To Forgive


Io in questo cazzo di quartiere ci sono nato, e non ci voglio certo morire. Ma non è facile non morirci, questo posto di succhia via il sangue, ti strappa via l’anima un pezzettino per volta. In questo cazzo di posto non c’è niente, a parte la droga e le puttane. A natale non viene nessun operaio dell’amministrazione comunale  a montare gli addobbi, non viene nessuno per tutto l’anno a dire il vero. Quelli che stanno in alto se ne fottono, ci lasciano qui a scannarci tra di noi, nella speranza che un bel giorno, svegliandosi la mattina,  questo fottuto quartiere sia sprofondato nel nulla.
Questo è proprio il classico quartiere di merda che potete vedere nei film al cinema. Qui se apri la porta di casa puoi veramente sentire la puzza di merda, è una puzza nauseante che ti entra dentro e ti fa marcire piano piano. Qui se esci di casa puoi trovare veramente sul marciapiede le siringhe dei tossici ogni cinque metri. L’unica vera differenza è qui non siamo al cinema, ma nel buco del culo del mondo.
Io voglio andare via da questo posto, Dio quanto lo voglio.

MERCOLEDI’

Come tutti i giorni stavamo andando alla sala prove del vecchio edificio dove una volta si trovava l’ufficio di collocamento. Sopra all’ufficio di collocamento c’era anche l’ufficio di assistenza sociale, ma è stato tutto chiuso sei anni fa. Così l’edificio è rimasto vuoto, e noi l’abbiamo occupato per crearci un’isola in questo mare di niente. Dove c’era l’ufficio di collocamento abbiamo tirato su una sala prove. Non è che sia un gran che voglio dire, ma è uno spazio dove possiamo suonare senza che nessuno ci rompa i coglioni. Di sopra invece, dove c’era l’ufficio di assistenza sociale, ci vivono alcuni barboni, hanno allestito un dormitorio e una cucina, anche se la cucina potevano risparmiarsela visto che tanto non hanno mai un cazzo da cucinare. E’ tutta brava gente, magari se fossero nati in un altro posto sarebbero tutte persone con una casa e un lavoro. Noi cerchiamo di aiutarli, anche se è molto difficile aiutare qualcuno quando anche tu avresti un gran bisogno di essere aiutato.
Noi ci ritroviamo alla sala quasi tutti i pomeriggi, anche se molte volte non suoniamo. Ormai ci vengono quasi tutti alla sala. Abbiamo preso un vecchio divano che la madre di Deus  voleva buttare via e l’abbiamo sistemato  dentro. Gio è riuscito a fregare allo Spuma  un campionatore con due piatti che abbiamo messo di fianco al palco per le prove. C’è perfino una stanza con un letto dove si può andare a scopare. Tutto sommato è un bel posto, o almeno a noi sembra così.
Solitamente stiamo in sala tutto il giorno, da pomeriggio a notte fonda. Parliamo, suoniamo, ascoltiamo musica e fumiamo erba. La nostra vita li dentro non ha senso come fuori, ma a noi sembra di avere almeno una casa.

Quella mattina io e Vert avevamo fatto fuga a scuola, così decidemmo di andare alla sala per sistemare un po’ il bordello della notte precedente.
“Ce le hai le chiavi del lucchetto della sala ?” mi chiese Vert.
“Si”.
“Io cazzo non capisco perché questi lavori di merda li dobbiamo fare sempre io e te. Lo sai che cazzo ha fatto Deus ieri ? ha vomitato dentro. Cazzo l’ho detto mille volte di non vomitare dentro la sala, e poi quel fottuto tossico di Ralph non voleva fregarsi il piatto. Cristo io non ce lo voglio più li dentro, non voglio che nella sala entri anche quella merda. E’ l’unico posto pulito che abbiamo nel quartiere”.
“Ti ricordi quale era l’idea per la sala, vero? Doveva essere un posto per tutti, bianchi, neri, rossi, gialli, tossici, ricchi, poveri, vecchi e giovani. Un posto dove tutti potessero entrare, un vero centro sociale ”.
Vert scosse la testa poi disse : “ecco, cazzo, vedi io non capisco perché dobbiamo fare entrare tutti”.
“Perché l’idea era questa, di creare un posto dove tutti potessero venire rispettando delle regole. Io non ho mai visto Ralph farsi una pera dentro la sala, quindi vuol dire che rispetta le regole e che quindi può stare lì”.
“Si cazzo ma si voleva fregare il nostro piatto, poi dove cazzo li suoniamo i dischi nel suo culo ?”.
“E cazzo di Buddha finiscitela con questa storia di Ralph. Mi sbaglio o quei piatti se li è fregati Gio l’anno scorso allo Spuma ? qui il problema è che tutti vogliono fottore tutti, è per questo che il quartiere è così”.
“Non iniziare con le tue prediche del cazzo. Ricordati che dopo dobbiamo fermarci da Ciocco a prendere un po’ di gangia. Ha detto che gli è arrivata una partita di roba favolosa”.
Rimanemmo per qualche minuto in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri. Poi dissi :  “Ciocco dice sempre che gli è arrivata una partita favolosa. A me poi la roba sembra sempre quella”.

