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OSVALDO
LICINI
Galleria Spazia,
Bologna, 1993
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Osvaldo
Licini
Quattro anni dividono in
termini di generazione Giorgio Morandi da Osvaldo Licini, nato il primo
nel 1890, il secondo nel 1894. Fatto questo che non impedì ai due
di incontrarsi nel 1909, durante le frequenze ai corsi dell'Accademia di
Belle Arti di Bologna. Dunque per entrambi un periodo di contatti e di
parallele esperienze in anni formativi, fino alla scelta di esporre insieme
nel '14, con alcuni altri compagni, Bacchelli, Vespignani e Mario Pozzati.
Presto tuttavia si aprirono, materialmente, e più ancora concettualmente,
strade separate nella vicenda biografica di questi due giovani che sarebbero
divenuti due grandi maestri dell'arte contemporanea: Morandi troverà
tra Bologna e Grizzana lo spazio necessario e sufficiente allo svolgimento
della sua coltissima poetica. Licini invece, dopo gli anni di studio fiorentini
e la guerra, soggiornò a lungo a Parigi, dove frequentò tra
gli altri Modigliani e Picasso.
Proprio a partire dagli
esiti ancora figurativi di quella immersione parigina, è possibile
ripercorrere le evoluzioni del mondo pittorico liciniano nelle opere che
compongono la mostra in corso in questi giorni alla galleria Spazia. Sono
esposti dieci oli, opere che testimoniano celebri serie dal '39 agli anni
Cinquanta, veri e propri gioielli di quell'estro che fa di Licini uno degli
ultimi grandi lirici; e ventuno opere su carta che costituiscono una sorta
di piccola antologica del disegno liciniano, poichè coprono un arco
che va dal '20 fino agli ultimi anni di vita del maestro. Le carte in mostra
raccontano l'individuazione formale, che in Licini pare sempre quasi miracolosamente
condotta a definizione attraverso tentativi e cancellature non dissimulate,
delle prime immagini archetipiche, passando attraverso l'esperienza nella
seconda metà degli Anni Trenta col gruppo degli astrattisti milanesi,
e la determinazione appena successiva di un universo in cui poesia e rigore
trovano un incantevole quanto esile punto d'equilibrio. Che siano angeli
ribelli o amalassunte, fiori lunari o croci viventi, la linea quasi dubbiosa,
sempre critica che determina l'immagine liciniana, ci riconduce alla certezza
di una persistente, quanto individuale verità. |