Sorretto da un'ottima band ha
presentato vecchi successi e l'ultimo «On Air»
Alan Parsons entusiasma Milano
Applausi e grande dimostrazione di
affetto dal pubblico del Propaganda
Mai ci si sarebbe aspettati tanta
euforia dallo show di Alan Parsons l'altra sera al Propaganda di
Milano: tifo ed entusiasmo sfrenato degno di un concerto dei Sex
Pistols o dei Rancid!
Il pubblico, che stipava la sala in ogni metro quadro, sembrava
aspettasse questo momento da oltre vent'anni, speranzoso che gli autori
di tante suggestive canzoni e di concept albums ricchi di mistero e
misticismo si decidessero prima o poi a proporle dal vivo, ovviamente
anche in Italia.
Con la band scelta per questo tour, Parsons ha compilato quasi a caso
la scaletta dei brani, contando su un vastissimo repertorio di sicura
qualità distribuito in ben quattordici dischi. «(The
System Of) Dr. Tarr And Prof. Fether», «Can't Take It With
You», «I Wouldn't Wanna [sic]
To Be Like You» le indimenticate «Old & Wise» e
«Time», «La Sagrada Familia» (brano ispirato a
Antonio Gaudi), «Days Are Numbers»,
«Limelight», «Prime Time» e altre hits hanno
avuto un effetto incredibile sin dall'inizio, tanto addirittura da
commuovere i due lead singers scelti - Neil Lockwood e Peter Beckett
(quest'ultimo anche tastierista) - quasi frastornati da tanto calore
umano, mentre Parsons dall'alto del palco prometteva sinceramente che
questa sarebbe stata la prima di una lunga serie di show in casa nostra.
Belli pure i brani dall'ultimo «On Air»: «Blue Blue
Sky», «I Can't Look Down», «So Far Away»,
«Fall Free», la spudoratamente pinkfloydiana
«Cloudbreak», che sembra un estratto da «The Division
Bell», e infine «Brother Up In Heaven», composta dal
chitarrista Ian Bairnson in memoria del cugino vittima di una sciagura
aerea e introdotta dallo stesso in perfetto spagnolo (!). Delirio puro
con spintoni, ovazioni e "pogo" durante l'ultima mitragliata di brani:
«Psychobabble», «Sirius/Eye In The Sky» e i bis
«Don't Answer Me» e «Games People Play».
L'ottima band impiegata ha visto inoltre John Giblin al basso, John
Beck alle tastiere, oltre al compagno di sempre Stuart Elliott alla
batteria. Alla fine, autografi e abbracci in via Castelbarco.
Alessandro Casellato
La Provincia, 27 maggio
1998