Alle undici circa eravamo davanti al cancello del vecchio edificio. Chiaramente avevamo dovuto sprangare il portone per evitare che qualcuno potesse entrare e distruggere tutto. All’inizio fu difficile, c’era sempre qualche tossico che provava ad entrare per rubare o per farsi, ma ultimamente i ragazzi del quartiere avevano capito che quel posto apparteneva a tutti. Avevano capito che la sala era un posto alternativo alla strada, l’unico posto alternativo in tutto il quartiere. Era la nostra casa, e penso che non sia molto intelligente rubare in casa propria. Nessuno provava ad entrare da almeno sei mesi, anche perché l’ultimo che l’aveva fatto era stato riempito di cartoni da altri ragazzi che frequentavano la sala, e che come me, credevano nella sacralità di quel posto. L’unica differenza rispetto a me è che loro usavano più le mani e meno le parole. Comunque questo voleva dire che tutti, o quasi, vedevano la sala come un luogo proprio, da difendere. Io ero felice di questo perché sin dall’inizio ci avevo sperato. A Vert probabilmente non gliene fregava più di tanto, ma io quel posto lo sentivo mio, ed ero fiero che a suo modo funzionasse.
“Ieri sera Sanny non c’era” dissi a Vert mentre lui armeggiava con il lucchetto.
“Gira voce che adesso esca con uno stronzo altolocato, il figlio di un assessore mi pare. E’ una settimana che non si fa viva”.
“Già, forse ha trovato il modo di andarsene da questo cesso di posto. Apri sto cazzo di lucchetto che qui è un freddo cane”. La porta della sala era già aperta, così pensammo che qualcuno dei ragazzi fosse venuto a darci una mano. Quando entrammo vedemmo subito che c’era un gran casino, e che ci sarebbe stato da fare un bel po’ per ripulire quel bordello.
“Cazzo senti che puzza di vomito. Io quel figlio di troia lo ammazzo”.
“Vert, guarda”, mentre lo chiamavo, quasi senza accorgermene lo strattonai.
Nell’angolo della stanza opposto a quello dove ci trovavamo vidi che c’era qualcuno rannicchiato per terra. L’angolo era buio perciò dovemmo fare qualche metro prima di accorgerci che era Sanny. Era nuda, raggomitolata su se stessa. Aveva il viso sporco di sangue e le lacrime le scendevano sino alla labbra. Era apatica, dondolava  ritmicamente avanti e indietro, e non si accorse di noi nemmeno quando le fummo di fronte.
“Sanny, Sanny per dio rispondimi”, la chiamai quasi urlando, mentre le mettevo il mio giubbotto addosso. Dovetti scrollarla perché finalmente alzasse il viso verso di me.
“Low” mi guardò come se non mi avesse mai visto in vita sua.
“Sanny cosa ti è successo ?”.
Mi abbracciò, e pensavo che non mi avrebbe lasciato più da quanto mi stringeva forte. La scostai da me e le richiesi cosa le era accaduto. Ma lei si limitava a fissarmi con uno sguardo da automa. Aveva il sopracciglio destro aperto, e il naso che vomitava sangue, lo sentivo il suo sangue caldo che mi colava lungo la maglietta. Le misi una mano sul viso per cercare di pulirla, ma appena la toccai si ritrasse per il dolore.
“Che cazzo ti è successo Sanny” gridò Vert.
“Vert vai a prendere la macchina, dobbiamo portarla all’ospedale, è sotto shock”.
“Cazzo ma non ho mai preso la patente”.
“E questo quando è mai stato un problema. Vai a prendere quella cazzo di macchina ti dico” dissi in un tono che non ammetteva replica.
“Potremmo chiamare un’ambulanza”.
“Lo sai quanto ci mette ad arrivare qui una ambulanza ? sempre che arrivi poi”.
“ok, ok, vado”. Vert partì di corsa. Forse per un attimo aveva dimenticato dove eravamo, ed ora che se ne era ricordato filava via come un folletto irlandese.

Vert arrivò dopo una decina di minuti con quel catorcio che solo suo padre osava chiamare ancora macchina. Appena lo vidi presi in braccio Sanny e mi avviai quasi correndo verso l’auto. Tenevo Sanny fra le mie braccia proprio come fa Richard Gere con Debra Winger alla fine di Ufficiale e Gentiluomo, con l’unica differenza che io non ero Richard Gere e Sanny non era certo Debra Winger, e soprattutto quello non era un film. Era una mattina al Raisel, una mattina come tante altre.
Mi sistemai con Sanny nel sedile posteriore. L’avevo fatta stendere in modo che appoggiasse la testa sulle mie gambe. Sanny teneva lo sguardo fisso rivolto verso l’alto, la sua mente era in qualche posto che io non osavo nemmeno immaginare. Le accarezzavo la testa, ma lei sicuramente non lo percepiva. Vert continuava a parlare : domandava a Sanny cosa le era successo, poi inveiva. Sanny non rispondeva, lui stava zitto per circa un minuto poi rincominciava. Io non dicevo nulla.
Arrivammo all’ospedale. Vert scese e venne ad aprirci lo sportello, io presi di nuovo Sanny in braccio ed entrammo al pronto soccorso.

