Daniela Bellotti "Scritti sull'Arte"                                                                                                                               Gli artisti
POMPILIO
MANDELLI

"Tempere 1945-1990"
Galleria Paolo Nanni, Bologna 1992

"Il Resto del Carlino"
12.2.92

Tratto a tempera. Prima e dopo l'Informale, una storia a largo raggio

Pompilio Mandelli ha frequentato tradizionalmente questo spazio espositivo, e già nel lontano 1956 fu protagonista in queste stesse sale di una mostra personale.
"Tempere 1945-1990" è il titolo che indica il taglio dato a questa rivisitazione del lavoro di Mandelli; sono dunque fogli e opere quasi tutti di dimensioni abbastanza ridotte, scelti da Dario Trento, che firma il testo critico in catalogo. Somigliano queste tempere di Mandelli ai tasselli di una storia ad ampio raggio, a una sorta di diario fatto di sensazioni visive, dove l'unitarietà serrata della visione e del ductus narrativo suggeriscono un itinerario, costellato di incontri, di impressioni, di presenze e luoghi cari, replicati dall'artista nel volgere delle varie stagioni della vita.
"Prima e dopo la cura dell'Informale" ha concisamente spiegato l'artista stesso davanti a una parete dove in alcune immagini si succedono le fasi metamorfiche di una figura femminile; è un processo, quasi una dissolvenza delle linee dentro la materia, che si è andato realizzando attraverso gli anni, tra il Quaranta e il Sessanta. Ma, proprio una esposizione come questa, rivela come quell'Informale, o meglio, quell'Ultimo Naturalismo di Mandelli possa essere assunto oggi come una categoria sovrastorica, una identità non più tradita, perchè consona profondamente a un modo di sentire la pittura e di essere in rapporto con le cose.
Il riferimento va, inevitabilmente, a Francesco Arcangeli che scriveva, nel 1970: "La pittura di Mandelli ha, nel tempo, una sua quieta ma penetrante forza di persuasione proprio perchè si è maturata in un certo modo, proprio perchè l'artista, sempre convinto dei suoi movimenti, non ha mai rinunciato, posto che lo poteva, a esser se stesso fra tutti gli altri. Altra cosa singolare è il peso, e il significato, che è venuto assumendo via via, nella sua opera, il tema della figura".
Profetica questa analisi di Arcangeli, o forse queste stesse parole devono aver rafforzato e suggerito ancora una inclinazione tematica all'artista, che vent'anni dopo questa lettura fatta dal noto critico e amico, inizia una nuova carrellata di figure. Non sono più le lettrici, le pittrici, i nudi nello spazio a fare da soggetto, ma le "mannequin", le ragazze belle e colorate, eleganti e alla moda delle sfilate, le "top model" anni Novanta della Tv e delle riviste. Mandelli resta però Mandelli, e le sue indossatrici hanno, ancorché aggraziate e impreziosite da qualche tono raffinato, le movenze larvali delle sue figure storiche. Mandelli non tradisce se stesso e la voglia di rinnovarsi, di non perdere i contatti con la bellezza più attuale, lo rivela ancora una volta sicuro del suo ruolo, a destreggiarsi con le apparenze effimere e, direbbe André Breton, "convulsive" della sempre misteriosa, amata figura femminile.
 

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