LUIGI ONTANI
Atmosfere diverse e sensuali, grandi installazioni di sapore orientale e le
celebri serie fotografiche dove l’artista si ritrae in fantasiosi travestimenti.
Unanimi consensi per la mostra di Bologna “Gigante3RazzEtà7ArtiCentAuro” di
Luigi Ontani in corso fino al 4 maggio 2008.
Già
il titolo è un programma, una sola parola in un linguaggio inventato fatto di
elementi concatenati, che insieme danno vita a qualcosa di diverso. Come diversa
è l’arte di Luigi Ontani. Nato a Vergato vicino a Bologna, Ontani è divenuto
dagli anni Ottanta un’icona dell’arte contemporanea, in cui si è ritagliato un
posto al di fuori delle correnti, scardinandosi precocemente sia dalla
tradizione bolognese, sia dalle ricerche generazionali più connotate al
concettuale. La sua è un’arte individualistica, che non si apparenta alle
ricerche attuali ma che per vari aspetti ne è stata anticipatrice, per l’uso del
video e della fotografia sopratutto. Il lavoro di Ontani può essere considerato
un’unica lunga performance che accompagna la vita dell’artista e si materializza
nelle gigantografie, nei disegni, nelle stupende opere ceramiche, nelle sculture
polimateriche, nei video. Tutte le opere sono il risultato di una
sperimentazione attorno all’immagine stessa dell’autore, che entra ed esce da
situazioni artificiose come da piccoli palcoscenici privati, ritagliati in
luoghi misteriosi e in tempi anch’essi misteriosi, dove l’uomo Ontani col suo
volto e col suo corpo dà fisicità a tutti i ruoli, in una fantasiosa messa in
scena di sé. In questa continua mutazione dell’apparire, l’artista si guarda, si
contempla, si mostra, diventa non più uno, ma mille, saccheggiando elementi
evocativi e sensuali da tradizioni diverse, facendo convivere aspetti estranei
in una multiforme variopinta realtà-altra. Il risultato è un’arte fatta di
variazioni sullo stesso tema, l’IO dell’artista, un’arte densa di echi orientali
e classici, dove l’Oriente balinese, thailandese e indiano incontra la favola
greca e il mostro gotico, dove nulla è mai assunto filologicamente, ma
saccheggiato e manipolato in un gioco irriverente e divertito, grazie alla
capacità dell’artista di viaggiare dentro differenti culture, conoscerle e
travisarle.
La
narrazione poetica e talora dissacrante in cui ci coinvolge Ontani non può che
compensarci di tante operazioni artistiche risicate e penalizzanti, e
restituirci il gusto di una mostra lussuosa, in un trionfo visivo dove il viola
e l’oro, la materia lucente della ceramica, perifrasi decorative e suntuose,
cangianti e decadenti concorrono alla creazione di un’opera totalmente ambigua e
seducente.
La
mostra che il MAMbo dedica a Ontani è complessa (come complessa è la
stratificazione di rimandi su cui poggia l’immaginario dell’artista),
curatissima nei contenuti, e offre allo spettatore nuove chiavi di lettura e
spunti per letture ad ampio raggio del lavoro dell’artista, attraverso lavori
storici e altri inediti. Si sviluppa al primo piano del museo (dove
contemporaneamente si tengono altre due mostre, quella dell’artista cinese Ding
Yi, e quella della coppia post-pop Guyton/Walker) e si snoda rendendo piacevole
anche la scoperta fisica dei nuovi spazi, che raccordano percorso e contenuti.
All’inizio una sala è dedicata ai video, di cui Ontani è stato uno
sperimentatore in senso assoluto, con l’uso del super8 già alla fine degli anni
Sessanta; poi c’è la bella sequenza della Manica Lunga che ospita la serie delle
tredici ErmEstetiche, grandi opere in ceramica in cui l’artista si avvale della
collaborazione della squisita manifattura del laboratorio faentino dei Gatti;
alle pareti sono collocate le gigantografie del ciclo 24 Ore e I Prigioni. Poi
vengono le sale orientali con le loro atmosfere reinventate, le installazioni
con le maschere in legno in cui l’artista recupera anche l’antica tradizione
artigianale balinese, le superfici lenticolari che variano con l’inclinazione
dello sguardo, le opere in marmo e in vetro di Murano. Un automa con l’effige di
uno stranissimo Dante-Ontani attraversa le sale ripetendo all’infinito e in
tutte le lingue del mondo qualcosa come… l’arte è libertà.