MERCOLEDI’ SERA

“Io vorrei sapere perché cazzo non ci hanno fatto restare. Ci hanno sbattuto fuori senza neanche dirci cosa le era successo. Figli di puttana”. Vert era furibondo, e lui la sua rabbia non sapeva certo nasconderla.
“Ho chiamato a casa di Sanny per tutto il pomeriggio, ma non ho trovato nessuno” dissi a Vert, ma lui continuava a inveire senza prestare il minimo ascolto alle mie parole.
Al pronto soccorso ci avevano mandato via subito dopo che un’infermiera aveva portato Sanny al di là della porta di vetro smerigliato con sopra la croce rossa e la scritta vietato l’accesso ai non autorizzati. Quella porta io e Vert ce la ricordavamo bene, era la stessa porta da cui era passato anche Zucca la sera in cui gli avevano sparato allo stomaco. Quando Zucca uscì da quella stessa porta aveva un lenzuolo sul viso.
Avevamo quindi deciso di ritornare all’ospedale la sera stessa, nella speranza che le cose fossero andate diversamente da quell’ultima volta.
“Vert ,sei pulito ?” chiesi prendendolo per una spalla.
“Si ho fatto la doccia ieri, perché”.
“Cazzo, volevo sapere se avevi del fumo o della maria con te”.
“No, m’hai preso per un coglione? Lo so che stiamo camminando a Rosflau”.

Al banco informazioni dell’ospedale un’infermiera cicciona ci disse che Sanny era stata ricoverata, e che si trovava nella stanza n. 66, al sesto piano. La cicciona aggiunse che lei non era in grado di darci altre informazioni, e che se volevamo sapere qualcosa di più dovevamo chiedere in reparto.
Una volta arrivati nell’atrio del reparto ci venne incontro un’altra infermiera. Era più magra di quella che stava al banco informazioni, ma più vecchia e scortese.
“Salve noi vorremo vedere la ragazza che si trova nella stanza n. 66” dissi sforzandomi di essere estremamente cortese. Ma a quanto pare il mio sforzo non fu sufficiente. L’infermiera ci squadrò dalla testa ai piedi. Probabilmente in quel momento la vecchia avrebbe venduto un rene pur di possedere la vista ai raggi x di Superman, per riuscire a vedere se sotto i giubbotti avessimo avuto qualche bomba a mano. A Rosflau quelli come noi si notavano da lontano un miglio. La gente ci guardava come se fossimo stati degli appestati.
“Io non credo che possiate vederla” rispose laconicamente l’infermiera.
“Cazzo vuol dire che non la possiamo vedere, lì c’è scritto che gli orari di visita vanno dalle 7 e mezzo alle 9, e adesso sono le 8 e venti” sbottò Vert.
“Vert, stai zitto” gli dissi senza distogliere lo sguardo dalla vecchia infermiera.
Poi continuai : “perché non la possiamo vedere ?”.
“Perché non si sente bene” rispose la vecchia scostando lo sguardo nel tentativo di vedere Vert.
“Che cosa le è successo ?” le chiesi spostandomi davanti a lei.
La vecchia rimase un attimo in silenzio poi vomitò fuori queste parole : “è stata stuprata”.
Stuprata. Quella parola mi perforò i timpani, come se qualcuno mi stesse infilando la punta di un trapano nell’orecchio ; mi vibrava il cervello. Mi sembrava di non riuscire a comprendere, come se quella parola, stuprata, la udissi per la prima volta nella mia vita.
“cosa le è successo ?” chiesi come se non avessi capito.
“Ti ho detto che è stata stuprata” rispose la vecchia quasi seccata.
Vert si era seduto su una delle poltroncine in plastica rossa che c’erano lì nell’atrio ; teneva le mani giunte davanti alle labbra, come se stesse pregando. I suoi occhi erano come quelli di Sanny quando l’avevamo portata all’ospedale qualche ora prima, erano vuoti.
“Quando la potremmo vedere ?” continuai.
“Io non so, bisogna sentire il medico, forse..”
“Io la voglio vedere, la voglio vedere adesso, quindi ora per favore sia così gentile da indicarci quel cazzo di stanza dove la tenete”.
Non so se fu la parola cazzo o il mio sguardo a far si che la vecchia ci indicasse la stanza 66 dove era Sanny. Io credo comunque che fu il mio sguardo a farle cambiare idea.

