Recensione concerto di Yngwie in Galles su Metal Hammer (Maggio 1990)



LIVE: YNGWIE MALMSTEEN & CHINA - St. Davids Hall, Cardiff, Galles, U.K. - recensione a cura di Tim Oakes



    Ho sentito tutte le pronunce più strane del nome del nostro eroe svedese, ma le urla di benvenuto dalle orde di fans gallesi che si sono precipitati al ritorno di Yngwie in concerto a Cardiff sono l'unico modo per rendere giustizia all'"uomo dal nome incomprensibile" e lui non ha deluso i suoi fans... tutt'altro.

    Ma cominciamo dal principio, ossia dalla faticosa ricerca dell'auditorium. Cardiff è una strana città, in cui la segnaletica stradale che porta alla St. Davids Hall è "fantastica" fino all'ultimo angolo: chiunque abbia progettato il sistema a senso unico che c'è, dev'essere stato sponsorizzato dall'industria petrolifera. E poi, quando siete riusciti a trovare il percorso giusto tra le stradine tortuose del nuovo complesso edilizio, vi rendete conto del perché i fans di Malmsteen siano venuti a piedi. Ma St. Davids vale la pena del tragitto: ci sono pochissimi altri teatri in Gran Bretagna dove c'è un'atmosfera così fantastica come lì... si sente il "ruggito" dei fans ad un chilometro di distanza. Dentro l'auditorium, la birra a buon prezzo dà l'avvio alla festa e la gente del posto sa come divertirsi, credetemi. Dubito che la fabbrica di birra locale subisca dei danni a causa della recessione economica: basta che continuino a promuovere concerti rock ed avranno il salario assicurato. La differenza si nota anche nel fatto che la gente arriva in tempo e numerosa per ascoltare la band di spalla, in questo caso i China.

    Avendo ascoltato ben poco del loro materiale su vinile, la performance dal vivo di questo gruppo mi coglie di sorpresa: sono molto più hard rock di quello che pensassi! I sei tipi (poco acrobatici, dato lo spazio ridotto a loro disposizione sul palcoscenico) offrono il meglio dell'intrattenimento al pubblico, cominciando con "Shout It Out", l'inno della band che ha fatto sciogliere il riserbo dei fans di Malmsteen, grazie agli assoli di chitarra, un "rovescio" musicale che ha colpito la folla al punto che c'erano ben poche teste che non stessero ondeggiando di qua e di là. Non posso evitare di tirare fuori paragoni, perché il sound grandioso dei China, specialmente quello delle chitarre accoppiato alle tastiere, mi ricorda troppo quello dei Magnum, in particolare durante la loro eccellente "On The Stage". Come ho detto, i China sono un gruppo da vedere e un'ottima scelta come supporto per il frenetico scandinavo... ma mi hanno lasciato la sensazione che sarebbero stati davvero fantastici se avessero contribuito di più a livello visivo (spazio permettendo). Intanto, al bar, gli "iguana dell'intervallo" slumano e bevono... ma dove trovano quei vestiti? L'uniforme del rocchettaro, almeno a Cardiff, sembra essere composta da una combinazione di spandex, stivali malridotti da cowboy e gilet a disegni cachemire... posso solo dire che bisogna vederla con i propri occhi per apprezzarla... I posti dell'auditorium, intanto, si riempiono velocemente dopo l'annuncio (prima in gallese e poi in inglese) del conto alla rovescia dell'inizio del concerto. I fans gironzolano nel foyer mentre, senza dubbio come da richiesta di Malmsteen stesso, gli speaker trasmettono musica classica tipica da intervallo. Non è sembrata una scelta molto saggia, dato che è molto difficile fare il frontman di un'orchestra.

