Da Abbey Road all'Occhio nel Cielo
La macchina del tempo di Alan Parsons
Produttore, tecnico del suono e
compositore Alan Parsons è riuscito per molti anni ad evitare le
regole più elementari dello show-business: video, interviste,
esibizioni dal vivo. Il suo primo concerto è datato 1994 ma la
sua gloriosa attività artistica affonda le radici nella Swinging London di fine anni
Sessanta.
Appena ventenne, siamo nel 1969, Parsons entra nei famosi studi
londinesi di Abbey Road e come giovane assistente di studio partecipa
alle registrazioni di Abbey Road,
splendido canto del cigno beatlesiano. Proprio in quell'anno entra in
contatto con i Pink Floyd e diventa il sound-engineer del maestoso Atom Heart Mother. Con la band di
Gilmour e Waters darà vita nel 1973 a quel capolavoro del rock
chiamato Dark Side Of The Moon,
frutto di un lungo e accurato lavoro di registrazione. Grazie
all'ingegno di Parsons possiamo ascoltare orologi, corse affannose,
registratori di cassa che si amalgamano in modo geniale con le canzoni
dell'album. Giovane e molto famoso, il musicista inglese diventa il
produce di nuove band ad alto potenziale artistico, come Cockney Rebel,
Pilot e Ambrosia. Il suo celebre "tocco
d'oro" sarà presente anche nel pluridecorato Year Of The Cat di Al Stewart (fino
ad allora un cantautore semisconosciuto).
Nel 1976 nasce il Project grazie all'incontro con il
compositore/paroliere scozzese Eric Woolfson (il suo suggestivo timbro
vocale sarà un marchio di fabbrica del gruppo). L'ottimo Tales Of Mystery And Imagination...
dedicato all'opera e ai racconti di E.A. Poe, è solo il primo di
una lunga serie di concept-album come I
Robot (77), Pyramid
(78), Eve (79).
La musica scritta da Parsons e Woolfson è un affascinante
pop-rock, ben costruito e ricco di spunti interessanti. Particolare
attenzione è rivolta alle ballads, ariose e malinconiche.
Ricordiamo, tra le tante, Don't Let
It Show e The Eagle Will Rise
Again. Nel 1982 arriva il successo planetario di Eye In The Sky, che segna anche il
declino di questo "collettivo" di musicisti dove hanno suonato cantanti
dal calibro di Chris Rainbow, Lenny Zakatek e Colin Blunstone, ex
Zombies. Gaudì (1987),
ultimo lavoro firmato Alan Parsons Project, si rivela un totale
insuccesso anche se nel complesso rimane un discreto album. Woolfson si
dedica ora alla composizione di musical
mentre Alan Parsons continua ad incidere con la propria band. I suoi
collaboratori di fiducia sono quelli di sempre, l'abile chitarrista Ian
Bairnson (ex Pilot), il batterista Stuart Elliott e l'arrangiatore
Andrew Powell (noto anche per essere stato il primo producer della splendida Kate Bush).
The Time Machine è il
suo nuovo lavoro come solista (l'esordio era stato Try Anything Once nel 1993, seguito
da un disco live e da On Air).
Abbiamo raggiunto Alan Parsons tramite i potenti canali telematici che
affollano il mondo. Questo è quanto ci ha raccontato.
The Time Machine segna il
ritorno di due ottimi cantanti, Chris Rainbow e Colin Blunstone. Erano
assenti da molto tempo...
Alan Parsons: "Mi è sempre piaciuto lavorare con entrambi.
Colin
sembrava la voce giusta per il pezzo Ignorance
Is Bliss, mentre Chris tornerà probabilmente sul nuovo
album. Non esiste un motivo particolare per la loro assenza".
Per la prima volta dai tempi di Eve ci sono ora due vocalist
femminili.
"Beh, vorrei ricordare anche Jacqui Copland che ha interpretato
il
brano Mr. Time nell'album Try Anything Once. Non so spiegare
questa prevalenza maschile, ho deciso fosse giusto inserire Marie
Brannan e Beverly Craven su Time
Machine".
Chi è il professor Frank Close la cui voce è
inserita su Temporalia?
"È un professore molto noto negli ambienti cosmologici.
Lavorai
con lui ad un documentario intitolato The
Rubber Universe insieme al geniale Storm Thorgerson (autore
dell'artwork e di tante splendide copertine dei Pink Floyd, n.d.r.).
Poi ho campionato la sua voce, pensando che il suo intervento fosse una
splendida descrizione tra il tempo e lo spazio".
Eye In The Sky viene
considerato un classico degli anni Ottanta, e nel nuovo album possiamo
ascoltare Tony Hadley, ex Spandau Ballet, in un brano. Cosa ne pensa
della musica di quel decennio?
"La musica pop tende ad essere guidata da varie mode e io non
sono mai stato vittima di un movimento ben preciso. Al di là di
tutto, la buona musica splende oltre ogni momento preciso".
Durante gli anni del Project le sue foto sono state molto rare e
nessuno ha visto quelle della band. Non ci sono stati concerti, il
vostro è stato un lungo e costante lavoro in studio di
registrazione...
"È vero, il mio primo concerto risale al 1994. Non ho mai
avuto problemi nell'esser fotografato, ma ho vissuto il potere e il
fascino nell'essere un personaggio misterioso. Puoi comunque
considerarla una strategia di marketing".
Qual'è [sic]
il suo album preferito nella discografia targata Alan Parsons Project?
"Direi sicuramente il primo, Tales
Of Mystery And Imagination... (concordo pienamente, n.d.r.).
Complimenti, sei la 1.000° persona che mi questa domanda [sic], e meriti un premio speciale,
anche se le mie risposte non sono mai state le stesse".
Parlando del suo storico lavoro di sound engineer con i Pink Floyd
di Dark Side Of The Moon, lei
ha detto "ero solo un ragazzo pieno di entusiasmo...". Cosa vuol dire,
è forse stanco di domande su questo capolavoro del rock?
"Sì, è così anche se ammetto che occupa un
posto speciale nel cuore di tutti e sono molto fiero di esserne stato
parte".
Che mi dice di eventuali concerti in Italia, la data al Propaganda di Milano nel 1998 ebbe
un discreto seguito.
"Mi dispiace, per ora non c'è nulla in programma, ho dei
problemi con i vostri promoters. Spero comunque di trovare qualcuno
interessato allo show e di suonare nuovamente in Italia".
Nel nuovo album c'è un brano particolarmente affascinante, The
Call Of The Wild, ricco di influenze della musica irlandese. Cosa
rappresenta questa chiamata?
"Questa chiamata, come la chiami tu, esprime un semplice desiderio,
quello di spazzare via le cose più materiali".
Per concludere una domanda sui Beatles, lei ha iniziato la sua
carriera come assistente di studio per l'album Abbey Road?
"Non è del tutto vero. Quella era la prima volta che
lavoravo con i Beatles ma ho avuto una precedente esperienza in studio
di registrazione".
Finisce così la serie di domande. Alan Parsons si è
dimostrato piuttosto laconico ma le sue risposte sono state comunque
interessanti.
In realtà, ci sarebbero ancora centinaia di piccole
curiosità da soddisfare. Resta un velo di mistero, ed è
giusto così.
L'occhio nel cielo ci sta
guardando...
Paolo Ansali
Musikbox, gennaio/febbraio 2000