Quando entrammo nella stanza Sanny era nel letto stesa su un fianco con lo sguardo rivolto alla finestra. Io e Vert girammo attorno al letto finché non le fummo davanti. Aveva ancora lo sguardo fisso nel nulla, quasi non sembrava più lei.
“Sanny” la chiamai.
Questa volta però reagì subito alle mie parole
“Low, Vert ciao” mentre disse quelle parole ci sorrise, ma quello non era il suo solito sorriso. Con la bocca sorrideva, ma i suoi occhi erano tristi come non avevo mai visto.
“Ciao piccola, come ti senti ?” le chiesi.
“Secondo te tornerò come prima, voglio dire il mio viso ?”.
Vert non diceva una parola, se ne stava un mezzo metro dietro di me, e dalla sua espressione capì che stava già pensando a chi poteva averle fatto una cosa del genere.
“Certo, tornerai più carina di prima” le risposi accarezzandole i capelli.
“Venite a sedervi sul letto” ci disse prendendomi per mano.
Mi misi a sedere. Vert si avvicinò al letto limitandosi a restare in piedi.
“Avete detto a qualcuno di questa cosa ?” chiese Sanny guardando negli occhi prima me e poi Vert.
“No, a nessuno. Ho cercato tua madre ma non l’ho trovata in casa” risposi.
Vert non disse nulla.
“Ok, dovete promettermi che non direte nulla a nessuno, neanche a mia madre. Domani probabilmente mi dimetteranno, dirò che mi volevano fregare il portafoglio e visto che non avevo un soldo mi hanno pestata”.
“Cazzo sei impazzita, devi denunciare chi ti ha ridotto così” le dissi alzandomi dal letto.
“Denunciarlo a chi ? alla polizia ? è venuto prima uno sbirro, è entrato, mi ha guardata come si guarda una bestia, poi mi ha detto : dal referto medico risulta una violenza carnale, vuole sporgere denuncia ? io gli ho risposto di no. Allora lui mi ha detto : va bene, se cambia idea questo è il numero del distretto, poi se ne è andato. Sembrava stesse facendo una contravvenzione. A quei bastardi non gliene frega un cazzo di noi”.
A quel punto Vert parlò per la prima volta : “ha ragione Low, da chi cazzo vuoi andare a sporgere denuncia, da quei fottuti porci, hai visto come ci guarda la gente qui, sembriamo delle merde con le gambe. Tu Sanny dicci solo chi è stato, e poi ci pensiamo noi”.
“Prima dovete promettermi di non dire niente” disse lei.
“Te lo promettiamo” rispose Vert.
“Anche tu Low” disse rivolta a me.
“Cazzo Sanny, non puoi chiedermi questo”.
“Promettilo, o giuro che da ora in poi non so più chi sei”.
“Ok te lo prometto, ma stai facendo una cazzata”.
“Adesso dicci chi è stato” proseguì Vert.
Sanny rimase in silenzio per alcuni secondi, poi ancora una volta iniziò a fissare il nulla, infine disse : “è stato quel figlio di puttana con cui uscivo, quel fighetto di merda. Stamattina mi era venuto a prendere a casa, dicendomi che aveva qualcosa per me. Sono salita in macchina e lui mi ha chiesto se c’era un posto in cui potevamo stare soli. Allora siamo andati in sala. Una volta entrati lui mi ha detto di aspettarlo lì dentro, tenendo gli occhi chiusi perché aveva una sorpresa per me. Quando ho riaperto gli occhi c’era un pacco davanti ai miei piedi. L’ho aperto, e dentro c’era un vestito. Era stupendo, un vestito a canottiera corto, uno di quei vestiti che io avevo visto solo addosso alle modelle. Io l’ho abbracciato, poi ci siamo baciati. Lui mi ha chiesto di mettermi il vestito, allora mi sono spogliata e l’ho indossato. Mi diceva che ero meravigliosa, poi ha tirato fuori da una tasca una bustina di cocaina ed ha preparato due strisce sopra uno specchietto. Me l’ha offerta, io gli ho risposto che non mi andava, che non l’avevo mai usata, ma lui insisteva,  alla fine ho tirato su quella fottuta striscia”.
“Perché l’hai fatto Sanny” le chiesi mentre il cuore mi batteva in gola.
Sanny aveva iniziato a piangere. Poi rispose : “cazzo Low mi sentivo in debito per il vestito. Abbiamo continuato a parlare, lui mi diceva che ero stupenda, ma dopo poco tempo ho cominciato a sentire l’effetto di quella merda, mi sentivo incredibilmente euforica ma allo stesso tempo mi sembrava di non riuscire a respirare. Volevo uscire da lì dentro, ma prima che riuscissi ad alzarmi lui mi aveva già steso per terra e aveva iniziato a baciarmi. Io l’ho lasciato fare per un po’, poi gli ho detto che volevo uscire, che stavo male. Lui non mi ha risposto ed ha iniziato a toccarmi. Cristo mi toccava dappertutto, io cercavo di fermare le sue mani, ma non ci riuscivo, gli dicevo che stavo male, che volevo uscire, ma lui non mi ascoltava più. Allora gli ho mollato una ginocchiata nei coglioni. A quel punto lui...”, Sanny aveva iniziato a singhiozzare. Io mi stavo chiedendo quale bestia di uomo poteva averle fatto quello che mi stava raccontando. Vert invece era completamente inebetito, era accecato dall’ira, lo vedevo chiaramente. Stava di fianco al letto con le braccia a ciondoloni sui fianchi, la bocca semiaperta e lo sguardo fisso su volto di Sanny.
Dopo alcuni secondi lei proseguì : “lui ha iniziato a picchiarmi, ma ancora non pensavo che mi avrebbe violentata. L’ho capito solo quando mi ha detto : tu non crederai che io sia uscito per una settimana con una come te solo per farmi dare due lingue vero ? Dopo quelle parole ho capito che il Bmw, il vestito, la cena al ristorante e tutto il resto esigevano un pagamento, e che quel figlio di troia aveva già stabilito anche il prezzo. Così mi ha strappato il vestito e mi ha violentata. Io cercavo di non pensare, cercavo di fuggire via da quella sala, da quel quartiere, volevo volare via con la mia anima, con il mio cuore. Ma non ce l’ho fatta, sono rimasta prigioniera di quell’ammasso di carne che era diventato il mio corpo”.
A quel punto Sanny smise di parlare. Non piangeva più, e io vidi che il suo viso aveva cambiato espressione. Il dolore era stato inondato dall’odio.
“Dicci come si chiama quell’animale” disse Vert vomitandogli quelle parole addosso.
“So solo che lo chiamano Rampi e che abita qui a Rosflau. Solo questo. Dovete ammazzarlo quel figlio di puttana”.
“E ‘ cosa fatta Sanny. Non ti preoccupare”  disse Vert digrignando i denti.
Vert non aspettava altro che il consenso di Sanny per potere fare quello a cui già aveva pensato. Noi tre eravamo cresciuti assieme, e Sanny praticamente era la nostra ragazza. Con le altre diceva che lei stava con i due ragazzi più belli del quartiere. Ricordo che due anni fa, durante la sua festa di compleanno in sala, lei si avvicinò a noi due e ci disse : “vi va di scopare ?”.
“Come vi va di scopare, forse volevi dire Vert ti va di scopare” le rispose Vert.
“No forse voleva dire Low ti va di scopare” dissi a mia volta.
“No volevo proprio dire vi va di scopare”. Ci guardava sorridendo.
“Uno alla volta ?” le chiesi io.
“No tutti e due insieme”.
Pensavamo scherzasse, ma non era così. Quella notte eravamo tutti e tre fumati persi, e facemmo sesso insieme. Riuscii per la prima volta a capire cosa fosse l’amore. Per Vert fu solo una scopata fuori dalla norma, ma per me e Sanny fu una cosa diversa. Lei non me lo disse mai, ma io lo sapevo.
 Io Sanny l’adoravo. Alcune notti io e lei aspettavamo che se ne andassero via tutti dalla sala, dopodiché io mettevo su la nostra canzone, to forgive, poi spegnevamo tutte le luci, ci abbracciavamo e iniziavamo a ballare. Sentivo il suo cuore sopra al mio, e una sera ricordo che lei mi disse : “siamo proprio figli di bastardi, per me niente è importante”.
Vert probabilmente non amava Sanny quanto me, per lui questa storia significava avere un’altra valida motivazione per portare avanti la sua faida personale contro il sistema. Se fosse stata violentata una qualsiasi altra ragazza del quartiere probabilmente Vert avrebbe comunque avuto la medesima reazione. Per me invece era diverso. Sanny era parte di me, la sentivo come una cosa mia.
“Ascoltami Low” mi disse Sanny prendendomi nuovamente la mano.
“Si Sanny” le risposi accarezzandole il collo.
“Adesso vai a casa di mia madre, dovrebbe essere tornata a quest’ora, dille che mi hai incontrata in giro con Genni e che dormo da lei. Poi vai da Genni e dille che mi copra per stanotte, inventati qualcosa.”
“E se tua madre telefona a Genni ?” le chiesi.
“Le hanno tagliato il telefono il mese scorso, e a quest’ora non avrà certo voglia di andare a controllare fino a casa sua. Adesso andatevene per favore. Vi voglio bene ragazzi”.
Noi l’abbracciammo forte.