    Ma grazie al Cielo, i violini spariscono altrettanto velocemente delle luci ed il suono straziato di una chitarra si sparge nell'oscurità. Yngwie esegue la sua versione di un paio di riffs di Hendrix prima di essere di colpo inondato dalle luci del palcoscenico, che segnala l'inizio di "Making Love", il primo pezzo dell'ultimo album di Yngwie e della sua band, intitolato "Eclipse". La prima impressione della nuova band è un po' una doccia fredda: dopo aver visto i China fare del loro meglio per muoversi sul palcoscenico, nonostante lo spazio ridottissimo, i nuovi membri del gruppo di Malmsteen sembrano inchiodati al suolo, soprattutto il cantante Goran Edman. Sia il tastierista, Mats Olausson, che il superbo batterista, Michael Von Knorring, sono scusati, ma il bassista, Svante Henryson, avrebbe anche potuto spostare il peso da un piede all'altro, ogni tanto! (Il bassista ha cominciato suonando il contrabbasso in un'orchestra classica, fatto che si nota dalla sua abitudine di suonare il basso tenendolo verticale per la maggior parte del concerto...) A parte questo, la band è fantastica, soprattutto grazie a Yngwie e a Svante che la guidano come bulldozers senza freni. L'uomo di punta, vestito con una giacca in stile militare (passamani dorati inclusi!), dà del filo da torcere alla montagna di amplificatori Marshall accatastati dietro di lui, mentre, come se fosse una passerella per modelli, mostra la collezione primaverile di chitarre Fender Stratocaster d'annata... La sua tecnica impeccabile, un miscuglio di riffs complessi ed assoli brucianti che non si dissolvono nel solito "widdly-widdly" (com'è noto agli aficionados di quel tipo particolare di sound) alla fine. Per dirla in breve, il tipo suona molto meglio di quanto abbia mai fatto, forse si è reso conto che dare il tuo stesso nome ad una band significa che devi veramente brillare come una stella del firmamento. Comunque sia, "Bedroom Eyes" e "Dejà Vu" galleggiano nell'aria sull'onda di un'abilità tecnica eccezionale. Come suo solito, però, Yngwie ha programmato piccoli interludi musicali, il primo dei quali non è altro che una versione di "My World Is Blue" (già, la famosa "pomiciona"!), seguita da un thrash neoclassico sulle note di "Greensleeves"... cosa vuole, entrare nella Filarmonica?

    Il set, molto lungo (circa un'ora e quaranta minuti), comprende un misto di vecchi hits eseguiti alla perfezione (tra cui una versione accelerata di "I'll See The Light Tonight") e nuovi brani tratti dall'ultimo LP. "Judas" è un capolavoro dal vivo con un duetto voce-chitarra mozzafiato, mentre "Save Our Love" non ha funzionato bene, forse perché il tentativo di ricreare le parti dell'opera, prettamente da microsolco, in un contesto live, risulta troppo pesante musicalmente. A metà del set, Yngwie presta la sua abilità ad un momento di musica "seria" con un breve pezzo alla chitarra acustica: ora, come tutti sappiamo, le chitarre classiche sono degli strumenti eleganti costituiti da una cassa di legno, che viene appoggiata sulla coscia, il cui uso designato è quello di essere suonate da dieci dita leggere come la brezza, giusto? No, sbagliato, almeno nel caso di Mr Malmsteen. Lui, invece, si arma di un'asse di legno (dalla forma vagamente simile a quella di una chitarra...) montata su di un supporto e che viene suonata da Yngwie come tutte le altre chitarre, con l'aggiunta di un plettro. Ora, non voglio farne una montagna... ma chiunque desideri sembrare uno studente di musica "seria" dovrebbe almeno suonare gli strumenti classici come dovrebbero essere suonati! Scusami, Yngwie, ma devo toglierti dieci punti per non aver studiato a casa. Ma senz'altro i fans rocchettari sono perfettamente al corrente del divertimento che si può ottenere suonando la "scatola-con-collo di legno", anzi immagino che molti di loro ne hanno una nell'armadio della loro stanza, vero?

    Il brano seguente, "Queen In Love", ha uno stupendo assolo di Olausson che riesce, inoltre, a riprodurre benissimo il tipico sound dell'organo Hammond, dandoci la prova inconfutabile che, se Jon Lord glielo chiedesse, acconsentirebbe senz'altro ad avere i suoi bambini. Nel corso della serata, Yngwie lascia un posto di primo piano a tutti i musicisti, che a turno fanno un assolo; a parte il fatto che è un gesto molto democratico (e che annienta le accuse di egocentrismo che gli sono state rivolte), esso fa della band una vera e propria unità, non solo un gruppo di musicisti accompagnatori. Il set comprende 18 canzoni, facendo di questo concerto un evento davvero eccezionale. La folla non ha mai dato meno della sua approvazione unanime alla performance, sia agli assoli che a tutta la band. Ovviamente, ci sono stati dei momenti in cui una strofa alla chitarra (o al basso, o un rullo di batteria...) è sembrata molto simile a quella delle altre canzoni, ma queste sono comunque strutturate in modo tale da evitare ripetizioni continue e totali. Musicalmente, la nuova band ha una potenza tale da permettere ad Yngwie di procedere con i suoi virtuosismi, ma, quando gli assoli cominciano a crescere, il gruppo si unisce compatto come il motore di una macchina da corsa... e dopo un po' non si sentono più i cilindri, ma solo il ruggito del motore. E qui devo fare il punto della situazione plettri: il Galles soffre al momento di una saturazione del mercato di quei pezzettini di plastica usati. Durante il set ho perso addirittura il conto di quanti ne abbia tirati al pubblico (mi sembra che la formula fosse 5 per ogni verso, 7 per ogni ritornello e tanti quanti ne potesse lanciare contemporaneamente per ogni assolo... ma potrei sbagliarmi !). Comunque, era una fatica di Ercole per il povero roadie che aveva un bel da fare a tenerlo rifornito di plettri. Ho notato che il suo sistema era di montare delle strisce con 20 plettri sull'asta del microfono di Yngwie, mettendone una nuova ogni 5 minuti. Secondo me, i profitti del tour si sono volatilizzati perché a 30 pence (circa 600 lire, ndt) a plettro, Yngwie ha allegramente mandato in fallimento sia sè stesso che la sua casa discografica.

