramente ancestrali. I veri protagonisti sono due fratelli, simili ma
profondamente diversi. In realtà erano composti della stessa essenza
ma erano l'uno l'antitesi dell'altro. In tempi tanto remoti, ma talmente
remoti che neanche proviamo ad immaginare quanto, in una zona poco conosciuta
dello spazio, una regione poco conosciuta di un pianeta, su di un non si
sa quale monte, si distribuivano attestati di divinità. I due fratelli
avevano studiato duramente (nonostante i terribili scherzi che si erano
senza pace fatti a vicenda e nonostante i devastanti festini notturni tenuti
dalla loggia alla quale entrambi appartenevano) erano riusciti a superare
i loro studi felicemente ed ora venivano ricompensati con il tanto agognato
(stradannatissimo) attestato. Ora erano in tutto e per tutto divinità.
Essere divinità comunque non è una cosa tanto esaltante,
come i due sfortunati fratelli presto capirono, e soprattutto non è
una cosa neanche gratificante. Così i due, sempre mantenendo le
opportune distanze l'uno dall'altro, le sperimentarono tutte pur di divertirsi.
Crearono, moltiplicarono,
divisero, diversificarono, allontanarono, unirono, distrussero, alzarono,
affogarono, aumentarono, fecero insomma qualsiasi cosa che potesse avere
anche il minimo interesse. Le provarono tutte. Poi profondamente annoiati
decisero di lasciar perdere e di prendersi una vacanza.
E così, mentre uno dei due andava a creare
un luogo di vacanza decente, l'altro ebbe una folgorante idea. Corse in
una piccola sala contenente un globo di cristallo, vi poggiò entrambe
le mani sopra e iniziò a fissarlo ansiosamente. Millenni di storia
iniziarono a passare in quello che prima era un oscuro ed inanimato globo.
A un certo punto le immagini sembravano rallentare e diventare sempre più
nitide. Rappresentavano un periodo storico molto lontano da noi, un periodo
in cui tutto poteva accadere (o almeno alcuni pensavano così). Quelle
che ora la sfera "mostrava" erano le nebbie sulle paludi di Avalon. Le
suddette nebbie rendevano la visuale molto disturbata. La divinità
fu costretta a stringere le mani sulla sfera più volte per rendere
piu nitida l'immagine. Alla fine la sfera estenuata disse: "Ahò,
vedi che la divinità sei tu, io mica posso far miracoli!"
La divinità risentita riprese la sua osservazione
nella sfera. Con un gesto appena percettibile della sua mano creò
un grosso riflettore invisibile che rese finalmente più chiaro lo
scenario. Nella palude di Avalon si teneva un feroce scontro all'ultimo
sangue tra due epici cavalieri. Il primo, quello che stava avendo la meglio,
scintillava nella sua possente armatura grigio-blu metallo. Sollevò
la potente arma e si preparava ad infliggere l'ultimo colpo di grazia al
suo nemico. Questo possente paladino era Lancillotto del Lago. Il cavaliere
in difficoltà, ora in posizione supina (e credo anche alquanto scomoda)
con il piede del possente Lancillotto non lievemente poggiato sul suo torace,
e con tutte le sue armi ad una notevole distanza da lui, in una scintillante
armatura nera, era Sir Mordred figliastro di Re Artù. Mentre Lancillotto
si preparava a trafiggere il torace del suo odiato nemico con la sua possente
spada su udì una voce dall'alto. La voce diceva: "OK. Basta, ferma
qui. Ora!" Lancillotto ebbe come l'impressione che il tempo si fermasse
anche se non ne era pienamente convinto. Quando poi fece precipitare la
spada contro il nemico si accorse con sommo rammarico di aver trafitto
un'armatura vuota.
In un immenso salone di cui non si intravedevano
neanche lontanamente le pareti perimetrali e di cui si notava a malapena
l'altissimo soffitto, ora si trovava Mordred. Il salone era scarsamente
illuminato. L'unica zona molto illuminata era quella ora occupata dal cavaliere.
Ad un imprecisata distanza da lui si accese un altro pseudo-riflettore.
Dietro un altissimo scranno apparve una figura austera con il volto cinto
da nubi. Modrered sapeva di non star sognando perche sentiva ancora addosso
il dolore delle ferite inflittegli da lancillotto. Così nudo, cercò
di riconquistare la posizione eretta, ma il massimo che gli riusci fu di
stare in ginocchio in direzione della inusuale creatura.
"Io sono una divinita, come mio fratello. Insieme
rappresentiamo la dualita del creato, destro sinistro, acceso spento, bene
male". Mordred annuì fingendo di aver capito quello che la strana
creatura gli stava dicendo. "Tu o mortale sei stato scelto tra milioni
di tuoi simili per adempiere ad un compito. Quale esso sia ti verrà,
forse, svelato in seguito".
E così con un gesto della mano fece sparire
l'impavido cavaliere. Questi stava per replicare, ma non riuscì
a pronunciare neanche una parola. Pochi secondi dopo si trovava nella periferia
di una fredda e fumosa citta del nord America negli anni 30 del secolo
xx. Il compito a cui la divinità si riferiva si rivelò ben
presto. La città in cui era capitato era in preda a criminali di
ogni genere. Mordred sentiva da quando aveva messo piede in quella strana
citta la sgradevole sensazione di essere osservato. Ma ben presto i suoi
sensi furono scossi da ben altro. In quella stessa notte ben 7 volte attentarono
alla sua vita. Non è consigliabile comunque attentare alla vita
di un cavaliere medievale specie se della sua foggia. Ben presto scoprì
di avere un altro nome, una nuova identita, quindi una casa e un letto.
Dopo pochi giorni nella città, il cavaliere
scoprì di possedere una macchina velocissima e corazzata, un'armatura
ultrapotente, con cui poteva andare in giro senza esser riconosciuto (l'armatura
comprendeva anche di un cappuccio-maschera), un nascondiglio segreto, un
computer fantascentifico, e milioni o miliardi di piccoli aggeggi o utensili
con cui poteva fare di tutto o quasi. Grazie a questi straordinari oggetti,
sicuramente regalo della divinità, riuscì in poco tempo a
farsi un nome. Un nome naturalmente temuto da tutti i malavitosi. In breve
tempo la città divenne un luogo sicuro e tutti gli onesti cittadini
si sentivano protetti da questo strano e misterioso cavaliere.
Una notte (era il suo periodo preferito) mentre
usciva in perlustrazione con il suo avveniristico aereo Mordred avvertì
un forte dolore agli occhi. Velocemente inserì la guida automatica
e il pilota-computer lo riportò celeremente nel suo nascondiglio-caverna.
Arrivato qui, e sceso dall'aereo, Mordred si rese conto di esser diventato
completamente cieco. Istantaneamente sfogò tutta la sua ira e il
suo sgomento sulla divinità. Questa, sentendosi parlar male alle
spalle, rispose agli appelli del nero eroe mascherato e disse: "Che c'è,
cosa succede?"
"Tu!" disse in preda al panico Mordred "Tu che mi
hai dato una seconda possibilità, tu che mi hai dato tutti questi
meravigliosi aggeggi, tu che m'hai reso cosi potente, perché ora
mi fai questo?"
Con una voce che parve disgustosamente divertita
la divinità rispose: "Mica t'ho mai detto di essere quello buono..."
racconti | home |