MERCOLEDI’ NOTTE

Durante il ritorno io non parlavo, fu Vert ad iniziare : “dobbiamo trovare quel cane e ammazzarlo”.
“Non dire cazzate, smettila di pensare di essere nel far west” gli risposi.
“Ricordati brutto stronzo che l’hai promesso a Sanny”.
“Sanny è sconvolta, e poi io le ho promesso che sarei stato zitto, non che avrei ucciso per lei”.
“Quello è un animale” proseguì Vert.
“Lo so, ma questo non ci dà il diritto di ucciderlo”.
“Tu Low sei un fottuto coniglio”.
“Ascolta Vert, fammi fare un tentativo con gli sbirri” gli dissi guardandolo dritto in faccia.
“Che cazzo di tentativo vuoi fare, hai sentito quello che ha detto Sanny ? Hai la merda nel cervello. Ma dove cazzo pensi di essere, al cinema ? Noi se vogliamo giustizia dobbiamo farcela da soli, e io quell’animale lo ucciderò con o senza di te”.
“Ti chiedo solo di farmi parlare con qualcuno al distretto”.
“E credi veramente che qualcuno sarà disposto ad ascoltarti, ad ascoltare uno come te. Ti sei dimenticato chi sei ? da dove vieni ?”.
“Ti chiedo solo di farmi tentare” dissi smettendo di camminare.
“Ok brutto stronzo, ma poi si fa a modo mio” disse quelle parole poi si infilò le mani in tasca ed allungò il passo.
 

