Monologo di Prometeo

 

 

Forzare il portello della lavatrice

per evaderne gravitando

a spirale verso l'alto,

fino ad arrestarti compresso

contro il soffitto della stanza

come il genio della lampada

o un palloncino da bambini,

senza che ci sia nessuno

ad arrampicarsi sulla sedia

per tirare il filo con uno strappo

e ricondurti a ragionevole altezza.

 

Guadagnare la finestra aperta

brancolando lungo il soffitto

per librarti nel vuoto

e seguitare ad ascendere

oltre le antenne della televisione,

acquistando velocità progressiva

verso un punto imprecisato,

oscuro sfintere cosmico

dove inconsapevoli convergono

gli esseri tutti e le cose

in ordine sparso ma univoco.

 

E sprofondarvi planando

in una pausa brusca di silenzio,

assenza di un epilettico

con la bava alla bocca

mostrando il bianco degli occhi,

mentre ancora ti reggono

le braccia degli astanti

inchiodato al pavimento

un attimo prima del risveglio.

 

Per ascoltare l'eco degli eventi

quasi rumore di fondo

di una registrazione difettosa

e contemplare il mondo

attraverso l'oblò di una lavatrice

così ribaltato all'esterno,

per accorgerti che tutto accade

secondo il programma inserito

inequivocabilmente "dentro"

 

Ma non ti resta che attendere

lo stop della centrifuga

per la curiosità puerile

di spiare dal tuo angolo

chi accorra a sfiorare il tasto

che azioni il prossimo ciclo,

se un demonio o un angelo,

se un poeta o un politico,

grandemadre o padreterno.

 

 

Pino Blasone

 

TORNA ALL'INDICE