    Mantenere lo stesso livello d'interesse per due ore non è una cosa facile, ma (musicalmente parlando) la nuova formazione ha fatto tutto il possibile per creare un'esplosione sonora di uguale intensità dal principio alla fine. Goran Edman è un cantante straordinario (anche se somiglia in un modo sconcertante a Sebastian Bach) dai lunghi capelli biondi e con la mania di buttare la testa all'indietro e cantare in direzione del soffitto. La sua versione del vecchio materiale è delicata, senza apparire come una fotocopia degli originali: Goran riesce ad inserirsi a metà tra il suo stile vocale personalissimo e quello dei suoi predecessori, facendo felici, tra il pubblico, coloro che sono venuti a vedere Yngwie sulla base della sua reputazione musicale e coloro che sono venuti perché era uno spettacolo consigliato per via di "Eclipse". Mentre mi aggiravo per la platea e la galleria, mi sono accorto che l'età dei sostenitori di Malmsteen è molto varia: a fianco dei rappresentanti della "vecchia scuola" con i loro Wrangler rovinati e le toppe dei Rainbow, ci sono le fila della nuova generazione, riconoscibili dalle magliette dei Little Angels e degli Almighty. E' forse questo particolare che sigilla il rientro di Yngwie Malmsteen, dato che sembra avere l'approvazione incontrastata di un largo segmento del mercato rocchettaro... dev'essere comunque meglio della nomina per il premio "Chitarrista dell'Anno".

    Infatti, a parte il fatto che aver preso parte al progetto deve aver incitato il Nostro a nuove prodezze alla chitarra, mi trovo a desiderare che la band fosse stata strutturata come un "ensemble" completamente nuovo, eliminando la figura centrale di Yngwie in favore di un lavoro di gruppo come unità di individui separati. Ma anche così i musicisti riescono ad esprimere la loro personalità nella musica con tatto e precisione (mi chiedo se anche la nuova band di Satriani riuscirà ad ottenere lo stesso risultato). Verso la fine del concerto i bis, ben tre, hanno sfinito il gruppo: i fans hanno cominciato ad uscire, cercando nuove strade che li portassero fuori dall'auditorium ed il sentimento generale era di sollievo: il Maestro è tornato! E mentre "Odyssey" è ancora presente nelle orecchie di alcuni, "Eclipse" ha dimostrato di essere l'album che ha riportato i fans nei teatri per ascoltare il musicista cha ha sbugiardato i critici e che continua a godere della popolarità che essi avevano predetto che sarebbe svanita giorno dopo giorno. Non credo che le critiche gli facciano male, dato che continua a tornare sulla scena del crimine: sembra più un caso di scampata morte sicura per mano della stampa grazie alla propria bravura. Non gli invidio il compito, la cui portata mi fa ammirare moltissimo la sua determinazione. Il senno di poi è una cosa meravigliosa: ma forse, solo forse, se Yngwie avesse cominciato la carriera con questa band prima di uscire dalla Svezia, ora probabilmente sarebbe il frontman di una delle rock bands più di successo oggi. Ma come stanno le cose, il lascito di Yngwie include dei fantastici dischi ed un musicista che può facilmente diventare una delle maggiori attrazioni live mondiali. Forse il potenziale si concretizzerà o forse resterà tutto solo un sogno, comunque sia, per una notte, ho assistito ad una performance elettrizzante di una band che merita di essere inclusa nella categoria dei grandi esponenti del genere. Ora Malmsteen può senz'altro dedicarsi agli esercizi di musica classica.

Traduzione e trascrizione di Valeria Guarnieri.

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