GIOVEDI’ MATTINA

Arrivai al distretto di Rosflau alle 9 e 25. Appena varcai l’entrata mi venne in contro uno sbirro con la divisa stirata di fresco. Mi si parò davanti e mi squadrò col medesimo sguardo della vecchia infermiera all’ospedale.
“Chi stai cercando ?” mi chiese.
“Vorrei sporgere una denuncia, può indicarmi a chi mi devo rivolgere” gli risposi.
Lo sbirro mi puntò gli occhi in faccia. Io aspettavo una risposta senza muovermi, stavo immobile e lo fissavo a mia volta. Poi infine disse : “prendi il primo corridoio a destra, la terza stanza sulla sinistra”.
“La ringrazio” risposi avviandomi per seguire le indicazioni che avevo ricevuto. Vidi con la coda dell’occhio che lo sbirro si era girato ad osservarmi ; aspettavo di sentire la sua voce da un momento all’altro, ma svoltai nel corridoio senza che questo accadesse.
Arrivai dove mi era stato indicato. La porta era aperta, ed io entrai. Quando fui dentro mi accorsi che l’uomo dietro alla scrivania era il sergente Toni. Lo ricordavo perché mi aveva arrestato durante la notte di San Silvestro dell’anno prima. Stava parlando al telefono, e quando si accorse di me fece un inequivocabile cenno con cui mi diceva di attendere fuori. Gli era bastato guardarmi un nano secondo per capire chi ero e da dove venivo. Proprio come aveva detto Vert.
Aspettai fuori circa venticinque minuti mentre il sergente Toni disquisiva con la moglie sul fatto che lui nella frittata con i carciofi ci voleva anche le acciughe. La moglie dal canto suo cercava di far capire al sergente che quello che sosteneva era un’aberrazione culinaria. Alla fine la conversazione finii senza che i due avessero raggiunto il ben che minimo accordo sulla frittata in questione.
“Avanti” mi disse il sergente dopo avere riagganciato il ricevitore.
“Salve” dissi con il medesimo tono con cui avevo parlato con la vecchia infermiera all’ospedale.
“Salve, aspetta noi ci conosciamo o sbaglio”. Cazzo, era fatta, quel flaccido orango mi aveva riconosciuto.
“Si ci siamo già incontrati” dissi io.
“E in che occasione, non credo certo al compleanno di mia figlia” proseguì il sergente sarcasticamente.
“Mi ha arrestato l’anno scorso la notte di San Silvestro”.
“E con quali accuse ?” mi chiese guardandomi di sbieco.
“Disturbo della quiete pubblica e atti osceni in luogo pubblico” risposi guardandolo fisso. Nella notte in questione io, Sanny e Vert stavamo attraversando Rosflau mentre tornavamo dalla stazione. Io ero alquanto sbronzo, e mi fermai a pisciare di fianco ad un albero che si trovava sulla strada. Stavo cantando Jingle Bell, quando arriva una pattuglia di sbirri. Questi scendono e ci perquisiscono, e visto che non ci trovano nulla addosso hanno la sfavillante idea di arrestarmi per atti osceni in luogo pubblico perché pisciavo, con l’aggravante del disturbo della quiete pubblica per il canto natalizio.
“Capisco, tu sei di Raisel vero ?” continuò il sergente Toni.
“Esatto”.
“Di solito voi venite qui a spacciare la vostra merda, e noi dobbiamo vigilare, lo capisci vero ?”. Il sergente Toni mentre diceva queste parole si accese una sigaretta.
“Io non sono mai venuto neanche a vendere fiori qui”.
“Meglio per te” disse allungando i piedi sopra la scrivania.
“Allora in che cosa posso esserti utile ?” disse, anche se nelle mie orecchie quelle parole suonarono in tutt’altro modo.
“Io vorrei denunciare uno stupro” dissi.
“Sei stato tu a commetterlo ?”.
“Io ho detto che voglio denunciare uno stupro, non che sono venuto ad autodenunciarmi per stupro”.
A questo punto il sergente Toni tirò giù i piedi dalla scrivania, si passò una mano sulla fronte, poi fece una smorfia come se stesse cagando uno stronzo particolarmente grosso, e infine disse : “ascolta bene brutto coglione, non ho tempo per le tue battute del cazzo. Sarà meglio che cambi atteggiamento”.
“Si signore, comunque lo stupro l’ha subito una mia amica” risposi impassibile.
“E sai anche chi sarebbe stato a stuprarla ?”.
“So che è conosciuto qui a Rosflau come Rampi”.
“E ‘ di Rosflau?” mi chiese il sergente sgranando gli occhi.
“Si” risposi.
A quel punto il sergente Toni, quel gran coglione, aprì quella cloaca che si ritrovava al posto della bocca e disse : “senti voglio essere molto franco con te, non è che con questa storia dello stupro vi siete messi in testa di venire a rompere le palle a qualche onesto abitante di Rosflau, nella speranza di scucirgli magari qualche soldo?”
“Non è così” dissi sforzandomi di rimanere calmo.
“Lo spero proprio, perché altrimenti io vi spacco la testa a manganellate e poi ci cago dentro. In ogni caso la denuncia deve essere sporta da chi ha subito la violenza”. Il sergente pronunciò quelle parole in modo da non ammettere alcuna replica, e d’altronde io avevo compreso fin troppo bene l’antifona.
“Ho capito” dissi mentre mi alzavo in piedi.
“Ti raccomando di pensare bene a quello che ti ho detto prima di ritornare qui”.
“Non mancherò”, brutto figlio di puttana.

