INTRODUZIONE

Oggi si può dire che la conoscenza sia la risorsa principale dell’attività economica. Ma il suo ruolo non è una novità connessa all’era post-industriale, e nemmeno, in generale, all’industrializzazione. Da sempre l’attività economica ha richiesto, per svilupparsi e prosperare, competenze, invenzioni, innovazioni tecniche. Cioè conoscenza. Per secoli tuttavia gli operatori economici hanno continuato ad applicare pratiche più o meno simili a quelle delle generazioni che li avevano preceduti, ad usare un bagaglio limitato e ripetitivo di capacità. La situazione è rimasta pressocchè immutata fino alla Rivoluzione industriale (e, se guardiamo alle singole economie locali, in alcuni casi, fino a pochi decenni fa ).Si è avuta poi la decisa accelerazione del ritmo di cambiamento ed un flusso continuo di innovazioni tecniche che hanno prodigiosamente moltiplicato la produttività.[1]

Per questo si può parlare di economia della conoscenza: lo sviluppo delle economie contemporanee dipende sempre più dall’elaborazione e diffusione di nuove conoscenze, e l’efficienza di un sistema produttivo è sempre più legata alle conoscenze acquisite e spendibili da chi vi lavora. Questo evidenzia l’importanza di politiche per la ricerca , per l’innovazione e per la formazione che siano al passo con le esigenze del mondo produttivo.

Dall'approccio science push, che vede la conoscenza come elemento esogeno al mondo della produzione e fonte prima dello sviluppo, si passa alla posizione demand pull, secondo la quale è il mercato, con i suoi segnali, a sollecitare il cambiamento tecnologico: le imprese, che percepiscono nuove opportunità di sviluppo, introducono le innovazioni. Si tratta di concezioni opposte, ognuna delle quali vede nel processo innovativo un solo fattore causale, la scienza o il mercato.

La ReS industriale è quella più direttamente legata alla produttività, più attenta alle esigenze della produzione e della domanda. Di fronte alla crescente globalizzazione dell’attività economica e ad una sempre maggiore competizione tecnologica a livello internazionale, le imprese hanno trovato strumenti nuovi per acquisire input scientifici e nuove tecnologie a costi ragionevoli e condividendo i rischi (acquisizioni, cooperazione, joint ventures, ecc.) [2]

Partendo da questa realtà, nel lavoro saranno analizzate le politiche per il sostegno dell’attività innovativa e di ricerca nelle imprese. È necessario per questo tener conto della struttura che caratterizza il nostro sistema produttivo e che richiede all’operatore pubblico un’azione articolata. Infatti l’attività di ricerca e sviluppo è riservata essenzialmente ad imprese di grandi dimensioni, impegnate in settori ad alta intensità tecnologica. Ma nel nostro Paese hanno un notevole peso le piccole e medie imprese impegnate nei settori tradizionali, agenti comunque non indifferenti all’innovazione, perché hanno spesso il problema di modernizzare produzioni di tecnologia matura.

Per questo mi è sembrato opportuno, prima di tracciare un quadro delle politiche di sostegno alla ricerca e alle attività innovative, analizzare il sistema economico su cui esse devono agire.

Il primo capitolo, infatti, descriverà l’evoluzione che ha portato il panorama economico italiano al profilo di specializzazione attuale.

Nel secondo capitolo il complesso produttivo del Paese sarà riguardato secondo l’approccio dei “sistemi nazionali di innovazione”. Questo evidenzia la coesistenza in Italia di due differenti modi di affrontare l’innovazione, quello delle grandi imprese ad alta intensità tecnologica (il “core innovativo” tradizionalmente inteso) e quello del tessuto industriale formato dalle piccole e medie imprese che operano nella subfornitura, nei distretti industriali, nelle produzioni tradizionali ma anche con tecnologie nuove.

Quindi verrà tracciato un profilo delle strutture per la diffusione dei risultati della ricerca e per il trasferimento tecnologico. Fra queste, particolare enfasi sarà posta sui Parchi scientifici e tecnologici, un tipo di struttura sperimentata in realtà diverse e che nel tempo ha mutato il suo modo di essere e di agire. Si tratterà del ruolo che ai Parchi è stato attribuito nelle linee di politica nazionale per la ricerca e l’innovazione.

Infine sarà riportata, come caso studio, l’esperienza di uno dei Parchi di più recente costituzione, quello di Terni, che opera in un contesto di declino industriale perseguendo gli obiettivi di diversificazione della produzione e di valorizzazione delle risorse dell’area

 

[1] LUNDVALL : “L’economia dell’apprendimento”, in Economia e politica industriale, 1996, n.89, p.130

[2] REVIGLIO, “Internazionalizzazione delle imprese pubbliche” in “L’impresa innovativa” a cura di Carlo Maria Guerci, Milano, 1988, de. Il Sole 24 ore, p.231.