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Dioniso, rivestito
di pampini, e il Vesuvio, con un serpente in primo piano, quale simbolo
di fertilità. Affresco del I sec., dalla Casa del Centenario a Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Dioniso (come altre divinità Greche), ebbe diversi nomi ed appellativi che seguivano il nome a seconda dei luoghi nei quali era onorato; a Roma era noto come Bacco o Libero, in Oriente come Zagreo o Bassareo o anche Leneo. Il suo aspetto era sempre quello di un giovane bellissimo, con il capo riccioluto e incoronato da pampini e da viticci. . Dio gioviale, sorridente e simbolo del tripudio e della ricchezza della natura, legato a riti rimasti abbastanza misteriosi e talora selvaggi, che attestano anche la sua vicinanza con antichissimi riti in cui si usava propiziare il favore della natura mediante sacrifici di animali. |
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Attributi dionisiaci: tamburello,
tirso, cembali, cantaro, cista; in primo piano pantera che lotta con
serpente. Affresco del I sec., da Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale |
Testa di Dioniso giovane. Scultura ellenistica ritrovata nei pressi di Roma. Londra, British Museum |
Dioniso bambino su pantera, con le
Ninfe di Nisa, in un cammeo di epoca romana. Napoli, Museo Archeologico Nazionale |
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La pazzia di Licurgo: vaso in vetro (particolare), IV sec., a.C. Londra, British Museum |
Licurgo assale la ninfa Ambrosia, che
si trasformerà in vite; mosaico, I sec. Napoli, Museo Archeologico Nazionale |
Dioniso con Arianna a Nasso. Vetro a
sbalzo del I sec.
dalla Casa di Fabio Rufo a Pompei.
Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Le nozze di Dioniso ed Arianna. Affresco del
I sec.,
nella Villa dei Misteri a Pompei
![]() Trionfo di Dioniso e Arianna, affresco
di Annibale Carracci. |
In Orcòmeno rese invasate le Miniadi, che prese da una strana pazzia, uccisero il figlio di una di loro scambiandolo per la vittima sacrificale del rito in onore del dio; e una tragedia simile capitò al re di Tebe, Penteo, ucciso e fatto a pezzi dalle donne invasate, compresa la sua stessa madre, alle quali voleva impedire di recarsi sui monti per onorare Dioniso.
Un giorno nel suo continuo errare fu trovato dai pirati che lo rapirono per venderlo come schiavo in un mercato d'Oriente; Dioniso allora trasformò i loro remi in serpenti e paralizzò la nave con ghirlande d'edera e di vite, cosicché i pirati, impazziti si gettarono in mare dove diventarono delfini (il che spiega come i delfini siano amici degli uomini, e si sforzino di salvarli, nei naufragi, poiché sono pirati pentiti).
![]() Dioniso bambino precipita in mare i
pirati che lo avevano assalito. |
Anche Orfeo, il più antico cantore della Grecia, si inserisce nel mito di Dioniso. Orfeo disdegnava il dio del vino ed era devoto solo ad Apollo, che adorava chiamandolo dio del Sole; per questo Dioniso gli istigò contro le Menadi che, invasate dalla furia ispirata loro dal dio ne straziarono il corpo e lo smembrarono; le Muse di Apollo composero poi i resti del cadavere e gli diedero una conveniente sepoltura. Ad Orfeo si legherà poi l'Orfismo, un'espressione oscura e difficile del pensiero filosofico.
Nel corso delle feste dionisiache, o baccanali, si era soliti sacrificare un caprone, e il rito sacrificale era accompagnato da canti corali e da battute che in forma di dialogo venivano scambiate dai sacerdoti. A questo aspetto del rituale i pensatori greci riconducono l'origine della tragedia (individuando l'etimologia, nel termine tragedia "il canto del capro"), destinata nella Grecia classica a diventare una delle forme più alte e complesse di poesia.