GIOVEDI’ POMERIGGIO
Ero seduto sul divano della sala. C’erano alcuni ragazzi che stavano provando un  pezzo nuovo, ma avevano qualche problema con il bassista.  Era già al terzo cannone, e secondo me era ormai convinto di avere in mano una motosega al posto della chitarra.
“Low”, Vert mi chiamò appoggiandomi la mano sulla testa come faceva di solito.
“Ciao Vert”.
“Andiamo fuori, ho bisogno di parlarti” mi disse avviandosi verso la porta.
Uscimmo fuori. C’era perfino il sole.
“Sai stato dagli sbirri ?” mi chiese mentre si stirava il collo.
“Si”.
“E allora ?”.
“Avevi ragione tu”.
“Che cazzo ti avevo detto ? Alcune volte mi sembra che tu viva in un altro mondo, che tu non ti renda conto dove siamo veramente e chi siamo veramente”.
“Risparmiami le tue prediche per favore”.
“Comunque mentre tu facevi il coglione con quegli stronzi, io mi sono dato da fare per sapere qualcosa su quel figlio di troia che ha violentato Sanny. Ho saputo che solitamente di sera va al Blu River, quindi stasera andiamo in quel cazzo di posto, e se lo becchiamo gli piantiamo un coltello in gola. Chiaro, mi pare. Adesso si fa a modo mio”. Dopo aver detto quelle parole Vert mi fissò attendendo la mia risposta.
Io non parlavo. Cristo si parlava di uccidere un uomo, che forse meritava anche di morire, ma noi chi eravamo per decidere questo ? Non spettava a noi farlo.
Vert si accorse della mia indecisione, e mi aggredii subito : “cazzo, non sei ancora convinto. Nonostante tutto continui con questo tuo fottuto atteggiamento da pio monaco”.
“Si parla di uccidere una persona” gli dissi pacatamente.
“Persona ? Hai anche il coraggio di chiamare quella bestia persona. Sei proprio un vigliacco del cazzo. Lo farò io, ma tu devi venire con me nel caso qualcosa vada storto, ti chiedo almeno questo”.
“Senti Vert, sono appena stato alla polizia per dire che volevo sporgere denuncia contro quello stronzo, quando gli sbirri lo troveranno cadavere quanto credi che impiegheranno per arrivare a noi ?”.
“Questi sono cazzi tuoi, io te l’avevo detto che era una stronzata andare al distretto. Cosa dovremmo fare allora ? L’hai detto tu stesso che la polizia non farà nulla. Secondo te dovremmo fare finta di niente ? Dovremmo lasciare che quel bastardo faccia ancora quello che ha fatto a Sanny ?”. Vert si era avvicinato a me, ed ormai eravamo faccia a faccia. Mi sentivo intrappolato in un vicolo senza via di uscita
“Cazzo rispondimi Low, cosa dovremmo fare ?” continuò Vert.
“Prima voglio parlare con Sanny” dissi infine.
“Sei proprio uno stronzo. Comunque Sanny mi ha telefonato chiedendo se la possiamo andare a prendere alle cinque. La dimettono”.
Non dissi nulla e ritornai dentro. Sapevo quello che pensava Vert. Mi aveva sempre pensato un vigliacco, e sicuramente ora ne era ancora più convinto. Ma lui non capiva, non capiva che uccidendo quel porco non avremmo fatto altro che dare al sistema un’altra valida motivazione per schiacciarci sempre di più. Io sapevo di non essere un vigliacco, o perlomeno sapevo di avere un coraggio diverso, il coraggio di cercare di cambiare le cose per tutti, e non solo per se stessi. Ma Vert questo non l’avrebbe mai capito, lui era un animale assetato di vendetta, con l’unico scopo di procurare anche agli altri un po’ di quel dolore che lui stava soffrendo da quando era nato.

Alle cinque andammo a prendere Sanny sempre con l’auto del padre di Vert. Durante tutto il viaggio di andata io e Vert non ci scambiammo una parola. Quando arrivammo Sanny ci stava già aspettando fuori dall’ospedale. Aveva addosso un paio di pantaloni da infermiera e il mio giubbotto con cui l’avevo coperta il giorno prima.
“Ciao ragazzi” ci disse come faceva normalmente. Mi sembrava più tranquilla, ma i suoi occhi erano diversi. Non erano più quegli occhi di bambina che mi guardavano mentre ballavamo insieme to forgive, adesso i suoi occhi erano pieni d’odio. Erano gli stessi occhi che aveva Vert. Avevo intenzione di chiedere a Sanny se era certa di volere che noi uccidessimo quel bastardo, ma quando vidi i suoi occhi compresi già la risposta.
Salimmo in macchina.
“Come stai Sanny ?” le chiese sapendo già la risposta.
Sanny stava guardando fuori dal finestrino,  poi disse senza distogliere lo sguardo: “è proprio carino questo quartiere. Mi piacerebbe vivere qui con voi due. Sarebbe bello vivere insieme, solo noi tre. Sarei veramente felice”.
Poi si girò per guardarmi e continuò dicendo : “mi sento sporca, sporca dentro capisci Low ?”.
“Stasera io e Low andremo a cercare quel figlio di troia e lo uccideremo” disse Vert girandosi a guardarmi per vedere la mia reazione. Io lo guardai a mia volta senza dire nulla. Se Sanny voleva che l’uccidessimo, io non mi sarei tirato indietro, ma sapevo che quella ragazza in macchina con noi non era più la persona che avevo sempre conosciuto.
Sanny riprese a guardare fuori, ed io capi che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata per sempre ; come era cambiata per sempre quella di Sanny.
Arrivammo davanti a casa di Sanny. Scendemmo tutti e tre, ormai il sole stava facendo la sua sfavillante uscita di scena. Vert andò verso Sanny, le diede un bacio sulla guancia e le disse : “andrà tutto bene piccola”.
“Io Vert mi fermo un attimo qui con lei” dissi.
“Ok Low, ci vediamo stasera alle otto in sala, mi raccomando”.

Andai di fronte a Sanny. Lei tirò fuori dalla tasca del mio giubbotto il mio walkman, poi mi disse : “te la porti sempre dietro la nostra canzone non è vero ?”.
Poi prese gli auricolari, ne mise uno nel mio orecchio e l’altro nel suo.
“Concedimi questo ballo, figlio di un bastardo” mi disse abbracciandomi.
Io la strinsi a me ed iniziammo a ballare, con le nostre anime che si fondevano insieme, e i nostri cuori che si baciavano ; ormai niente era più importante per noi. Mentre la stringevo sentivo l’odore della sua pelle, e quell’odore mi scaraventava all’indietro con i ricordi. Ricordi di un verde chiaro e di sorrisi nella notte.
Quando la canzone finii, vidi che gli occhi di Sanny erano tornati quelli di una bambina. Erano tornati gli occhi di quella ragazza che conoscevo da sempre.
“Low, andiamocene via dal di qui. Io te e Vert, solo noi. Stasera, partiamo. Ti prego andiamocene, o questo posto ci ucciderà tutti”. Mentre diceva quelle parole mi prese il viso fra le sue mani.
“Vert non verrà, ormai il suo meccanismo interno è scattato, e non si fermerà finché non avrà fatto quello che si prefigge”.
“Dobbiamo convincerlo. Stasera gli parlerò e lo convincerò”.
“Lo sai Sanny che non ce la farai mai. Ormai Vert è troppo assuefatto da questo posto. Non verrà mai via”.

GIOVEDI’ SERA
Io e Sanny arrivammo alla sala alle 8 meno 10. Vert era già dentro, a sedere sul palco e provava qualche accordo con la chitarra.
Appena ci vide gettò la chitarra dicendo : “cosa ci fa lei qui ?”.
Io sapevo che Sanny non gli avrebbe mai fatto cambiare idea. Forse lo sapeva anche lei  ma ci volle provare lo stesso.
“Ascoltami Vert, voglio che ce ne andiamo di qui, andiamo via, noi tre e basta. Lascia perdere questa idea del cazzo. Non voglio più che lo uccidi”.
Vert guardò Sanny con aria furente : “non ci posso credere, ti sei fatta convincere da quel coniglio”.
Sanny continuò dicendo : “no, sono stata io a chidergli di andarcene. Andiamo via da questo posto di merda, noi tre. Ci possiamo trovare un lavoro e un posto dove stare”.
“Un lavoro? Un posto dove stare ? E dove ? Io non voglio scappare. Le situazioni bisogna affrontarle”.
“No Vert, alcune volte le situazioni bisogna fuggirle. Bisogna avere il coraggio di cambiare. Noi dobbiamo cambiare, altrimenti non c’è futuro. Non lo capisci, le stesse persone che ci lasciano a marcire in questo quartiere si aspettano che tu uccida quel bastardo, così avranno un pretesto in più per puntare l’indice contro questo posto. Facendo così non fai che giustificare la loro politica” gli dissi avvicinandomi a lui.
 “Bella questa Low, dove cazzo l’hai letta su uno dei tuoi merdosi libri. Come fai a non odiare quel porco per quello che le ha fatto ?”.
“Io lo odio anche più di te, solo che tu sei così cieco che non te ne accorgi. Comunque stasera io non ti seguirò Vert, se lo vuoi ammazzare lo dovrai fare da solo”.
“E lo farò da solo, stanne certo”. Dopo aver detto queste parole Vert riprese la chitarra in mano e iniziò a strimpellare qualche nota qua e là.
“Vert ti prego vieni via con noi. Io non voglio che lo uccidi” disse Sanny sedendosi accanto a lui.
“Si ma lo voglio io. Adesso Sanny vattene fuori. Lasciaci soli”. Vert aveva capito che le nostre strade si stavano separando.
Sanny mi guardò, io le feci cenno che doveva fare come diceva Vert. Aveva le lacrime che le rigavano il viso. Diede un bacio a Vert poi uscì fuori.
“Low prenditi cura di Sanny” mi disse Vert smettendo di suonare.
“Vert, lascia perdere questa stronzata, vieni via con noi”.
“No, il mio posto è qui. Ognuno deve seguire il suo corso, e il mio corso si ferma qui a Raisel”.
“Qui morirai Vert” gli dissi.
“Come tutti, prima o poi. Ascolta Low, io non lo so che non sei un vigliacco”.
“E io so che tu non sei un assassino. Lascia perdere, vieni via con noi”.
“Partire ? no Low, te l’ho detto il mio posto è qui. Sai forse è vero che hai più coraggio di me. Adesso andate, andatevene via per sempre”.
“Vert, ...” volevo dire qualcosa ma le parole mi morirono in gola.
“Lo so. Anch’io Low” disse Vert comprendendo quello che avrei voluto dire.
Lo abbracciai sapendo che non l’avrei più rivisto, poi uscì fuori da Sanny.
La guardai e  scossi la testa, e lei capì quello che già immaginava, cioè che Vert non sarebbe venuto via con noi. La guardai negli occhi, quegli occhi che tanto amavo, poi le dissi : “andiamo Sanny, dammi la mano”. Lei mi prese la mano, poi tirò fuori il walkman, mi diede un auricolare e si infilò l’altro in un orecchio.

Billy Corgan iniziò a cantare solo per noi:

ten times removed
I forget about where it all began
bastard son of a bastard son of
a wild eyed child of the sun
and right as rain,
I’m not the same but
I feel the same, I feel nothing
holding back the fool again
holding back the fool pretends
I forget to forget nothing
is important
holding back the fool again
I sensed my loss
before I even learned to talk
and I remember my birthdays
empty party afternoons won’t
come back
holding back the fool again
holding back the fool pretends
I forget to forget nothing is important
holding back the fool again
I forget to forget me
I forget to forget you see
I knew my loss
before i even learned to speak
and all along, I knew it was wrong
but I played along, with my birthday song
holding back the fool again
holding back the fool pretends
I forget to forget nothing is important
holding back the fool again
 
 
 
racconti home